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S ECONDA FASE DELLA POLEMICA (1518-1531)

Nel documento Erasmo da Rotterdam (pagine 90-111)

Dal 1518 in poi la polemica e gli attacchi contro l’E- logio si spostarono gradualmente dal piano letterario e dei comportamenti a quello più squisitamente teologico e dottrinale. Erasmo venne accusato di aver fatto afferma- zioni empie, blasfeme e persino eretiche.

a. La critica di un censore anonimo

Il primo a insistere su questo tipo di imputazioni fu l’opuscolo di un anonimo57, che attaccava l’inadeguatez-

za e l’erroneità teologica dell’Elogio almeno su tre punti: la cristologia erasmiana a proposito del Cristo “folle”58,

la concezione della natura dell’estasi dei pii come forma di follia e anticipazione della beatitudine futura59e l’af-

fermazione della “follia di Dio”. Erasmo rispose nella let- tera all’amico Martin Lupset (Lypsius) del 7 maggio 1518, confutando i singoli addebiti60. Contro l’accusa di

57L’attribuzione tradizionale di questo libello all’ecclesiastico inglese

Edward Lee si è rivelata erronea, come dimostra Kinney in The Complete

Works of Thomas More, vol. XV, ed. D. Kinney, New Haven - London

1986, XXXVII-XL (la posizione di Kinney, che facciamo nostra, è condi- visa anche da C. Asso [cfr. Asso, La teologia, 36 nota 86]). Il Decem con-

clusiones dell’anonimo censore attaccava soprattutto il lavoro filologico

ed esegetico di Erasmo che aveva messo in crisi l’affidabilità testuale della

Vulgata e portato alla prima edizione nel 1516 del Novum Instrumentum

(prima edizione critica del Nuovo Testamento in greco con traduzione la- tina e note filologiche ed esegetiche).

58Secondo l’anonimo avversario Erasmo aveva ignorato la necessaria

distinzione tomista tra passioni di Cristo e passioni degli apostoli, finendo per attribuire al Signore anche gli impulsi disordinati della natura umana.

59Così pensava l’autore dell’opuscolo: secondo quanto è esposto nel-

l’Elogio, l’assorbimento dell’anima in Dio nell’esperienza estatica signifi- cava il dissolvimento di essa nella divinità; sostenere ciò voleva dire rica- dere nell’eresia dei Begardi.

60Cfr. Allen, III, [n. 843], 312-330; sull’Elogio: 327-329 (nn. 85, 86,

aver utilizzato un linguaggio improprio (mascherandosi da Follia e usando le sue parole) per esporre elementi della dottrina cristiana, rivendicava la libertà e il plurali- smo dei linguaggi teologici e la legittimità di parlare del- le cose sacre senza ansietà e pedanteria (anxie aut moro- se), pur con la dovuta accortezza e prudenza61. Per altro

– concludeva – l’Elogio non voleva essere un discorso teologico ma semplicemente l’elogio della Follia62.

L’oppositore più in vista, però, in questi primi anni dello scontro “dottrinale” fu in realtà l’ecclesiastico ingle- se Edward Lee (1482?-1544), benché i suoi attacchi non predessero in considerazione esplicitamente l’Elogio, ma esclusivamente le Annotazioni erasmiane al Nuovo Testa- mento, da lui considerate un pericolo per la fede e un ri- cettacolo di concezioni eretiche63. A partire da questo mo-

il senso legittimo dell’espressione incriminata « essere assorbiti in Dio » andava così spiegato: l’anima è rapita in Dio per amore, essendo essa più presente dove ama, che dove vive; inoltre l’anima è rapita in Dio non per dissolversi, ma per raggiungere la sua perfezione. Sul significato della “fol- lia di Dio” e del Cristo “folle” precisava: il termine “folle” sta in realtà per

aliquid stultitiae, come insegna Agostino; inoltre per cogliere l’iperbole

paolina è necessario non mettere a confronto questo aliquid stultitiae con l’eterna e ineffabile sapienza divina, mentre viceversa per spiegare il Cri- sto “folle” occorre riferirsi al fatto che Cristo, facendo propria l’umana debolezza, ha assunto anche qualcosa della nostra follia (cfr. Allen, III, [n. 843], 328-329).

