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3 La risposta del legislatore al fenomeno delle “zone grigie”: le collaborazioni organizzate dal committente ex art

2 D.Lgs. n. 81/2015

Lavoro autonomo e subordinato compaiono raramente nelle loro forme “primordiali" e più semplici, a causa dei molteplici aspetti della vita quotidiana e di una realtà sociale in continuo sviluppo.

Mentre fino a quindici anni fa non vi erano dubbi sul fatto che la subordinazione fosse la chiave di accesso al diritto del lavoro e portatrice di importanti garanzie, negli anni le tutele per il lavoratore si sono indebolite e non riescono a far fronte ai continui cambiamenti a cui è sottoposto il mercato del lavoro. Sul finire degli anni Ottanta, infatti, si è assistito all’affermarsi di "zone grigie” tra i due tipi, il cosiddetto lavoro del terzo tipo.

Nonostante l'art. 1 del d.lgs. 81/2015 affermi che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato è la forma comune del rapporto di lavoro subordinato, le disposizioni successive disciplinano una pluralità di tipologie contrattuali flessibili.

La subordinazione ha svolto una funzione di garanzia sostanziale con lo scopo di far accedere al sistema di protezione, previsto per il lavoratore subordinato, le professionalità rimaste al confine55.

Da qui nasce la necessità di superare il concetto giuridico di subordinazione così come delineato dal codice civile all’articolo 2094 c.c. Di fronte alla nascita di modalità di lavoro ibride, l’approccio 55 Albi P., “Il lavoro mediante piattaforme digitali tra autonomia e

subordinazione”, in Labor. Il lavoro nel diritto, issn 2531-4688, Rivista Bimestrale marzo-aprile 2019, Pacini Giuridica.

dell’ordinamento italiano è stato quello di moltiplicare tipi e sottotipi aggiungendo o sottraendo alcuni elementi strutturali.

L’evoluzione del concetto di parasubordinazione, variamente precisato con l'emergere della collaborazione coordinata e continuativa prima, e del contratto a progetto poi, testimonia le incertezze nella identificazione dei confini della categoria. Il nostro legislatore ha preferito introdurre variazioni di disciplina all'interno del rapporto di lavoro subordinato, alterandone il significato.

Con il D.Lgs 81/15, denominato Jobs Act, il legislatore ha ridisegnato la disciplina delle prestazioni di lavoro rese nell’ambito di fattispecie diverse dal rapporto di lavoro subordinato e questo ha inciso sul concetto stesso di subordinazione.

L'affermarsi di nuovi metodi di produzione e di organizzazione del lavoro mette in crisi la dicotomia classica lavoro autonomo-subordinato. Il nostro legislatore ha risposto a queste esigenze moltiplicando le tipologie di lavoro flessibile e creando fattispecie che si collocano al di fuori dell'area di subordinazione, le quali pongono il lavoratore in una situazione di debolezza.

Espressione di questo orientamento del legislatore è il D.lgs. 276/2003. Questa Riforma aveva introdotto il cosiddetto lavoro a progetto per rispondere alle esigenze socio-economiche ma soprattutto per contrastare comportamenti elusivi della disciplina del lavoro subordinato. Oltre a questo, il decreto incideva anche su alcuni aspetti del lavoro associato e occasionale.

Il quadro normativo delineato dal Dlgs 276/2003 non ha ottenuto i risultati sperati in quanto, queste nuove tipologie di lavoro sono state, per lo più,

utilizzate in modo fraudolento.

Per dare un freno a queste pratiche elusive, il legislatore è intervenuto nel 2012 con la Riforma Fornero (L.92/12) con cui ha introdotto dei limiti all’utilizzo delle tipologie diverse dal lavoro subordinato, con lo scopo di garantire la centralità di quest'ultimo.

Anche tale legge si è però rivelata inadeguata.

Successivamente, nel 2015, il legislatore approva il cosiddetto Jobs Act. Con questo intervento si tenta di ristabilire la centralità del lavoro subordinato a tempo indeterminato, andando in primo luogo ad eliminare fattispecie come il lavoro a progetto, l'associazione in partecipazione con apporto di lavoro e il lavoro accessorio. Quest'ultimo viene sostituito con il contratto di prestazione occasionale e il Libretto famiglia (L.96/2017). Nelle prestazioni occasionali rientra qualsiasi tipo di prestazione di lavoro, purché nei limiti di importo e di durata stabiliti dalla legge.

L'utilizzatore ha l'obbligo di comunicare all’Inps l’identità del prestatore, il luogo, la durata, l’oggetto della prestazione e il compenso.

La violazione dei limiti stabiliti dalla legge comporta l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Con il Jobs Act, viene superato il lavoro a progetto, ma rimangono le collaborazioni coordinate e continuative. Quest'ultime devono fare i conti con la norma sulle collaborazioni organizzate dal committente disciplinate dall'art. 2 del d.lgs. 81/15 secondo il quale “a far data dal 1° gennaio 2016 si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai

tempi e al luogo di lavoro”.

Sembra che il legislatore con questa disposizione abbia introdotto un sottotipo di lavoro parasubordinato al quale si applica la disciplina della subordinazione ma è più logico pensare che in realtà così facendo la disposizione abbia voluto fornire elementi di qualificazione della fattispecie.

