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Gli sviluppi del ‘900

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 70-73)

3. Il ‘confronto con la scienza’

3.1 Il confronto con il pensiero scientifico .1 L’evoluzione del pensiero scientifico

3.1.2 Gli sviluppi del ‘900

Sarebbe stato, tuttavia, il pensiero scientifico del ‘900, più composito, più specializzato e meno deterministico a mettere in discussione le pretese di verità della scienza e la sua stessa neutralità rispetto alle strutture sociali. Se, in una fase iniziale, la critica avrebbe interessato principalmente le pretese di neutralità degli scienziati, poco inclini a sostenere il potere politico348, in seguito il sorgere delle equipe di ricerca, anche

344 Idem.

345 Idem.

346 Non ammettendo l’esistenza di un punto di vista privilegiato (cioè di un fondamento) verrebbe meno lo stesso concetto di causalità, sostituito, nella prospettiva di Mach (1872) e, per certi aspetti di Kirchhoff (1876), cui Guzzardi si richiama, dal concetto di dipendenza funzionale dei fenomeni (Idem, pagg. 87 e seg.). In base a questo concetto sarebbe compito della scienza “indicare quali siano i fenomeni che hanno luogo senza rintracciarne le cause” (corsivo nell’originale); in virtù dell’assenza di un punto privilegiato di osservazione, tali descrizioni (teorie) potrebbero essere anche molto diverse tra loro. In questo modo verrebbe resa possibile e giustificabile la “proliferazione delle teorie” (idem, pag. 95).

347 Mach avrebbe messo in dubbio, secondo Guzzardi, l’esistenza di “teorie che costituiscono il fondamento o una parte di realtà, cioè che risalgono al perché” e avrebbe, quindi, rivisitato lo stesso concetto di spiegazione, che, privata dell’idea di fondamento, sarebbe divenuta sostanzialmente una descrizione. L. Guzzardi, cit., pagg. 85-99.

348 I primi dubbi sulla neutralità della scienza risalirebbero, secondo Gallino, al 1931, quando, in occasione del Congresso internazionale di Storia della scienza (Londra), un gruppo di scienziati sovietici resero evidente il legame tra scienza e sistema politico. Nel decennio successivo sarebbero proseguite le critiche agli scienziati che erroneamente perseguivano un’idea di scienza ‘pura’ e avanzavano irragionevoli istanze di libertà della ricerca scientifica, anziché sostenere “la giusta forma di potere politico”. L. Gallino, cit., pag. 568.

di notevoli proporzioni (di cui il progetto Manhattan costituisce un esempio), alle dipendenze di grandi aziende, avrebbe messo in discussione le stesse possibilità di autonomia degli scienziati.349

Rivolte prevalentemente agli aspetti organizzativi (esterni) della scienza, le critiche di quel periodo non sarebbero riuscite a scalfire, secondo Gallino, l’impresa scientifica350 e la fiducia nella scienza, messa, invece, fortemente in discussione dagli eventi della seconda guerra mondiale. L’utilizzo delle scoperte scientifiche in ambito bellico, infatti, avrebbe fatto vacillare l’idea di una scienza ‘pura’, estranea e neutrale alle questioni socio-politiche, finalizzata unicamente all’accrescimento delle conoscenze, quale via per garantire il benessere dell’umanità351 e, per questo, depositaria di una fiducia assoluta da parte delle persone, pur completamente estranee ai suoi contenuti.352 Se, da un lato, queste critiche avrebbero suscitato una sorta di diffidenza verso la scienza (divenuta più marcata negli anni successivi353), dall’altro avrebbero indotto gli scienziati a uscire dall’“ottimistico isolazionismo”354, a riconoscere la “loro dipendenza da particolari tipi di struttura sociale”355 e a riaffermare l’“ethos della scienza”356, non codificato, ma, di fatto, supportato dal “consenso morale degli scienziati”.357

349 Idem, pag. 569.

350 In particolare, secondo Gallino, il neopositivismo avrebbe ricostruito in modo fittizio l’attività degli scienziati, piuttosto che evidenziare i tentativi di attacco alle teorie altrui e di difesa delle proprie; avrebbe accentuato l’aspetto probatorio a scapito di un approfondimento del contesto della scoperta e avrebbe enfatizzato gli aspetti puramente logici dell’argomentazione scientifica, lasciando in secondo piano l’aspetto teorico e ipotetico. L. Gallino, cit., pag. 569.

351 “I principi della scienza possiedono una finalità metodologica, ma essi sono vincolanti non solo perché sono scientificamente efficienti, ma anche perché sono ritenuti giusti e buoni. Essi sono allo stesso tempo prescrizioni morali e tecniche”. L’idea di una scienza ‘pura’, di per sé buona, avrebbe reso superflua una qualsiasi riflessione sulla scienza stessa, riflessione che si sviluppa nel momento in cui la scienza stessa viene messa sotto accusa. R. K. Merton, Teoria e struttura sociale. III Sociologia della conoscenza e

sociologia della scienza, Il Mulino, Bologna, 2000, pag. 1059.

352 R. K. Merton, cit., pag. 1055.

353 Le conseguenze delle scoperte scientifiche sulla vita delle persone, quand’anche non imputabili direttamente agli scienziati, come sostenuto da Merton, avrebbero creato un clima di “ammirazione” e “sospetto” nei confronti della scienza, alimentatosi negli anni ’70 dalle ricerche biotecnologiche. F. Neresini, cit., pag. 186.

