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Il lavoro mediante piattaforme digitali nell'Unione Europea

5.3 nella giurisprudenza spagnola

6. Il lavoro mediante piattaforme digitali nell'Unione Europea

All’interno del contesto giuridico europeo, merita preliminarmente evidenziare che secondo la Corte di Giustizia compete agli Stati membri dell’UE decidere chi debba essere considerato un lavoratore nel proprio ordinamento giuridico nazionale, ma spetta all’Unione definire la nozione di lavoratore ai fini dell’applicazione del diritto dell’UE. Per quest’ultima, “la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione”103.

Il 2 giugno 2016 la Commissione Europea si è pronunciata in merito al tema dell'economia collaborativa nella Comunicazione COM (2016) 356, (A European agenda for the collaborative economy) rivolta al Parlamento Europeo, Al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni.

Con “collaborative economy” “si fa riferimento a quei modelli di business in cui le attività sono agevolate dall'uso di piattaforme collaborative che producono un mercato aperto per l'uso temporaneo di beni e servizi spesso forniti da privati” 104.

Nell'introduzione della Comunicazione viene fatta una panoramica dei vantaggi e degli svantaggi legati e questo fenomeno. I primi sono legati al 103Cfr. da ultimo Corte di giustizia, 3 maggio 2012, C-337/2010, Neidel. Cfr. R. COSIO, “Il diritto del lavoro nell’ordinamento complesso”, in www.eueopeanrights.eu.

104https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-356-IT-F1- 1.PDF

fatto che la collaborative economy è importante per la crescita dell'UE e ha creato nuove opportunità e nuovi modelli imprenditoriali attraverso i quali i consumatori accedono ad un'offerta più ampia e prezzi più bassi. Tutto questo, però, mal si concilia con la situazione normativa relativa a questo fenomeno, caratterizzata da incertezza, frammentazione legislativa e continui abusi che ne limitano il suo sviluppo.

Lo scopo della Commissione è quello di fornire orientamenti giuridici e strategici, non vincolanti, agli Stati al fine di eliminare le incertezze e consentire un pieno godimento dei vantaggi dell'economia delle collaborazioni.

Le piattaforme di collaborazione e i prestatori di servizi possono essere soggetti a requisiti di accesso quali autorizzazioni e licenze o requisiti di qualità giustificati e proporzionati. Se le piattaforme offrono un servizio informatico sono escluse da queste limitazioni. Mentre se forniscono il servizio intermediato sono soggette a queste condizioni. Tra quest'ultime rientrano le piattaforme: che esercitano un controllo significativo sul fornitore; che fissano il prezzo e le condizioni del rapporto; che si assumono i rischi e i costi; dove vi è un rapporto di lavoro con il lavoratore; dove le risorse necessarie per fornire il servizio sono di proprietà della piattaforma.

Quello che si evince è che il ragionamento che ruota attorno ai criteri di valutazione del grado di controllo della piattaforma è lo stesso rispetto a quello sui criteri per valutare l'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente a livello europeo.

Troviamo nella Comunicazione che si ha subordinazione quando il fornitore opera “sotto la direzione della piattaforma collaborativa,

determinando quest'ultima la scelta dell'attività, la remunerazione e le condizioni di lavoro”.

La natura del lavoro non deve essere meramente marginale o accessoria e deve esserci una remunerazione.

La Commissione non offre soluzioni in merito alla questione della collaborative economy ma invita gli Stati a verificare l'adeguatezza delle norme nazionali sul lavoro per far fronte i bisogni dei soggetti coinvolti. A fronte di questi nuovi modelli imprenditoriali, l'Europa dovrebbe sostenere l'innovazione e le opportunità di crescita offerte garantendo condizioni di lavoro eque e protezione sociale e del consumatore 105. Ulteriore passo in avanti per il consolidamento, in tutti gli Stati membri, di standard minimi di trattamento viene fatto con la proposta di Direttiva relativa a “condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea” (COM(2017)797) 106, presentata dalla Commissione europea il 21 dicembre 2017. Riguarda soprattutto i lavoratori “atipici” coinvolti nelle nuove forme di lavoro (es. flessibile ed a chiamata) e i lavoratori domestici.

Il 07 febbraio 2019, la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo provvisorio su questa proposta. Il 16 Aprile 2019 si è giunti anche all'approvazione da parte del Parlamento Europeo107.

