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Assegnista di ricerca, Università di Firenze

Premessa

La visione monistica del diritto, intrisa dei suoi capisaldi teorici, si è affermata, come è noto, per passaggi successivi e graduali, a partire dal secolo XVII, in concomitanza all’affacciarsi sullo scenario europeo degli Stati Nazionali1. L’epifania delle entità sovrane agevola le riflessioni dei giuristi che

affidano il monopolio della giuridicità allo ius positum, relegato negli angusti confini territoriali di ogni singolo ordinamento statuale.

Come di recente si è plasticamente posto in risalto, la «grande operazione illuministica … consentì di identificare in modo pressoché esclusivo il diritto con la legge»2.

Il processo di codificazione rappresenta l’espressione massima della cultura giuridica giuspositivistica3

che domina durante il secolo XIX e per buona parte del secolo scorso. I postulati teorici che discendono dal fenomeno della codificazione riguardano, da un lato l’esclusività della fonte di posizione della regola; dall’altro l’attribuzione al codice di un ruolo di primissimo piano «nell’individuazione del criterio idoneo a regolare, prima e indipendentemente dall’intervento del legislatore, le sopravvenienze e quindi a disciplinare quelle che si designano come lacune dell’ordinamento»4.

La vulgata schematicamente riproposta - quella cioè che prospetta il carattere autopoietico del diritto posto e raccolto dalla codificazione - nasce già in partenza viziata e con non poche ombre. Parte della letteratura giuridica ha opportunamente sottolineato come «nelle ricerche sulle codificazioni, sul formarsi del diritto positivo, sulle strutture dei modelli nazionali si tende, nelle esperienze dell’Europa continentale, a passare sotto silenzio l’apporto della giurisprudenza, che implica non solo l’apporto dei giudici, ma anche quello degli avvocati, che ne preparano l’intervento attraverso la strategia della causa, le domande, le prove, le conclusioni»5. Queste riflessioni paiono sottolineare, ad un livello più

generale, il ruolo cruciale degli operatori del diritto nel processo di formazione delle regole giuridiche. La riduzione della produzione giuridica nelle mani dello Stato, narrata a mezzo della sua vulgata, subisce, ad ogni modo, un lento e graduale processo di infralimento che trova il suo fondamento in alcuni “formidabili e nuovissimi eventi” che imprimono una svolta decisiva alla storia giuridica del Novecento6, contribuendo a modificarne in modo rilevante il corso. Fra questi accadimenti si colloca, 1 Per una ricostruzione di questi passaggi in chiave

storica, P. GROSSI, «Scienza giuridica e legislazione nell’esperienza attuale del diritto», in Riv. dir. civ., 1997, p. 175 e ss.; cfr., inoltre, G. ALPA, Paolo Grossi: alla ricerca dell’ordine giuridico, in Paolo Grossi, a cura di G. Alpa, Roma- Bari, 2011, XI e ss.

2 Cfr. G. ZACCARIA, Trasformazione e riarticolazione delle fonti del diritto, oggi, in La comprensione del diritto, a cura di G. Zaccaria, Roma-Bari, 2012, p. 31.

3 In arg., senza pretesa di completezza, U. SCARPELLI, Cos’è il positivismo giuridico, Milano, 1966, passim. Sul positivismo giuridico quale tradizione dottrinale, recentemente M. BARBERIS, «Santi Romano, il neoistituzionalismo e il pluralismo giuridico», in Materiali

per una storia della cultura giuridica, 2011, p. 349 e ss.; sulle differenti classificazioni del positivismo giuridico, di recente, V. CARIELLO, «Osservazioni preliminari sull’argomentazione e sull’interpretazione “orientate alle conseguenze” e il “vincolo del diritto positivo per il giurista”», in Riv. dir. comm., 2015, p. 317 e ss.

4 N. LIPARI, «La codificazione nella stagione della globalizzazione», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, p. 874. 5 Cosi G. ALPA, «La dialettica fra legislatore e interprete. Dai codici francesi ai codici dell’Italia unita: riflessioni in prospettiva storica nella recente letteratura», in Contr. impr., 2015, p. 646-647.

6 Sul punto P. GROSSI, Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, in Paolo Grossi, cit., p. 28 e ss.

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seguendo un’essenziale tassonomia, in primo luogo l’introduzione della “nuova Costituzione”7, quale

prius dello Stato e sintesi dei valori storici di un popolo che legislatore e legge sono tenuti a osservare.

La funzione della Corte Costituzionale, quale giudice delle leggi8, si concretizza nel ruolo di

«istituzione che può essere considerata come un autentico organo della coscienza sociale, preziosa valvola respiratoria dell’ordinamento giuridico italiano, cui dà respiro attingendo direttamente dalla società civile italiana»9.