61Cfr. Allen, III, [n. 843], 327. 62Cfr. Allen, III, [n. 843], 329.

63Vale la pena ricordare che Lee – giunto a Lovanio nell’estate del

1516 allo scopo di studiare il greco (non la teologia) e probabilmente con- vinto di recarsi a una crociata contro l’edizione erasmiana del NT – venne coinvolto da Erasmo nella correzione della prima edizione del Novum In-

strumentum (1516) e cominciò dall’estate del 1517 a stendere e spedire le

sue note critiche. Tuttavia di tali annotazioni, più concentrate su punti dottrinali, l’umanista olandese in realtà non tenne conto, impegnato com’era a ridurre l’aggressività delle sue Annotazioni sul Nuovo Testa-

mento nei confronti dei teologi così da rendere più gradita la sua opera

esegetica negli ambienti universitari. Interrottasi pertanto la collaborazio- ne tra i due (gennaio 1518), Lee divenne nemico acerrimo di Erasmo: con- tro di lui pubblicò a Parigi nel 1520 le sue Annotazioni alle Annotazioni…,

mento e come conseguenza di tale controversia del 1518- 1520, la polemica entrò in una fase nuova: le critiche all’E- logio si fecero più aspre, concentrandosi sulla sua dimen- sione per così dire satirico-religiosa, e partirono da un ambiente in qualche modo estraneo a Erasmo (sia Dorp sia Lee in fondo appartenevano a un circolo erasmiano). b. Le accuse di bestemmia ed eresia di Stunica

e la risposta di Erasmo

Cominciò lo spagnolo Jacobus Lopis Stunica64. I suoi

attacchi in verità riguardarono principalmente la tradu-

critiche alle note erasmiane, dove stigmatizzò come pericoli mortali per la fede cristiana le nuove acquisizioni “eretiche” dei teologi-grammatici, quali Erasmo, e ribadì l’assoluta estraneità tra grammatica e teologia (cfr. C. Asso, La teologia, 47). Dopo un certo periodo di relativa calma, nel 1524 ripresero gli attacchi di Lee, allorché cominciarono a muoversi an- che i teologi parigini e spagnoli: nel 1525 Erasmo fu censurato dalla Sor- bona e molti dei punti toccati dalle censure coincidevano con gli argo- menti messi a fuoco da Lee (cfr. Asso, La teologia, 57). Su Edward Lee e la controversia con Erasmo, oltre ad Asso, La teologia, cfr. Wallace K. Fer- guson, introd. a Erasmi Roterodami, Apologia qua respondet duabus invec-

tivis Eduardi Lei, in Erasmi Opuscula. A Supplement to the Opera Omnia,

ed. Wallace K. Ferguson, L’Aja 1933, 225-235; E. Rummel, Erasmus and

his Catholic Critics, I, 1515-1522, Nieuwkoop 1989, 95-120, 221-229.

64Diego López de Zúñiga († 1531). Ben poco si sa dei suoi primi an-

ni di vita. Di famiglia nobile, fu prete, grecista di prestigio e teologo. Co- nosceva bene anche il latino e l’ebraico, oltre all’aramaico e all’arabo. Nel 1502 venne chiamato dal cardinal Ximénez a collaborare con altri studio- si alla preparazione dell’edizione della Bibbia Poliglotta Complutiensis. Nel 1521 si trasferì a Roma ed entrò a servizio del cardinale spagnolo Ber- nardino de Carvajal, influente personaggio nella corte papale e decano del collegio cardinalizio. Da questi ebbe anche un insegnamento di greco al- l’università La Sapienza. Morì a Napoli nel 1531. Su Diego López de Zúñiga e la controversia con Erasmo cfr. l’Introduction di H.J. de Jonge a Desiderii Erasmi Roterodami, Apologia respondens ad ea quae Jacobus Lo-

pis Stunica taxaverat in prima duntaxat Novi Testamenti aeditione, ed. H.J.

de Jonge, ASD IX/2, Amsterdam - Oxford 1983, 3-58, qui 13-43; Rum- mel, Erasmus, I, 145-177, 236-242. Cfr. inoltre Contemporaries of Era-

smus: A Biographical Register of the Renaissance and Reformation, eds.

