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Il Nord-Africa

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 96-106)

CADUTI E DISPERSI 1940-

2. Il Nord-Africa

I lutti per Massarosa iniziarono ben presto. Già il 28 giugno 1940 cadeva, a seguito di un’azione bellica, il carabiniere Enrico Cortopassi, residente nella frazione di Bargecchia257. Il 6 novembre finiva invece disperso il Caporale Vincenzo Gabrielli, in forza al 204° Rgt. Artiglieria258. Si trovava con la sua unità a Sidi Barrani, in Egitto, dove alla metà di settembre si era arrestata la timida offensiva lanciata, su esortazione di Mussolini, dal generale Rodolfo Graziani259. In quei giorni le forze britanniche, che poco più di un mese dopo avrebbero messo in atto l’operazione Compass travolgendo le linee italiane, effettuarono diverse azioni di bombardamento navale lungo la costa, attacchi aerei notturni e piccole incursioni di disturbo nelle retrovie. É molto probabile che il C. le Gabrielli sia caduto a seguito di una di queste azioni nemiche, poiché fino a dicembre non ci fu alcuno scontro rilevante tra artiglierie e fanterie delle due parti260.

Il 7 dicembre 1941 perdeva invece la vita il soldato Amelio Magnani, originario della frazione di Mommio e in forza al VI Gruppo Squadroni Mitraglieri «Aosta», aggregato alla divisione «Pavia»261. Suddetta divisione fu in quei giorni pesantemente impegnata a contrastare, assieme alle altre unità italo-tedesche, l’offensiva britannica denominata Crusader. Il 7 dicembre il generale tedesco Erwin Rommel decise per un ripiegamento dell’ala sinistra dello schieramento, dove si trovava la «Pavia». Fu nel corso di tale ripiegamento che lo Squadrone Mitraglieri rimase isolato dal resto delle

256

Sul monumento ai caduti di Piazza Vittorio Veneto, nel centro storico di Massarosa, al di sotto dei nomi dei residenti nel capoluogo morti durante la Grande Guerra, vi è solamente la scritta Ai caduti della guerra

1940-1945.

257

ASCM, m. 1254, b. Presenti alle Bandiere di Guerra, fasc. Enrico Cortopassi.

258 Ivi, fasc. Vincenzo Gabrielli. 259

Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, cit., pp. 295-298.

260

Mario Montanari, Le operazioni in Africa settentrionale, Vol. I - Sidi El Barrani, Ufficio Storico SME, Roma 1985, p.151.

261

99 truppe e, pur combattendo con decisione, subì gravi perdite, tra le quali appunto lo stesso Magnani262. Il 28 dicembre 1941 cadde invece a Tripoli per cause ignote, molto probabilmente a seguito di un’azione aerea, il carabiniere Giuseppe Barsotti.

3.

I Balcani

Nello stesso periodo in cui il caporale Gabrielli perdeva la propria vita in Africa settentrionale, un’altra tragica avventura militare era da poco iniziata. Il 28 ottobre precedente infatti, a seguito di una pianificazione insufficiente ed un’infelice scelta di tempi, Mussolini aveva dato il via all’invasione della Grecia. Come è noto, la campagna militare volse al peggio fin dai primissimi giorni e fu soltanto grazie all’intervento tedesco dell’aprile dell’anno successivo che il paese ellenico poté essere piegato. A questa vittoria non riuscì però ad assistere il C.M. Otello Bilanci, in forza al 3° Rgt. «Granatieri di Sardegna»263. Questa unità d’èlite aveva iniziato la campagna come parte del cosiddetto «Raggruppamento del Litorale», di stanza al confine greco-albanese264. Nel dicembre del 1940 il caporalmaggiore Bilanci stava affrontando, oltre alle pallottole greche, le terrificanti condizioni meteorologiche che tutte le unità italiane impegnate sul fronte greco si trovarono di fronte nell’autunno-inverno del 1940265.

