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Privato o pubblico: tertium non datur

Il Notariato, dal canto suo, sembra che registri puntualmente il cambio di passo, quanto meno sotto due aspetti, distinti ma strettamente legati. Il primo: non vi è praticamente articolo o saggio che non si apra col riferimento al mutato timbro delle relazioni giuridiche private e che non leghi tale mutato timbro a una nuova e più consistente presenza della regolazione pubblicistica in ambito privato. Il secondo aspetto è invece più strettamente legato alla questione proprietaria: i contributi di dottrina notarile vengono infatti organizzati e distribuiti sulla base delle diverse diramazioni intorno alle quali si stava ridisegnando lo stesso statuto proprietario: il transito dal singolare («la proprietà») al plurale («le proprietà»), transito talora argomentato con espresso richiamo alla coeva visione pugliattiana9,

trovava dunque un riscontro importante nella organizzazione delle stesse riflessioni notarili. Del resto, se si scorrono gli indici per argomento delle due Riviste (la Rivista del notariato e Vita notarile) che nascono nell’immediato secondo dopoguerra, si ricava un’indicazione abbastanza univoca in tal senso. Raramente infatti, la casella ‘proprietà’ figura senza ulteriori specificazioni (proprietà edilizia, immobiliare ecc.); allo stesso tempo, approfondimenti rilevanti per ricavare il senso delle trasformazioni del diritto dominicale possono leggersi sotto le altre voci intorno alle quali è organizzato l’indice (obbligazioni, donazioni, successioni, società ecc.) e che sono tutte, direttamente o indirettamente, legate all’acquisto e alla circolazione della proprietà.

Vi sono nondimeno alcune letture che prendono in considerazione nel suo complesso il problema delle evoluzioni del diritto di proprietà; se, ad esempio, si aprono le prime annate della Rivista del

notariato, fondata e diretta, nel 1947, dal pugnace Andrea Giuliani, vi si trova più di un contributo

che va in questa direzione. A sollecitare l’attenzione del Notariato italiano furono soprattutto i temi scelti dai colleghi francesi per l’organizzazione dei loro convegni annuali. Tre paiono particolarmente significativi, gravitanti, come sono, intorno a un identico nucleo tematico: così nel 1948, i notai d’oltralpe dedicano il loro simposio a Il declino delle nozioni di proprietà e di contratto; nel 1949 a La funzione

sociale della proprietà e nel 1952 a L’ingerenza dello Stato nella vita privata: i conflitti tra lo Stato e l’individuo, il dirigismo economico. In particolare, nel 1949, la Rivista del notariato pubblica sia la relazione del Notaio

francese Henry Maigret, intitolata La fonction sociale de la proprietè privee10, sia le relazioni, presentate al

medesimo convegno da due notai italiani: quella, dallo stesso titolo, di Vincenzo Baratta11 e quella

firmata da Giovanni Battista Curti Pasini (Lineamenti sommari sulla funzione sociale della proprietà privata nel

diritto odierno italiano)12.

Dall’esame di questi saggi sembrano emergere alcuni motivi costanti; per un verso, infatti, i toni appaiono seriamente preoccupati, a tratti caratterizzati da venature apocalittiche: si parla di «necrosi del diritto di proprietà»13, o si fa riferimento a una disciplina, tanto codicistica quanto costituzionale,

che sembrava essere penetrata «nel vivo delle carni della proprietà privata, mutilandone l’esercizio per una finalità essenzialmente sociale»14. Non manca neppure qualche laudatio temporis acti, qualche

denuncia che, con toni un po’ naïf, tende a legare le insidie della contemporaneità al dilagare della proprietà mobiliare e su beni incorporali, forme di dominio accusate di aver interrotto quel rapporto diretto tra soggetto e cosa che fino ad allora si era potuto esprimere nella amorevole e quotidiana cura delle res oggetto di proprietà15.

Un altro aspetto che emerge con una certa chiarezza e che vale, con ogni probabilità, a spiegare simili

9 S. PUGLIATTI, La proprietà e le proprietà (1952), in La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1954, p. 147-310. 10 In Rivista del notariato, III, 1949, p. 291-305. 11 Ivi, p. 306-310.

12 Ivi, p. 408-414.

13 H. MAIGRET, «Il notariato di fronte al declino delle nozioni di proprietà e di contratto», in Riv. not., II, 1948,

p. 284.

14 G.B. CURTI PASINI, op. cit., p. 412.

15 v. a es. H. MAIGRET, «Il Notariato di fronte al declino …», cit., p. 286 e «Decadenza della proprietà privata»: è questo un articolo, non firmato, tratto da Il tempo di Roma del 10 gennaio 1950 e ripubblicato in Rivista del notariato, IV, 1950, p. 27.

