• Non ci sono risultati.

Il caso delle materie prime agro-alimentari

Nel documento Rapporto 2008 (.pdf 3.1mb) (pagine 28-33)

1.2. Gli interventi dei governi

1.3.2. Il caso delle materie prime agro-alimentari

Il movimento dei prezzi delle materie prime agro-alimentari nel corso dello scorso anno presenta delle forti analogie con quello dei prezzi del petrolio e dei metalli base. Come è accaduto per il petrolio e i metalli base, ad una ascesa repentina dei loro prezzi ha fatto seguito una caduta ancora più drastica. E co-me per il petrolio e i co-metalli base, la volatilità, spesso particolarco-mente accen-tuata, dei loro prezzi è stata esacerbata dai guai dei mercati finanziari. Nel caso di queste commodity di origine agricola giocano tuttavia un ruolo determinan-te, accanto ai fattori che tradizionalmente sono alla base della loro domanda e della loro offerta, gli interventi governativi tesi in certi casi ad assicurare l’indipendenza energetica e, in altri casi, a contrastare l’aumento del costo del-la vita derivante dall’esplosione dei loro prezzi nell’anno precedente.

Nei primi mesi del 2008 il prezzo internazionale di pressoché tutte queste materie prime è giunto a superare ogni record precedente. Secondo le elabora-zioni della FAO, il prezzo medio mensile all’esportazione del frumento ha rag-giunto nel mese di marzo i 481 dollari USA la tonnellata contro i 381 dollari di tre mesi prima e i 209 dollari del marzo 2007; un aumento dunque di oltre il 130% in un solo anno. Nel caso del mais il prezzo medio mensile all’esportazione arriva lo scorso mese di giugno a quota 281 dollari la tonnel-lata segnando così rispetto al prezzo medio del dicembre e del giugno 2007, una crescita dell’ordine rispettivamente del 58 e del 70 per cento. Il riso, a sua volta, giunge a registrare nello scorso mese di maggio un prezzo medio mensi-le all’esportazione pari a 963 dollari per tonnellata, ad un livello cioè ben tre volte superiore a quello dei mesi di dicembre e di maggio dell’anno preceden-te.

La stessa tendenza ha caratterizzato i corsi internazionali di altre importanti materie prime agro-alimentari. A giugno 2008 i prezzi medi mensili all’esportazione di sorgo, di semi di soia, di olio di palma e di carne di pollo hanno segnato, rispetto ai livelli dello stesso mese dell’anno precedente, au-menti pari nell’ordine al 61, al 70, al 52 ed al 30 per cento. Dopo la stasi del 2007 è ripresa, ma entro limiti assai più contenuti, la tendenza alla crescita dei prezzi internazionali delle carni suine (+6,6%) e delle carni bovine (+22%).

All’opposto, è continuata anche se in misura relativamente contenuta, dopo i picchi raggiunti nell’autunno 2007, la discesa dei prezzi all’esportazione dei prodotti lattiero-caseari.

E, analogamente a quanto è accaduto alle altre materie prime, anche per i

prezzi internazionali delle commodity agricole agli aumenti, talora incredibili, del primo semestre hanno fatto seguito nei mesi successivi dello scorso anno delle cadute che per la maggior parte dei prodotti sono ancor più rilevanti, tan-to d’avere portatan-to le quotazioni del dicembre 2008 a livelli sensibilmente infe-riori a quelli dello stesso mese dell’anno prima.