Dopo la caduta della Grecia e della Jugoslavia nell’aprile del 1941 e la fine ufficiale delle operazioni militari, in tutta la penisola balcanica scoppiarono focolai di guerriglia che, pur con un impegno da parte italo-tedesca sempre maggiore, sarebbero progressivamente cresciuti per arrivare a costituire il più importante movimento partigiano dopo quello sovietico. Il fatto che nell’imminenza dell’armistizio ben 28 divisioni italiane e 18 tedesche fossero disseminate in tutta la penisola e nelle isole, dimostra la grande preoccupazione che i Balcani destavano negli Stati Maggiori dell’Asse266.

262

Montanari, Le operazioni in Africa Settentrionale, vol. II, cit., pp. 646-651.

263 ASCM, m. 1254, b. Presenti alle Bandiere di Guerra, fasc. Bilanci Otello. 264

Mario Cervi, Storia della guerra di Grecia, Mondadori, Milano 1972, p. 58.

265

Ivi, pp. 209-230.

266 Elena A. Rossi - Maria Teresa Giusti Una guerra a parte. I militari italiani nei Balcani 1940-1945, Il

100 In una guerra che in Italia è stata per lungo tempo dimenticata e che assunse i caratteri di un vero e proprio genocidio, gli scontri tra unità italiane e gruppi della Resistenza si fecero sempre più aspri. Gli sforzi profusi dai comandi italiani – le cui truppe si rivelarono sempre più inadatte alla lotta antipartigiana – e germanici, volti a sopprimere il sempre più organizzato movimento di resistenza jugoslavo, richiesero un tributo di vite umane progressivamente maggiore. Fu così che, nonostante la fine ufficiale delle ostilità, ben presto si ricominciò a morire.

Con l’esclusione dei confusi e tragici eventi che fecero seguito all’Armistizio, furono almeno tre i militari di Massarosa che morirono per azioni militari nei Balcani. Curiosamente tutti nella regione del Montenegro. Qui infatti, a partire dal marzo del 1943, la situazione sul terreno iniziò a complicarsi e il controllo del territorio da parte delle forze d’occupazione divenne sempre più difficile267. É comunque probabile che il numero dei militari morti nella regione balcanica sia maggiore. Nelle liste dei dispersi e dei caduti presenti nell’Archivio Storico del comune di Massarosa purtroppo non vi traccia di altri deceduti in questo area di operazioni, ma la documentazione, come nel caso delle liste degli sfollati, è visibilmente incompleta.

Il primo a pagare con la propria vita una guerra sporca, fatta di agguati, azioni fulminee, rappresaglie e giustizia sommaria da ambo le parti, fu il carabiniere Dino Batori, deceduto il 18 luglio 1941268. Fu la prima e l’ultima vittima massarosese nei Balcani fino al 1943, quando la situazione in Montenegro stava rapidamente peggiorando. Qui, nel maggio del 1943, nel giro di poco più di dieci giorni, caddero rispettivamente il soldato Narciso Carmassi, in forza al 23° Rgt. Fanteria della 14ᵃ Divisione fanteria «Isonzo»269 e il fante Emlio Arcangeli, dell’83° Rgt. fanteria della 19ᵃ Divisione fanteria «Venezia»270. Il soldato Carmassi, partito con la sua unità il 29 aprile 1943 per un’azione in Montenegro, venne dato per disperso e quindi per deceduto il 5

267

Dopo la spartizione della Jugoslavia la regione del Montenegro era spettata alle forze d’occupazione italiane. Che la situazione fosse progressivamente peggiorata a partire dal marzo del 1943 lo dimostra la sconfitta subita a Niksić dalla divisione Ferrara, che ebbe 400 morti e 500 prigionieri. Ad aprile reparti della

Taurinense furono sconfitti da forze partigiane numericamente inferiori. Rossi - Giusti, Una guerra a parte,

cit., pp. 69-70.

268

ASCM, m. 1254, b. Presenti alle Bandiere di Guerra, fasc. Dino Batori.