zione e l’interpretazione di specifici passaggi del Nuovo Testamento, quindi una questione squisitamente filologi- ca ed esegetica, e tuttavia la sua reale intenzione fin dal- l’inizio fu chiaramente quella di gettare discredito su Erasmo, non tanto per le deficienze filologiche, ma per le taglienti condanne da questi espresse nei confronti delle tradizioni ecclesiastiche, della decadenza del clero e del formalismo che allora regnava nella Chiesa. Che Stunica fosse inorridito dalla critica erasmiana alla degenerazione della Chiesa è confermato da quattro lettere, non pubbli- cate, da lui indirizzate a Leone X intorno al 1520-1521 (su cui torneremo fra poco) e che formarono la struttura della sua opera più virulenta contro l’umanista olandese: Erasmi Roterodami blasphemiae et impietates.

Già nel 1520 il teologo spagnolo aveva pubblicato ad Alcalà delle severissime e oltraggiose Adnotationes contra Erasmum Roterodamum, in defensionem translationis No- vi Testamenti65, in cui, per difendere l’intoccabilità della

Vulgata, incolpava Erasmo di essere vanaglorioso, poco competente in filologia e ingiusto verso san Girolamo66ed

65La sua critica pungente e offensiva, che spinse il cardinale Ximénez

(† 1517) a negargli nel 1517 il permesso di pubblicare le Adnotationes, si ri- ferisce alla prima edizione erasmiana del NT (1516); Stunica infatti ignora l’esistenza di una seconda edizione (uscita nel 1519) e anche le annotazioni critiche già pubblicate da Lee. Le sue accuse di eresia lanciate contro Era- smo trovarono sostegno specialmente in Elio Nebrija e in Sancho Carranza de Mirando (cfr. Rummel, Erasmus, I, 154-161). Quest’ultimo, nell’Opuscu-

lum in quasdam Erasmi Roterodami annotationes, pubblicato a Roma il 1°

marzo 1522, giunse a collegare Erasmo con Lutero, pur riconoscendo che l’eterodossia dell’umanista olandese era più nei termini che nella dottrina. Contro l’accusa di Carranza Erasmo replicò (cfr. Apologia de tribus locis

quos… defenderat S. Caranza Theologus), confermando il suo totale rifiuto

del luteranesimo e nello stesso tempo ammettendo di aver espresso critiche nei confronti degli ecclesiastici indegni senza mai però delegittimare la pro- fessione ecclesiastica nella sua totalità (cfr. Rummel, Erasmus, I, 158-159).

66Stunica lo accusava, oltre che di incompetenza filologica, anche di

allucinazioni, di stupidità e di empietà. Per giunta lo dipingeva come un neofita in relazione alla teologia, sebbene gli riconoscesse di essere un grande esperto nella letteratura pagana (cfr. Rummel, Erasmus, I, 147).

esternava la sua contrarietà a una nuova traduzione latina del Nuovo Testamento, temendo tramite essa un sovverti- mento delle fondamenta della teologia e della Chiesa67.

Ma il suo zelo persecutorio si rafforzò una volta tra- sferitosi a Roma nel 1521: qui cercò in tutti i modi di con- vincere i leaders della Chiesa romana ad abbandonare l’atteggiamento di stima e rispetto che in curia si nutriva per l’umanista olandese e a intervenire invece per bloc- carlo con una condanna solenne e una censura dei suoi scritti68. In tal senso, come controreplica all’Apologia di

Erasmo dell’ottobre 1521 e al chiaro scopo di spingere Leone X e la curia papale a fulminare la scomunica, Stu- nica passò al secondo attacco con uno scritto diffamato- rio, l’Erasmi Roterodami blasphemiae et impietates, redat- to, come abbiamo detto, sulla base delle quattro lettere indirizzate a papa Medici69.

67Contro tali accuse Erasmo replicò con l’Apologia respondens ad ea

quae Jacobus Lopis Stunica taxaverat in prima duntaxat Novi Testamenti editione dell’ottobre 1521 (cfr. ASD, IX/2, 59-267, con introduzione e

commento di de Jonge, 4-57): rimandò al mittente la patente di incompe- tenza filologica e biasimò il suo avversario per aver voluto fraintendere le sue annotazioni.

