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I primi studi sulla fiscalità comunitaria

Sulla base di tali assunti, i servizi tecnici della Commissione iniziarono ad esaminare i problemi connessi all’applicazione di tante e differenti imposte indirette, disciplinate dalla normativa interna dei vari Stati membri, e le ripercussioni sull’equilibrio del mercato unico. Venne individuato un gruppo di studiosi, composto da rappresentanti di ogni Stato membro, al quale era affidato il compito di esaminare i sistemi impositivi vigenti nelle varie e nazioni al fine di teorizzare la

57 P. COPPOLA, Il fisco come leva ed acceleratore delle politiche di sviluppo, Bologna, 2013, pag.9.

58 A. DI PIETRO, La crisi dell’armonizzazione delle imposte indirette, in La finanza pubblica italiana, Maria Cecilia

Guerra, Alberto Zanardi (a cura di), Milano, 2007, pag. 301: «L’armonizzazione delle imposte indirette, ed in

particolare dell’Iva, è un obiettivo necessario per permettere alle merci di circolare liberamente da uno Stato all’altro dell’Unione ma con regimi fiscali corrispondenti e per permettere agli operatori economici di fare scelte di acquisto senza essere influenzati dalla convenienza fiscale. Per questo sarebbe stato necessario però che negli Stati dell’Unione gli operatori economici interessati agli scambi ed alle prestazioni fossero gli stessi, perché solo loro avrebbero applicato l’Iva». G. REALE, Il tributo e l’armonizzazione

fiscale nell’ambito della Comunità europea e degli stati membri, in Rivista della Scuola superiore dell’economia e delle

finanze; G. STAMMATI, Presupposti e condizioni per l’armonizzazione dei sistemi fiscali nell’ambito della C.E.E., in atti del Convegno tenutosi a Roma il 30 Maggio 1961 dedicato ai Problemi fiscali della Comunità economica Europea, Milano, 1961, pag. 191: «L’imposta non è soltanto un mezzo tecnico per effettuare prelievi da parte dello Stato

nell’economia, cioè per procurare disponibilità finanziarie all’erario, ma è soprattutto una leva potente per lo sviluppo e la trasformazione delle strutture economiche e sociali»; S.MENCARELLI,R.R.SCALESSE E G.TINELLI, Introduzione allo

studio giuridico dell’imposta sul valore aggiunto, Torino, 2012, pag.2.

59 C. SACCHETTO, Armonizzazione fiscale nella Comunità europea, in Encicl. Giur. Treccani, II, Roma 1994; F.

CARUSO, Armonizzazione dei diritti e delle legislazioni nella Comunità europea, in Encicl. Giur. Treccani, II, Roma 1994; R. MASTROIANNI, Ravvicinamento delle legislazioni nel diritto comunitario, in Digesto disc. Pubbl., XXII, Torino 1997; M. BASILAVECCHIA, L’evoluzione della politica fiscale dell’Unione europea, in Riv. dir. trib., fasc.4, 2009, pag. 361.

creazione di una imposta unica applicabile all’intero contesto europeo.60 Il team di

esperti venne diviso in tre categorie a seconda dell’oggetto di studio: il sotto gruppo A doveva esaminare i benefici e le conseguenze della “Suppression des contrôles physiques

aux frontières”, il gruppo B aveva l’obiettivo di studiare l’indtroduzione della “Taxe unique générale perçue au stade antérieur à celui du commerce de détail, combinée éventuellement avec une imposition des détaillants” ed infine il gruppo C si occupò degli effetti

dell’introduzione della “Taxe commune perçue au stade de la production, combinée avec une

taxe autonome perçue au stade de la commercialisation et Taxe sur la valeur ajoutée commune, combinée, le cas échéant, avec une taxe perçue au stade de la commercialisation”.