269 Ivi, b. Prigionieri a Saldo, fasc. Narciso Carmassi. 270

101 maggio successivo271. Arcangeli, disperso a seguito di un’azione di combattimento il 16 maggio 1943, venne dato anch’egli per morto nel settembre dello stesso anno272.

Nemmeno quattro mesi dopo venne firmato l’armistizio di Cassibile. Esso ebbe gravi conseguenze sulle truppe italiane disseminate in tutto lo scacchiere balcanico, conseguenze forse complessivamente più tragiche che in qualsiasi altro teatro in cui operavano forze italiane. Come vedremo in seguito, anche i militari di Massarosa furono spesso pedine impotenti di decisioni prese ad alti livelli, condivisero con milioni di loro connazionali le tragiche vicende delle Regie FF.AA. dopo l’8 settembre e, in alcuni casi, pagarono con la loro stessa vita.

4.

Ecatombe in Unione Sovietica

Il tipo di guerra combattuta sul fronte orientale tra il giugno del 1941 e la fine del conflitto fu differente rispetto ad ogni altro teatro della seconda guerra mondiale, con la parziale esclusione degli scontri che si combatterono nel Pacifico tra americani e giapponesi273. La politica razziale tedesca, le enormi dimensioni delle forze in campo e le terribili condizioni meteorologiche comportarono un dispendio di vite umane militari e civili come non si era mai visto – né lo si vide più – nella storia delle guerre274.

271 Ivi, b. Prigionieri a Saldo, fasc. Narciso Carmassi 272

Ivi, b. Presenti alle Bandiere di Guerra, fasc. Emilio Arcangeli.

273

Fin dalle prime battute della guerra del Pacifico, le FF.AA. giapponesi dimostrarono in molti frangenti di non tenere in considerazione la salute dei prigionieri di guerra; la «marcia della morte» di Bataan è solo l’esempio più noto. Gli americani si adattarono ben presto a questo brutale modo di combattere e anch’essi divennero più restii a fare prigionieri. Per le vicende occorse a Bataan, nelle Filippine, cfr., John Toland, Alla riscossa, Longanesi, Milano 1963, capitolo XXI. Per una panoramica complessiva sulla guerra nel teatro del Pacifico, cfr., Bernard Millot, La guerra del Pacifico 1941-1945. Il più grande conflitto

aeronavale della storia, RCS, Milano 2006.

274 La cesura storiografica causata dalla (parziale) apertura degli ex archivi sovietici a partire dagli anni ’90,

ha comportato una rivalutazione di molto di ciò che era stato scritto fino a quel momento sul grande scontro combattuto ad est. Da quel momento si è potuto fare luce su alcuni eventi prima quasi totalmente avvolti dal mistero. Uno di essi è, ad esempio, la fallita operazione «Marte», condotta dai sovietici in contemporanea con le operazioni che portarono al grande accerchiamento della 6ᵃ Armata tedesca a Stalingrado. In lingua italiana non esistono molti buoni testi sull’argomento, ma per una visione globale della guerra sul fronte orientale si veda. Chris Bellamy, Guerra assoluta. La Russia sovietica nella seconda

guerra mondiale, Einaudi, Torino 2010, il quale offre alcuni ottimi spunti, soprattutto sui primi confusi

mesi di conflitto. Si consiglia anche David M. Glantz – Jonathan House, La Grande Guerra Patriottica

dell’Armata Rossa 1941-1945, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2010. Il colonnello Glantz è

unanimemente considerato uno dei massimi esperti occidentali sul conflitto combattuto sul fronte orientale durante la Seconda guerra mondiale.

102 In qualità di alleato principale della Germania, Mussolini non volle rinunciare a contribuire militarmente allo sforzo bellico sul fronte orientale, nonostante considerazioni di carattere strategico consigliassero di non distogliere ulteriori forze e risorse – già di per se limitate – dal teatro del Mediterraneo. Vale la pena di ricordare come Hitler stesso avesse sottolineato al Duce che la principale area operativa delle FF.AA. italiane era il Mediterraneo e quindi, con tatto, cercava di declinare l’offerta di truppe italiane avanzate da Mussolini275. Questo velato tentativo del Führer di dissuadere Mussolini ad inviare unità italiane sul fronte italiano non convinse però il capo del governo italiano a fare marcia indietro.

Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR), al comando del generale Giovanni Messe, venne formato tra il giugno e il luglio del 1941 ed era composto da due divisioni fanteria «autotrasportabili»276 – la 9ᵃ «Pasubio» e la 52ᵃ «Torino» –, da una «celere» – la 3ᵃ «Principe Amedeo Duca d’Aosta» – e varie unità indipendenti e di sussistenza277. Entrò in linea, tra le file dell’11ᵃ Armata tedesca, nell’agosto del 1941278. Il CSIR, impegnato nell’avanzata tedesca fino al bacino minerario del fiume Donec in Ucraina, sarebbe successivamente entrato a far parte dell’8ᵃ Armata italiana, meglio nota come ARMIR, che venne a formarsi tra il maggio e il luglio del 1942.

L’aumento dell’impegno italiano in Unione Sovietica, che portò alla creazione dell’8ᵃ Armata, deve essere visto nella doppia luce di una maggiore volontà di partecipazione alla campagna da parte di Mussolini e della richiesta tedesca di un maggior impegno dei propri alleati a seguito delle perdite occorse nell’inverno 1941- 1942. Il risultato dell’invio in Russia di ulteriori Grandi Unità – al CSIR si aggiunsero la 2ᵃ Divisione fanteria «Sforzesca», la 3ᵃ Divisione fanteria «Ravenna», la 5ᵃ Divisione fanteria «Cosseria», la 156ᵃ divisione fanteria «Vicenza» e le divisioni alpine 2ᵃ

275

In una lettera scritta da Hitler a Mussolini del 22 giugno 1941, nella quale si informava il secondo dell’inizio dell’invasione dell’URSS, il Führer accettava «con il cuore colmo di gratitudine» l’offerta (di truppe italiane N.d.A.) del Duce, ma proseguiva con queste parole: «L’aiuto decisivo, Duce, lo potrete però sempre fornire col rafforzare le vostre forze nell’Africa Settentrionale […]».AA.VV., Le operazioni delle

unità italiane al fronte russo (1941-1943), cit., p.37

276

Non si trattava di divisioni motorizzate, il termine «autotrasportabili» si riferisce al fatto che le varie unità potevano essere autotrasportate se ci fosse stata disponibilità di mezzi a motore..

277 AA.VV., Le operazioni delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), cit., pp. 531-537. 278

103 «Tridentina», 3ᵃ «Julia» e 4ᵃ «Cuneense»279 –, fu quello della più grande disfatta che l’Esercito Italiano abbia subito nei 150 anni della sua storia280. Tra il 5 agosto 1941 e il 20 febbraio 1943 le unità italiane impegnate sul fronte orientale subirono 133.120 perdite, ma ciò che è più sconvolgente è che l’86% di esse occorsero tra l’11 dicembre 1942 e il 20 febbraio 1943. Di queste, ammontanti a 114.520, almeno 69.000 sono i morti281. Ciò che accadde ai militari italiani tra la fine del 1942 e i primi mesi dell’anno successivo può essere definito soltanto come un’ecatombe.

Furono 29 i militari di Massarosa che non sono mai tornati dall’Unione Sovietica – anche se vista l’incompletezza delle fonti potrebbero essere in numero maggiore –, il che ne fa il teatro operativo che ha creato di gran lunga più lutti ai massarosesi. I dispersi furono la maggioranza, cosa che, se possibile, aumentò ulteriormente il dolore di quelle famiglie che non hanno mai saputo quando e in quali circostanze i loro congiunti hanno perso la vita.

