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Il diritto alla riservatezza del lavoratore

5.3 nella giurisprudenza spagnola

ISTANZE DI TUTELA E PROPOSTE REGOLATORIE

1. Le istanze di tutela dei lavoratori digital

1.2 Il diritto alla riservatezza del lavoratore

Al datore di lavoro è garantita costituzionalmente la libertà di iniziativa economica (art. 41), per cui ha il diritto di dettare regole per l'esecuzione 115Lassandari A., “Oltre la ”grande dicotomia”? La povertà tra subordinazione

e autonomia”, Lavoro e diritto, Fascicolo 1, inverno 2019, Il Mulino – Rivisteweb.

della prestazione e da qui ne deriva il diritto di esercitare un potere di controllo (ma con delle limitazioni). Tale potere deve tuttavia essere esercitato nel rispetto della riservatezza, della dignità personale e della privacy dei lavoratori, ad oggi tutelata dal Regolamento UE 2016/679 e dal d.lgs. 30.6.2003, n. 196 come modificato dal d.lgs. n. 101 del 2018. A livello comunitario, l'art. 88 del Regolamento Europeo stabilisce che gli Stati possano emanare regole particolari atte a garantire la protezione dei diritti e delle libertà dei dipendenti durante i trattamenti dei dati nel contesto del rapporto di lavoro. Questo può avvenire tramite accordi collettivi o disposizioni legislative. Il GDPR prevede, quindi, che le attività di controllo del lavoratore siano svolte in un contesto di trasparenza e di adeguata protezione dei dati personali116.

La disciplina dei poteri del datore è prevista principalmente dallo Statuto dei Lavoratori117. In particolare, gli artt. 2, 3, 4, 5 e 6 contengono i limiti ai poteri di controllo sul lavoratore.

Il primo limite riguarda le guardie particolari giurate che possono essere impiegate esclusivamente a tutela del patrimonio aziendale ma non possono essere adibite alla vigilanza sull'attività di lavoro.

Anche il personale incaricato di quest'ultima mansione non è esente da limitazioni. Infatti, l'art. 3 dello Statuto prevede che i nominativi e le mansioni specifiche di questi debbano essere comunicate ai lavoratori interessati. Tale disciplina non si applica agli addetti al controllo e organizzazione del lavoro118.

116https://www.cyberlaws.it/2017/articolo-88-gdpr-regolamento-generale-sulla-

protezione-dei-dati-ue2016679/.

117http://www.di-elle.it/leggi-voce-menu/117-l-300-70-statuto-dei-diritti-dei-

lavoratori-aggiornato-alla-l-92-12#art07.

Queste previsioni non escludono, tuttavia, possibili controlli sull'esatto adempimento della prestazione119 o nei confronti di comportamenti illeciti del lavoratore 120, anche da parte di agenzie investigative121.

Per quanto riguarda le modalità di controllo, l'art. 4 dello Statuto disciplina i cc.dd. controlli a distanza. Originariamente questa norma vietava l'uso di “impianti audiovisivi” e di “altre apparecchiature” che permettessero di effettuare un controllo a distanza. L'utilizzo era, invece, consentito per esigenze organizzative e produttive, previo accordo delle rappresentanze sindacali aziendali. In assenza di questo, le modalità d'uso venivano dettate dal Servizio Ispezione del lavoro della DTL.

Questa disposizione è stata oggetto di modifica da parte del d.lgs. 151 del 2015 (Jobs Act). La revisione di questa disciplina si è resa inevitabile per via dell'evoluzione tecnologica e delle esigenze produttive e organizzative dell'impresa. Il Jobs Act prevede un regime diverso a seconda che si tratti di strumenti di che consentono il controllo da parte del datore o strumenti utilizzati per rendere la prestazione quali smartphone, tablet e pc.