Si trovarono di fronte ad una situazione di diversità di strutture dell’imposta, di aliquote e di beni agevolati, l’unico punto in comune a tutte le discipline era l’approccio agli scambi internazionali61:

• in Germania, Lussemburgo ed Olanda veniva applicata un’imposta plurifase

con effetti cumulativi in cui era esente il commercio al minuto;

• in Francia vigeva un’imposta plurifase senza effetti cumulativi;

60 Il gruppo di esperti, nel Gennaio del 1962, elaborò il Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner

différentes possibilités en vue d'une harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 1: «Dans son rapport du 17 décembre 1959 (doc. IV/5285/59), approuvé lors de la deuxième réunion plénière avec les experts gouvernementaux pour les questions fiscales, qui s'est tenue le 23 février 1960 (doc. IV/13~9/60), le groupe de.travail n° I a estimé ~ue le maintien de la diversité des systèmes fiscaux actuellement en vigueur dans les différents Etats membres est de nature à nuire au bon fonctionnement du Marché commun et qu'il convient, ainsi que le prévoit l'article 99 du Traité, de procéder à une harmonisation des diverses législations relatives aux taxes sur le chiffre d'affaires»; M. AUJEAN, Harmonization of VAT in

the EU: Back to the Future, Ec Tax Review 2012/3, pag. 135.

61 A. ROMANI, Studi ed attività della Comunità economica europea sui problemi fiscali, atti del Convegno tenutosi a

Roma il 30 Maggio 1961 dedicato ai Problemi fiscali della Comunità economica Europea, Milano, 1961, pag. 15: «Le varie legislazioni concordano, invece, nella disciplina degli scambi internazionali secondo il principio del paese

destinazione, il quale consiste, come è noto, nell’esentare da imposta le vendite effettuate all’estero, nelle fasi di produzione e di distribuzione precedenti l’esportazione e nel procedere ad una tassazione supplementare nel paese importatore, comprendente le imposte che i prodotti nazionali similari hanno assolto nelle fasi precedenti»; European Community Information Service, Tax Harrnonization in the European Community, Brussels, 1968, pag.4.

• in Italia ed in Belgio si era optato per un sistema misto con un imposta a cascata e regimi speciali una tantum sul alcuni prodotti.

Il confronto dei principi e delle tecniche seguiti dai vari Stati membri portò alla conclusione che era necessario stabilire un metodo comune di calcolo per evitare che la creazione del mercato unico potesse essere ostacolata da fenomeni protezionistici. L’interesse era ovviamente quello di tutelare che gli scambi di merci tra Paesi diversi avvenissero sulla base di una concorrenza leale e trasparente, ed in tale ottica le criticità a cui la Commissione doveva trovare soluzione erano le seguenti:62 la difficoltà a determinare aliquote medie d’imposta, il pericolo di

manipolazioni a favore dei prodotti nazionali nel momento in cui vengono esportati, la possibilità di applicare politiche protezionistiche all’entrata dei prodotti nel mercato nazionale, le discriminazioni dei prodotti fabbricati da imprese non integrate a causa dell’imposizione a cascata.63

Nella prospettiva di una armonizzazione sul piano delle imposte indirette, a livello comunitario, sono state esaminate varie possibilità:64

62 J. A.FRENKEL, A. RAZIN,S. A.SYMANSKY, International VAT Harmonization: Economic Effects, National

Bureau of Economic Research, 1991, pag.18; R.K. ABRAMS, P.K. CORNELIUS, The impact of the European

Community’s iternal market on the EFTA, Washington DC, 1991, pag.50.

63 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 1: «Les principaux inconvénients résultant de la diversité des législations existantes, qui ont été évoqués au sein du groupe de travail n° I, Sont les suivants: 1. la difficulté de l'application des taux moyens visés à l'article 97; 2. l'encouragement à la concentration verticale (intégration) des entreprises, inhérent aux systèmes à cascade; 3. l'obstacle à la libre circulation des produits que constitue le maintien de frontières fiscales; 4. les complications qui, pour le commerce international, découlent de la multiplicité des régimes». M. AUJEAN, Harmonization of

VAT in the EU: Back to the Future, Ec Tax Review 2012/3, pag. 135.

