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Ma ormai, seguendo l’esempio di Omero, è tempo

Nel documento Erasmo da Rotterdam (pagine 166-169)

ELOGIO DELLA FOLLIA

16. Ma ormai, seguendo l’esempio di Omero, è tempo

di abbandonare gli dèi, di scendere di nuovo sulla terra e di considerare come nulla vi sia in essa di lieto o di felice che non sia mio dono. Prima di tutto, osservate con quan- ta lungimiranza la Natura, madre e artefice del genere umano, abbia provveduto a che in nessun luogo mancasse mai il condimento della follia. Se è vero che, secondo la de- finizione degli Stoici, la saggezza non è altro che l’essere guidati dalla ragione e, viceversa, la follia consiste nell’es- sere mossi dal potere incoercibile delle passioni59, è im-

pressionante come Giove, affinché la vita degli uomini non fosse triste e tetra, abbia infuso in essi più passione che ra-

56Il cordace era una danza contadina volgare e oscena, mentre il “tre-

tanelò” è una parola onomatopeica: riproduce il suono sgraziato della ce- tra suonata da Polifemo per conquistare Galatea.

57Le Atellane prendono il nome da Atella, piccola città della Campa-

nia, un tempo sotto l’influsso greco. L’Atellana fabula è una breve com- media, in un latino mescolato a Osco, frutto di improvvisazione e dal ca- rattere licenzioso.

58Dio del silenzio, veniva rappresentato con l’indice sulla bocca. 59Cfr. ad es. Cicerone, Sulle leggi I,7,22 e Discussioni tuscolane

zionalità: in un rapporto simile a quello che passa tra mezz’oncia e un asse60. Inoltre ha relegato la ragione in un

angusto angolo della testa e ha lasciato tutto il resto del corpo alle passioni. Per giunta alla sola ragione ha con- trapposto, per così dire, due violentissimi tiranni: l’ira, che domina la rocca del petto e il cuore, vera e propria fonte della vita; e la concupiscenza, la cui sfera di influenza si estende fino al basso ventre. Quanto valga la ragione con- tro questi due eserciti nemici, basta a chiarirlo la vita quo- tidiana degli uomini: la ragione – non potrebbe fare altro – grida le sue proteste fino a perdere la voce ed enuncia det- tami etici; ma quelle due si liberano dai lacci imposti dalla loro regina e le urlano ancor più il loro odio, fino a che el- la, ormai stremata, cede spontaneamente e si arrende61.

17. (a) Del resto, essendo necessario infondere nell’uo-

mo, nato per espletare dei compiti, un po’ più di un’oncia di ragione, Giove, per provvedere anche a ciò in modo re- sponsabile, mi associò a sé nella decisione, esattamente co- me fa in tutti gli altri casi, e io gli diedi subito un consiglio degno di me: quello di unire all’uomo la donna, animale del tutto folle e irragionevole, ma simpatico e gradevole, la cui compagnia mitigasse e addolcisse nella vita domestica, con la follia che le è propria, la tristezza caratteristica del- l’indole maschile. Infatti, quando Platone sembra nel dub- bio se porre la donna nel genere degli animali razionali o in quello dei bruti, non vuole indicare nient’altro che l’ecce- zionale mancanza di senno di questo sesso62. Se poi una

60Cioè in un rapporto sproporzionato a vantaggio della passione: la

mezz’oncia era la ventiquattresima parte di un asse.

61Erasmo mutua queste dottrine filosofiche sull’uomo soprattutto da

Platone (cfr. Repubblica e Timeo) e da Cicerone (cfr. Sulle leggi e Discus-

sioni tuscolane).

62Cfr. Platone, Timeo 76E. Platone, filosofo greco, vissuto nel 427-347

a.C., fu discepolo di Socrate, di cui continuò e ampliò la dottrina. Scrisse una trentina di dialoghi, nei quali l’interlocutore principale è Socrate.

donna vorrà essere considerata saggia, non farà altro che essere stolta due volte, proprio come se qualcuno, contro ogni disposizione naturale, portasse un bue in palestra. Raddoppia il difetto, infatti, chi, contro natura, fa sfoggio di capacità che non ha e fa violenza alle proprie inclinazio- ni. Allo stesso modo in cui la scimmia è sempre scimmia, secondo il proverbio greco, anche se la si veste di porpora, così anche la donna è sempre donna, cioè folle, qualunque maschera abbia indossato63.