Il prezzo all’esportazione fob porti del Golfo del frumento statunitense n. 2 Hard Red Winter, ad esempio, si è dimezzato nel corso del secondo semestre facendo così registrare tra inizio e fine 2008 una riduzione del 37%. Nel caso del mais e del sorgo n. 2 yellow statunitensi con consegna “porti del Golfo” i prezzi medi mensili all’esportazione hanno subito nel corso dello scorso anno, nonostante l’impennata del primo semestre, una diminuzione del 10% il mais e del 21% il sorgo. Eguale copione per la soia e l’olio di palma; gli aumenti dei prezzi sul mercato internazionale verificatisi nel primo semestre – un più 16%

per la soia e un più 18% per l’olio di palma – non hanno impedito che a fine dicembre il prezzo all’esportazione scendesse ad un livello inferiore del 25%, nel caso della soia, e del 48%, per l’olio di palma, a quello che era stato rag-giunto nei primi giorni di gennaio. Per i prodotti lattiero-caseari la riduzione dei prezzi internazionali nel corso del 2008 è stata ancora più drastica: meno 43% per il burro, meno 44% per il formaggio cheddar e meno 55% per il latte scremato in polvere. Tra i prodotti qui considerati solo il riso e le carni termi-nano l’anno 2008 con prezzi internazionali in rialzo. Il riso con un aumento tra inizio e fine anno del 55%. Le carni bovine, suine ed il pollame, tutte di pro-venienza USA, con aumenti pari, nell’ordine, al 25, al 6 e al 4 per cento.

E’ tuttavia da tenere presente che nonostante simili cadute questi prezzi so-no ancora, alla fine dell’anso-no 2008, sensibilmente superiori al livello media-mente registrato nelle due campagne, la 2004-2005 e la 2005-2006, a partire dalle quali è iniziato il loro sensibile aumento generalizzato. Rispetto a questa media il prezzo internazionale del dicembre scorso risulta superiore: al 45%

nel caso del frumento, al 58% per il mais, al 93% per il riso, al 55% per la soia, al 23% per l’olio di palma, e nell’ordine al 18, al 39 e al 23 per cento per il burro, il formaggio cheddar e la carne bovina di origine statunitense. Unica eccezione il latte scremato in polvere; il suo prezzo all’esportazione è sceso nel dicembre 2008 ad un livello inferiore del 10% a quello mediamente regi-strato nel biennio 2004-2006.

1.3.3. La minaccia dei biocarburanti e delle restrizioni all’esportazione Alla base di queste dinamiche dei corsi internazionali delle materie prime agro-alimentari vi sono i tradizionali fondamentali del mercato dei prodotti a-gricoli: la variabilità delle rese unitarie causata dalle vicende climatiche, la

bassa elasticità-prezzo della loro domanda, l’aumento quali-quantitativo della stessa domanda derivante dallo sviluppo economico. Ma è anche vero che nell’ultimo biennio hanno fatto la loro comparsa, accanto a questi fondamenli, due fattori normalmente estranei e per certi aspetti del tutto nuovi, che in ta-luni momenti e per determinati prodotti hanno condizionato pesantemente le quotazioni di queste commodity.

Sono particolarmente rappresentative, a quest’ultimo proposito, le vicende che hanno caratterizzato nel 2008 i prezzi internazionali dei cereali. Nei primi tre mesi dello scorso anno il prezzo del frumento registra gli aumenti che si sono prima indicati per il concomitante interagire di due fenomeni che incido-no negativamente sull’offerta. L’uincido-no, quello tradizionale, rappresentato dal continuo peggioramento delle previsioni riguardanti la consistenza degli stock a fine campagna e la capacità pertanto di soddisfare nei mesi successivi la do-manda. Secondo queste stime il volume di frumento presente nei magazzini dei paesi maggiori esportatori sarebbe sceso a fine giugno 2008 al più basso livello degli ultimi 25 anni a causa della caduta della produzione mondiale nel-le due campagne precedenti e della contemporanea sostenutezza della doman-da. E’ stato così sufficiente che, come è accaduto in quelle settimane, il Dipar-timento dell’Agricoltura degli Stati Uniti riducesse ulteriormente le proprie stime sulla consistenza degli stock di frumento perché il prezzo di questo pro-dotto al Chicago Board of Trade, e di riflesso il suo prezzo internazionale, re-gistrasse nel corso di una sola seduta un aumento del 5 per cento.

