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Nel questionario somministrato nelle scuole una sezione particolarmente dettagliata è stata dedicata alla sfera delle amicizie, nell’intento di sondare quale fosse la composizione per paese d’origine delle persone nei confronti delle quali si sviluppano affinità elettive. Ne risulta un quadro composito, in cui le variabili trasversali più significative si rivelano soprattutto la classe generazionale, il paese di nascita, l’anno di arrivo in Italia e, soprattutto, a Torino. Meno influenti sono invece il genere e l’età: rispetto all’amicizia con coetanei italiani, per esempio, il dato dei maschi è più “ottimista” di quello riferito alle femmine (sono più numerosi i maschi che indicano di avere “molti”

amici italiani), ma nel complesso la differenza è di pochi punti percentuali; mentre per quanto riguarda l’età, sembra essere un fattore che influenza più che altro la propensione a dichiarare di avere molti amici in generale, piuttosto che una variabile dirimente rispetto alla loro provenienza. I giovani figli di immigrati che dicono di avere “molti”

amici italiani sono soprattutto quelli nati in Italia e (a una certa distanza) Marocco ed Albania (mentre la significatività del dato relativo ai nati in Ecuador appare debole per via del basso numero di rispondenti); di generazione 2,0 e 1,75; appartenenti alla fascia d’età più bassa (12-14) anni; giunti in Italia e a Torino da più tempo (cfr. Tab. II.15 nell’Appendice).

Dichiarano di avere “pochi” amici italiani soprattutto coloro che hanno tra i 17 e i 21 anni, sono nati in Cina, Perù, Moldavia e Romania, sono giunti in Italia in anni recenti e a Torino da meno di un anno, appartengono alla generazione 1,25. Solo i nati in Cina mostrano una percentuale cospicua di risposte per la voce “nessun amico italiano”

(15,6%): sommando tale dato a quello relativo alla voce “pochi amici italiani” (42,2%) si ottiene un 57,8%, del tutto fuori sintonia con il resto della popolazione inserita nel nostro campione, a testimonianza di un

isolamento linguistico-culturale sensibilmente più grave di quello che caratterizza l’esperienza degli altri figli d’immigrati. La percentuale di nati in Cina che dichiara di avere “molti” amici italiani è di gran lunga la più bassa di tutte (6,3%).

Se i dati relativamente elevati per la voce “pochi amici italiani” che si rilevano per i nati in Perù (28,6%), Moldavia (27,5%) e Romania (23,2%) possono essere imputati al recente arrivo di molti di questi giovani, ciò contribuisce solo in parte a spiegare il vistoso dato cinese. Il dato relativo ai nati in Marocco, è interessante tra quelli relativi a persone con un’elevata anzianità di presenza sul territorio, perché appare singolarmente simmetrico: sono il gruppo nazionale per il quale a chi dichiara di avere “molti” amici italiani (43,8%) si contrappone chi invece in misura maggiore (esclusi i cinesi) dichiara di averne “nessuno” (il 7,3%): a una frequentazione intensa di coetanei italiani sembra dunque contrapporsi una significativa permanenza di situazioni di esclusione/isolamento.

Anche il dato relativo ai nati in Albania appare singolare: non soltanto si tratta del gruppo nazionale in cui la percentuale di coloro che dichiarano di avere “molti” amici italiani è più alta tra coloro che non sono nati in Italia, ma è anche quello che dichiara di avere meno amici tra i propri connazionali. Si tratta forse anche in questo caso di una conseguenza del processo di mimesi attuata sia dagli immigrati albanesi di prima generazione che dai loro figli per sottrarsi al pesante stigma sociale cui questa popolazione immigrata è stata fatta oggetto per tutti gli anni novanta e i cui effetti sono stati documentati in numerose ricerche (cfr. Melchionda, 2003; Dal Lago, 1998, 1999;

Cologna, 1999) e che traspare, come vedremo, anche da molte testimonianze raccolte tra i giovani intervistati nel corso del lavoro sul campo.

In generale, ad avere più amici originari del paese d’origine dei propri genitori sono i giovani di generazione 1,25 e 1,5, quelli arrivati in Italia di recente, nonché i nati in Marocco, Romania e Cina. Il dato relativo ai cinesi merita nuovamente un’attenzione particolare: l’alta percentuale di coloro che hanno risposto di avere “pochi” amici tra i propri connazionali (20,3%) appare infatti piuttosto inusitata in un profilo privo di “contrappesi” tra gli amici italiani e di altra nazionalità – in entrambe le sfere infatti i giovani nati in Cina registrano le percentuali

più elevate tra coloro che dichiarano di avere “pochi” amici. Non si tratta dunque di semplice autoreferenzialità, ripiegamento sull’in-group etnico: i giovani nati in Cina si sentono più soli dei propri coetanei, fanno più fatica a sviluppare affinità elettive. Non è un caso che il tema della nostalgia degli amici da cui si sono separati al momento di lasciare il paese d’origine, tra i giovani cinesi nati in Cina, occupi molto spazio nei succinti racconti della propria esperienza migratoria raccolti sul campo. Anche la propensione di questi ragazzi a passare molto del proprio tempo libero online, assorti nel mondo virtuale dei MMORPG (Massive Multiplayer Online Role Playing Game – giochi di ruolo online aperti a una partecipazione di massa), o alla partecipazione in chat (utilizzando MSN Messenger o uno dei suoi più fortunati omologhi cinesi, QQ) o via email ai forum delle diverse community cinesi in rete, alcune delle quali sono state create dai giovani cinesi d’Italia (Caucci, 2005;