Tra le tante disposizioni, particolare interesse destano quelle relative agli 105Dagnino E., “Sharing economy e lavoro: cosa dice l'Europa?”, in

Bollettinoadapt.it.

106https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/? qid=1559229000091&uri=CELEX:52017PC0797 .

107http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2019- 0379_IT.html#ref_2_14.

obblighi informativi posti in capo al datore di lavoro.

Le informazioni devono essere fornite da quest'ultimo su richiesta del lavoratore, per iscritto o in via elettronica.

Il contenuto di questi obblighi va dall'identità delle parti, al luogo e al tempo di lavoro, alla retribuzione e organizzazione del lavoro. Se queste informazioni non vengono fornite in precedenza, vengono portare a conoscenza del singolo lavoratore entro una settimana o un mese, a seconda del tipo di informazione, dal primo giorno di lavoro.

La direttiva prevede che il datore non possa vietare al lavoratore di accettare impieghi presso altri datori e tanto meno discriminarlo per questo.

All'art. 11 sono previste delle misure complementari per i contratti a chiamata. Per prevenire le pratiche abusive, gli Stati prevedono limitazioni dell'uso e della durata di questi contatti e una presunzione confutabile dell'esistenza di un contratto con un totale minimo di ore retribuite sulla base della media delle ore lavorate in un certo periodo.

Inoltre, nel caso in cui il lavoratore venga licenziato per aver esercitato i diritti previsti da questa direttiva, il datore deve indicare per iscritto il giustificato motivo del licenziamento.

In caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della suddetta direttiva, gli Stati stabiliscono le relative sanzioni che devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

Rimangono comunque alcune criticità irrisolte 108:

- nonostante ai sensi dell'art. 1, par. 2, la direttiva stabilisca diritti minimi che si applicano a tutti coloro che hanno un rapporto di lavoro rimane la 108Allamprese A., Borelli S., “Nota CGIL su Direttiva condizioni di lavoro

possibilità per gli Stati di escludere dall'ambito di applicazione di questa i lavoratori che hanno sottoscritto un contratto caratterizzato da un tempo di lavoro di durata pari o inferiore nella media a 3 ore settimanali in riferimento ad un periodo di 4 settimane consecutive o sulla base di motivi oggettivi, ai dipendenti pubblici;

- la Direttiva si applica solo ai lavoratori subordinati: restano esclusi i lavoratori autonomi come i collaboratori coordinati e continuativi, i collaboratori occasionali e i lavoratori a partita IVA, salvo applicazione dell’art. 2, comma 1, d. lgs. 81/2015. Per quanto riguarda i lavoratori domestici, a chiamata, intermittenti e quelli che lavorano tramite piattaforma digitale, gli apprendisti e i tirocinanti, rientrano nell'ambito di applicazione della Direttiva solo se rispondono ai criteri di subordinazione stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE109;

- la possibilità di imputare gli obblighi di informazione a soggetti diversi dal datore di lavoro, facendo venir meno la responsabilità solidale e separando l'esercizio del potere direttivo dagli obblighi che dovrebbero sussistere in capo al soggetto che lo esercita;

- non sono previsti tra gli obblighi di informazione ad esempio il funzionamento dell'algoritmo e del sistema di rating della piattaforma digitale;

- ai sensi dell'art. 14 attraverso un contratto collettivo di qualsiasi livello, 109Sentenze della Corte di giustizia del 3 luglio 1986, Deborah Lawrie- Blum/Land Baden-Württemberg, C-66/85, ECLI:EU:C:1986:284, del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère/Premier ministre e altri, C- 428/09, ECLI:EU:C:2010:612, del 9 luglio 2015, Ender Balkaya/Kiesel Abbruch- und Recycling Technik GmbH, C-229/14, ECLI:EU:C:2015:455, del 4 dicembre 2014, FNV Kunsten Informatie en Media/Staat der Nederlanden, C-413/13, ECLI:EU:C:2014:2411, e del 17 novembre 2016, Betriebsrat der

Ruhrlandklinik gGmbH/Ruhrlandklinik gGmbH, C-216/15,

le parti sociali possono derogare gli standard minimi fissati dagli artt. 8-13 della Direttiva.

Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale UE, gli Stati membri avranno a disposizione tre anni di tempo per l’attuazione a livello nazionale.