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La decisione di optare per una imposta plurifase

Con i primi studi sulla creazione di una unica imposta indiretta arrivarono anche le prime considerazioni unanimi sui principi ispiratori e caratteri generali di cui era necessario tener conto nella costruzione: rationalité financière, neutralité concurrentielle,

influence de la taxe sur les prix, influence de la taxe sur la productivité.

Di fondamentale importanza è stato il contributo, nel 1962, del rapporto Neumark in cui veniva proposta la costruzione di un impianto normativo comunitario in grado di superare il livello nazionale e divenire, a tutti gli effetti, uno strumento di

politica economica sovranazionale.79 Ovviamente l’obiettivo dichiarato era

l’armonizzazione dei sistemi fiscali degli Stati membri.

Nel 1965 la Commissione della Comunità Economia Europea decise di fissare le strutture e le modalità per l’applicazione di un sistema comune di imposta sul valore aggiunto. Fino a quel momento i vari Stati membri applicavano imposte ben diverse ed il rischio era quello che essi, deliberatamente o accidentalmente, potessero incentivare le proprie esportazioni sovrastimando il rimborso dell’imposte pagate.

78 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F, pag. 1022

79 Commissione Europea, Rapport general des sous-groupes a, b et c créés pour examiner différentes possibilités en vue d'une

harmonisation des taxes sur le chiffre d'affaires, 331 ojrv 1 62-F;A.CIANI, L’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto

nell’ordinamento tributario italiano, Milano, 1975, pag. 4; ROMOLI-VENTURI, Breve storia di quindici anni di lavori nel

campo dell’armonizzazione delle imposte delle Comunità economiche europee, in Tributi, 1980, n. 1-2, p. 5; R.DE LA

FERIA, The EU VAT System and the Internal Market, 2009, IBFD, pag.50; H.P.A.K.VAN ARENDONK, Citizens

and taxation in EU: Fifty years after the Neumark Report, EC Tax Review n. 3 del 2012, pag. 144; H.KOGELS,

Unity Divided, EC Tax Review n. 3 del 2012, pag. 119; R.BAGGIO, Il principio di territorialità ed i limiti alla potestà

Era evidente, quindi, che in tali circostanze il buon funzionamento di mercato unico era solo una utopia.

Per eliminare le distorsioni alla concorrenza dovute alle scelte fiscali dei vari Stati membri il Consiglio decise, nell’aprile del 1967, di dare vita ad un sistema armonizzato di imposizione indiretta basato sul metodo della tassazione del valore aggiunto.80 Dagli studi condotti, di cui si è trattato precedentemente, emergeva

infatti proprio questa come soluzione migliore in quanto dotata di molteplici elementi positivi da accogliere. L’IVA si pensava essere capace di non influenzare la forme ed i metodi per condurre l’attività d’impresa, il gettito era lo stesso sia che l’imposta venisse applicata allo scambio di beni prodotti da una impresa di piccole dimensioni a bassa tecnologia, che su quelli usciti da una produzione in massa altamente specializzata.81

Ma l’elemento più importante consisteva nel fatto che l’IVA così concepita doveva essere in grado di garantire la neutralità all’interno del mercato europeo grazie al meccanismo per cui l’imposta sulle esportazioni viene recuperata e alle importazioni viene applicato lo stesso regime a cui devono sottostare i beni nazionali.82 In linea teorica, in questo modo si rende indifferente la

scelta del consumatore di quale prodotto acquistare, se quello nazionale o di un Paese estero, e dell’impresa di collocarsi su un territorio piuttosto che un altro. In definitiva «VAT was chosen as the main form of indirect taxation in the European

Community because exports could be entirely de-taxed, and then re-taxed at the rate of the importing country, so preventing distortions of competition».83

80 B. SANTAMARIA, Diritto tributario. Parte speciale. Fiscalità nazionale e internazionale, Milano, 2009, pag. 142; S.

MENCARELLI,R.R.SCALESSE E G.TINELLI, Introduzione allo studio giuridico dell’imposta sul valore aggiunto, Torino, 2012, pag.3.

81 S. CNOSSEN, Global Trends and Issues in Value Added Taxation, in International Tax and Public Finance del

1998, pag. 399.

82 S. CNOSSEN, Global Trends and Issues in Value Added Taxation, in International Tax and Public Finance del

1998, pag. 399.

