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CAPITOLO III L’ ILLUSTRAZIONE DEL P ADRE N OSTRO

3.3 Hopfer fra Holbein e l’evangelismo di Augusta

Daniel Hopfer è uno dei primi artisti a restare affascinato dalle incisioni di Hans Holbein il Giovane e a riprodurre la serie in un’acquaforte già alla fine del 1523 o all’inizio del 1524 (tav. 1).495

Hopfer segue Holbein fedelmente, sia riguardo all’iconografia che alle trascrizioni, salvo minime variazioni ortografiche,496 forse semplicemente perché l’artista si è attenuto alle

varianti “regionali” di Augusta.497

Come tipico per l’artista, i volti delle figure umane hanno profili rotondeggianti e le loro espressioni sono disegnate con pochi ed incisivi tratti. I corpi sono avvolti in panneggi morbidi e ampi, con ombre che danno rilievo plastico senza appesantire le forme.

Le più significative modifiche che Hopfer apporta alla sua acquaforte riguardano piuttosto l’ambientazione all’aperto, soluzione che è dettata anche da una necessità tecnica dell’acquaforte: la parte superiore delle scene, priva di tratteggi, permette una più facile lettura (e scrittura in controparte) delle citazioni inserite dentro i riquadri.

Le variazioni rispetto alle incisioni di Holbein sono a volte irrilevanti - come nella prima scena, dove l’albero è spostato sulla sinistra - altre volte più curiose, perché già lasciano intuire alcune questioni dottrinali, che emergeranno più chiaramente nelle altre acqueforti dell’artista. Fra queste modifiche la più interessante riguarda la rappresentazione del Padre

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Fulda, Hessische Landesbibliothek, Hs. Aa 139.

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Il suo ritratto all’incipit dell’opera riprende un’incisione di Hans Brosamer del 1536 (Hollstein’s German, vol. 4, 1957, p. 226).

494 Hausmann, 1992, pp. 277-278. 495

Non vedo come sia possibile anticiparne la datazione addirittura al 1520 circa come ha fatto Mastacchi (Mastacchi, 2012, p. 79) rimandano a Lechner, che data i progetti di Holbein addirittura al 1519 (LCI, vol. 4, 1972, p. 413).

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Le variazioni sono suddivise per petizione, e il primo termine indicato è quello di Holbein: 1. zeyt-zeit; sollen- sollent; vyl-vil; 2. himmeln-himelen; 3. rych-reich; 5. heüt-heut; 7. für-fur, aggiunta ein, versůchung- versuchunge; 8. vom übel-von vbel.

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Solo per citarne qualcuna, nella prima petizione si usa im invece che in den, nella terza auf der erden, invece che in erde, nella sesta verlas e verlassen al posto di vergib e vergeben.

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Eterno nel gruppo della Trinità (seconda, quarta e settima scena), le cui sembianze sono quelle del Figlio. Ritorneremo a breve sulle implicazioni semantiche di questi dettagli e sulla loro genesi.

Variazioni puramente formali si registrano nella terza scena, con la Pentecoste ambientata fra rovine antiche, o nella sesta scena, dove i carcerati incatenati si trovano all’esterno, mentre la prigione vera e propria è rappresentata dalla torre circolare, con le sbarre alla finestra.

Anche nella settima scena è chiara la derivazione da Holbein, ma notiamo come un po’ in tutta la stampa un’enfasi drammatica: non solo la casa di Giobbe va in fumo, ma anche i suoi inquilini sono arsi dalle fiamme, si lanciano dalla finestra o si precipitano fuori dalla porta e uno di loro giace morto disteso al suolo in primo piano.

Un’accentuazione tragica è visibile anche nell’ultima immagine: mutilati, lebbrosi e un indemoniato circondano Cristo pregando e richiamando la sua attenzione le proprie piaghe, mentre da lontano giunge una folla, forse i farisei intenzionati ad accusare Cristo.