L’altro fenomeno, quello piuttosto nuovo almeno per la dimensione e la diffusione raggiunte, è dato dalle restrizioni all’esportazione che i governi di buona parte dei paesi maggiori esportatori hanno posto per evitare che l’aumento dei prezzi internazionali dei prodotti agro-alimentari si trasmettesse al mercato interno, per proteggere i consumi alimentari delle fasce di popola-zione più deboli e, infine, per potere beneficiare, anche se mai confessato, dell’aumento di prezzo derivante dalla contrazione dell’offerta. Ad esempio, negli ultimi giorni del gennaio 2008 l’Argentina ha comunicato che avrebbe ri-tardato ulteriormente dal 17 marzo al 21 aprile successivi la riapertura delle sue esportazioni di frumento e la Federazione Russa, il terzo maggiore espor-tatore mondiale di frumento, ha introdotto un dazio del 40% alle sue esporta-zioni. E alla fine del mese di febbraio successivo il Kazakistan, un altro impor-tante paese esportatore, ha a sua volta imposto dazi all’esportazione. In tutti questi casi, così come in altri ancora, il mercato ha reagito immediatamente, come è naturale, con drastici aumenti del prezzo.

Nei tre mesi successivi, da aprile a giugno, il prezzo all’esportazione del frumento ha registrato solo un modesto indebolimento nonostante le più che favorevoli previsioni riguardanti l’ormai vicino prossimo raccolto e la

decisio-ne dei maggiori paesi esportatori, Ucraina compresa, di togliere ogni barriera all’immissione delle loro produzioni sul mercato internazionale. In questo caso le quotazioni del frumento sono state sostenute dalla continua e rapida crescita del prezzo del mais negli Stati Uniti causata, sia dall’aumento della sua do-manda per la produzione di etanolo – secondo stime del Dipartimento dell’Agricoltura di Washington degli inizi dello scorso mese di giugno, il 33%

della produzione statunitense di mais della campagna che stava per concluder-si sarebbe stato destinato a questa produzione – concluder-sia dalle preoccupazioni circa l’impatto negativo che le forti piogge cadute negli stati del Midwest durante la stagione delle semine avrebbe potuto avere sul volume della produzione della prossima campagna. Tra l’altro, l’alto prezzo del mais ha favorito in quei mesi un sensibile aumento della domanda di frumento da destinare all’alimentazione animale.

La successiva forte caduta nel secondo semestre del 2008 dei prezzi inter-nazionali del frumento e del mais rappresenta la naturale risposta all’offerta abbondante causata dal sensibile aumento della produzione mondiale di cerea-li. Le ultime stime calcolano una crescita record del 12,4% per il frumento e del 4,6% per il mais rispetto alla campagna precedente. Grazie a questi aumen-ti gli stock mondiali dei due cereali sono tornaaumen-ti ai livelli normali, determinan-do così le condizioni per meglio soddisfare la determinan-domanda globale e ridurre allo stesso tempo la volatilità dei prezzi. Ma secondo la FAO, il fatto che in questi sei mesi il prezzo del mais si sia dimezzato è anche in larga misura la risultan-te di una riduzione della produzione di etanolo e di un minore impiego di que-sto cereale nell’alimentazione animale provocata dalla brusca caduta del prez-zo del petrolio e dalla crisi finanziaria mondiale.

E’ peraltro con il riso che l’impatto negativo di certe forme di intervento dei governi sul mercato delle commodity agricole raggiunge la sua dimensione più evidente. Il mercato mondiale di questo alimento base per tanta parte della popolazione mondiale era rimasto relativamente tranquillo sin verso la fine dell’anno 2007. La sua produzione mondiale aveva beneficiato da anni di una continua crescita di modo che non si erano dovuti lamentare deficit di offerta. I volumi delle sue esportazioni avevano registrato una tendenza all’aumento continua e regolare. I suoi prezzi all’esportazione erano stati caratterizzati da una crescita modesta contrariamente a quanto si era verificato per gli altri ce-reali; in media, il prezzo internazionale del riso nei primi dieci mesi del 2007 aveva superato solo del 16% il prezzo del corrispondente periodo dell’anno precedente.

Questo quadro muta drasticamente sul finire dell’anno 2007. Nel mese di ottobre l’India, uno dei principali attori del mercato internazionale del riso, annuncia il blocco ad epoca indeterminata delle esportazioni di tutte le varietà

di riso che non siano il basmati, blocco sostituito più tardi dall’applicazione di un prezzo minimo all’esportazione di 425 dollari USA per tonnellata. Un mese prima l’Egitto, altro importante esportatore, aveva introdotto una tassa sulle vendite all’estero di questo cereale per limitarne l’esportazione. Nelle succes-sive settimane alle restrizioni all’esportazione di questi due paesi si aggiungo-no quelle che vengoaggiungo-no introdotte dai governi di Thailandia, Pakistan e Viet-nam, gli altri importanti paesi esportatori, e di altri esportatori minori quali Brasile, Cambogia e Uruguay. Si è verificata, in altri termini, una vera e pro-pria corsa da parte dei governi al contingentamento delle esportazioni.

La combinazione di queste restrizioni da parte di paesi che congiuntamente controllano più dei tre quarti del mercato mondiale del riso, con la forte cresci-ta della domanda da parte dei tradizionali paesi imporcresci-tatori dell’Asia, in parti-colar modo delle Filippine, dell’Africa dell’ovest e dell’America centrale cau-sata dall’impennata dei prezzi degli altri cereali e della soia, spiega perché nell’arco di tempo di poco più di un semestre il prezzo internazionale del riso sia triplicato e perché ciò sia accaduto nonostante un ulteriore aumento della produzione (3,5%) e degli stock (7,4%) mondiali verificatosi nell’anno 2008.

Il prezzo del riso inizia la sua discesa da questo picco solo a seguito della decisione dei maggiori esportatori di abolire queste restrizioni all’export. Ma è anche vero che la loro minaccia continua ad incombere sul mercato interna-zionale. Il rimbalzo registrato nel gennaio 2009 dalle quotazioni del riso su questo mercato viene attribuito dai vari analisti principalmente alla decisione della Thailandia, il maggiore esportatore mondiale, di ritirare dal mercato per stoccarlo nei magazzini statali quattro milioni di tonnellate di riso ad un prezzo superiore del 20% a quello corrente sul mercato.

Le vicende dello scorso anno dei prezzi internazionali dei cereali e, pos-siamo aggiungere, della soia e dell’olio di palma consentono, volendo trarre una conclusione, di affermare che stanno emergendo delle modificazioni nei fondamentali del mercato di questi prodotti che sono destinate, se non vengo-no corrette, ad avere gravi conseguenze per l’ecovengo-nomia e la sicurezza alimen-tare mondiali. Accanto ai fattori che sono tradizionalmente alla base della do-manda e dell’offerta si stanno affermando due altri elementi non meno incisivi e che, a differenza dei primi, non sono espressione del mercato ma frutto di decisioni politiche. Dal lato della domanda si afferma, solo perché sostenuto da massive sovvenzioni pubbliche, il crescente impiego di mais e di prodotti oleaginosi per la produzione di biocarburanti. Dal lato dell’offerta prendono forza gli interventi tesi a porre restrizioni alle esportazioni. Il primo ha il difet-to di determinare una pericolosa competizione nell’impiego delle risorse natu-rali necessarie per soddisfare il bisogno primario per eccellenza dell’uomo, quello dell’alimentazione, e, per quanto possa sembrare paradossale, di

giun-gere a finanziare con risorse pubbliche delle pericolose ventate inflazionisti-che. I secondi sono colpevoli di gettare nello scompiglio i mercati mondiali con costi altissimi specie per le fasce di popolazione più deboli e per molti de-gli stessi produttori agricoli.

1.4. Il problema della sicurezza alimentare mondiale, ossia la

Nel documento Rapporto 2008 (.pdf 3.1mb) (pagine 28-33)