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L’IMPATTO DEL GREENING IN ITALIA

Nel documento Rapporto sullo stato dell'agricoltura. 2013 (pagine 187-191)

Focus PAC: dalle proposte all’accordo

3.REGIONALIZZAZIONE E CONVERGENZA

4. IL GREENING DEI PAGAMENTI DIRETTI: I REQUISITI AMBIENTALI E LE IMPLICAZIONI PER L’ITALIA

4.2 L’IMPATTO DEL GREENING IN ITALIA

In questo paragrafo vengono presentate alcune simulazioni sul potenziale impatto dei tre requisiti del greening a livello nazionale. Queste simulazioni, realizzate sulla base dei dati del 6° Censimento dell’agricoltura dell’Istat, forniscono una prima stima del numero e della localizzazione delle aziende e delle superfici potenzialmente interessate dalla misura33.

Per quanto riguarda l’obbligo della diversificazione colturale, il requisito interessa il 3,8% delle aziende italiane (circa 61.000 unità), a cui corrispondono oltre 2,4 milioni di ettari, di cui 2 milioni di ettari a seminativo (tabella 1). Lo scarso numero di aziende coinvolte è prevalentemente dovuto all’applicazione della soglia minima di 10 ettari di superficie a seminativo, in quanto solo il 9,7% delle aziende italiane soddisfa questo requisito (157.000 unità). Da questa percentuale sono poi state escluse le categorie che non sono tenute ad applicare la diversificazione, ovvero le aziende biologiche e le aziende con superficie prevalentemente dedicata alla produzione di erba, colture sommerse o a riposo. Rispetto alla proposta inziale della Commissione Europea, i dati evidenziano come l’innalzamento della soglia da 3 a 10 ettari di superficie a seminativo di fatto abbia escluso un numero consistente di aziende, che sono passate da 229.000 a 61.000 (-73%), mostrando come attraverso questa nuova soglia sia certamente centrato l’obiettivo della semplificazione amministrativa e burocratica. Al contempo però si è ridotta notevolmente anche la superficie soggetta alla diversificazione colturale, passando da 4,2 a 2,4 milioni di ettari (- 43%), con un’inevitabile riduzione dei benefici ambientali previsti.

33 È opportuno precisare come in questa elaborazione si assuma come punto di partenza le aziende e le

superfici rilevate dall’Istat, mentre le informazioni più corrette da analizzare sarebbero quelle relative alle aziende che percepiscono i pagamenti diretti e alle superfici ammissibili (fonte AGEA). Nelle simulazioni non è stato possibile inoltre escludere dal campione le aziende che presumibilmente adotteranno lo schema semplificato per i piccoli agricoltori e quelle che aderiscono a schemi agro-ambientali e/o a certificazioni diverse dall’agricoltura biologica. Infine, per semplificare i calcoli, sono state considerate escluse dal greening le aziende che adottano l'agricoltura biologica, ma in realtà il greening non si applica esclusivamente ai terreni aziendali dove viene praticata l'agricoltura biologica.

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Tab. 4.2 – Aziende e superfici sottoposte all’obbligo della diversificazione colturale

Aziende SAU (ha) SAU a seminativi (ha)

Totale 1.620.884 12.856.048 7.009.311

Seminativi > 10 ha 156.892 6.460.318 5.255.889

Escluse aziende biologiche 144.172 5.644.162 4.692.924

Escluse aziende con superficie prevalentemente dedicata alla produzione di erba, colture sommerse o a riposo

135.710 5.256.214 4.413.176

Diversificazione colturale* 60.982 2.416.181 1.947.850

* Aziende con seminativi 10-30 ha: con 1 coltura o con almeno 2 colture ma con la principale > 75%; Aziende con seminativi > 30 ha: con meno di 3 colture o con almeno 3 colture ma con la principale > 75% Fonte: elaborazioni INEA su dati Istat, 6° Censimento generale dell'agricoltura 2010

Osservando la distribuzione delle aziende potenzialmente interessate dalla diversificazione a livello comunale (figura 1), si riscontra una forte concentrazione nelle aree tradizionalmente vocate alla cerealicoltura intensiva, con valori particolarmente elevati (> 25% delle aziende) in alcune zone della pianura padana (soprattutto in Piemonte e in Lombardia), ma con quote significative (tra il 5 e il 25% delle aziende) anche nelle zone collinari dell’Italia Centrale (Marche e Toscana) e in alcune aree dell’Italia meridionale specializzate nella produzione di grano duro (Puglia, Basilicata e isole).