Nemmeno nella quarta scena vi sono cambiamenti rilevanti. Come nell’immagine di Holbein il popolo di cruciferi non ha una particolare distinzione sociale o religiosa, un’allusione all’universalità della Chiesa che tornerà con forza nella rappresentazione del Simbolo Apostolico (tav. 2). È interessante notare che l’iconografia della Sequela Christi è presente anche in un’acquaforte di Hopfer (tav. 6),498 che illustra un passo del capitolo 10 del

Vangelo di Matteo (Mt 10, 34-38), del qualenon esistono precedenti iconografici.499

Questa stampa non è datata ma l’analisi stilistica, il ductus sicuro e insistito, la cura riservata all’ambientazione, ora di giunchi, ora boschiva, ora rocciosa, la plasticità dei corpi e il modellato dei panneggi fanno pensare a una maturità dell’artista, rispetto alla rappresentazione più asciutta ed essenziale del Padre Nostro.

Attraverso sei scene su due registri, che non seguono una rigorosa spartizione geometrica, ma sfruttano il cambiamento di scenario come elemento divisorio, l’artista illustra con straordinaria forza espressiva e originalità assoluta il Vangelo di Matteo in cui Cristo invita i discepoli a seguirlo, lasciando dietro di sé ogni certezza e persino i propri cari. Cristo è armato di spada, disarmante traduzione letterale dei versetti evangelici, con cui lotta per separare un figlio dal padre, una figlia dalla madre, una nuora dalla suocera, un uomo dai suoi vicini, scatenando vere e proprie risse, dove i presenti sono armati di forcone, fuso e bastone.

Il pathos raggiunge l’apice nell’ultima scena. La Sequela Christi è il drammatico sigillo della narrazione figurativa, di gran lunga più intensa rispetto a quella più controllata del Padre Nostro: il chiaroscuro è molto più marcato, le croci si moltiplicano e si sovrappongono su più piani, mentre la mimica e la gestualità dei personaggi dichiara la loro disperazione.

Oltre agli esempi della Sequela Christi citati con riferimento ad Holbein, Wegner menziona il frontespizio di un trattato di Zwingli sul Battesimo del 1525 (fig. 34),500 sebbene

in questo caso Cristo sia rappresentato in piedi e “vittorioso”, e non in cammino verso il Golgota.

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Daniel Hopfer, La missione di Cristo agli Apostoli, Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, inv. PN 8106, acquaforte, mm 210x269.

499 Wegner, 1957, pp. 247-248. 500

Ulrich Zwingli, Vom dem Touff. Vom widertouff. Vnnd vom kindertouff, Zürich, Hans Hager, 1525 (VD16 Z 920).

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Nel 1524 la Sequela Christi compare in altri due frontespizi dell’officina del zurighese Christoffel Froschauer, su un testo di Oswald Myconius501 e su uno di Zwingli, Der Hirt502 (“Il

pastore”, fig. 35), in cui il riformatore richiamava la comunità cristiana alle sue responsabilità pastorali e assistenziali. Mendicanti crociferi in atteggiamento di supplica fronteggiano Cristo e i suoi Apostoli nella cornice inferiore del foglio. La tensione drammatica è accresciuta dal movimento della folla e di Cristo l’una verso l’altro.503

Ritornando alle scene del Padre Nostro, al registro inferiore, la quarta petizione è forse quella che diverge in più particolari dall’illustrazione di Holbein corrispondente e quella che offre gli spunti più interessanti di approfondimento. Al posto di una chiesa è una piazza a fare da quinta alla scena e persino il pulpito è collocato all’esterno, come se aggettasse da un edificio tagliato dall’immagine. L’altare da cui un ministro impartisce l’Eucaristia è collocato su un podio ben visibile e in primissimo piano, non relegata in uno spazio lontano, si trova una tavola apparecchiata, alla quale banchettano un uomo e una donna in abiti contemporanei, come tutti gli astanti. La posizione privilegiata della mensa profana all’interno della composizione potrebbe essere indicativa dell’importanza del “pane quotidiano” anche nella sua dimensione concreta e non puramente spirituale. La sacralità data al cibo e la riconoscenza con la quale i cristiani sono chiamati a nutrirsi di ogni alimento, senza l’obbligo di rispettare i digiuni dell’anno liturgico saranno il tema centrale di un’altra stampa di Hopfer, Sei messaggi di Cristo agli Apostoli,504 che analizzeremo più avanti (tav. 3).