Seguendo la stessa curva statistica delle perdite assolute subite dalle forze italiane in Russia, il destino della maggioranza dei militari di Massarosa si compì tra il dicembre del 1942 e il gennaio seguente. Non c’è però omogeneità tra le perdite occorse in dicembre e quelle del gennaio, tra le quali infatti, come si può anche ben notare dalle date di morte dei soldati massarosesi, c’è una netta cesura. I caduti del dicembre 1942 furono dovuti all’operazione sovietica denominata «Piccolo Saturno», che investì il centro e l’ala destra dell’ARMIR – II e XXXV Corpo d’Armata – sul Medio Don dal 16 dicembre, dopo azioni preliminari iniziate l’11282. L’altro Corpo d’Armata dello schieramento italiano, quello alpino schierato sull’Alto Don, venne coinvolto – con la

279

Ivi, pp. 597-605.

280

Le conseguenze dell’operazione Compass – dicembre 1940-febbraio 1941 – furono in senso assoluto forse peggiori, raggiungendo perdite dell’ordine dei 140-150.000 uomini. Quello che maggiormente differenzia le due disfatte è il drammatico rapporto tra morti e prigionieri occorsi sul fronte russo. Mentre nel corso di Compass i morti italiani furono compresi tra 3.000 e 7.000 e i prigionieri in grande

maggioranza rientrarono dopo la fine delle ostilità, in Russia le conseguenze della sconfitta subita sul Don portò al 60% dei morti tra le circa 114.000 perdite subite dall’ARMIR. Rochat, Le guerre italiane, cit., p. 297 e Montanari, Le operazioni in Africa Settentrionale, vol I, cit., p. 431.

281

AA.VV. Le operazioni delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), cit., pp. 487-492.

282 Giorgio Scotoni, L’Armata Rossa e la disfatta italiana (1942-1943), Casa Editrice Panorama, Trento

104 rilevante eccezione della «Julia»283 – soltanto alla metà del mese successivo, in seguito all’operazione Ostrogozhsk-Rossosh’284. In entrambi i casi le operazioni si risolsero in una tragedia di enormi proporzioni per le truppe italiane.

A differenza di tutti gli altri teatri operativi in cui sono state impegnate forze italiane, in Russia il numero di dispersi fu proporzionalmente molto alto. Ciò fu dovuto alla natura stessa della sconfitta che colpì l’ARMIR a partire dal dicembre del 1942, una disfatta rapida, totale e in cui le unità letteralmente si disgregarono. Una delle conseguenze fu che la data di morte di moltissimi soldati italiani è rimasta indeterminata e le stesse autorità russe spesso non hanno fornito dati precisi dei deceduti – numerosissimi – nei campi di prigionia. La storia dei militari di Massarosa dispersi sul fronte orientale e rimasti senza tomba è la storia di tutti i soldati dell’8ᵃ Armata in quel terribile inverno del 1942-1943.

Il soldato Paolo Brocchini di Massarosa, dato per disperso il 19 dicembre, faceva parte del CDLV Gruppo appiedato di Artiglieria, che era alle dirette dipendenze dell’Intendenza dell’8ᵃ Armata e quindi si trovava di presidio nelle retrovie del fronte285. La storiografia ufficiale italiana non riporta il destino della maggior parte delle unità di artiglieria appiedata, ma i reparti di artiglieria pagarono in generale un prezzo molto alto nella campagna di Russia, superati soltanto dalla fanteria di prima linea e dagli alpini286. Le retrovie non garantirono assolutamente la sicurezza, né durante l’operazione «Piccolo Saturno» – dove le truppe sovietiche sfondarono il fronte e penetrarono profondamente nelle linee italiane –, né tantomeno nella successiva Ostrogozhsk-Rossosh’, nella quale il Corpo d’Armata alpino venne completamente circondato.

Giuseppe Carli, residente a Stiava, fante della 5ᵃ Compagnia, II Btg., 81° Rgt. di Fanteria della divisione «Torino», diede le sue ultime notizie il 12 dicembre 1942, anche se quasi certamente non è essa la data del decesso. La «Torino» si trovò pesantemente impegnata fin dall’inizio dell’offensiva sovietica, il 16 dicembre, e il giorno successivo il

283

Dopo che l’offensiva russa di dicembre sfondò il fronte delle divisioni di fanteria Cosseria e Ravenna, la

Julia venne spostata dal settore centrale del Corpo d’Armata Alpino a sud del fiume Kalitva, con lo scopo di

tamponare la falla causata dal cedimento delle due unità. Hope, Sacrificio nella steppa, cit., pp. 108-109.