68Cfr. de Jonge, Introduction, 18-19.

69Secondo De Jonge, che ha recentemente edito tali epistole (cfr. H.J.

De Jonge, Four unpublished letters on Erasmus from J. L. Stunica to pope

Leo X [1520], in Colloque Érasmien de Liège, Paris 1987, 147-160), le let-

tere I, II e III formavano la prefazione rispettivamente ai libri I, II e III dello scritto, mentre la IV era una sorta di conclusione. Il Blasphemiae et

impietates infatti nella forma originaria si componeva di tre libri, conte-

nenti ciascuno una serie di brani estrapolati dagli scritti erasmiani e ampi commenti di Stunica volti a dimostrare l’affinità dell’atteggiamento di Erasmo verso la Chiesa e le sue istituzioni a quello di Lutero (occorre ri- cordare che le 95 tesi erano state censurate nel giugno 1520 dall’Exurge

Domine e che il riformatore era stato scomunicato il 3 gennaio 1521 con la Decet Romanum Pontificem). Una copia manoscritta del libello venne

mandata all’autorità romana per l’imprimatur assieme a una Lettera-prefa-

zione indirizzata a Leone X. Nella missiva Stunica insinuava che l’ex-ago-

stiniano scomunicato aveva preso a prestito le sue dottrine eretiche dal- l’umanista olandese. Concretamente deplorava il fatto che Erasmo avesse

Raccogliendo una serie di brani da incriminare, estratti dalle Annotazioni al Nuovo Testamento, dagli Scholia su Girolamo e da tanti altri scritti (Elogio com- preso), Stunica accostava Erasmo a Lutero: a suo giudi- zio era del tutto evidente che l’umanista olandese stesse all’origine dell’eresia luterana e che di conseguenza fosse necessario, prima ancora di aggredire il morbo prote- stante, reciderne senza pietà la causa70. Con i suoi scritti

infatti Erasmo « aveva ridato vita agli errori antichi, in- ventato nuovi errori, dileggiato i cristiani, calunniato la Chiesa, perseguitato i monaci, ingiuriato i preti, biasima- to i vescovi e lanciato invettive in maniera oltremodo em- pia e aspra contro gli stessi sommi pontefici »71 e aveva

sostenuto e propagato una colluvie di affermazioni perni- ciose, temerarie, empie e blasfeme, apertamente in con- trasto con i dogmi della Chiesa72.

Tra gli scritti erasmiani Stunica menzionava esplicita- mente l’Elogio, stigmatizzandolo come il più perfido e ri-

osato schernire i grandi esegeti e teologi della Chiesa come Nicola da Li- ra, Isidoro di Siviglia, Tommaso d’Aquino, non facendosi scrupolo di es- sere in contrasto con gli antichi dottori della Chiesa. E sollecitava il pon- tefice a fermare con ogni mezzo la temerarietà di un tale bestemmiatore, riducendolo al silenzio e cancellandone la memoria, così da liberare la Chiesa dalla zizzania e dalla serpe velenosa. Cfr. lettera I, in H.J. De Jon- ge, Four unpublished, 149-151.

70Cfr. lettera II, in de Jonge, Four Unpublished Letters, 153. 71Cfr. lettera III, in de Jonge, Four Unpublished Letters, 154. 72« In multis contra ecclesiastica dogmata aperte sentiendo ». Concre-

tamente Stunica enumerava una lunga serie di attacchi sferrati da Erasmo contro la dottrina e la tradizione ecclesiastica: dagli oltraggi contro la sede apostolica al disprezzo della liturgia delle ore canoniche, dalla condanna delle cerimonie ecclesiastiche agli insulti contro i trionfi della Chiesa, dal- la contestazione della severità della legge canonica sul matrimonio e della disciplina della confessione alle offese verso i sacerdoti, dalla riprovazione delle censure e delle scomuniche ecclesiastiche al rigetto della sacramen- talità del matrimonio, del calendario delle festività, della vita monastica, dei miracoli, dei pellegrinaggi, delle decime, del culto dei santi, della guer- ra contro i Turchi e gli infedeli, ecc. Cfr. lettera IV, in de Jonge, Four Un-