Per raggiunge tale obiettivo si decise di utilizzare il mezzo della Direttiva, lasciando agli Stati membri la possibilità di decidere liberamente le strategie per incorporare a livello nazionale quanto deciso a livello sovranazionale.84

Venne stilata la prima proposta di Direttiva con il lungimirante obiettivo di dotare la Comunità di una normativa applicabile in maniera uniforme da tutti gli Stati membri.85 Per la verità un simile intervento comunitario nella sfera del sistema

impositivo di tutti i Paesi membri fu all’epoca identificato come l’unico mezzo capace di garantire l’obiettivo ultimo del buon funzionamento del mercato comune, la tutela della leale concorrenza e l’eliminazione di ogni tipo di barriera ed ostacolo alla libera circolazione di beni e servizi.86

Nel documento di consultazione del Comitato Economo e Sociale circa una proposta di direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari emerge chiaramente che l’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto era strettamente necessaria: «gli Stati

membri si sono impegnati, da un lato, a sopprimere le distorsioni di origine tributaria — nel campo delle imposte sulla cifra d'affari — che possano falsare le condizioni di concorrenza e, dall'altro, ad eliminare sucessivamente le tassazioni all'importazione e i ristorni all'esportazione nel commercio intracomunitario. Gli Stati membri riconoscevano con questo che la realizzazione dei due obiettivi soprammenzionati avrebbe facilitato la libera circolazione delle merci e dei servizi nonché l'interpenetrazione economica nel mercato comune».87

84 European Community Information Service, Tax Harrnonization in the European Community, Brussels, 1968,

pag.5.

85 A.BERLIRI, L’imposta sul valore aggiunto, Milano, 1971, pag. 5; S. MENCARELLI,R.R.SCALESSE eG.TINELLI,

Introduzione allo studio giuridico dell’imposta sul valore aggiunto, Torino, 2012, pag.4.

86 A. CIANI, L’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto nell’ordinamento tributario italiano, Milano, 1975, pag. 4; C.

Cosciani, Problemi fiscali del Mercato Comune, Milano, 1958, pag. 511; G. BIZIOLI, Il processo di integrazione dei

principi tributari nel rapporto fra ordinamento costituzionale, comunitario e diritto internazionale, Padova, 2008, pag. 140.

87 Consultazione Del Comitato Economico E Sociale circa una proposta di direttiva del Consiglio in materia

di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari — Introduzione di

un'imposta sul valore aggiunto negli Stati membri, N. C 144/13, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee 8. 11.

Tale concetto era alla base anche dell’impianto della Direttiva n. 71 del 14 aprile 1967, in cui si sottolineava che l’obiettivo essenziale del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea era proprio quello di instaurare, nel quadro di una unione economica, un mercato comune, basato su una sana concorrenza e che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno. Venne individuato un unico mezzo per la realizzazione di tale obiettivo: si presupponeva l’applicazione negli Stati membri di legislazioni uniformi. La relazione introduttiva che accompagnava la proposta di Direttiva dichiarava espressamente che: «Le disposizioni

contenute in questa seconda direttiva vincolano gli Stati membri in conformità a quanto prescritto dall’art.189, terzo comma, per quanto concerne il risultato da raggiungere. Di conseguenza i testi formulati non devono necessariamente essere trascritti alla lettera nelle varie legislazioni nazionali. Tuttavia sebbene estremamente utile chiedere agli Stati membri di seguire, nelle loro legislazioni, i testi proposti il più letteralmente possibile considerando che, in questa guisa, saranno evitate, in larga misura, ulteriori difficoltà di interpretazione e si troveranno già adottate alcune basi di diritto di tipo comunitario per quanto concerne il campo delle imposte armonizzate».

Secondo l’autorevole dottrina la proposta della Commissione doveva essere formulata sulla base di concetti estremamente tecnici e completi, in modo da poter garantire l’applicazione uniformemente della norma da parte di tutti gli Stati; tale era il motivo, in effetti che portò all’adozione della Seconda Direttiva. All’epoca della formulazione della proposta era già chiaro a molti che l’elemento fondamentale per la buona riuscita dell’introduzione di una imposta sui consumi era il poter contare su una completa armonizzazione in tema di imposte indirette.

«Dato che l’armonizzazione non può riguardare le aliquote e, sia pure in parte, i beni ed i servizi

tassabili, almeno sino a che la Comunità Europea non si trasformi da Comunità economica in Comunità politica (il che, probabilmente, è ormai nella logica delle cose e della storia prima ancora che nella volontà dei singoli), essa deve necessariamente investire nella maggior possibile misura la

struttura e la regolazione del nuovo tributo diretto a disciplinare nei sei Paesi l’imposizione sulla cifra d’affari».88

La seconda Direttiva del Consiglio della CEE non tardò ad arrivare e l’11 aprile 1967 n. 67/228 disciplinò la struttura e le modalità di applicazione del sistema comune di imposta sul valore aggiunto.

Con tale Direttiva, i sei Stati si impegnarono all’adozione di un sistema comune di imposta, per quanto riguarda la uniformità del tipo di imposta, della sua struttura, del suo meccanismo e della sua applicazione. Restavano, peraltro, fuori da tale impegno due elementi importantissimi, e cioè l’aliquota e le esenzioni.