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I profughi della prima ora

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 47-53)

GLI SFOLLAT

1. I profughi della prima ora

Il primo esodo di sfollati era iniziato ancor prima dell’ingresso dell’Italia nel conflitto. Già all’inizio del settembre del 1939 infatti, pochi giorni dopo l’attacco tedesco alla Polonia, dalle grandi città e dai confini nord-orientale e nord-occidentale iniziò la diaspora verso le campagne. Sono numerosi i telegrammi e le direttive inviati dalla Prefettura di Lucca ai podestà e ai commissari prefettizi della provincia a partire dal settembre 1939, che dovevano servire a regolare e tutelare l’afflusso e l’alloggio degli sfollati108. Questo precoce sfollamento dalle grandi città e da aree sensibili fu probabilmente dovuto al clima d’incertezza politica scaturita dalle aggressive mosse tedesche. Nonostante la dichiarazione italiana di «non belligeranza» del 25 agosto 1939, lo scoppio della conflagrazione europea pochi giorni dopo iniziò infatti a far scalpitare il Duce, comprensibilmente imbarazzato di fronte ad Hitler per aver mantenuto il proprio

108 Cfr. ASCM, m. 1255, b. Sfollati, pratiche varie e domande 1942-1944, fasc. Sfollamento

50 paese fuori dalla guerra109. Erano stati quindi vagliati vari propositi offensivi che vedevano le Regie Forze Armate schierate alternativamente contro la Francia al confine occidentale, la Jugoslavia a quello orientale o perfino contro entrambe110. Addirittura, tra il 25 agosto 1939 e la fine di settembre, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Alberto Pariani, mise in atto una limitata mobilitazione richiamando circa 500.000 riservisti111. Alla luce di tutto ciò si spiegano gli sfollamenti forzati effettuati già nel settembre del 1939. Era infatti necessario sgomberare talune aree che sarebbero potute divenire zone di guerra, prese di mira dalle aeronautiche e dalle artiglierie nemiche, così come necessarie al dispiegamento delle truppe italiane.

La mobilitazione terminò alla fine del settembre 1939, dopo che Mussolini venne convinto a rinviare l’entrata in guerra a causa della generalizzata impreparazione bellica del Paese ad un conflitto contro gli anglo-francesi. Il problema però si ripresentò nuovamente nove mesi dopo, quando l’8 giugno 1940, nell’imminenza della dichiarazione di guerra, il Ministero della Guerra dispose lo sgombero di numerose località situate nei pressi della frontiera occidentale112. Questi sfollati – provenienti dalle provincie di Imperia, Aosta, Torino e Cuneo – avrebbero dovuto essere indirizzati nelle zone di assorbimento nelle province di Vercelli, Alessandria, Asti, Savona, Genova e Pavia; ma, per motivi vari, taluni nuclei familiari vennero inviati verso altre province113. Quella di Lucca non fece eccezione. Si trattava comunque di sfollati obbligatori, che non se ne erano andati dalle proprie case di loro spontanea volontà e che quindi, una volta terminata l’emergenza, sarebbero rientrati rapidamente nelle rispettive zone di residenza. La presenza di queste persone, alcune delle quali erano giunte anche nel comune di Massarosa, fu quindi del tutto provvisoria e circoscritta a poche settimane: il 2 e 4 luglio, infatti – pochi giorni dopo la resa della Francia – la Prefettura di Lucca

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Ricordiamo che dal maggio del 1939 tra Italia e Germania sussisteva il cosiddetto «Patto d’acciaio». Si trattava di un trattato di alleanza sia difensivo che offensivo che di fatto legò il destino dell’Italia a quello del Reich, diminuendo drasticamente la libertà d’azione diplomatica del Regime fascista. La formula della «non belligeranza» fu un tentativo di salvare la faccia di fronte a Hitler, mantenendo l’impreparata Italia fuori dal conflitto senza ripudiare in toto l’alleanza.

110

Per le complesse decisioni politico-militari tra l’agosto 1939 e il giugno 1940, Cfr. John Gooch, Mussolini

e i suoi generali, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2011, pp. 681-728.

111

Ivi, p. 694.

112

ASCM, m. 1255, b. Sfollati, pratiche varie e domande 1942-1944, fasc. Sfollamento volontario/alloggi

per sfollati, comunicazione prefettizia del 4 luglio 1940.

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51 diramò delle ordinanze che avrebbero dovuto regolare il rientro degli sfollati – individuati nei comuni di Camaiore, Capannori, Forte dei Marmi, Lucca, Massarosa, Minucciano, e Piazza al Serchio – nelle proprie località di residenza114.