(b) Non giudico, però, il genere femminile così stolto al punto che le donne si debbano sdegnare con me per il fatto che, io stessa donna e, per di più, la Follia in perso- na, imputi loro la mancanza di senno. Se, infatti, riflettes- sero obbiettivamente su ciò, dovrebbero riconoscere alla

63Sulla concezione erasmiana della donna D’Ascia fa osservare:

« Erasmo si compiace di attribuire alla Follia un’opinione largamente dif- fusa (cfr. colloquio L’abate e la donna colta, ASD, I/3,407: “ho sentito dire comunemente che una donna sapiente è due volte sciocca”), che per altro non manca di criticare (cfr. la difesa della cultura femminile nello stesso colloquio). Comunque resta indiscusso che l’intrattenimento è un compi- to essenziale della donna, che deve divertire, distrarre e distendere l’uo- mo, e ha tanto più valore quanto più spensierata e aggraziata, quanto più vicina alla natura riesce a essere. Soltanto nei limiti di questa spesso digni- tosa “amabilità” (cfr. colloquio Uxor mempsigàmos, ASD, I/3, 308, l’e- sempio della moglie che invitava docilmente a casa l’amica del marito) è lecito alle donne rivendicare i propri diritti e addirittura contribuire a educare il coniuge. L’interpretazione del fascino femminile come piacevo- le stoltezza, formulata dall’Encomion è dunque una parte importante del- la concezione erasmiana della donna, pur senza effettivamente esaurirla » (cfr. D’Ascia, 89 nota 106). A questo proposito occorre aggiungere che Erasmo, pur conservando alcuni pregiudizi comuni nei confronti della donna, apprezza il valore e i diritti della personalità femminile ben al di là della mentalità del suo tempo. Il suo ideale rimane certo la donna sposa e madre (educatrice dei figli), nutrita da una docta pietas ispirata alla Devo-

tio moderna, ma anche la donna impegnata nella sua promozione sociale,

alla quale va riconosciuto l’accesso alla cultura (nel suddetto colloquio

L’abate e la donna colta, viene biasimato e ridicolizzato quel monaco che

proibisce alla donna di coltivare il sapere e l’intelligenza). Erasmo non ha dubbi che la donna sia capace di eguagliare lo spirito maschile, pur nella diversità dei ruoli. Su questo tema cfr. E. Schneider, Das Bild der Frau im

Follia anche il merito del fatto di essere più fortunate de- gli uomini sotto molti aspetti. Prima di tutto la bellezza fisica, che esse antepongono giustamente a tutto il resto e in virtù della quale esercitano la loro tirannide anche sui tiranni. Altrimenti, da dove deriverebbe la raccapriccian- te bruttezza fisica, la pelle rugosa e la barba folta, insom- ma, l’elemento senile che c’è nell’uomo, se non dalla con- taminazione che viene dalla saggezza, di contro alle guance sempre lisce delle donne, alla loro voce sempre sottile e alla loro pelle morbida, come a evocare un’eter- na giovinezza? Cos’altro poi desiderano in questa vita, se non di piacere il più possibile agli uomini? Forse non mi- rano a questo tante cure, tanti trucchi, tanti bagni, tante acconciature, tanti unguenti, tanti profumi, tante arti vol- te ad abbellire, dipingere e truccare il volto, gli occhi e la pelle? Forse piacciono agli uomini per qualche altro mo- tivo al di fuori della follia? Cosa, infatti, gli uomini non concedono alle donne? E in cambio di che cosa, se non del piacere? Le donne, infatti, piacciono unicamente per la loro follia. Che questo sia vero non potrà negarlo chi ri- fletta con attenzione a quali stupidaggini un uomo è ca- pace di dire in compagnia di una donna, a quali scioc- chezze si lascia andare ogni volta che decide di godere del piacere che una donna può dare. Ecco da quale fonte sgorga il primo e principale piacere della vita.

Nel documento Erasmo da Rotterdam (pagine 166-169)