3. Il ‘confronto con la scienza’
3.1 Il confronto con il pensiero scientifico .1 L’evoluzione del pensiero scientifico
3.1.4 Il ‘modello di progresso scientifico’ di Laudan
L’idea di evoluzione del pensiero scientifico elaborata da Kuhn sembra indicare un percorso, in qualche modo, discontinuo nell’ambito del quale tanto la pluralità di paradigmi quanto un continuo dibattito sui problemi fondamentali possono mettere in discussione la stessa scientificità di una disciplina.374 Da questa posizione si scosta in
369 E. Riverso in L. Laudan, Il progresso scientifico. Prospettive per una teoria, Armando, Roma, 1979, pag. 11.
370 Si riprendono, in questa sede, le definizioni proposte da Gallino. Il termine paradigma designa “un corpo di teoria riconosciuta come valida, fondato sui risultati raggiunti dalla scienza del passato, che per un certo periodo di tempo definisce quali sono i problemi e i metodi legittimi da utilizzare in un determinato campo di ricerca”. Il “programma di ricerca è un insieme di teorie e di ipotesi, con un vario grado di corroborazione che ‘definisce problemi, delinea la costruzione di una cintura di ipotesi ausiliarie, prevede anomalie e le trasforma con successo in esempi, il tutto seguendo un piano prestabilito’”. L. Gallino, cit., pag. 573.
371 Nei periodi di scienza normale le singole teorie, che costituiscono articolazioni del paradigma, possono essere criticate e anche abbandonate, senza, per questo, mettere in discussione il paradigma.
372 La presa di distanza da un paradigma sarebbe determinata dal fatto che ipotesi ed esperimenti suggeriti dallo stesso risulterebbero cumulativamente meno efficaci di quelli suggeriti da un altro paradigma. L. Gallino, cit., pag. 573.
373 L’irrazionalità, come motore del divenire scientifico, troverebbe spazio ancora maggiore nel pensiero di Feyerabend. In particolare Riverso sottolinea l’importanza che Feyerabend attribuisce alla libera creatività degli scienziati, ritenuta elemento indispensabile del progresso intellettivo e scientifico. E. Riverso, cit., pag. 12.
374 L. Laudan, cit., pag. 161. La questione della pluralità dei paradigmi viene ripresa da Corbetta in rapporto alla sociologia: la presenza di una pluralità di paradigmi configurerebbe, per Kuhn, una scienza immatura, mentre secondo Corbetta, la sociologia potrebbe definirsi come disciplina multiparadigmatica.
misura significativa Laudan375, la cui visione critica supera la stessa questione della razionalità/irrazionalità in favore di una prospettiva che privilegia l’uso376 che di tale razionalità viene fatto nel corso della storia.
Prendendo le distanze tanto da una prospettiva rivoluzionaria, quanto da una prospettiva gradualista della storia della scienza, Laudan assume come punto di riferimento l’obiettivo della scienza, ossia la soluzione di problemi377, per avvalorare un’ipotesi di evoluzione del pensiero che presenta caratteri di continuità.378 Centrale nel pensiero di Laudan è la nozione di tradizione di ricerca, intesa come “un insieme di assunti generali riguardanti le entità e i processi presenti in un certo dominio di studio ed i metodi appropriati che si devono usare, per indagare su problemi e costruire le teorie in tale dominio”.379 La tradizione di ricerca fornisce “un insieme di direttive per la costruzione di teorie specifiche”: tali direttive definiscono, da un lato, le “entità fondamentali” presenti nel dominio di studio (alle quali vanno ricondotti i problemi empirici propri del dominio) e le possibilità di relazione tra queste entità, dall’altro i metodi di ricerca considerati legittimi all’interno della specifica tradizione di ricerca.380
Nell’individuare una serie di imperativi e divieti ontologici e metodologici la tradizione di ricerca sembra assumere una “funzione di disciplinamento”381: ne deriva che, a differenza delle teorie che la compongono, la tradizione di ricerca non ha
P. Corbetta, cit., pag. 19. Il contributo di Laudan viene esplicitamente richiamato nella pubblicistica di servizio sociale. L. Gui, Le sfide teoriche…, cit., M. Dal Pra Ponticelli, Nuove Prospettive per il servizio
sociale, Carocci, Roma, 2010.