354 R. K. Merton, cit., pag. 1055.

355 R. K. Merton, cit., pag. 1055. In particolare Merton evidenzia come un sistema democratico agevoli lo sviluppo della scienza.

356 Idem, pag. 1056. L’ethos della scienza definito da Merton poggia su quattro imperativi istituzionali: universalismo, comunismo, disinteresse, dubbio sistematico. L’universalismo realizza un’obiettività che esclude il particolarismo: “ogni verità che pretende di essere [universale] deve essere, qualunque sia la sua fonte, soggetta a criteri impersonali prestabiliti.” (corsivo nel testo originale). Il comunismo realizza “lo status di proprietà comune della conoscenza scientifica” (cit., pag. 1067), limitando i diritti di proprietà intellettuale del singolo scienziato e promuovendo, per contro, la comunicazione completa e senza vincoli dei risultati. Quest’ultima, per Merton, sarebbe incentivata sia dall’ampliamento della conoscenza, sia dal riconoscimento derivante dalla pubblicazione dei risultati. Il disinteresse caratterizza l’attività degli scienziati, il cui comportamento si connota per “un modello distinto di controllo istituzionale di una vasta serie di motivi”. L’attività degli scienziati viene sottoposta a un “elevato grado

La critica alla scienza e, soprattutto, a una razionalità strumentale capace di soppiantare la ragione si sarebbe sviluppata nell’ambito della Scuola di Francoforte: nel negare la possibilità di una conoscenza oggettiva, indipendente dal contesto in cui si produce, la teoria critica avrebbe sottolineato il ruolo strumentale e manipolatorio della razionalità ottocentesca che, spostando l’accento dalle teorie alle funzioni, sarebbe divenuta funzionale al perseguimento dei fini del ‘sistema’.358 La teoria critica (e, in particolare, il pensiero di Horkheimer), tuttavia, secondo Gallino, non mirava a inficiare l’epistemologia della scienza, quanto a mettere in discussione le immagini che di essa venivano veicolate.359

A incrinare la certezza (univocità) della scienza sarebbe intervenuta, invece, proprio l’attività degli scienziati: l’emergere, nella fisica quantistica, dell’imprevedibilità e della possibilità di interpretazioni divergenti avrebbe, infatti, costretto ad abbandonare il criterio deterministico delle formulazioni teoriche in favore di leggi informate al concetto di probabilità.360 La fisica quantistica, secondo Morin, avrebbe messo in discussione l’idea stessa di un fondamento della conoscenza, costringendo a considerare quest’ultima come un fenomeno multidimensionale.361 È a questo passaggio che si collega, secondo l’autore, lo sviluppo di un’epistemologia complessa, che, a differenza dell’epistemologia classica, non dispone di un fondamento, di un sito privilegiato e di un potere unilaterale di controllo, bensì si configura come un’“epistemologia aperta a un certo numero di problemi”, orientata a indagare non solo gli strumenti di conoscenza, ma anche le condizioni di produzione degli stessi.362

Similmente per Gargani la fisica quantistica avrebbe messo in dubbio l’esistenza di un “modello grammaticale unico e invariante” e indutto a riconoscere la “variabilità e revocabilità dei modelli di comunicazione” utilizzati nella formulazione degli asserti.363

di controllo rigoroso” che impedisce il perseguimento di fini personali, “la frode, il raggiro, le affermazioni irresponsabili” (idem, pagg. 1069 e seg.). Variamente connesso con gli altri aspetti, il dubbio sistematico costituisce “un mandato istituzionale oltre che metodologico” che rimanda alla “sospensione del giudizio fino a che i fatti non siano provati” e all’“esame distaccato delle credenze secondo criteri logici ed empirici” (idem, pagg. 1072-3).

357 Idem, pag. 1058.

358 In particolare, secondo Horkheimer, la tendenza a considerare le “definizioni fisiche” come “campioni di validità” e a piegare le scienze al sistema della fisica “diventa… l’emblema dell’eclissi della ragione”. L. Gallino, cit., pag. 570. La teoria critica si sarebbe, peraltro, distanziata anche dall’interazionismo simbolico e dalla fenomenologia, ritenute troppo intuitive, e avrebbe proposto (Horkheimer) un approccio “basato sul confronto tra fenomeni sociali e ‘possibilità storiche’ – superiori alla realtà contingente – e sulla ragione come metro di valutazione di queste alternative”. R. Wallace, A. Wolf, cit., pag. 17.

359 L. Gallino, cit., pag. 570.

360 P. Corbetta, cit., pagg. 29 e seg.

361 E. Morin, Il metodo. 3.La conoscenza della conoscenza, cit., pagg.12-3

362 E. Morin, Il metodo 3. La conoscenza della conoscenza, cit., pag. 21.

Il crollo di quello che Gargani definisce il “modello oggettuale”, fondato su una “strategia teorica dall’alto” che disciplina le “procedure di legittimazione degli enunciati”, avrebbe favorito lo sviluppo di “schemi di tipo relazionale” e una maggiore attenzione alle “modalità d’uso degli enunciati”.364 In questa prospettiva il fondamento del sapere verrebbe a perdere quell’accezione di punto di vista privilegiato per divenire “funzione di una decisione, di un intero sistema di permissioni e divieti”: ciò che veniva indicato come fondamento del sapere, nel pensiero di Gargani diventa uno “statuto di privilegiamento” che, attraverso una serie di norme, conferisce priorità ‘esclusiva’ a una modalità d’uso degli enunciati e, al tempo stesso, sancisce il divieto di modalità d’uso e interpretazione alternative.365

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 70-73)