64 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 2; A.ROMANI, Studi ed attività della Comunità

economica europea sui problemi fiscali, atti del Convegno tenutosi a Roma il 30 Maggio 1961 dedicato ai Problemi

fiscali della Comunità economica Europea, Milano, 1961, pag. 19; F.FORTE, Il problema della scelta del tipo di

1. Introduzione di un sistema di riscossione e controllo presso le imprese importatrici ed esportatrici;

2. Introduzione di un’imposta unica generale allo stadio della vendita al dettaglio;

3. Istituzione di un’imposta comune percepita allo stadio della produzione; 4. Istituzione di un’imposta sul valore aggiunto.

La prima ipotesi riguardava l’abolizione dei controlli materiali alle frontiere ed applicare agli scambi inter-comunitari le stesse norme applicate per le transazioni commerciali interne. L’esempio da cui si prese spunto era il sistema Olandese in cui l’imposta veniva assolta in base alla dichiarazione periodica presentata dal contribuente e controllato il suo versamento sulla base delle scritture contabili obbligatorie.

Sarebbe poi stato compito dell’Amministrazione fiscale del Paese dell’importatore verificare la completezza e la bontà della dichiarazione presentata dall’operatore: «L’administration fiscale du pays importateur vérifie cette déclaration à l'aide de la comptabilité de

l'importateur; à cette fin, elle utilise aussi, pour autant que de besoin, les renseignements que l'administration fiscale de l'autre pays membre peut extraire de la comptabilité de l'exportateur».65

Da subito tale concezione venne criticata in quanto consentiva agli operatori di mettere in atto dei meccanismi di frode che le Amministrazioni fiscali dei vari Paesi, senza un accordo di collaborazione tra loro, avrebbero a fatica potuto evitare e combattere.66 Da una parte, è certo che l’importatore ha tutto l’interesse a dichiarare

di aver acquistato delle merci provenienti dall’estero in quanto potrà tener conto del

65 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 3.

66 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 4: «Une réglementation de ce genre parait appeler l'objection qu'en ce qui concerne les transactions internationales, l'administration fiscale nationale n'a pas à la fois acceès - comme c'est le cas pour les transactions interieures - à la comptabilité du fournisseur et de l'acheteur. C'est, en effet, cette possibilité de recoupement qui assure l'efficacité la plus grande du controlle» .

loro costo in sede di determinazione del reddito d’impresa; mentre, dall’altro, l’esportatore sarebbe indotto a contabilizzare le cessioni intere come se fossero vendite verso Paesi esteri evitando in questo modo l’imposta dovuta e ed ottenendo indebitamente il rimborso di quella assolta nelle transazioni precedenti.67

All’epoca era certamente impensabile la creazione di un sistema di stretta e funzionale cooperazione tra le Amministrazioni fiscali dei diversi Stati, ed ancor di più lo era l’obbligo imposto anche ai piccoli imprenditori e ai privati di tenere una contabilità.68

In base a tali presupposti il Rapporto giunse alla conclusione che l’applicazione di tale regime avrebbe portato con se più svantaggi che benefici. In primo luogo già gli stessi Stati membri avevano la consapevolezza che la lotta alla frode fiscale in un contesto così complicato sarebbe divenuta totalmente inefficace, ed avrebbe condotto ad una maggiore tensione nei rapporti tra nazioni autoritarie; in secondo luogo l’introduzione di simili obblighi avrebbero avuto la conseguenza di fare lievitare i costi amministrativi, sia in capo agli operatori sia a carico dello Stato stesso, in quanto l’intero sistema economico ed amministrativo di quelle Nazioni in cui all’epoca vigeva una diversa disciplina avrebbero subito una considerevole mutazione.

67 Tale problematica, oltre ad essere stata sottolineata anche dalla dottrina del tempo (Vedi A. Romani, cit.) è

stata affrontata anche nel Rapporto generale della Commissione europea: «Il y a possibilité de fraude lorsqu'une

livraison faite à l'intérieur du pays est comptabilisée comme une livraison vers l'étran~er. IJ'intéressé aurait ainsi l'avantage de pouvoir échapper à la taxe due sur la livraison intérieure et de percevoir, de surcroît un remboursement au titre de l'exportation. Toutefois, cette fraude ne devrait pas manquer d'etre découverte si, lors de la vérification d'une comptabilité, on compare systématiquement celle-ci avec les comptabilités des cocontractants. Dans ce cas, on pourra, en effet, constater soit que l'achat comptabilisé ctez le commerçant à l'intérieur du pays n'a pas été inscrit dans la comptabilité du fournisseur comme une vente à ce client, soit qu'à la vente fictive à un acheteur dans un pays membre, ne correspond pas d'enregistrement d'achat chez cet acheteur, ou que ce dernier est purement fictif».