375 Laudan imputa a Kuhn di non aver colto il “ruolo concettuale dei problemi” e di non aver mai risolto la questione della “relazione fra un paradigma e le teorie che entrano in esso”. Inoltre egli critica la struttura rigida dei paradigmi e la loro articolazione sostanzialmente implicita, aspetto questo che permetterebbe di riconoscere l’adesione degli scienziati a un medesimo paradigma in virtù dell’applicazione di loro ‘esemplari’ (ovvero “un’applicazione archetipica di formule matematiche a problemi sperimentali”), senza esplorare le questioni fondamentali (ontologia, metodologia) rispetto alle quali gli stessi scienziati potrebbero anche divergere. Al pensiero di Lakatos, pur migliorativo rispetto all’impostazione di Kuhn, Laudan muove, oltre alle critiche mosse a Kuhn, specifiche obiezioni che hanno a che fare con: una concezione sostanzialmente empirica del progresso, un’idea di progresso interno al programma di ricerca sostanzialmente limitato dalla concatenazione che lega le teorie (due teorie possono coesistere all’interno dello stesso programma di ricerca solo se l’una è deducibile dall’altra), una dipendenza del progresso dal confronto tra contenuti empirici (confronto che risulta impossibile), una concezione irrazionale del progresso tale da impedire di tradurlo in “raccomandazioni di ordine cognitivo”. Oltre a ciò e alla rigidità strutturale dei programmi di ricerca, Laudan sottolinea che l’avvenuta confutazione dell’idea che l’accumularsi di anomalie non abbia conseguenze sulla valutazione del programma di ricerca. L. Laudan, cit., pagg. 97 e seg.
376 Questa posizione consentirebbe, secondo Riverso, di avvicinare Laudan a Wittgenstein. E. Riverso, cit., pagg. 7.
377 Laudan distingue tra problemi concettuali e problemi empirici e, nell’ambito di questi ultimi, tra problemi insoluti, ovvero non risolti ancora da alcuna teoria, problemi risolti adeguatamente da una teoria e anomalie, ossia problemi empirici non risolti da una particolare teoria, ma adeguatamente risolti da una o più teorie in competizione con questa. L. Laudan, cit., pag. 33 e seg.
378 L. Laudan, cit., pag. 167.
379 Idem, pagg. 103-4.
380 Idem, pag. 102.
efficacia esplicativa o predittiva, né è direttamente controllabile. Conseguentemente il suo successo o il suo abbandono non può esser connesso a processi di verifica o di falsificazione, bensì deve sottostare a criteri di “adeguatezza”, ossia all’“efficienza nel risolvere i problemi”.382 Benchè dotata di integrità, la sua struttura appare meno rigida di quella del paradigma o del programma di ricerca: la tradizione di ricerca, infatti, ammette la coesistenza di una molteplicità di teorie383, anche “rivali e non conciliabili tra loro”, la cui compresenza non costituisce un’anomalia tale da mettere in discussione o da esigere l’abbandono della tradizione di ricerca stessa.384 A giustificare tale possibilità interviene il concetto di razionalità di Laudan: a differenza di Kuhn e Lakatos, che propendevano per una scelta irrazionale tra le differenti teorie scientifiche, Laudan sostiene una scelta razionale, determinata dall’efficacia di una teoria nel risolvere i problemi. La razionalità, secondo Laudan, consiste, quindi, nel “fare le scelte teoriche che costituiscono il progresso maggiore” e, per contro, l’irrazionalità emerge quando lo scienziato sceglie una o più teorie rivelatesi meno efficaci (adeguate) nella soluzione dei problemi.385
La possibilità di una compresenza di teorie, anche antagoniste, entro la medesima tradizione di ricerca consente a Laudan di guardare al progresso scientifico in termini di continuità ed evoluzione. Le teorie, infatti, non sarebbero necessariamente affiliate, né dovrebbero rimanere ancorate in modo permanente a un’unica tradizione di ricerca: la possibilità che una teoria elaborata entro una tradizione di ricerca entri a far parte di un’altra tradizione di ricerca costituisce, per Laudan, un elemento di arricchimento e, al tempo stesso, di continuità del sapere scientifico.
L’elemento di continuità viene ulteriormente sottolineato, nel pensiero dell’autore, sia dalla possibilità di modificare, nell’arco di un certo periodo di tempo, alcuni elementi essenziali della tradizione di ricerca, senza che ciò produca “una diversa tradizione di ricerca”386, sia dalle stesse possibilità di evoluzione della tradizione di
382 L. Laudan, cit., pagg. 104-5.
383 Nel pensiero di Laudan non esistono teorie isolate, ma ‘gruppi’ di teorie (teorie scientifiche, metodologiche, criteri di valutazione, criteri di applicazione) che compongono la tradizione di ricerca. Intese come tentativi di “ridurre l’ambiguità” (idem, pag.32), le teorie, secondo Laudan, andrebbero valutate sulla base dell’adeguatezza nella soluzione di problemi significativi. Tale soluzione, peraltro, non coinciderebbe con la spiegazione e lo stesso problema non richiederebbe necessariamente una descrizione dettagliata, bensì sarebbe sufficiente che “sia inteso come effettivo stato di cose da un soggetto”. Idem, pagg. 34-5 (corsivo nel testo).