Il fenomeno al quale ci riferiamo si apprezza anche per la cristallizzazione sul piano della rilevanza giuridica della c.d. etica sociale: si è parlato a riguardo di una forma di stabilizzazione, operata dalla Costituzione, «del punto di vista morale all’interno del diritto positivo come istanza di controllo della legittimità sostanziale delle leggi»10. La Costituzione quale “positivizzazione di principi morali” è in

grado di stabilire i criteri interpretativi per mezzo dei quali attribuire significato alla normazione11;

consente l’integrazione delle lacune dell’ordinamento e al contempo riempie di contenuto le clausole generali12, essendo immediatamente utilizzabile da ogni cittadino, oltre che da qualsiasi autorità

giudiziaria13.

Il secondo fenomeno che realizza una chiara fuoriuscita dai rigidi schemi a mezzo dei quali si esprime la cultura giuspositivistica è rappresentato dal progressivo affermarsi del diritto europeo che, con l’attribuzione di ruoli di centrale rilevanza alla Corte di Giustizia e alle iniziative di accademici14,

evidenzia come la comparazione, realizzata a mezzo del riferimento esplicito a questo innovativo e spesso a-sistematico quadro normativo, possa contribuire a chiarire l’importanza del pluralismo delle fonti15 attraverso il riconoscimento e la conseguente valorizzazione di una dimensione giudiziale e

dottrinale del diritto.

Il crescente rilievo attribuito al livello internazionale e, in particolare, come si è detto, europeo della regolamentazione contribuisce a porre in risalto come il trattamento giuridico complessivo dei diversi istituti giuridici sia composto da una disciplina multilivello16, non più relegabile alla produzione 7 M. FIORAVANTI, Costituzione, Bologna, 1999, passim.

8 In arg. G. ZAGREBELSKY, Il giudice delle leggi artefice del diritto, Napoli, 2007, passim.

9 P. GROSSI, Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, cit., p. 29 e ss.

10 Cfr. L. MENGONI, «Diritto e tecnica», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, p. 7; in arg. anche V. SCALISI, «Per un’ermeneutica giuridica veritativa orientata a giustizia», in Riv. dir. civ., 2014, p. 1266; l’A. sottolinea in particolare come «l’etica non esaurisce l’intero sistema culturale della società, al quale attinge il legislatore nel momento genetico e formativo della formulazione delle norme positive, e del quale anche l’interprete è chiamato a tenere conto, allorché si tratti di integrare il contenuto generico o indeterminato delle stesse o di farne interpretazione evolutiva».

11 L’introduzione della Costituzione contribuisce a rompere la logica della fattispecie poiché «il testo costituzionale individua principi che allargano l’àmbito di riferimento del giudice inducendolo a valutare i valori prevalenti nel contesto sociale in relazione ai beni o agli interessi implicati nel conflitto»: in questi termini N. LIPARI, «La codificazione nella stagione della globalizzazione», cit., p. 875; in arg. anche, di recente, N. IRTI, «La crisi della fattispecie», in Riv. dir. proc., 2014, p. 36 e ss.

12 Sulle clausole generali quali tecnica di normazione e sulla loro presenza anche all’interno della Costituzione,

P. PERLINGIERI, P. FEMIA, Realtà sociale e ordinamento giuridico, in Manuale di diritto civile, a cura di P. Perlingieri, Napoli, 2000, p. 21.

13 G. ZACCARIA, op. cit., p. 41.

14 Fra esse, esemplando, può farsi riferimento ai Pecl (Principles of European Contract Law) e al Dcfr (Draft Common Frame of Reference).

15 Per una rassegna degli usi del “pluralismo” cfr. M. BARBERIS, Pluralismi, in Teoria politica, 2007, p. 5-18; sul disordine che la stessa pluralità, per come affermatasi nella realtà contemporanea, creerebbe e sulla proposta di una sua ricomposizione attraverso l’immagine del “ritorno al diritto” cfr. U. BRECCIA, Immagini del diritto privato. Teoria generale, fonti, diritti, Torino, 2013, passim e spec. il saggio «Immagini della giuridicità contemporanea tra disordine delle fonti e ritorno al diritto», p. 47 e ss., già in Pol. dir., 2006, p. 361-384.

16 Sul significato dell’espressione I. PERNICE, «Multilevel Constitutionalism and the Treaty of Amsterdam: European Constitution-Making Revisited», in 36 Common Market Law Review, 1999, p. 703 e ss; sull’influenza degli studi politologici sul concetto di sistema multilivello cfr., recentemente, S. PIATTONI, The Theory of Multi-level Governance - Conceptual, Empirical and Normative Challanges, Oxford, 2010, passim; già, fra gli altri, H. WALLACE, W. WALLACE (edited by), Policy Making in the European Community, Oxford, 1983, passim.

APPENDICE

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Il contributo della prassi notarile alla evoluzione della disciplina delle situazioni reali

normativa statale17. La relazione fra diritto interno e diritto di fonte europea18 si consuma quindi «nella

tendenza a cercare una nuova uniformità a più ampio raggio, salvaguardando tuttavia la specificità dei singoli contesti nazionali»19.