provevole di tutti. A Leone X confidava di temere moltis- simo per la Chiesa, soprattutto a causa dell’ostilità che quell’opuscolo esprimeva nei confronti delle tradizioni e delle pratiche della Chiesa (esso tacciava come supersti- zioni il culto dei santi, il culto delle immagini, l’uso delle candele davanti alla Madonna, il traffico delle indulgenze) e dello scherno che riversava sui teologi, sul clero e sulle più alte autorità della Chiesa (l’Elogio attaccava papi, car- dinali e preti, accusandoli di condurre una vita lussuriosa, godereccia e immorale e di approfittare della stupidità dei fedeli). Il teologo spagnolo deplorava, inoltre, vivamente non soltanto il fatto che quel concentrato di tutta l’em- pietà erasmiana, qual era a suo giudizio l’Elogio, fosse sta- to diffuso per ogni dove (fino al 1521 aveva registrato ben 24 edizioni), ma che il suo autore vi avesse vomitato tutto quello che di orribilmente malvagio covava da tempo nel suo animo, nascondendosi subdolamente dietro la ma- schera della Follia e condendo perfidamente le sue innu- merevoli maldicenze con elementi di seduzione per abbin- dolare il lettore73. In esso Erasmo non colpiva solamente

gli uomini, che comunque avrebbero potuto difendersi disprezzando tali calunnie o ritorcendole con veemenza contro di lui, ma dileggiava senza alcuna pietà, a imitazio- ne del beffardo Luciano di Samosata, i santi: si permette- va di ridicolizzare e offendere san Cristoforo, san Giorgio e la devozione popolare a questi, ad altri santi e alla santa Vergine; attaccava il culto delle immagini, l’uso devozio- nistico delle candele. E ancora: diceva cose assolutamente errate sulle indulgenze, sulle pene del purgatorio e sull’in- ferno, prendendosi gioco dei teologi e delle loro dottrine su questi temi. Criticava altresì la vita dei cristiani, tac- ciandola di superstizione e di vaneggiamenti e rivolgeva tutta la sua rabbia bestiale e satanica contro i vicari di Cri-

sto, la curia romana e gli uomini apostolici74. In sostanza,

argomentava Stunica, Erasmo da solo e attraverso que- st’unico libro colpiva tutto l’ordinamento cristiano più di quanto non lo avrebbero potuto fare i tre anti-cristiani per eccellenza, Giuliano l’apostata, il blasfemo Porfirio e l’e- picureo Celso, messi insieme. Non c’era alcun dubbio, quindi, che un’opera così dannosa come l’Elogio avesse dato l’appiglio massimo all’eretico Lutero e ai suoi miser- rimi compagni per attaccare con spudoratezza la sede apostolica e per infuriare contro di essa con empietà e ar- roganza75. E Stunica concludeva esortando Leone X a

metter mano alla clava della scomunica per schiacciare senza pietà la testa di questo cerbero e ridurlo al silenzio onde evitare che altri venissero trascinati nel baratro delle sue empietà e bestemmie76.

74Cfr. lettera IV, in de Jonge, Four Unpublished Letters, 157-159. 75Nella lettera a Vergara del 4 maggio 1522 (cfr. Allen, IV, Appendix

XV, Lettera n. 4, 630) Stunica accomuna Erasmo agli eretici della Chiesa

antica (Ario, Apollinare, Gioviniano), a Wyclif, Huss e a Lutero.

76Cfr. lettera IV, in de Jonge, Four Unpublished Letters, 160. In realtà

Leone X ignorò le lettere di Stunica; anzi gli proibì di pubblicare qualun- que cosa potesse nuocere all’umanista olandese; sicché il Blasphemiae et

impietates rimase non pubblicato. In effetti in quegli anni la Sede Aposto-

lica era orientata a mantenere Erasmo nell’alveo della Chiesa cattolica, evi- tando di cederlo agli avversari luterani (cfr. RummeL, Erasmus, II, 107). Stunica però non si diede per vinto: approfittando dell’interregno (papa Medici morì il 1° dicembre 1521 e Adriano VI giunse a Roma soltanto il 22 agosto 1522, sette mesi dopo l’elezione), preparò tra aprile-maggio del 1522 una versione molto ridotta di Blasphemiae et impietates (riportò i soli brani incriminati degli scritti di Erasmo, eliminando i suoi commenti e so- stituì la lettera-prefazione a Leone X con una breve lettera al lettore), che pubblicò a Roma presso l’editore Antonio Blado de Asula prima del 4 mag- gio col titolo Erasmi Roterodami blasphemiae et impietates… nunc primum

prolatae…, e ciò nonostante che i cardinali avessero rifiutato l’imprimatur.