Si è più volte fatto accenno all’influsso delle teorie evangeliche sulle acqueforti di Hopfer, in particolare di Urbanus Rhegius e questa, che può essere considerata la prima e modello per le altre, non è esente da questo influsso, seppure non così chiaro come nel Simbolo Apostolico. Riguardo all’interpretazione della Cena del Signore, Rhegius cerca sin dal 1523 un compromesso diplomatico fra la concezione di Zwingli e quella di Lutero,505

evitando di esprimersi sul dogma della Transubstanziazione, sorvolando su una delicatissima questione dottrinale che stava creando spaccature fra gli stessi riformati.

Il ragionamento di Rhegius è particolarmente complesso e merita una spiegazione. Nel sostenere che il rito eucaristico è una memoria dell’Ultima Cena Rhegius sembra in accordo con Zwingli e la sua dissacrazione dell’Eucaristia. Al contrario, quando Rhegius afferma che nel rito eucaristico la sacralità è rappresentata dalla presenza dei fedeli in comunione fraterna e con Cristo, l’ascendente del riformatore svizzero è meno evidente.506

Diversamente da quanto sostenuto da Lutero, durante la messa i fedeli ricevono, infatti, un cibo spirituale e non la presenza fisica del Signore. Questo nutrimento è però unito alla

501 Oswald Myconius, Osvaldi Myconii Lucernani ad sacerdotes Helvetiae, qui Tigurinis male loquu[n]tur

suasoria, ut male loqui desinant, Zürich, Christoffel Froschauer, 1524 (VD16 G 829); l’anno seguente comparirà anche in De vera et falsa religione commentarius, Zürich, Christoffel Froschauer, 1525 (VD16 Z 913) e Uber doctor Balthazars Touffbüchelein, Zürich, Christoffel Froschauer, 1525 (VD16 Z 907). Cfr. Wandel, 1990, p. 39.

502 Ulrich Zwingli, Der Hirt: wie man die waren christlichen Hirten und widrumm die valschen erkennen…, Zürich,

Christoffel Froschauer, 1524 (VD16 Z 858).

503

Lo stile e la tecnica dell’incisione su metallo sembrano corrispondere a quelli del Monogrammista CV, probabilmente su un disegno dello stesso Holbein. Cfr. Wandel, 1990, p. 83.

504

Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, inv. PN 8110, mm 305x407.

505

Urbanus Rhegius, Vom hochwürdigen Sacrament des altars vnderricht was man auß hayliger geschryfft wissen mag durch D.Vrbanum Regium zů Augspurg gepredigt corporis Christi biß auff den achtenden, Augsburg, Simprecht Ruff, 1523 (VD16 ZV 13194).

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consapevolezza dell’opera redentrice di Cristo e, di conseguenza, il simbolo dell’appartenenza del cristiano al suo corpo mistico: è la fede che sacralizza il pane e il vino.507 In questa teoria

s’intuisce una concezione - in parte ideologica - di società cristiana fondata su valori comuni: la pace, la fratellanza e la giustizia.

In sintesi, per Rhegius la Cena del Signore è contemporaneamente un atto commemorativo e un impegno da parte dei fedeli. Nella stampa di Hopfer troviamo entrambe le componenti dell’interpretazione di Rhegius: l’offerta rituale del pane e del vino e la rievocazione collettiva dell’Ultima Cena, espressa attraverso l’ascolto della Parola.