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L’ IDEALE DI UN CRISTIANESIMO PIÙ SPIRITUALE E INTERIORE La constatazione di tale difformità dal modello origina-

Nel documento Erasmo da Rotterdam (pagine 34-39)

rio nei singoli e nelle istituzioni alimenta in Erasmo il desi-

10La caratteristica dei Sileni, di cui si parla negli Adagi del 1515, era

quella di essere delle statuine esternamente goffe, ridicole e spregevoli, ma all’interno avevano l’immagine di un dio. Un’idea, questa, del Cristo-Sile-

no, in cui il visibile non rivela l’invisibile, l’esteriore tradisce la realtà inte-

riore, che si ispira ultimamente a quel grande filone teologico della teolo-

gia della croce, così cara anche a Lutero.

11Cfr. il Metodo della vera teologia (cfr. LB, V, 97C-98F). Cfr. Augus-

tijn, Erasmo, 105-106,

derio verso un ideale di cristianesimo ispirato all’essenzialità, alla purezza originaria, all’autenticità della forma apostolica, e l’impegno concreto a far sì che il mondo e la Chiesa abbia- no il coraggio di ritornare a essere ciò che dovrebbero.

Sulla base di una visuale di fondo che presenta i carat- teri di un certo spiritualismo e platonismo (opposizione spirito/carne; interiorità/esteriorità), Erasmo attacca quel cristianesimo in cui gli elementi esteriori hanno preso il sopravvento e hanno finito per soffocare l’essenziale che è la realtà spirituale. Le pratiche esteriori – come ad esem- pio quelle devozionali – e l’aspetto istituzionale nella Chiesa (la stessa mediazione della Chiesa e dei sacramen- ti) hanno a suo giudizio una funzione del tutto subalterna e propedeutica verso il compimento pienamente spiritua- le. L’esteriore infatti è semplice simbolo (specchio, om- bra) e serve per salire alla realtà spirituale e interiore. Tut- te le pratiche esteriori non giovano a nulla se non sono conformi a ciò che si ha nell’intimo del cuore.

Perciò il cristiano, se vuole essere autenticamente tale, ha il dovere di innalzarsi dal mondo visibile a quello invisi- bile, il mondo di Dio, consapevole che, pur partecipando su questa terra di ambedue i mondi, in quello visibile egli è soltanto un pellegrino, di passaggio. E dunque la vita cri- stiana è una lotta incessante per progredire dal materiale allo spirituale in un processo continuo di “spiritualizzazio- ne” e di purificazione verso una totale interiorizzazione13.

In coerenza con tale impostazione Erasmo arriva a svalutare fortemente, se non proprio a rifiutare, gran par- te della struttura esteriore della religione, del cerimoniale, delle prescrizioni e delle usanze della Chiesa14, della posi-

13Un’esposizione precisa di questi concetti è nella Regola o Canone

V: Progredire dalle cose visibili alle invisibili del Manuale (cfr. Enchiri-

dion, ed. de Nardo, 126-170).

14Nell’elemento materiale Erasmo fa rientrare tutto l’aspetto esterio-

zione privilegiata di preti e monaci: e ciò a favore di un contenuto interiore sul quale pone tutto l’accento; senza per questo cadere però in uno spiritualismo radicale15,

giacché per lui le cerimonie religiose possono essere segno della pietà e sostegno sulla via che ad essa conduce, oltre che strumenti necessari per gli immaturi e per i deboli nel- la fede. Inoltre, tale processo di “spiritualizzazione” non lo porta a una visione negativa della corporeità o a una to- tale svalutazione dell’umano. Anzitutto, perché il corpo in quanto tale non è cattivo in sé. L’uomo per sua natura appartiene sia al mondo fisico sia a quello divino-spiritua- le, per cui, se il corpo è certamente la parte inferiore, non per questo è qualcosa di spregevole. In secondo luogo, perché Erasmo insiste sulla necessità di conoscere se stes- so come mezzo per progredire dalle cose visibili alle invi- sibili; il che significa nutrire completa fiducia nella possi- bilità dell’uomo di migliorare se stesso. Anzi, per lui la conoscenza è tanto importante da ritenerla insieme con la preghiera l’arma più efficace contro il demonio16.

dei santi, nel quale l’unica cosa importante è, a suo giudizio, l’imitazione delle loro virtù.

15A questo proposito vale la pena osservare con il Vilanova (Storia,

II, 75): « Non è strano che “religione del puro spirito” (Etienne) e “spiri- tualismo erasmiano” siano formule ambigue, che non riescono a spiegare l’autentica pietà cristiana e il culto in spirito e verità preannunciati da Era- smo; per giungere a ciò Erasmo dovette cristianizzare il suo naturale este- tismo e il suo moralismo virtuale. È la conseguenza di una visione di Cri- sto attenta all’unità della gloria e della croce; in tale modo perderebbe forza il rimprovero secondo cui, avendo naturalizzato la grazia, Erasmo ignorerebbe cosa sia Cristo, rimprovero mossogli da Lutero e attenuato dagli storici. Cristo è presentato come il mediatore della Nuova Alleanza. Si tratta di una mediazione unica, ecclesiale, sacerdotale e personale ». La dimensione ecclesiale di tale mediazione si dispiega nelle autorità spiritua- li, nei principi secolari e negli altri cristiani. Più che come popolo di Dio, la Chiesa è descritta come corpo di Cristo. « La Chiesa è una realtà vissu- ta e manifestata sensibilmente secondo il regime sacramentale e la legge dell’amore. Malgrado tutto, però, Erasmo non riesce a superare le ten- denze individualistiche proprie dell’epoca » (ivi, 76).