Intanto, Il 10 giugno 1940, giorno della dichiarazione di guerra italiana, la Prefettura aveva mandato a tutti i podestà della provincia una direttiva che imponeva la creazione di speciali commissioni comunali presiedute dal podestà e composte dal segretario locale del Fascio, dal comandante della locale stazione dei carabinieri, dal rappresentante della Federazione Proprietà Edilizia e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali. Lo scopo era quello, già in parte precedentemente stabilito a seguito degli sfollamenti del 1939, di regolare i prezzi delle abitazioni o delle stanze e di risolvere le eventuali controversie115. Cinque giorni dopo, sulla base di questa circolare e di quella del 7 settembre 1939116, il podestà di Massarosa, Antonio Lollusa, diramò un’ordinanza molto precisa che imponeva a coloro che cedevano vani per abitazione agli sfollati di farne denuncia scritta al comune, indicando il numero di vani ceduti, la generalità degli sfollati, la loro provenienza, nonché indicazioni sui loro documenti di identità. Nella suddetta denuncia andava anche indicato con precisione il prezzo di affitto richiesto117.

A questo proposito non è trascurabile il fattore del costo degli alloggi. Questi erano infatti a carico degli sfollati, che spesso non disponevano di grosse cifre ed erano in condizioni disagiate. Nella prima parte del conflitto il problema rimase più limitato perché i rifugiati avevano lasciato le loro abitazioni più per paura che per effettivi danneggiamenti e quindi le loro proprietà erano rimaste per lo più intatte. Spesso dunque, passato lo shock iniziale, vi avevano fatto ritorno. Quando però, a partire dalla fine del 1942, la campagna di bombardamenti alleata sulla penisola prese vigore, raggiungendo rapidamente picchi mai sperimentati in precedenza, sempre più persone iniziarono a perdere i propri beni e le loro proprietà. Coloro che per necessità dovettero iniziare ad abbandonare le località di origine si ritrovarono in condizioni di estrema

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Ibid. e ASCM, m. 1255, b. Sfollati, pratiche varie e domande 1942-1944, fasc. Sfollamento

volontario/alloggi per sfollati, comunicazione prefettizia del 2 luglio 1940 .

115

ASCM, m. 1255, b. Sfollati, pratiche varie e domande 1942-1944, fasc. Sfollamento volontario/alloggi

per sfollati.

116 Ivi, Direttiva prefettizia datata 7 settembre 1939. 117

52 difficoltà, perché spesso non avevano più alcuna fonte di entrata. La situazione poteva ulteriormente aggravarsi quando il capofamiglia o i figli in età matura erano sotto le armi, oppure quando si trattava di famiglie numerose con molte bocche da sfamare – cosa non inconsueta nell’Italia degli anni ’40 del Novecento. Lo Stato assegnava sussidi alle famiglie dei richiamati sotto le armi, ma se essi potevano essere utili in una situazione normale, diventavano però insufficienti nel caso di uno sfollamento e quando si doveva pagare un affitto.

Non stupisce quindi il grande numero di richieste di aiuti che giunsero alle autorità comunali da parte di queste persone. Nella maggior parte dei casi non si trattava nemmeno di richieste ufficiali, ma di semplici lettere in cui si faceva leva sulla precaria condizione in cui si trovava lo scrivente e i membri della sua famiglia. È il caso ad esempio della missiva inviata al sindaco di Massarosa da Nicola Tarabella, sfollato da Azzano, frazione del vicino comune di Seravezza:

Il sottoscritto Tarabella Nicola, da Azzano (Seravezza), attualmente al Piano di Mommio (frazione di Massarosa, N.d.A.) per sfollamento, trovandosi in condizioni economiche ristrettissime chiede di ottenere un sussidio per il sostentamento della famiglia. Fiducioso di una benevola accoglienza porgo rispettosi saluti118.

Non è chiaro il motivo per il quale Tarabella abbia lasciato la propria abitazione – il piccolo comune di Seravezza non ebbe alcuna rilevanza militare fino al 1944 –, ma la sua lettera è un caso esemplare perché fa comprendere molto bene a quali difficoltà potevano andare incontro i rifugiati, perfino se provenienti da aree situate a pochi km di distanza.

É bene tenere a mente che soltanto i cosiddetti «sfollati volontari» avevano gli affitti a carico, mentre gli «sfollati obbligatori» – quelli che erano stati sgomberati dalle autorità – rimanevano a carico dello Stato fintanto che non fosse stato loro concesso di ritornare alle loro abituali dimore. Questa distinzione però, che poteva avere senso

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53 quando si trattava di persone che avevano deciso di allontanarsi dalle loro residenza pur senza aver subito perdite di alcun tipo, diventava totalmente astratta nei casi, sempre più frequenti dalla fine del 1942 in poi, in cui gli sfollati avevano perso tutto. Definire costoro «sfollati volontari» necessitava una buona dose di coraggio, in quanto non c’era certo volontarietà – quanto piuttosto necessità – nel doversi trovare un nuovo tetto sopra la testa, dopo che il proprio era andato distrutto.

