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2.7 “Misure urgenti per la tutela del lavoro e la risoluzione di crisi aziendali”

In data 03 settembre 2019, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha emanato il decreto-legge n. 101166 contenente, tra le varie disposizioni, misure di tutela per riders e collaboratori.

Innanzitutto, l'art. 1 del suddetto provvedimento va a modificare il D.lgs. 81/2015, estendendo la disciplina dell'art. 2, comma 1 (“A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato 164 Rassegna sindacale, “Diritti e tutele per i rider: accordo pilota a Firenze”,

Gig economy, 10 maggio 2019.

165 Bacchini F., “Lavoratori digitali: personaggi in cerca d'autore... e di tutele”, IPSOA, 01 giugno 2019.

166 Reperibile al seguente link

anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” ), anche ai casi in cui le modalità di esecuzione della prestazione vengano organizzate mediante piattaforme digitali. Il fine del legislatore è quello di assicurare, ai sensi dell’art. 47 bis, comma 1, introdotto all’interno del d.lgs. n. 81/2015, “livelli minimi di tutela per i lavoratori impiegati nelle attivita' di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all'articolo 47, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 attraverso piattaforme anche digitali.”.

Successivamente il legislatore precisa che per piattaforme digitali si intendono “i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizzano le attivita' di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalita' di esecuzione della prestazione”.

Per quanto riguarda il calcolo del corrispettivo, i riders hanno diritto ad essere retribuiti in base alle consegne effettuate, purchè in misura non prevalente rispetto al salario orario e hanno diritto alla retribuzione su base oraria, a condizione che, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata.

Inoltre, la retribuzione non potrà essere inferiore al livello fissato dal CCNL dell'azienda per mansioni equivalenti. I contratti collettivi possono, poi, prevedere schemi retributivi incentivanti.

contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il premio si determina in base al tasso di rischio corrispondente all'attività svolta (art. 47 ter).

Per assicurare il monitoraggio e la valutazione di queste disposizioni, è stato istituito un Comitato permanente, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, composto da rappresentati dei datori e dei lavoratori, i quali svolgono questa funzione senza percepire alcun compenso.

Dal 05 settembre, però, sono in vigore solo le lettere a) e b) dell'art. 1, mentre tutte le altre previsioni entreranno in vigore dopo 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso167.

3.

Osservazioni conclusive

Per far fronte alle istanze di tutela avanzate dei lavoratori che operano su piattaforma, il legislatore potrebbe estendere a questi la disciplina prevista per i lavoratori subordinati, ricondurle ad un terzo genere intermedio alla dicotomia classica oppure prevedere specifiche disposizioni a prescindere dalle categorie esistenti.

Questi lavoratori, nella maggior parte dei casi, non percepiscono una retribuzione adeguata alla prestazione svolta e non godono nemmeno delle tutele in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

Inoltre, i “lavoretti” svolti dai gig workers, essendo caratterizzati da una forte digitalizzazione, tendono a mettere in continuo contatto i lavoratori 167 A cura della redazione, “Tutela del lavoro e crisi aziendali: il decreto legge

con la committente, con la conseguenza di determinare continue ingerenze che non rendono effettivo il diritto alla riservatezza.

Infine, occorre rilevare che i lavoratori on demand sono portatori di diritti spesso disomogenei tra loro e questo rende difficile un'azione unitaria da parte dei sindacati tradizionali. Per tale ragioni si sono registrate molte iniziative di autotutela. Questo però non basta. Dovrebbe, semmai, cambiare l'atteggiamento delle organizzazioni sindacali tradizionali nei confronti dei lavoratori, i quali meritano di essere tutelati a prescindere dalla loro qualificazione.

La parte conclusiva del capitolo ha analizzato le diverse propose a cui abbiamo assistito negli ultimi anni per far fronte alle esigenze di questi particolari lavoratori.

Nel 2017 il Sen. Pietro Ichino ha proposto la creazione delle Umbrella Companies, già operanti in altri Paesi Europei. Attraverso un contratto di lavoro, queste imprese garantiscono al lavoratore una copertura previdenziale, costituiscono dei fondi per far fronte a ritardi di pagamento o inadempienze da parte dei committenti e agiscono anche come rappresentanti collettivi dei propri “dipendenti”. Oltre a ciò, mirano anche a garantire un compenso orario minimo, senza però prevederne le modalità di determinazione.

Questa proposta, però, non è la soluzione più congeniale in quanto offre sì protezione in campo previdenziale e mutualistico ma, non si occupa della regolazione del rapporto diretto tra piattaforma e lavoratore e della formazione ed esercizio della voce collettiva.

Il primo vero tentativo di accordare una forma di tutela deve ravvisarsi nell’iniziativa promossa da Riders Union di Bologna. La “Carta dei diritti

fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano” mira a tutelare i lavoratori digitali a prescindere dalla loro qualificazione, elencando una serie di “Diritti di protezione della persona e dei suoi beni fondamentali” come il diritto ad un compenso equo e dignitoso, il diritto alla salute e sicurezza attuato mediante una assicurazione che copre da infortuni e malattie sul lavoro o la libertà di organizzazione.