La contrapposizione carne/spirito si estende altresì al dogma: a giudizio di Erasmo, quanto più la Chiesa fissa definizioni vincolanti, tanto più l’amore si affievolisce e lascia lo spazio alla costrizione e alle minacce. Tale posi- zione, però, non lo porta mai a intaccare la dottrina della Chiesa17.

Contro la supervalutazione delle cerimonie esteriori e delle prescrizioni ecclesiastiche Erasmo fa valere anche un altro elemento di importanza decisiva: la libertà evan- gelica del cristiano contrapposta alla schiavitù di coman- damenti esteriori. Se la Chiesa ha il diritto di introdurre riti, Cristo però ha chiamato i suoi discepoli alla libertà dei figli di Dio, quanto meno alla libertà interiore di fron- te a tutte le leggi ecclesiastiche. Negare questa libertà equivarrebbe a ricadere nel “giudaismo”, significherebbe ritornare nell’Antico Testamento, nel tempo e nella reli- gione della “schiavitù”. Il cristianesimo viceversa è la re- ligione dello Spirito e quindi non conosce ordinamenti umani assolutamente vincolanti18. Del resto all’inizio,

quando prevaleva la forza originaria dello spirito cristia- no, i comandamenti della Chiesa avevano valore soltanto se portavano a Cristo. Oggi invece – si lamenta Erasmo – gli uomini onorano Cristo nelle cose visibili piuttosto che in quelle invisibili e considerano questa la forma più alta e la sola legittima della religiosità, mettendo però così in pericolo grave il cristianesimo.

Nella polemica con Lutero Erasmo sviluppa in modo più completo il tema più generale della libertà umana19.

17Cfr. Augustijn, Erasmo, 71.

18La stessa vita monastica – sostiene Erasmo – nell’idea dei fondato-

ri voleva essere la scelta di vivere assieme ad altri amici nella libertà dello spirito secondo la dottrina evangelica; e invece si è trasformata in una vita costretta da regole e prescrizioni riguardanti cose puramente esteriori (ve- stito, cibo, ecc.). Cfr. Augustijn, Erasmus, 4.

19Una trattazione argomentata di questo tema è nel noto scritto De li-

Sulla base della Scrittura, l’uomo raggiunto dalla grazia è una creatura nuova, e come tale ha il compito e la possibi- lità di servire Dio. Nella sua debolezza20 l’essere umano

viene sorretto e guidato da Dio21a fare una scelta positiva;

in ultima istanza però è sua la responsabilità, proprio per- ché libero, di accettare o meno questo intervento salvifico. Se poi ha scelto di accettare il dono di Dio, egli non se ne può gloriare, quasi avesse meritato tale dono salvifico. Al- l’inizio e alla fine del cammino della salvezza l’uomo è af- fidato unicamente alla grazia di Dio, sebbene nel corso di questo cammino la volontà umana sia seconda solo alla grazia di Dio. Salvaguardare così il valore della responsa- bilità umana è per Erasmo una questione vitale, anche sul piano pedagogico, se si vuole evitare di cadere nell’em- pietà e nell’irresponsabilità spensierata22.

Se dunque il singolo credente, per ritrovare la forma autentica della sua fede, è chiamato a recuperare l’essen- ziale (il mondo di Dio, il fondamento spirituale), andan- do oltre l’esteriorità, attraverso un’opera di “spiritualiz- zazione” e di “interiorizzazione”, anche le istituzioni ecclesiastiche e civili, se vogliono essere autenticamente cristiane, hanno bisogno di riformarsi profondamente conformandosi al modello cristico. A tal fine Erasmo non

del 1524 (cfr. LB, IX, 1215-1248; trad. it. a cura di R. Juvenal, Erasmo da Rotterdam, Il libero arbitrio [testo integrale] / Martin Lutero, Il servo ar-

bitrio [passi scelti], Torino 1969) e nei due libri del Hyperaspistes Diatri- bae adversus Servum arbitrium Martini Lutheri, liber I e II [= Superscudo protettivo della Diatriba contro il Servo arbitrio di Martin Lutero, libro I],

del 1526-1527 (cfr. LB, IX, 1249-1536).

20Secondo Erasmo gli uomini in generale non sono cattivi per natu-

ra, ma lo diventano solo in un processo di graduale peggioramento. Cfr. Augustijn, Erasmo, 192.

21Nella visione erasmiana la “affidabilità” di Dio fa riscontro alla re-

sponsabilità dell’uomo, non essendo credibile l’immagine di un Dio ca- priccioso, che innalza o umilia l’uomo a suo piacimento. Cfr. Augustijn,

Erasmo, 194.

risparmia critiche, spesso in forma satirica (basti pensare ai quadretti dei Colloqui, ma soprattutto all’Elogio), con- tro gli abusi nella società e nella Chiesa del suo tempo. Nell’Enchiridion, ma soprattutto nell’Elogio, egli attacca l’ordine esistente, che vede appiattito su un modello so- stanzialmente anti-cristiano. In particolare si scaglia con- tro gli uomini di chiesa, i teologi, i monaci e i predicato- ri, responsabili di aver rafforzato nella gente quella esiziale preferenza nei confronti dell’apparenza a danno della realtà vera delle cose. In ambito civile i suoi ammo- nimenti sono indirizzati all’affermazione di una “forma” di società veramente cristiana23, centrata cioè su Cristo e

ordinata (in cui ogni classe sociale e ogni individuo ac- cettano il proprio posto), ma pure a sostegno di un idea- le di vita umana, in cui domini l’armonia. Su questa con- cezione di mondo ordinato e armonico egli fonda il suo pacifismo24.

3. L’ESEGESI FILOLOGICA PER UNA RIFORMA DELLA TEOLOGIA

Nel documento Erasmo da Rotterdam (pagine 34-39)