68 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 13. Per un approfondimento sull’evoluzione

dei rapporti tra le Amministrazioni fiscali dei vari Stati membri sul tema dei controlli si veda S.CAPOLUPO,

Accertamento delle imposte e sanzioni Manuale dell'accertamento delle imposte, Milano, 2013, in particolare il capitolo I

In definitiva il gruppo A, seppur non arrivando ad un parere unanime, concluse che tale prima ipotesi possedeva certo i vantaggi di non discriminare il commercio interno da quello esterno e di garantire un gettito costante sulla base una dichiarazione periodica, ma optò per non attuarla in quanto «les avantages présentés par

la réglementation ne compensent pas les inconvénients».

Per quanto riguarda la seconda ipotesi, l’imposta colpirebbe il prodotto all’atto della vendita da parte di produttori ai dettaglianti (o al consumatore finale in assenza di tale secondo soggetto), come accadeva all’epoca per la Purchase Tax britannica e per l’Impot Fédéral suisse sur le chiffre d’affaires. I produttori e grossisti, quali soggetti passivi d’imposta, avrebbero dovuto procedere all’iscrizione ad un registro, e tale fatto era sufficiente ad accertare se i due contraenti potessero dare vita ad una operazione imponibile. Si posero degli interrogativi sulle problematiche connesse alla responsabilità dell’imposta a seconda che si trattasse di una iscrizione ad un registro pubblico o ad una lista non certificata dall’Amministrazione.69 Nel primo

caso, in ipotesi di mancato versamento dell’imposta, poteva essere imputato al venditore l’omesso controllo sul registro pubblico dell’iscrizione dell’acquirente; nella seconda ipotesi invece il cedente poteva esser ritenuto responsabile solamente nel caso in cui con la normale diligenza sarebbe strato in grado di rendersi conto che l’acquirente non poteva essere iscritto al registro, e quindi non avere il beneficio ad ottenere i prodotti in sospensione d’imposta.70

Il punto di forza di questa teorizzazione consisteva nel fatto che la natura dell’imposta una tantum dava luogo ad una identica incidenza tributaria sul consumo,

indipendentemente dalla lunghezza della filiera di produzione e

69 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 58: «De l'avis de la majorité des délégations, un registre public, accessibile à tous les intéressés et englobant le territoire tout entier du marché commun, est une chose qui en pratique est difficilement réalisable. L'utilisation d’un registre non public se heurte à. des difficultés d'un caractère différent».

70 A. ROMANI, Studi ed attività della Comunità economica europea sui problemi fiscali, atti del Convegno tenutosi a

Roma il 30 Maggio 1961 dedicato ai Problemi fiscali della Comunità economica Europea, Milano, 1961, pag. 21.

commercializzazione; veniva meno l’effetto ad incentivare l’integrazione, quale caratteristica delle imposte a cascata.71

Seppur considerando tale beneficio, l’imposta ideata in questa maniera portava con se doversi dubbi e criticità collegate alla determinazione della base imponibile ed all’applicazione dell’aliquota d’imposta. La base imponibile presa in considerazione era ovviamente il prezzo di vendita all’ingrosso, tale soluzione era accettabile nel momento in cui l’operazione si realizzava tra dal produttore al dettagliante, però si ponevamo degli interrogativi nel momento in cui la vendita avveniva dal produttore – o grossista – direttamente al consumatore finale. In tale ultimo caso la vendita, infatti, avveniva ad un prezzo ben diverso rispetto a quello applicato nell’operazione tra due operatori non consumatori finali, di conseguenza la base imponibile effettiva non era sempre allineata a quella teorizzata. Gli esperti iniziarono ad interrogarsi sulla possibilità di fissare delle aliquote diverse a seconda dello stadio al quale avveniva la vendita, oppure sull’ipotesi di assumere come parametro del tributo i prezzi realmente fissati, tenendo conto di una riduzione forfettaria. Concorde con la prima soluzione era la Commissione svizzera di Studio per l’imposta sulla cifra d’affari: «Le fait que l’impôt n’est pas toujours perçu au même point de la chaîne des transactions

nécessite, dans l’intérêt d’une charge aussi uniforme que possible du prix de vente au détail (sauvegarde del la concurrence), une graduation du tax de l’impôt d’aprés les livraisons en gros et les livraisons au détail».72