I provvedimenti dovevano essere necessariamente rapidi perché già il 21 giugno, come risulta da un telegramma inviato dal comune di Massarosa alla prefettura di Lucca, in territorio massarosese risultavano presenti circa 250 persone, tutti sfollati volontari e quasi tutti provenienti dalle provincie di La Spezia, Genova, Livorno e Roma119. Il telegramma continuava informando le autorità provinciali che la capacità di assorbimento del comune era ancora di circa 500 unità120. É interessante, a questo proposito, rilevare come circa il 58% di queste 250 persone provenisse dalle provincie di Genova e La Spezia121. Questa preponderanza può essere in parte spiegata dalla relativa vicinanza che intercorre tra La Spezia – da cui provenivano ben 105 sfollati – e la provincia di Lucca, ma più probabilmente era dovuta alle conseguenze delle azioni aeronavali anglo-francesi che interessarono la costa ligure fin dai giorni immediatamente successivi all’entrata in guerra dell’Italia e che scossero non poco la popolazione civile ivi residente. In questa primissima fase della guerra nessun’altra zona della penisola venne infatti presa di mira in misura così massiccia, anche se con risultati modesti, come quella compresa tra Savona e Sestri Levante.

Le azioni aeree inglesi dell’11, 13 e 16 giugno e quelle dell’agonizzante Francia del 13, 14 e 18 giugno122 in questo tratto di costa furono quasi del tutto irrilevanti sotto il profilo militare, ma scossero molto la popolazione civile delle aree coinvolte, la quale aveva prestato fede alle dichiarazioni della propaganda che escludevano la possibilità di bombardamenti nemici sul suolo italiano. Al contrario, nonostante i tentativi della stampa di sminuire quanto più possibile le incursioni, ai residenti di tali zone queste

119 Ivi, Telegramma del 21 giugno 1940. 120

Ibid.

121

ASCM, m. 1255, b. Sfollati, pratiche varie e domande 1942-1944, fasc. Sfollamento volontario/alloggi

per sfollati, Telegramma del 25 giugno 1940.

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54 sporadiche e inefficaci azioni nemiche dovettero sembrare molto gravi. Genova e Savona fecero per di più i conti con il ben più violento bombardamento navale portato dalla 1ᵃ e 2ᵃ Divisione incrociatori francese, con i relativi cacciatorpediniere di scorta, nella notte del 14 giugno123. Questi eventi, che comunque causarono perdite umane tutto sommato limitate, bastarono però a generare un primo, importante afflusso di sfollati verso aree ritenute – in quella fase della guerra a ragione – più sicure. Massarosa, comune agricolo chiaramente privo di obiettivi militari, faceva parte di questa categoria.

Per regolare ulteriormente la posizione di questi numerosi sfollati che erano giunti nella provincia di Lucca, il 21 giugno venne diramata un’ordinanza prefettizia, resa nota a Massarosa il 24 dello stesso mese, che imponeva la denuncia del temporaneo cambiamento di residenza all’anagrafe del comune nel quale gli sfollati si erano trasferiti. Questa denuncia doveva essere effettuata entro quarantotto ore dall’arrivo o, per quelli che erano già arrivati, dalla data di affissione dell’ordinanza124. Il documento si concludeva ricordando le pene previste in caso di inosservanza delle suddette disposizioni.

Tutto questo sembrava indicare una buona organizzazione generale all’interno della provincia di Lucca riguardo alla difficile questione degli sfollati. D’altra parte per il momento il problema degli sfollati rimaneva ampiamente sotto controllo e il loro numero era ancora ben lungi dal raggiungere i livelli del 1943-1944. La Francia si era infatti arresa il 25 giugno 1940, eliminando così la più grande minaccia aerea che pendeva sulle città dell’Italia centro settentrionale, sia da parte dei bombardieri dell’Armée de l’Air che della britannica Royal Air Force, la quale rimase priva delle sue basi avanzate in territorio francese. Al contempo, l’uscita dalla guerra del paese transalpino aveva eliminato l’altra minaccia rappresentata dalle forze mediterranee della

Marine Nationale che, come abbiamo visto, era rilevante e poneva gravi problemi di

ordine strategico alla Regia Marina. Alla luce di questo nuovo quadro strategico, che comunque era già in buona parte stato previsto al momento dell’entrata in guerra

123

Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare. La Marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943, Mondadori, Milano 2001, pp. 13-14.

124 ASCM, m. 1255, b. Sfollati, pratiche varie e domande 1942-1944, fasc. Sfollamento volontario/alloggi

55 dell’Italia il 10 giugno125, le località rivierasche del mar Ligure e del mar Tirreno potevano per il momento considerarsi al sicuro da azioni navali come quella del 14 giugno. A tal proposito è però doveroso ricordare che nemmeno otto mesi dopo, il 9 febbraio 1941, una formazione navale britannica, molto più potente di quella francese, bombardò in pieno giorno, e senza incontrare contrasto degno di nota, Genova, i cantieri di Sestri Ponente e gli impianti industriali della Val Polcevera126. Pochi i danni materiali, maggiori invece le vittime civili.

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 47-53)