284

Ivi, pp. 436-443.

285

ASCM, m. 1254, b. Presenti alle Bandiere, fasc. Paolo Brocchini.

286 Per le perdite suddivise per reparti vedi AA.VV., Le operazioni delle unità italiane al fronte russo (1941-

105 suo 81° Reggimento sostenne duri combattimenti contro la 153 Divisione sovietica287. Alla fine del lungo ripiegamento l’81° Rgt. subì la perdita di ben 2.006 uomini e non stupisce quindi che il soldato Carli sia tra di essi.

Il bersagliere Luigi Fibiani, originario di Camaiore, ma residente nel comune di Massarosa, serviva nel 6° Rgt. Bersaglieri, aggregato alla divisione «Celere»288. Anche lui viene dato per disperso il 12 dicembre. A questo proposito è necessario sottolineare come molti dei soldati italiani rimasti coinvolti nelle operazioni del dicembre 1942 sul fronte russo, e di cui non si è più saputo niente, siano stati dati per dispersi in data 12 dicembre 1942. Un metodo similare è stato applicato per le perdite italiane del mese successivo, in quanto, come vedremo, molti alpini italiani vengono considerati dispersi in data 31 gennaio 1943. Quanto all’unità di Fibiani, il 6° Bersaglieri, venne coinvolto fin dalle primissime battute dell’offensiva sovietica in pesanti scontri con la 197ᵃ Divisione sovietica, la quale riuscì già il 17 dicembre ad aprire una breccia larga ben 12 chilometri nella linea tenuta dal reggimento, che riportò forti perdite289.

La sorte del geniere Cesare Bertolani, appartenente al 10° Btg. Genio Ferrovieri e disperso il 21 dicembre 1942, testimonia, come anche l’artigliere Brocchini, che in quel terribile inverno 1942-1943 le retrovie dell’ARMIR erano pericolose quasi quanto la prima linea290. Il 21 dicembre, quando Bertolani rimase disperso, era in pieno svolgimento il grosso ripiegamento del centro e dell’ala destra dell’8ᵃ Armata e già in questa fase le retrovie, dove si trovavano tutti i servizi d’armata quali i battaglioni del genio ferrovieri, erano state completamente sconvolte. Il nemico infatti, sfruttando gli ampi varchi generati dalla rottura del fronte italiano, mise in atto numerose e profonde penetrazioni tramite mezzi corazzati e unità motorizzate291.

Il C.le Amedeo Coppedè, nato e residente a Massarosa, era, al pari del fante Giuseppe Carli, in forza all’81° Rgt. Fanteria della «Torino»292. Faceva parte della Compagnia Comando del III Battaglione, il quale venne investito dalla 153 Divisione

287

Ivi, pp. 370-371.

288 ASCM, m. 1254, b. Presenti alle Bandiere, fasc. Luigi Fibiani. 289

AA.VV. Le operazioni delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), cit., pp. 370-371.

290

ASCM, m. 1254, b. Prigionieri a saldo, fasc. Cesare Bertolani.

291 AA.VV. Le operazioni delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), cit., p. 397. 292

106 sovietica il 17 dicembre e subì gravissime perdite il giorno 21, durante la ritirata verso la conca di Arbuzovka, in seguito ad un attacco di mezzi corazzati nemici293.

Questi furono alcuni dei soldati provenienti da Massarosa che rimasero dispersi nei combattimenti iniziati l’11 dicembre 1942 sul Medio Don. Essi culminarono, dopo un confuso e sanguinoso ripiegamento, nel massacro della conca di Arbuzovka. Qui i resti, ancora numerosi, delle divisioni «Pasubio», «Ravenna» e il grosso della «Torino», dopo

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 96-106)