Nella realtà però, ciò che risulta dal primo incontro del tavolo di monitoraggio, è una scarsa applicazione della disciplina sul compenso orario fisso, sull'indennità per il lavoro festivo e quello svolto in condizioni sfavorevoli e sull'indennità per la manutenzione dei mezzi o agevolazioni per la loro riparazione.

Il primo testo di legge in Italia in materia di diritti dei lavoratori operanti nelle piattaforme digitali è stato emanato dalla Regione Lazio, che lo ha intitolato “Norme per la tutela e la sicurezza dei lavoratori digitali”. Tra le varie disposizioni, questo testo di legge prevede una retribuzione commisurata al tempo lavorato vietando il compenso a cottimo.

Anche questo provvedimento, però, non è esente da critiche in quanto non ci fa capire che tipo di contratto ci sia alla base di tutto e in quanto potrebbe essere viziato sul piano dell’illegittimità costituzionale.

Nonostante i vari tentativi innanzi illustrati la soluzione più opportuna resta quella di una legislazione a livello nazionale che porterebbe a una disciplina uniforme, evitando anche problemi nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni.

È notizia degli ultimi giorni l’emanazione del D.L. 101/2019 che ha l'obiettivo di garantire tutela economica e normativa ai lavoratori che operano su piattaforme digitali.

Questo decreto sembrerebbe proprio ciò che tutti si auspicavano ma occorrerà attendere la conversione del testo e verificare che le previsioni in esso contenute siano in concreto produttive di una tutela adeguata per i lavoratori delle piattaforme.

Conclusioni

Come abbiamo analizzato nel corso del lavoro, la digitalizzazione del mercato del lavoro ha modificato le modalità tipiche di esecuzione della prestazione, dando vita a figure professionali nuove e atipiche (si pensi in particolare ai lavoratori mediante piattaforme digitali).

Nonostante la forte eterogeneità di questa nuova forza lavoro, ciò che accomuna i lavoratori digitali è la mancanza di una disciplina idonea a garantire quella protezione e tutela che il nostro ordinamento prevede, ad esempio, per i lavoratori subordinati.

Il problema dello status giuridico di questi lavoratori non è stato affrontato in modo univoco dai diversi ordinamenti o addirittura dai diversi giudici dello stesso ordinamento. In alcuni casi, infatti, i lavoratori on-demand vengono fatti rientrare nella categoria del lavoro subordinato, mentre per altri sono qualificati come lavoratori autonomi. Alcuni, addirittura, ritengono che la soluzione più congeniale sia la creazione di un tertium genus rispetto alla dicotomia classica.

Per risolvere tali problematiche è necessario un intervento normativo, come è successo in Francia oppure come è appena accaduto in Italia dove è stata approvato il decreto legge recante misure urgenti per la tutela del lavoro e delle crisi aziendali.

Finora il legislatore italiano, di fronte all'inadeguatezza del quadro normativo e, nello specifico, all'incapacità del concetto di subordinazione di far fronte all'evoluzione del mercato del lavoro, ha preferito creare nuovi tipi e sottotipi. Questa soluzione non si è rivelata la più adatta sia perché il processo evolutivo del mercato lavoro non si è

ancora arrestato, sia perché ha dato vita a numerose applicazioni fraudolente di queste nuove fattispecie.

In mancanza di un apposito intervento normativo del legislatore, il problema della qualificazione dei riders è stato affrontato dai giudici che talvolta hanno adottato soluzioni ermeneutiche completamente divergenti tra loro. Nella maggior parte dei casi, i giudici hanno fatto leva sulla libertà del fattorino di scegliere se e quando lavorare, senza subire conseguenze pregiudizievoli.

La necessità di definire lo status giuridico di questi lavoratori rileva in quanto la mancanza di specifiche previsioni ad hoc ha delle ricadute negative in materia previdenziale, di salute e sicurezza sul lavoro, di retribuzione e azione collettiva.

Di fronte all'inerzia del legislatore ci sono state diverse proposte da parte di Regioni e organizzazioni autonome che non si sono rivelate idonee a risolvere il problema, ma che certamente hanno contribuito a sollevare il dibattito sul tema.

Qualcosa però si è mosso proprio negli scorsi giorni. Infatti, il 5 settembre è stato pubblicato il decreto-legge 101/2019 che prevede tutele economiche e normative anche per i lavoratori digitali.

Ciò che possiamo dire, in conclusione di questo elaborato, è che il processo di evoluzione del mercato del lavoro non si è fermato e non si fermerà, con la conseguenza di creare nuove professionalità e altre modalità di esecuzione della prestazione. È proprio per questo che prevedere una disciplina specifica solo per i c.d. lavoratori delle piattaforme potrebbe sembrare solo una soluzione temporanea, un rimandare il problema alle future legislazioni.

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