384 Idem, pag. 104.
385 La posizione di Laudan rispetto all’irrazionalità si scosta esplicitamente da quella di Kuhn e Lakatos. L. Laudan, cit., pagg. 22 e seg.
386 L’introduzione della dimensione temporale permette a Laudan di scostarsi dall’idea di paradigma o di programma di ricerca: pur prevedendo tutti degli elementi essenziali, nei paradigmi e programmi di
ricerca attraverso l’“integrazione reciproca” di due tradizioni di ricerca. Tale integrazione può svilupparsi attraverso l’innesto di una tradizione di ricerca su un’altra o attraverso una combinazione di alcuni elementi di due tradizioni di ricerca, generativa di una nuova tradizione di ricerca.
Il concetto di integrazione sarebbe, peraltro, alla base di una concezione sostanzialmente interdisciplinare della scienza. Scostandosi dal pensiero di Kuhn, secondo il quale una scienza matura si concentrerebbe su un unico paradigma e, più in generale, dalla posizione degli storici della filosofia e della scienza, inclini a escludere una possibile “dipendenza interdisciplinare”, Laudan sottolineerebbe il “carattere integrativo” della storia del pensiero, carattere che permetterebbe di guardare all’evoluzione delle idee come a un “processo interdisciplinare”.387 Assumendo questa prospettiva Laudan non intende negare i processi di specializzazione, nè l’autonomia disciplinare, bensì esortare a cercare i “nessi concettuali fra le varie discipline”.388
Adeguatezza delle teorie nel risolvere i problemi, integrazione e dimensione temporale, nei suoi aspetti di continuità, evoluzione e cambiamento389, sembrano nozioni chiave nell’idea di progresso scientifico di Laudan. Richiamando una “matrice umana” (la tensione dell’uomo a risolvere i problemi), la prospettiva di Laudan rimanda a una visione sostanzialmente pragmatica che lo avvicina, secondo Riverso, al pensiero di Dewey. Inoltre il riconoscimento del plurale, ovvero la possibilità di una compresenza di più teorie, anche rivali, giustificata dall’uso che di esse viene fatto, permette di avvicinare il pensiero di Laudan a quello proposto da Wittgenstein.390
Il collegamento tra il pensiero di Laudan, quello di Dewey e di Wittgenstein proposto da Riverso mette, in qualche modo, in luce l’esistenza di un legame (se non proprio una linea di pensiero) che sembra attraversare e connettere, in modo implicito più che esplicito, alcuni contributi presenti nell’ambito del servizio sociale italiano. Il procedimento metodologico di Dal Pra, informato al pragmatismo di Dewey391, la riflessione sui linguaggi del servizio sociale di Fargion, esplicitamente ispirata alle
ricerca tali elementi sono considerati immutabili, mentre per Laudan tali elementi variano nel corso del tempo. Idem, pag. 119.
387 Idem, pagg. 206 e seg.
388 Idem, pag. 208.
389 Ritornano, in questa sede, gli elementi di continuità, evoluzione e cambiamento già richiamati nel capitolo precedente in relazione alla comprensione dei fenomeni sociali.
390 E. Riverso, Presentazione all’edizione italiana, in L. Laudan, cit., pagg. 7 e 16. Il riferimento esplicito a questi autori viene qui riportato in quanto esplicitamente richiamati nella pubblicistica di servizio sociale.
391 “Lo schema logico del percorso metodologico del servizio sociale si ispira in larga parte alle teorie di Dewey”. M. Dal Pra Ponticelli, in G. Pieroni, M. Dal Pra Ponticelli, cit., pag. 160.
“Ricerche filosofiche” di Wittgenstein392, la possibilità, evidenziata da Gui e Dal Pra393, di delineare uno sviluppo teorico del servizio sociale nei termini di ciò che Laudan definisce “tradizione di ricerca” sembrano evocare una linea di pensiero “pragmatica”, nell’ambito della quale la vocazione operativa (“esserci laddove si esprime un bisogno concreto”394) influenza l’agire e la stessa scelta dei riferimenti teorici, conferendo al servizio sociale caratteristiche di “disciplina teorico-pratica”.395
3.2 Lo sviluppo delle scienze sociali