Ceccagno, 2004) sembra testimoniare, più che una tendenza all’autoisolamento o il portato di processi d’esclusione e di emarginazione, il desiderio di un porto franco in cui possa trovare sfogo un bisogno di contatto e riconoscimento che nella routine della quotidianità ha scarse possibilità di reperire interlocutori.

I giovani più aperti ad amicizie con ragazzi originari di altri paesi si rivelano quelli che vantano una certa anzianità di presenza sul territorio, tendenzialmente appartenenti alla generazione 1,75, più maschi che femmine: giovani educati alla scuola elementare multietniche di una Torino già significativamente investita dalle trasformazioni apportate alle coorti più giovani dall’immigrazione. Ma anche ragazzi con una vita sociale “aperta” – fatta di frequentazioni di luoghi socialmente misti:

piazze, strade, parchi, locali: sono soprattutto i nati in Ecuador, Moldavia, Albania e Marocco a dichiarare di avere “molti” amici di varia origine nazionale.

Fare amicizia con i coetanei italiani, del resto, è valutato “a volte un po’

difficile” o “difficile” dalla maggior parte dei giovani interpellati nelle scuole, anche se un sostanzioso 43,4% dichiara che invece è “facile” (cfr.

Tab. II.18 nell’Appendice). I maschi sembrano generalmente avere meno problemi delle femmine a socializzare con italiani (il 50,1% dei ragazzi reputa “facile” fare amicizia con i coetanei italiani, contro solo il 37,2%

delle ragazze).

In Romania le persone sono molto più unite che qua. Qui una volta che stai bene non vai a chiedere al vicino se sta bene. Poi anche l’Italia ha le sue tradizioni che non può cambiare perché sono così da tanti anni, però questo è quello che fa più male. A scuola una volta ho assistito a questo episodio. Una ragazza marocchina era compagna di banco di una ragazza e di un ragazzo italiano che non le parlavano mai, non le chiedevano come stava, e lei si sentiva sola ed emarginata. Io un giorno l’ho vista piangere e le sono andata vicino per capire cosa provava. Lei mi ha detto che si sentiva sola, che nessuno le parlava. E allora ho capito che in Italia non c’è questa voglia di fare amicizia, che mancano una serie di relazioni, questa mi sembra la differenza più grande.

[Ragazza rumena, nata a Bucarest, 18 anni, in Italia dal 2001]

Il disagio raccontato da questa giovane rumena è condiviso da molte ragazze di arrivo recente e appartenenti alla 1,25: socializzate a modelli di relazione tra i sessi diversi di quelli che trovano nella società torinese, abituate a un contesto scolastico più rigidamente normato, spesso si dicono un po’ disturbate dalla disinvoltura (talvolta volgare) con cui i propri compagni scherzano con le compagne, fanno allusioni alla sfera sessuale, o semplicemente creano confusione in classe. Per molte adolescenti nate e cresciute all’estero, la vita dei loro coetanei italiani ha un che di irreale e di distante, non si ha l’impressione di avere molto in comune, di esprimere vissuti troppo diversi. Un fattore limitante, specie nell’ambito dell’amicizia tra coetanee italiane e straniere, può essere poi anche la consapevolezza di doversi confrontare con genitori molto più “difficili da gestire” di quanto non sembrino esserlo quelli delle italiane: si ha pudore delle difficoltà insite nella quotidiana partita a scacchi che permette a molte ragazze straniere appartenenti a famiglie di orientamento conservatore rispetto ai ruoli di genere di guadagnare spazio e autonomia solo a prezzo di una delicatissima gestione dell’affettività intergenerazionale, costruita passo passo.

Osservando come si distribuiscono i dati a seconda del paese di nascita, troviamo ulteriore conferma all’isolamento dei giovani cinesi (solo per il 9,4% di loro è “facile” fare amicizia con gli italiani”, mentre nessun altro gruppo nazionale registra una percentuale così elevata – 21,9% - di persone che lo reputano “difficile”), ma anche un’indicazione di quell’ambivalenza già registrata prima per quanto riguarda i giovani nati in Marocco: da un lato facili al contatto in contesti di socialità aperta,

dall’altro esposti agli stereotipi che costruiscono la loro immagine sociale.