La nuova disciplina vieta l'installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti da cui derivi la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori a meno che non si renda necessaria per esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale. Possono essere installati solo dietro accordo sindacale o autorizzazione amministrativa. Nel caso in cui l'impresa abbia più sedi dislocate sul territorio, può stipulare un accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative o può chiedere un’autorizzazione al Ministero del Lavoro. 119Cass., 829/92, Cass., 5500/90

120Cass., 1455/97

L'elemento di novità della riforma sta nel fatto di escludere da queste garanzie gli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, per i quali non è necessario il previo accordo. Inoltre, le informazioni raccolte con questi strumenti possono essere utilizzate per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, sempre che il lavoratore sia stato previamente informato sulle modalità d'uso e di effettuazione dei controlli122.

Queste previsioni creano non pochi problemi, ad esempio, per quegli strumenti, come il Gps, che sono necessari allo svolgimento della mansione assegnata, ma al tempo stesso, potrebbero essere usati dal datore per controllare il lavoratore stesso.

In materia di privacy vige il d.lgs. 196/03, modificato dal Decreto Legislativo n. 101123 del 10 agosto 2018 che coordina il codice con il Regolamento EU 2016/679. Lo scopo è quello di garantire che il trattamento dei dati personali avvenga nel rispetto della dignità, riservatezza e identità personale del lavoratore.

I diritti tutelati dalla normativa in materia di privacy sembrano tuttavia messi a rischio, nel panorama della gig economy, dal c.d. sistema di rating reputazionale. Come si è già avuto modo di illustrare, il rating reputazione consiste in una sorta di giudizio del lavoratore, effettuato attraverso degli algoritmi che hanno come risultato informazioni sintetiche atte a riprodurre, in modo parziale, l’esperienza personale e lavorativa dell’individuo a cui si riferisce.

122Mazzotta O., “Diritto del lavoro”, in Iudica G.- Zatti P. (a cura di), “Trattato di diritto privato”, 6a edizione, Giuffrè, 2016, pag. 510 e ss.

123https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/origin

ario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2018-09-

Il ricorso alle nuove tecnologie ha permesso in alcuni casi di adottare strumenti di controllo particolarmente “invasivi”. È il caso del braccialetto elettronico elaborato da Amazon per controllare i propri dipendenti. Il colosso americano ha giustificato l’adozione di tale strumento affermando che questo sistema è stato brevettato per ragioni di efficienza, in sostanza per far risparmiare tempo al dipendente.

L'azienda già esercitava un forte controllo sui drivers attraverso un software che stabilisce il percorso e il tempo da rispettare per effettuare una consegna, senza tener conto di nessun imprevisto124.

L'allora Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, si sono opposti all'utilizzo di questo strumento ricordando che la nostra legislazione ammette l'utilizzo di dispositivi di controllo in presenza dei presupposti di cui al comma 1 dell’art. 4 Statuto, solo se in accordo con i sindacati 125.

Per quanto riguarda i food riders, sia il Tribunale di Torino (sentenza n. 778/2018) sia la Corte d'Appello di Torino (sentenza n. 26/2019) hanno rigettato la richiesta di risarcimento del ricorrente per la violazione della normativa in materia di privacy e controllo a distanza, con riferimento all'art. 4 della L. 300/70 e agli artt. 7, 11 e 171 del codice della privacy. Per la Corte d'Appello, il richiamo al suddetto art. 4 non sarebbe pertinente in quanto si applicherebbe solo al rapporto di lavoro subordinato. Semmai, alla fattispecie oggetto di causa si potrebbe applicare l'art. 4 così come riformulato dall'art. 23 d.lgs. 151/2015, che 124Fornario F., “Amazon brevetta il bracciale elettronico. ‘Pagati per lavorare, non per pensare’ come un secolo fa”, in Il Fatto Quotidiano, 02 febbraio 2018.

125 Redazione Internet, “Brevetto.I «braccialetti» di Amazon, Calenda: mai in Italia. Sotto accusa il Jobs Act”, in Avvenire.it.

distingue gli strumenti di controllo dagli strumenti di lavoro. La Corte di appello non ha dubbi sul fatto che le applicazioni dello smartphone venivano usate per rendere la prestazione lavorativa, quindi, non si dovrebbero comunque applicarsi le garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori.

Alla luce di quanto prospettato è allora ragionevole chiedersi se ed in che misura i lavoratori mediante piattaforma abbiano diritto ad una tutela rafforzata della loro riservatezza.

1.3 Il diritto alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro