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1. ESILIO ED EMIGRAZIONE: FORME DI SPAESAMENTO

1.4 Vivere in bilico fra due mond

1.4.1 Nostalgia verso la terra d’origine

L’immigrato, dovendo combattere tra il desiderio di non staccarsi dal proprio passato e il desiderio di conoscere ed interagire con una nuova realtà, si trova a vivere una grave crisi interiore. Rushdie sottolinea come

tutti gli emigranti si lasciano dietro il proprio passato, anche se alcuni cercano d’impacchettarlo in scatole e fagotti, ma durante il viaggio di quei cari ricordi e di quelle vecchie fotografie si perde sempre qualcosa, finché gli stessi proprietari non sanno più riconoscerli. (1991, 72-73)

Si genera così una frattura, una cesura, uno iato fra due mondi, in quanto l’immigrato approdato nella nuova terra percepisce un senso di sradicamento rispetto alla sua patria, avendo perduto il contatto diretto con la propria cultura, con la propria lingua, con i propri costumi ed ecco che per alcuni «partire è un po’

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La poesia viene anche riportata nell’antologia curata da Ramberti e Sangiorgi Le voci

dell’arcobaleno (1998, 21), che raccoglie le opere vincitrici e finaliste della Ia edizione del concorso Eks&Tra.

morire / rispetto a ciò che si ama / poiché lasciamo un po’ di noi stessi / in ogni luogo ad ogni istante», come declamano i primi versi di una poesia di Edmond Haracourt.8

Il soggetto che vive in bilico tra due realtà – soprattutto quando queste sono molto diverse e lontane, come nel caso qui sviluppato, che vede coinvolti gli africani in territorio europeo – non può non rifugiarsi nella forza del ricordo, maturando un forte senso di nostalgia verso il proprio mondo e i propri cari, così da essere «contemporaneamente qui e là, né qui né là, presente e assente» (Jankélévitich 1992, 126),qui con il corpo, là con la mente.9

Questo intenso desiderio e tentativo di recuperare, per lo meno tramite la forza del ricordo, ciò che è stato perduto, oggi è circoscrivibile alla sfera del sentimento, mentre in passato, come spiega Antonio Prete, era considerato una vera e propria malattia fisica che provocava «la chiusura a ogni stimolo esterno e la concentrazione esclusiva attorno al fantasma del ritorno in patria» (1992b, 9-41: 12), mentre Philippe Pinel ne parla come di un «bisogno imperioso, in coloro che ne vengono colpiti, di tornare al loro paese, di rivedere i luoghi della loro infanzia: in una parola, dal bisogno impellente di ritrovare la loro prima dimora» (1992, 69).

Il termine nostalgia fu coniato infatti nel 1688 da Johannes Hofer, studente alsaziano di medicina, quando all’Università di Basilea presentò la sua Dissertatio

medica de nostalgia, dove l’unione delle parole greche nóstos (ritorno) e álgos

(dolore) andava a sostituire Heimweh (Prete 1992b, 9-41: 10).

Ma c’è anche chi, come Rosalba Terranova Cecchini e Mara Tognetti Bordogna, parla di cristallizzazione, per intendere «il formarsi, nella mente dell’immigrato o dello straniero in generale, di un mitico ricordo del proprio Paese» (1992b, 9-41: 34).

Interessanti a tal proposito sono le considerazioni apportate da Bettini sulla scia dell’interpretazione di Claude Lévi-Strauss, che vedeva nella nostalgia un eccesso

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Il primo verso della poesia è citato in Losi (2000b, 21-51: 43). La successiva parte del testo e il nome dell’autore sono tratti da http://felicitaraggiunta.blogspot.com/2008/09/partire-un-p-morire- di-edmond-haracourt.html (ultima consultazione febbraio 2012).

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di comunicazione (Lévi-Strauss 1978b, 187-235: 231); dunque «chi troppo

comunica con se stesso, con la propria identità, rifiutando di stabilire il dialogo con l’altro, finisce appunto per ammalarsi di “sé”» (Bettini 1992b, 3-17: 5-6), al contrario, si raggiunge un difetto di comunicazione quando lo straniero «abbandona ogni comunicazione con se stesso, piomba nell’oblio della sua propria identità» (Bettini 1992b, 3-17: 11).

La nostalgia, secondo tali considerazioni, non pone dunque direttamente le proprie basi sui concetti di memoria, ricordo, desiderio del ritorno, quanto sulla capacità o meno dell’individuo coinvolto di guardare al di là del proprio io, sentendosi parte di un tutto e sorpassando quel senso di egoismo che lo spinge a chiudersi in se stesso e a ritornare al proprio nido.

Tuttavia, quando nella società d’arrivo non si percepisce il calore di una nuova patria, quando non si ha voce e qualsiasi tentativo di dialogo si riduce a un monologo con se stessi, a causa della mancanza di ascolto da parte degli autoctoni, sembra inevitabile ripercorrere con la mente il proprio passato e cercare di recuperare ciò che è lontano.

Gli immigrati «discriminati, ghettizzati, guardati con supponenza o con sospetto» (Albertazzi 2000, 128-129) nella società ospite,10 si aggrappano infatti «alle proprie tradizioni d’origine» (Albertazzi 2000, 129) scatenando il desiderio di riappropriarsi dei colori, degli odori e dei sapori della propria patria, come recita un motto africano: «L’uomo non ritorna mai nel grembo di sua madre ma ritorna ben volentieri nel grembo natale» (Dell’Oro 1999, 20).

Ecco che oggi in ambito psichiatrico sono altri i concetti che si sono sostituiti alla nozione di nostalgia; ad esempio,

Quando si parla di una “reazione depressiva di disadattamento sociale”, il nome conferito al fenomeno cessa completamente di designare, come faceva nostalgia, un luogo anteriore, un sito privilegiato; non si prende più in considerazione l’ipotesi di una guarigione ottenuta attraverso il

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Accosto appositamente a società il termine ospite, per incitare ad una riflessione sull’uso di questo binomio, anche alla luce di quanto appena esposto, laddove i membri della realtà d’arrivo non sempre mettono in campo atteggiamenti che lasciano trapelare gesti di accoglienza e disponibilità, che caratterizzano colui che veramente ospita.

rimpatrio. Si insiste invece sulla mancanza di adattamento dell’individuo alla società nuova cui deve integrarsi. La nozione di nostalgia poneva l’accento sull’ambiente d’origine (sullo Heim); la nozione di disadattamento pone invece l’accento, in modo tassativo, sulla necessità dell’inserimento nell’ambiente attuale. (Starobinski 1992, 85-117: 114)