Nel testo ridotto si confermavano tutte le accuse anche relativamente al- l’Elogio e al suo contenuto. Nell’estate dello stesso anno (1522), prima dell’arrivo di papa Adriano VI – sembrerebbe che l’assenza del papa da Roma abbia dato nuovo vigore alla polemica del teologo spagnolo contro Erasmo (cfr. de Jonge, Introduzione, 24) – Stunica sferrò un terzo attacco con il Libellus trium illorum voluminum praecursor…, nel quale ribadiva il

Erasmo ricevette la notizia della pubblicazione del- l’opuscolo Blasphemiae et impietates nella sua versione abbreviata dell’aprile-maggio 1522 (probabilmente ne ri- cevette anche una copia) a Basilea nell’aprile dello stesso anno. Senza perdere tempo e su sollecitazione di Alberto di Brandeburgo, arcivescovo di Magonza, si mise al lavo- ro per stilare una replica, che completò il 13 giugno 1522 e pubblicò in agosto a Basilea presso Froben77.

Nell’Apologia, prendendo in esame punto per punto e brano per brano le citazioni estrapolate da Stunica dai diversi suoi scritti, denunziava anzitutto come inaccetta- bile il modo di procedere del suo censore spagnolo, im- prontato a un sistematico fraintendimento dei testi, e ri- gettava come ridicola e oltraggiosa l’accusa di una sua collusione con i luterani78. Respingeva poi l’addebito

convincimento che tra Erasmo e Lutero ci fosse un legame di causa ed ef- fetto. Ancora durante l’interregno (14 sett.- 19 nov. 1523) seguito alla morte di Adriano VI Stunica tornò alla carica con un altro velenoso pamphlet contro Erasmo (Conclusiones principaliter suspectae et scandalo-

sae…). Gli attacchi continuarono con la pubblicazione nel 1524 di altri

due opuscoli: l’Assertio e i Loca.

77Apologia adversus libellum Iacobi Stunicae cui titulum fecit Blasphe-

miae et impietates Erasmi, cfr. LB, IX, 355D-375B. Era ancora in corso di

stampa l’Apologia, quando Erasmo ricevette nel luglio 1522 una copia del terzo attacco di Stunica, il Libellus trium illorum voluminum praecursor. Immediatamente redasse una replica (cfr. LB, IX, 375-381) e la fece pub- blicare come appendice all’Apologia. A un ulteriore velenoso pamphlet dato alle stampe dal teologo spagnolo nel 1523 col titolo Conclusiones, Erasmo rispose ancora una volta, pubblicando ad Anversa (Hillen) e a Ba- silea (Froben) nel 1524 un’Apologia ad Stunicae conclusiones (cfr. LB, IX, 383A-392C). Non volle rispondere, invece, pubblicamente agli ultimi due attacchi di Stunica, l’Assertio e i Loca (ambedue pubblicati nel 1524), giu- dicandoli due scritti assolutamente insignificanti; lo fece con una Epistola

apologetica adversus Stunicam, indirizzata cinque anni dopo, nel 1529, al

fisico Hubert di Baarland (cfr. LB, IX, 391-400).

78Cfr. LB, IX, 355E; 373C-374D. Su questo punto Erasmo, a conclu-

sione dell’Apologia, riaffermava in modo chiaro la sua posizione contraria al movimento luterano: egli non aveva mai sottoscritto alcuna delle tesi di Lu- tero condannate dalle università e dal papa. Né era colpa sua se i luterani tentavano di fare di lui un loro campione. Del resto, a tenerlo lontano da co-

Nel documento Erasmo da Rotterdam (pagine 90-111)