AMORO(1510)
In verità, critiche e contestazioni erano state previste dallo stesso Erasmo. Questi, già nella Lettera dedicatoria a Moro del 1510, immaginata e quasi subito inserita co-
4Contro l’Elogio, specialmente dopo la morte di Erasmo (1536), si ab-
batté inesorabile la censura di numerose istituzioni teologiche europee e di vari inquisitori. La Sorbona lo inserì nel suo Catalogue des livres censurez (1542, 1544, 1547, 1551, 1556). L’Inquisitore generale francese, il domenica- no Vidal de Bécanis, ne proibì la pubblicazione e la lettura sotto pena di sco- munica, includendolo nel suo Indice (dal 1540 al 1550). Troviamo l’Elogio nel Catalogo degli Heretici di Milano e nel Cathalogus librorum haereticorum di Venezia (1554), nell’Indice dell’Inquisitore generale di Spagna, Ferdinan- do Valdés (1559) e più tardi in quello del suo successore Gaspare de Quiro- ga (1583). Cfr. H. Reusch (Hg.), Die Indices Librorum proibitorum des Se-
chzehnten Jahrhunderts, Tübingen 1886, 100,132,156,220-221,403.
5Cfr. H. Reusch, Die Indices,185. Se relativamente agli altri scritti di
Erasmo la Commissione tridentina dell’Indice mitigò la censura draconiana di papa Carafa permettendone la pubblicazione una volta purgati, sull’Elo-
gio invece il giudizio romano rimase sempre negativo con il divieto assoluto:
i successori di Paolo IV continuarono a proibirne la stampa e la lettura, pe- na la scomunica (fu inserito nell’Indice di Pio IV [1563], di Sisto V [1590] e di Clemente VIII [1596]: cfr. H. Reusch, Die Indices, 259, 477, 540). L’at- teggiamento dei papi e di Roma nei confronti di Erasmo e della sua opera in verità non era stato sempre così ostile: Leone X lodò « l’integrità morale, la rara erudizione, gli enormi meriti » dell’umanista olandese; Adriano VI lo stimò come studioso e come persona e gli assicurò, in una lettera, di non prestare fede a quanti lo accostavano a Lutero; Paolo III ne apprezzò mol- tissimo la cultura e l’erudizione e pensò di coinvolgerlo nella lotta contro l’errore luterano. Cfr. H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher. Ein Bei-
me una sorta di premessa all’Elogio, aveva cercato di con- futarle preventivamente6. All’amico inglese, da lui nomi-
nato patrono e avvocato difensore dell’opera, precisava per prima cosa e a scanso di equivoci di aver scritto uno scherzo letterario e di averlo fatto in un momento in cui non era disposto ad applicarsi in cose più serie a causa della stanchezza dopo il lungo viaggio di ritorno dall’Ita- lia in Inghilterra e della mancanza di libri, non ancora ar- rivati: in una situazione del genere, egli aveva pensato di svagarsi, dando in modo canzonatorio la parola alla Fol- lia perché potesse lodare se stessa. A Moro indicava, inol- tre, due prevedibili ma pretestuosi motivi di attacco da parte di « cavillosi contestatori »: costoro potrebbero stroncare l’Elogio, ritenendolo indegno di un uomo di cultura e di un teologo serio a motivo del suo carattere grottesco e frivolo e giudicandolo altresì deplorevole per un cristiano a causa della sua mordacità, ispirata all’inac- cettabile causticità di Luciano e al linguaggio osceno del- le commedie di Aristofane7.
Contro il primo rimprovero Erasmo rammentava ai suoi criticoni che pure altri grandi autori avevano trattato temi leggeri8e inoltre che allo studioso serio non si poteva
6Vedi Lettera dedicatoria premessa al testo.
7« Non mancheranno, probabilmente, cavillosi contestatori pronti a
stigmatizzare malevolmente questi miei scherzi o come poco seri per un teologo degno di rispetto e dell’assenza di libri o come troppo caustici ri- spetto alla mansuetudine che si conviene a un cristiano. E verrò accusato a gran voce di prendere a modello la commedia antica o Luciano e di vo- ler aggredire tutto con mordacità »: Lettera dedicatoria c.
8« Infatti, tanti secoli fa Omero si è divertito a cantare la Batracomio-
machia [la battaglia delle rane e dei topi], Virgilio Marone La zanzara e La focaccia rustica, Ovidio La noce, Policrate ha intessuto l’elogio di Busiride
(incorrendo così nel severo giudizio di Isocrate), Glaucone quello dell’in- giustizia, Favorino di Tersite e della febbre quartana, Sinesio della calvizie, Luciano della mosca e dell’arte del parassita; Seneca si è divertito a scri- vere l’apoteosi di Claudio, Plutarco il dialogo fra Grillo e Ulisse, Luciano e Apuleio l’asino e non so chi il testamento del porcello Grunnio Coro- cotta, menzionato anche da San Girolamo »: Lettera dedicatoria c.
negare almeno una volta tanto il diritto di svagarsi e di di- vertirsi, soprattutto se, secondo l’antico detto “ridendo di- re la verità”, lo scherzo portava il lettore ad argomenti seri ed era fatto in modo tale da condurlo a trarne un arricchi- mento. Del resto – argomentava – è risaputo che molte vol- te la facezia raggiunge lo scopo di istruire e di migliorare la gente molto meglio di tante dissertazioni noiose e laudati- ve9, e che « come non c’è niente di più frivolo che trattare
argomenti seri in modo superficiale, così niente è più gra- devole che trattare argomenti leggeri in modo che l’im- pressione sia quella di un’assoluta serietà ». E concludeva: « Ho lodato la Follia, ma non certo da folle »10.
Relativamente poi all’accusa di mordacità, sempre di- sdicevole per un cristiano, Erasmo spiegava ai suoi cen- sori che da sempre la satira pungente contro la banale e insipida quotidianità della vita era stata permessa alle menti creative, purché non degenerasse in attacchi rab- biosi e offese personali. Inoltre faceva loro osservare che criticare i modi di vivere della gente ma senza offendere le singole persone col fare i nomi, non era atto di acrimo- nia, ma opera di ammaestramento e di educazione. Per altro – ribadiva – nell’Elogio non soltanto non sono stati fatti nomi, ma è stato usato un linguaggio piuttosto mo- derato e ci si è limitati a mettere alla berlina i difetti “ve- niali” della gente, le debolezze risibili, evitando di rime- stare nel sudiciume dell’animo e del comportamento umani come invece hanno fatto altri autori satirici. Per cui, se qualcuno si dichiarava offeso da questa parodia
9« Non è forse evidente in fin dei conti, quanto sia ingiusto, visto che
a ogni categoria di persone è concessa una peculiare forma di divertimen- to, negare a chi studia anche la più contenuta dimensione ludica, soprat- tutto se lo scherzo porta a contenuti seri e l’argomento scherzoso è tratta- to in maniera tale da permettere a un lettore non del tutto privo di fiuto di trarre da esso molto più arricchimento che dalle seriose e limate trattazio- ni di certi altri autori? »: Lettera dedicatoria d.
burlesca, era segno che aveva la coscienza sporca. E con- cludeva: la verità è che alcuni intellettuali tradizionalisti non sopportano di essere messi in crisi dalla critica can- zonatoria. Sono disposti a tollerare gravissime offese con- tro Cristo, ma non che le autorità (papi e sovrani) siano attaccate dalla satira arguta11.