Notariato e scienza del diritto: riflessioni in tema di proprietà nel secondo Novecento

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Il contributo della prassi notarile alla evoluzione della disciplina delle situazioni reali

toni, è la tendenza ad aderire all’idea di una divisione nitida, quasi manichea, tra privato e pubblico, tra il privato-individuale e il pubblico-statuale. Il campo giuridico viene cioè tematizzato come lo spazio in cui si realizza questa summa divisio, senza la possibilità di mediazioni o alternative. In tale prospettiva, dunque, ogni ipotesi di apertura ‘sociale’ del diritto privato finiva per essere identificata con la pubblicizzazione delle sue corde, con la ‘cessione’ al pubblico di aree e fattispecie fino a poco prima saldamente ancorate al terreno dell’autonomia privata. Finiva, insomma, per coincidere col mero «trasferimento nel campo pubblicistico di rapporti che tradizionalmente sorgevano, avevano vita e si esaurivano esclusivamente in un limitato ambito di interessi privati»16. Non sorprende pertanto che

simile «tendenza a trasferire nell’ambito del diritto pubblico il regolamento della proprietà privata»17

venisse considerata, più «come conseguenza di orientamenti politici ed economici imposti, che come naturale e fatale portato della evoluzione della coscienza giuridica»18; né sorprende che si consigliasse

la massima «cautela» al legislatore onde evitare che la proprietà diventasse un «diritto affievolito» o un «interesse legittimo»19.

Ma neppure sorprende il fatto che simili letture delle trasformazioni del diritto di proprietà venissero legate a una questione diversa e ulteriore coinvolgente il ruolo e il futuro della funzione notarile. Dinanzi a un ceto che, nelle sue espressioni più qualificate, era da tempo impegnato a valorizzare il proprio compito di mediazione tra particolare e generale, e, con esso, il senso e il valore di una professionalità non relegabile a «una forma deteriore di tecnicismo giuridico, una sorta di artigianato rispetto all’arte del giure»20, le rinnovate sembianze della proprietà, e più in generale del diritto

privato, facevano temere un regresso del magistero notarile a meri compiti di certificazione della cogente volontà pubblica, di una volontà che sembrava ormai invadere ogni rivolo della privatezza. Più che «formulatore delle leggi dei rapporti privati», più che «redattore originale delle convenzioni delle parti» il notaio sembrava essere chiamato semplicemente ad «adattare la convenzione particolare ad una formula-tipo, elaborata talvolta da lui, ma spesso imposta alla legge, dall’Amministrazione, da determinati organismi e collettività». Così, fatalmente, il notaio «assiste[va] al declino di quelle nozioni nelle quali aveva creduto, con la tristezza e il dispetto che assale chiunque si trovi nella necessità di bruciare ciò che adorava»21.

Per questo la risposta sembrava essere una sola, e molto radicale: «ci sembra sia dovere … del Notariato non farsi travolgere, sino all’assorbimento, da questa assurda tendenza al dissolvimento dell’iniziativa privata»22: il notaio «deve tendere, finchè non incontri il blocco granitico della legge, nell’opera e nelle aspirazioni

sue, a mantenere integro il concetto del diritto perfetto di proprietà, di fronte a limitazioni o a vincoli che siano

troppo facilmente manovrabili dalla pubblica amministrazione … se è persuaso (come tutti i Notai credo lo siano) che la proprietà individuale è la vera proiezione e prosecuzione dell’individuo, ove se ne reprimano gli egotismi e gli abusi, che sono proprio il germe patogeno dell’antisocialità nel possesso dei beni. La proprietà può, deve, anche, in climi sociali determinati e in tempo opportuno, venire compressa, mai soppressa; castigata, non sfigurata, perché inseparabile e caratterizzante nota, umana e sociale … Il Notaio ha sempre servito e servirà ognora il bene pubblico tra privati»23.

16 A. GIULIANI, «Discorso inaugurale tenuto presso la Scuola di notariato Anselmo Anselmi», in Riv. not., III, 1949, p. 188-189.

17 A. GIULIANI, Introduzione a H. MAIGRET, «Il notariato di fronte al declino …», cit., p. 278.

18 Ibidem.

19 G.B. CURTI PASINI, op. cit., rispettivamente p. 410 e p. 412.

20 A. GIULIANI, «Discorso inaugurale ...», cit., p. 185; per una lettura di sintesi dei vari fronti che hanno impegnato il notariato in direzione del riconoscimento

della qualità del proprio lavoro, v. M. SANTORO, Il notariato nell’Italia contemporanea, Milano, 2004; ID., Notai - storia sociale di una professione in Italia (1861 - 1940), Bologna, 1998 e I. STOLZI, «Università e notai a colloquio – un profilo storico», in Riv. not., LXIII, 2009, p. 520-555.

21 H. MAIGRET, «Il notariato di fronte al declino …», cit., p. 308.

22 A. GIULIANI, Introduzione a H. MAIGRET, «Il notariato di fronte al declino …», cit., p. 278.

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