Oltre a tali dubbi, vi era all’epoca anche la preoccupazione sull’aliquota da applicare alla base imponibile: era molto complicato stabilire il tasso per poter garantire un

71 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 37: «Il présente donc le grand avantage d’etre neutre, dans une large mesure, du point de vue de la concurrence et d'éviter que les entreprises ne soient tentées de recourir à la concentration verticale (intégration)».

72 Così la Commissione svizzera di Studio per l’imposta sulla cifra d’affari ed altre imposte di consumo,

gettito in linea a quello ottenuto precedentemente supponendo il mantenimento dei regimi di favore esistenti.

Dati questi presupposti gli operatori posero il problema del regime impositivo sui beni strumentali che, se incisi dall’imposta e seguendo la procedura di ammortamento, comporterebbe un conseguente effetto cumulativo; mentre se detassati, e con l’obiettivo di costanza del gettito, comporterebbero la necessità di applicare aliquote più alte per gli altri beni. Gli esperti ipotizzarono quattro possibilità: applicazione di un regime sospensivo d’imposta tra soggetti registrati, esenzione totale per i soggetti registrati, esenzione parziale ed infine tassazione integrale per consentire una diminuzione generale dell’aliquota.73

In generale la valutazione finale di tale regime era un buon bilanciamento tra vantaggi e svantaggi. L’imposta generale applicata allo stadio anteriore al commercio al dettaglio rispondeva al principio di neutralità ed era capace di creare condizioni vantaggiose nel mercato unico:74

- L’imposta così concepita è neutrale sul piano internazionale in quanto è possibile applicarla in maniera uniforme sia sul lato delle importazioni che su quello delle esportazioni;

- L’imposta così concepita è neutrale sul piano nazionale in quanto grava in maniera uguale sui prodotti simili, indipendentemente dal numero delle transazioni nella filiera di produzione e commercializzazione;

- Essa favorisce lo sviluppo del progresso tecnico;

73 A. ROMANI, Studi ed attività della Comunità economica europea sui problemi fiscali, atti del Convegno tenutosi a

Roma il 30 Maggio 1961 dedicato ai Problemi fiscali della Comunità economica Europea, Milano, 1961, pag. 22; Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue

d'une harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 39.

74 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

- Il meccanismo di riscossione è semplice ed il controllo da parte dell’Amministrazione fiscale si riteneva poter essere svolto con efficienza ed efficacia.

Per quanto concerne gli svantaggi connessi all’introduzione di un tale regime il Rapporto mette in evidenza che, se gli Stati volessero mantenere tutte le ipotesi di esclusone da tassazione ed agevolazione, l’aliquota dell’imposta una tantum doveva essere molto alta.75

La terza ipotesi riguardava l’introduzione di un’imposta sulla produzione, essa poteva essere concepita in due maniere differenti a seconda del metodo e del momento della riscossione: o come imposta generale riscossa all’ultima fase di produzione, oppure riscossa con il sistema dei pagamenti frazionati. La prima possibilità consentiva la riscossione dell’imposta in una unica soluzione nel momento in cui il prodotto finito veniva consegnato al commerciante o al consumatore, mentre nel secondo caso la riscossione avveniva in maniera frazionata durante tutto il ciclo produttivo.76 Ogni soggetto che partecipa al ciclo produttivo ha però il diritto a

dedurre dall’imposta che deve pagare quella che è già stata pagata dai suoi fornitori sulle materie prime che saranno incorporate nei prodotti che fabbricherà.

Le problematiche connesse a tale ipotesi riguardavo in prevalenza la difficoltà a fornire una definizione univoca di produttore, le domande poste all’epoca erano le