Nel suo contributo, Adalberto Perulli prova a capire le intenzioni del legislatore e le conseguenze che questa norma comporta sulla fattispecie del lavoro subordinato. L’autore fornisce tre ipotesi ricostruttive:

- secondo la prima, la disposizione introduce come criterio legale la subordinazione-organizzata con la conseguenza di ampliare il campo di applicazione della disciplina del lavoro subordinato;

- la seconda è quella per cui il legislatore abbia voluto affiancare all'art. 2094 un sottotipo di lavoro subordinato, il cosiddetto lavoro "etero- organizzato", con la conseguenza di qualificare come subordinati anche quei rapporti che non hanno i tratti tipici previsti dall'art. 2094;

- più plausibile potrebbe essere la tesi per cui la disposizione in esame introduce una figura diversa che è riconducibile per l'effetto alla subordinazione ma senza qualificarla come tale. Questo coerentemente con la logica del Jobs Act che estende le tutele oltre la subordinazione tradizionale56.

La scelta del legislatore è stata quella di intervenire nell'area del lavoro autonomo enucleando al suo interno un gruppo di rapporti identificati da alcuni tratti tipici del lavoro subordinato ai quali estende l'applicazione 56 Perulli A., “Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni

organizzate dal committente”, WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT –

della relativa disciplina. Il rapporto conserva la sua qualificazione giuridica, è autonomo, ma assoggettato alla disciplina propria del lavoro subordinato.

Il carattere "esclusivamente" personale della prestazione avvicina la collaborazione organizzata dal committente al rapporto di lavoro subordinato, in cui, a differenza del lavoro autonomo o della collaborazione coordinata e continuativa, il prestatore non può avvalersi di collaboratori.

Il carattere "continuativo" della prestazione indica comportamenti non occasionali atti a soddisfare un interesse durevole delle parti.

Terza caratteristica di questa collaborazione è "l'etero-organizzazione", per cui è il committente a determinare le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Questo requisito è soddisfatto quando il lavoratore è inserito nell’organizzazione produttiva del committente. Questo potere del committente va distinto da quello di etero-direzione, tipico del lavoro subordinato ex art. 2094, e da quello di coordinamento, tipico delle collaborazioni coordinate regolate dall'art 409 c.p.c.. La distinzione tra questi tre poteri non è facile. Ma, mentre la distinzione tra i primi due poteri non è rilevante in quanto comunque si andrebbe ad applicare comunque la disciplina del lavoro subordinato, la distinzione tra il secondo e il terzo è rilevante perchè si rischia di applicare la disciplina del lavoro autonomo a quelle situazioni che nella realtà non sono tali57.

I poteri di etero-organizzazione del committente di cui all'art. 2, comma 1, 57 Quadri G., “Il lavoro ai confini della subordinazione nelle recenti riforme:

una rottura con il passato nelle tecniche di tutela”, in Temilavoro.it, volume

non pregiudicano l'autonomia tecnico esecutiva del collaboratore e non sfociano in direttive specifiche. Danno luogo ad una specie di autonomia attenuata che rende questi lavoratori meritevoli delle tutele del lavoro subordinato pur non configurandoli come lavoratori subordinati. Sul collaboratore grava l'onere di dimostrare la sua sottoposizione ai poteri organizzativi del committente ma non anche direttivi58.

Al comma 2 dell'art. 2 del d.lgs. 81/2015 troviamo una serie di ipotesi di esclusione dal campo di applicazione della disciplina della etero- organizzazione. Più precisamente si fa riferimento:

“a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289; (5) (6) 4

58 Ciucciovino S., “Le “collaborazioni organizzate dal committente” nel

confine tra autonomia e subordinazione”, in Rivista Italiana di Diritto del

d-bis) alle collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 d-ter) alle collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74 ”. In particolare, la lett. a prevede che gli accordi collettivi nazionali di lavoro dovranno individuare le collaborazioni che, in ragione delle particolari esigenze organizzative e produttive del settore e del godimento di trattamenti economico-normativi specifici, non vengono attratte nell’area di disciplina del lavoro subordinato59.

Per capire a quale disciplina di tutela del lavoro subordinato l'art. 2, comma 1, faccia riferimento, occorre leggerlo in combinato disposto con il comma 2. Possiamo ritenere che la disciplina del lavoro subordinato del comma 1 sia proprio quella riguardante il trattamento economico e normativo, ossia retribuzione, orari, riposi, ferie, trattamento di fine rapporto, salute e sicurezza, diritti sindacali, ecc. Tutta questa materia è interamente derogabile ad opera dell'autonomia collettiva che, diversamente dal lavoro subordinato è priva del requisito della inderogabilità in peius. Ciò giustificato dal fatto che il collaboratore ha un grado di debolezza e soggezione minore rispetto al lavoratore subordinato. Con la legge 22 maggio 2017 n. 81, inoltre, il legislatore ha modificato l'art. 409 c.p.c., prevedendo che "la collaborazione si intende coordinata, quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa". Viene eliminato ogni potere del committente di definire 59 Quadri G., “Il lavoro ai confini della subordinazione nelle recenti riforme:

una rottura con il passato nelle tecniche di tutela”, in Temilavoro.it, volume

unilateralmente le modalità di esecuzione della prestazione.

In questo modo le collaborazioni coordinate e continuative sono ricondotte nella disciplina del lavoro autonomo. La legge n. 81/2017, non ritenendo necessaria una particolare tutela per i collaboratori, nel definire lo statuto protettivo del lavoratore autonomo, si è limitata ad estendere ai collaboratori la disciplina prevista per i lavoratori autonomi in generale. La previsione di queste tutele però non si dimostra sufficiente e adeguata. Ciò che servirebbe sarebbe l'introduzione di una disciplina del lavoro economicamente dipendente e quindi delle prestazioni rese da quei lavoratori autonomi che traggono il loro reddito principalmente da un solo committente o cliente. Infine, sarebbe utile anche un’adeguata regolamentazione delle collaborazioni coordinate e continuative60.

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La qualificazione dei riders nella giurisprudenza