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Il concetto di narrazione come co-costruzione

3. LA SCRITTURA DELLA MIGRAZIONE AFRICANA IN SPAGNA

3.2 La tradizione africana: tra oralità e scrittura

3.2.4 Il concetto di narrazione come co-costruzione

La peculiarità della memoria africana è quella

di sapere restituire l’avvenimento o il racconto registrato, nella sua

totalità, come una pellicola che si srotoli dall’inizio alla fine, e di

restituirlo al presente. Non si tratta cioè di rievocare un fatto, ma di

riportarlo al presente. Ascoltarlo è riviverlo. E ad esso partecipano tutti,

narratori e uditori. (Hampaté Ba 1987, 189-226: 223)

Ciò significa che la recitazione orale richiede sempre, oltre al narratore, un pubblico in grado di cogliere e riprodurre certe sequenze del discorso (Bekombo 1980, 33-40: 38), un pubblico che quindi a sua volta si trasformerà in narratore, tanto che Walter Benjamin parla di un processo di assimilazione (2011, 34), un narratore che, godendo della ricchezza della libertà, darà vita a un testo narrativo sicuramente diverso dal precedente.87

Alla base della capacità di trasferire attraverso la parola parlata il sapere da una generazione all’altra si ritrova dunque un altro aspetto importante, quello di rafforzare i legami affettivi: se la lettura è un atto individuale e intimo (VC 69), «la comunicazione orale raggruppa gli individui» (Ong 1986, 102), consolida il

87

Si veda l’articolo di Luz María Martínez Montiel Presencia africana, oralidad y

transculturación, 28-32: 29, http://www.lacult.org/docc/oralidad_10_28-32-presencia-africana-

senso di appartenenza al gruppo e la peculiarità degli esseri umani come essere sociali (VC 69), e suscita «una fuerte corriente de simpatía» (VC 71).

In tal proposito sono interessanti le considerazioni di Elsy Rosas Crespo, la quale fa del cerchio il simbolo della visione del mondo da parte delle comunità orali, l’immagine dell’eterno ritorno e della ripetitività di idee e azioni, con l’intento di riproporre nel tempo valori e tradizioni:

El símbolo que mejor sintetiza la visión de mundo de las comunidades orales es el círculo, el eterno retorno de las ideas y las acciones de la comunidad, orientadas casi siempre hacia la preservación de valores como el orden, la continuidad, la tradición y la memoria. (2005, online)

Spesso, infatti, nella tradizione africana gli incontri si tengono all’aperto, in presenza di molti ascoltatori, proprio intorno al fuoco o sotto “l’albero della parola”, che «es un lugar de convivencia» (Carbonell 2011, 28-31: 29), e ciò va a consolidare un altro grande valore della realtà africana, il senso di collettività;88 dunque questo forte senso di coesione e comunità nel piano sociale si rispecchia nell’ambito artistico-culturale (Koné 1993, 23-24).

Una collettività che non presta attenzione solo alla parola di per sé, ma a tutti gli elementi extralinguistici che ruotano attorno alla figura del narratore e che entrano in gioco nel corso della rappresentazione:

Se un racconto mi è stato riportato da qualcuno, non è solo il contenuto del racconto che la mia memoria ha registrato, ma tutta la scena: la posizione del narratore, il suo vestito, i gesti, la mimica, i rumori dell’ambiente… (Losi 2000c, 52-98: 65)

Ciò fa sì che la narrazione orale consista in una sorta di performance teatrale, «nella quale si può misurare l’abilità dell’artista dal modo in cui questi usa la propria destrezza muovendosi davanti a una serie di presenze fisiche» (Okpewo

88

«El árbol de la palabra es una institución tradicional, donde los Ancianos de la aldea se reúnen para deliberar las cuestiones que afectan a la comunidad. Además, en las culturas del África Negra, el acto de tomar la palabra en público es tan trascendente y solemne que el orador suele

1994, 15-35: 20); Hampaté Ba precisa che

non è narratore colui che non riesce a riferire una circostanza così com’essa si è svolta dal vivo, in maniera tale che i suoi ascoltatori, come lui stesso, ne ridivengano testimoni vivi ed attivi. […] Ecco perché il tempo verbale del racconto è sempre il presente. (1987, 189-226: 223)

I fattori contestuali, come l’ambiente, i costumi, la musica, la gestualità, la danza, la presenza di immagini (Hampaté Ba 1987, 189-226: 223; Okpewo 1994, 15-35: 20-21) sono perciò dettagli che «servono ad animare il racconto e contribuiscono a rendere più viva la scena» (Hampaté Ba 1987, 189-226: 223), infatti, coinvolgendo il pubblico, determinano lo svolgimento della rappresentazione stessa (Okpewo 1994, 15-35: 18).

Alessandro Duranti, che considera il discorso come «public, intersubjective by nature» (1986, 239-247: 239), riconosce come «the form and the content of talk is continuously reshaped by the co-participants, through their ability to create certain alignments and suggest or impose certain interpretations» (Duranti 1986, 242). Ciò signfica che gli spettatori possono divenire parte attiva della narrazione attraverso varie modalità, assumendo persino il ruolo di critici:

Interrogeant sans cesse le récitant sur les détails qui lui semblent exiger plus de précisions, corrigeant au besoin les défaillances de celui qui parle, dans la mesure même où le texte oral est une perpétuelle recréation collective, criant son enthousiasme ou exprimant sans vergogne sa réprobation devant tel u tel fait interne au récit, le public des contes se pose finalment en censeur et en critique. (Gobina 1980, 123-128: 123)

In tal proposito Agnès Agboton, in un’intervista, evidenzia come sono proprio gli interventi e le domande degli spettatori a dimostrare che «la lección o las sugerencias del cuento habrán dado su fruto» (Carbonell 2012, 24-27: 27), specificando in un’altra intervista che è proprio il dialogo ad essere necessario al «narrador africano para que su cuento sea un éxito, para que el oyente no regrese

vacío a casa y se acueste sin más».89

La partecipazione attiva e la complementarietà delle figure si manifestano in modo molto efficace quando il narratore lascia concludere il racconto ai suoi spettatori, una strategia che oltre a creare il loro coinvolgimento permette di suscitare una loro riflessione immediata, grazie alla possibilità di esprimere il senso ricavato dall’ascolto della narrazione (Chevrier 1990, 192).90

Questa co-narrazione fra narratore e pubblico fa sì che la narrazione orale si distingua dal genere del teatro classico, e si avvicini invece alle attuali forme teatrali più interattive, che mirano al coinvolgimento di attori e spettatori (VC 72- 73).

L’arte del raccontare, dunque, non ruota solo attorno al narratore, ma anche attorno all’ascoltatore, che deve in un certo senso sentirsi “travolto” dalla forza delle parole:

Gli ascoltatori di una storia non sono isolati, ma “dentro” la narrazione, coinvolti. È questa la forza segreta di un racconto. Una narrazione non riferisce semplicemente una trama, non descrive, non riporta soltanto dei fatti: simultaneamente parla all’ascoltatore, lo interpella, lo sconvolge, lo spinge a cambiare.91

È per questo che la narrazione orale si presenta come comunicazione, conversazione, dialogo attivo fra più parti (Portelli 1992, 111), e ciò è uno degli aspetti che la distingue dalla narrazione scritta, che nasce in un contesto di solitudine e senza alcuna possibilità di contatto diretto con il pubblico:

89

Entrevista a Agnès Agboton: “Zemi Kede es un intento de ofrecer una aproximación al tema del

sexo distinta al del paradigma sexual que se nos impone en Occidente”, rilasciata nel 2011 alla

redazione di «Africaneando», n. 7, pp. 95-102: 99, www.oozebap.org/africaneando (ultima consultazione dicembre 2013).

90

È interessante notare come la coopartecipazione fra soggetti non si riscontra solo nell’ambito della narrazione orale, bensì anche nel contesto musicale, dove gli abbinamenti di suoni e danza, ritmo e gestualità del corpo, mirano a coinvolgere anche gli spettatori (A.A.V.V. 1987, 49).

91

Tale constatazione è tratta da Perché raccontare, oggi? di Bruno Ferrero http://www.elledici.org/download/SCUOLA/Documenti/Primaria/2009/Bruno-Ferrero-Perche- raccontare-oggi.pdf (ultima consultazione gennaio 2014).

La condizione delle parole in un testo è molto diversa da quella in un discorso orale. Sebbene esse, magari nell’immaginazione, si rapportino al suono o, più precisamente, ai fenomeni che esse codificano e siano altrimenti prive di significato, le parole scritte sono isolate dal contesto in cui hanno origine quelle parlate. La parola, nel suo habitat naturale che è quello orale, fa parte del presente della realtà e dell’esistenza. L’espressione orale è indirizzata da un individuo reale, vivente, a un altro o a più individui ugualmente reali e viventi, in un momento specifico e in un ambiente preciso che include sempre molto di più delle semplici parole. Le parole parlate sono modificazioni di una situazione complessiva; esse non si presentano mai da sole, in un contesto esclusivamente verbale. Mentre le parole in testo scritto appaiono da sole, e chi sta componendo, chi sta scrivendo qualcosa è anche solo. La scrittura è un’operazione solipsistica. Io sto scrivendo un libro che spero sarà letto da centinaia di migliaia di persone, e per far questo devo essere isolato da tutti. Scrivendo questo libro, ho lasciato detto che sono «fuori» per ore e giorni interi, in modo che nessuno, compresi quelli che probabilmente leggeranno il libro, possa interrompere la mia solitudine. (Ong 1986, 145-146)

Ecco perché, come afferma Amadou Koné:

le travail du romancier apparaît comme radicalement différent de celui du conteur traditionel. L’image qu’on a du romancier est celle d’un créateur écrivant dans la solitude et le calme de son cabinet de travail. Le romancier est un solitaire qui crée un univers très personnel. Apparentement, il jouit dans sa démarche créatrice d’une grande liberté. (1993, 56)

Incisiva per sintetizzare il mondo dell’oralità e il mondo della scrittura è la seguente immagine proposta da Elsy Rosas Crespo:

en este mundo fundamentalmente oral, comunitario, cíclico y predeterminado, opuesto al impreso, individual, lineal y mediado por la voluntad, la narración y el diálogo juegan un papel fundamental como en

su opuesto lo juega la lectura, la escritura y la interpretación de textos. (2005, online)

Il connubio e il valore di oralità e scrittura sembrano emergere con efficacia proprio nelle pagine degli scrittori africani, pagine che seppur nate in seno all’intima attività della scrittura invitano a costruire un dialogo con il lettore, mettendo in rilievo in un certo senso gli aspetti della condivisione e del coinvolgimento tipici della narrazione orale: «Dos culturas – la africana y la europea – que se hermanan, al final, en una narración que abandona las noches del poblado para posarse en una hoja de papel» (Agboton 2003).