Fig. 4.1 – Distribuzione delle aziende sottoposte al requisito della diversificazione colturale

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Per quanto riguarda il requisito del mantenimento delle superfici a prati permanenti, le elaborazioni rilevano come i prati permanenti e pascoli, escludendo quelli appartenenti alle aziende biologiche, ammontino a oltre 3 milioni di ettari, concentrati in 254.656 aziende. Una quota preponderante di queste superfici (89%) di fatto appartiene alle oltre 130.000 aziende che detengono una quota di prati permanenti e pascoli superiore al 50% della SAU aziendale (tabella 4.3). Infine, osservando la distribuzione territoriale di queste superfici (figura 4.2) è evidente l’elevata concentrazione di prati e pascoli nell’arco alpino e appenninico.

Tab. 4.3 – Distribuzione aziende e SAU per classi di superficie a prato e pascolo

Aziende Superficie a PP (ha) SAU (ha)

Totale 254.656 3.084.665 4.803.060

PP < 5% 17.765 8.726 382.251

PP tra il 5 e il 50% 104.982 341.151 1.394.433

PP > 50% 131.909 2.734.788 3.026.376

Fonte: elaborazioni INEA su dati Istat, 6° Censimento generale dell'agricoltura 2010

Fig. 4.2 – Distribuzione superfici a prato e pascolo (% SAU)

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Questa pratica, nella sua forma iniziale (proposta della Commissione europea), mirava a spostare il mantenimento di queste superfici dal livello territoriale (nazionale o regionale) al livello aziendale. Nel regolamento finale è stata introdotta, invece, una maggiore flessibilità, lasciando la possibilità agli Stati membri di optare per la scala di implementazione ritenuta più idonea (nazionale, regionale o sub-regionale). L'applicazione di questo requisito a livello aziendale rischiava infatti di creare una situazione di squilibrio tra le aziende che avevano mantenuto le superfici a prati e pascolo prima dell'entrata in vigore del greening e le aziende che invece le avevano convertite. La maggiore flessibilità concessa agli Stati membri mira così ad assicurare una più efficiente allocazione di queste superfici a livello territoriale, presumibilmente con migliori risultati sia sotto il profilo ambientale che economico.

Infine, per quanto riguarda l’obbligo più discusso e contestato, ovvero l’introduzione di aree di interesse ecologico, purtroppo a livello nazionale si registra una mancanza di informazioni specifiche sugli elementi non coltivati citati nel regolamento (terreni lasciati a riposo, terrazze, elementi caratteristici del paesaggio, fasce tampone e superfici oggetto di imboschimento) che rendono di fatto molto difficile stimare l’impatto della misura.

Allo stesso tempo è possibile effettuare una stima approssimativa delle aziende potenzialmente interessate da questo requisito (tabella 4). Le aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari sono il 6,7% del totale, una quota che diminuisce ulteriormente se si escludono le aziende biologiche e quelle che hanno una quota di terreni a riposo superiore al 5% della superficie a seminativi. Il numero delle aziende che dovranno effettivamente destinare una quota di SAU ad aree d’interesse ecologico si riduce a circa 82.000 unità, pari al 5,1% del totale. A questo dato corrisponde una SAU pari a quasi 4 milioni di ettari, di cui 3,4 milioni di ettari a seminativo. Il requisito così strutturato verrà applicato a un numero molto limitato di aziende di grandi dimensioni, per cui interesserà quasi un terzo della SAU e la metà dei terreni a seminativo. Secondo queste prime simulazioni le aree d'interesse ecologico dovranno coprire una superficie pari a 170.000 ettari (5% della superficie a seminativo) che potrebbero essere incrementate a oltre 237.000 a partire dal 2018.

Tab. 4.4 – Aziende e superfici sottoposte all’obbligo di individuare Aree d’Interesse Ecologico

* Aziende senza terreni a riposo o con terreni a riposo < 5% SAU a seminativi

Fonte: elaborazioni INEA su dati Istat, 6° Censimento generale dell'agricoltura 2010

Aziende SAU (ha) SAU a seminativi (ha)

Totale 1.620.884 12.856.048 7.009.311

Seminativi > 15 ha* 108.603 5.627.336 4.654.397

Escluse aziende biologiche 98.569 4.880.736 4.125.303

Escluse aziende con superficie prevalentemente dedicata alla produzione di erba, colture sommerse o a riposo

93.190 4.554.844 3.883.974

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Analogamente al requisito della diversificazione colturale, le aziende che dovranno individuare le aree d’interesse ecologico sono localizzate prevalentemente in pianura padana, ma anche in alcune aree del Centro-sud specializzate nella produzione di cereali e laddove sono localizzate le unità produttive di dimensioni maggiori (figura 4.3).

Fig. 4.3 – Distribuzione delle aziende sottoposte all’obbligo di individuare Aree d’Interesse Ecologico

Fonte: elaborazioni INEA su dati Istat, 6° Censimento generale dell'agricoltura 2010

Nel documento Rapporto sullo stato dell'agricoltura. 2013 (pagine 187-191)

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