Il terzo passaggio al quale sembra opportuno fare riferimento rimanda all’affermarsi di fonti estranee all’ambito di produzione dei c.d. addetti ai lavori. Questa complessiva tendenza è ulteriormente scomponibile attraverso la ricognizione di due distinte, ma intimamente connesse, esemplificazioni. Una di esse è certamente la globalizzazione giuridica20. I vuoti normativi prodotti dalla globalizzazione

economica21 e dalla, a quest’ultima conseguente, riconosciuta impossibilità delle istituzioni statali

e internazionali di regolamentare con completezza lo svilupparsi dei diversi processi produttivi economici vengono coperti dalla c.d. lex mercatoria. Protagonisti di questa peculiare regolamentazione sono, come è noto, gli uomini d’affari22 che, attraverso la collaborazione di scienziati e pratici del

diritto, delineano figure e assetti nuovi del traffico giuridico che «divengono istituti giuridici osservati nella pratica, quando non trovino la loro consolidazione in un corpus di principi»23.

In secondo luogo occorre riferirsi alla crescente diffusione della codificazione etica. Il propagarsi a livello globale di questa forma di normatività attenuata è percepito quale strumento per garantire una regolamentazione dell’attività imprenditoriale che si traduce in modelli di condotta ispirati a valori etici condivisi24.

Il dato della trasformazione progressiva del quadro delle fonti permette di riconoscere quale risultato oramai acquisito quello dell’«impossibilità di ridurre il sistema delle fonti a schematiche elencazioni, basate, ad esempio, sul nomen iuris e/o sul procedimento di formazione ossia su un inquadramento preciso»25.

La distinzione fra fonti formali e informali dotate di un certo livello di effettività26 modifica e

accresce i compiti dell’interprete. Il tradizionale ruolo di derivazione della norma dalla fonte viene progressivamente affiancato da quello di reperimento della fonte medesima nel caso in cui quest’ultima non sia disciplinata da regole sulla produzione giuridica, ma operi, come si è detto, sulla base di un certo grado di effettività.

17 Sulla generale esigenza che la comparazione affianchi «alla tradizionale componente orizzontale, cioè quella rivolta allo studio e confronto parallelo di più sistemi nazionali, anche una componente verticale, che si occupi di raccordare in maniera sistematica e sinergica i livelli nazionali, transnazionali ed internazionali», L. ANTONIOLLI, L’identità delle scienze giuridiche in ordinamenti multilivello: il diritto comparato, in L’identità delle scienze giuridiche in ordinamenti multilivello, a cura di V. Barsotti, Santarcangelo di Romagna, 2014, p. 13 e ss.

18 In arg. N. LIPARI, Diritto privato europeo e categorie civilistiche, Napoli, 1998, passim; C. CASTRONOVO, «Spunti di riflessione sull’interazione tra fonti comunitarie e norme nazionali», in Nuova rass., 2007, p. 972. 19 N. LIPARI, «La codificazione nella stagione della globalizzazione», cit., p. 879.

20 Parte della letteratura ha definito la globalizzazione nei termini di «superamento delle regole promananti esclusivamente dalla territorialità e nuovo configurarsi del diritto non più come voce esclusiva del sovrano, ma come esito di un sistema poliarchico in cui cresce l’importanza dei soggetti privati»: in questi termini G. ZACCARIA, op. cit., p. 51.

21 Sul tema, senza pretesa di completezza, M.R.

FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione, Bologna, 2000, passim; P. GROSSI, «Globalizzazione, diritto, scienza giuridica», in Foro it., 2002, p. 163 e ss.; F. GALGANO, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, passim.

22 Cfr. ex multis, J. ARATO, «Corporations as Lawmakers», in Harvard International LJ, vol. 56, 2015, p. 229 e ss. 23 Cfr. P. GROSSI, Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, cit., p. 34 e ss.

24 Sulla responsabilità sociale dell’impresa, nel contesto della dottrina interna, per una essenziale indicazione bibliografica, M. LIBERTINI, «Impresa e finalità sociali. Riflessioni sulla teoria della responsabilità sociale dell’impresa», in Riv. soc., 2009, p. 1-33; F. DENOZZA, Le aporie della concezione volontaristica della Csr, in AA.VV., La responsabilità sociale dell’impresa, Torino, 2013, p. 49 e ss.; AA.VV., La responsabilità sociale dell’impresa, a cura di G. Conte, Roma-Bari, 2008, passim;

25 Cfr. B. PASTORE, Interpreti e fonti nell’esperienza giuridica contemporanea, Torino, 2014, p. 32.

26 Il superamento della nozione di validità sulla base dell’affermarsi del principio di effettività è evidenziato, fra gli altri, da P. GROSSI, Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, cit., p. 36 e ss.

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