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La relazione triadica nel pensiero di Peirce

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 158-162)

5. Oggetto di lavoro e dominio di studio 1 Perché guardare all’oggetto di lavoro

5.4 La relazione triadica nel pensiero di Peirce

Tratto comune alle definizioni dell’intervento nel servizio sociale è la presenza di tre elementi, l’uomo, l’ambiente, il servizio sociale; nella declinazione italiana questi tre elementi assumono una connotazione particolare (persona, comunità, organizzazione) connessa allo specifico sviluppo conosciuto dal servizio sociale in Italia. L’oggetto dell’intervento si configura, quindi, come una “triade” (persona, comunità, organizzazione): tra i tre poli “nasce una ‘transazione’ …e l’assistente sociale si trova ad operare… da una posizione specifica, cioè come parte integrante dell’istituzione”.840

La relazione triadica acquisisce una rilevanza particolare nel pensiero di Peirce: essa, infatti, è posta alla base della stessa idea di semiosi, ossia di “un’azione o influenza che è, o implica, una cooperazione di tre soggetti, il segno, il suo oggetto e il suo interpretante, tale che questa influenza tri-relativa non si possa in alcun modo risolvere in rapporti tra coppie” (CP 5.484).841 Traspare da questa definizione la

839 Il riferimento è alla schematizzazione del modello teorico-operativo proposta da Dal Pra e analizzata nel capitolo precedente.

840 M. Dal Pra Ponticelli in E. Bianchi, I. De Sandre (a cura di), Solidarietà e soggetti…, cit., pag. 55. A questa stessa definizione si richiama Pieroni per sottolineare il significato della tridimensionalità propria dell’intervento del servizio sociale. G. Pieroni in G.Pieroni, M. Dal Pra Ponticelli, cit., pag. 71.

841 L’analisi del pensiero di Peirce sviluppata in questa sede riprende i contributi di Eco e Paolucci (in particolare U. Eco, Segno, Mondatori, Milano, 1980; U. Eco, Sugli specchi e altri saggi. Il segno,

l’interpretazione, l’illusione, l’immagine, Bompiani, Milano, 1985; U. Eco, Kant e l’ornitorinco, Bompiani, Milano, 1997; C. Paolucci, Strutturalismo e interpretazione, Bompiani, Milano, 2010). Per le citazioni di Peirce (indicate con la sigla CP), tratte da C. S. Peirce, The Collected Papers of Charles

Sanders Peirce, vol. 1-6 a cura di Charles Hartshorne and Paul Weiss, vol. 7-8 a cura di Arthur W. Burks, Harvard University Press, Cambridge 1931-1935, 1958, si utilizza la traduzione italiana proposta nei testi di Eco e Paolucci.

centralità che la relazione occupa nel pensiero di Peirce: secondo Eco “la semantica peirciana è dominata dalla logica dei relativi”842 e la sua stessa comprensione, secondo Paolucci, non può avvenire se non alla luce della logica dei relativi, a sua volta considerata come condizione di possibilità del sinechismo.843 Il termine, la cui radice etimologica indica ‘tenere insieme’, ‘connettere’, viene utilizzato per “indicare la dottrina filosofica del ‘connettere’ o del ‘rendere continue’ delle parti”.844 Secondo Peirce la connessione dei pensieri tra loro, degli oggetti tra loro e la connessione tra pensieri e oggetti sarebbe sostanzialmente analoga: in questo senso il sinechismo “non è una dottrina metafisica”, bensì “un principio regolativo della logica” e la continuità non sarebbe altro che “la generalità perfetta di una forma di relazione”. (CP 6.172-3).

La relazione che ‘tiene insieme’ creerebbe sostanzialmente un sistema tra gli elementi che collega: “… dove la logica ordinaria parla di classi, la logica dei relativi parla di sistemi. Un sistema è un insieme di oggetti che comprende tutto ciò che sta in rapporto all’altro in un gruppo di relazioni connesse” (CP 4.5). In questa prospettiva gli stessi elementi (relativi) potrebbero essere classificabili, similmente a un atomo chimico, sulla base del numero delle “terminazioni lasciate libere o ‘dei legami non saturi’” (CP 3.469-3.471), ossia dei posti vuoti: ogni nodo della rete di relazioni equivale a un relativo che lascia aperti dei posti occupabili da nuovi elementi che si possono combinare con il relativo stesso.845

Tra le diverse relazioni possibili Peirce conferisce un’importanza particolare alle relazioni triadiche: “la relazione triadica è genuina in quanto collega insieme i suoi tre membri in un modo che non consiste in alcun complesso di relazioni diadiche” (CP 1.541; 2.274). Essa costituisce un relativo primitivo (CP 3.483), in quanto tutte le altre relazioni possono essere generate a partire dalle triadi. Ne consegue che: “tutte le relazioni di valenza superiore a tre possono essere ridotte a combinazioni di triadi”, mentre nessuna triade può esser ridotta a coppia o monade e, ancora, a partire dalle triadi si possono generare relazioni diadiche e monadiche.846

842 Nella prospettiva di Peirce non solo un segno può essere interpretato esclusivamente da altri segni, ma tale possibilità interpretativa non si esaurisce una volta per tutte, bensì apre a infinite opzioni. “Il segno non è (solo) ciò che sta per qualcosa d’altro: è anzitutto – ed eminentemente – ciò che sta per le sue possibili interpretazioni”. U. Eco, Sugli Specchi e altri saggi, cit., pagg. 316-7.

843 C. Paolucci, cit., pag. 80. In particolare Paolucci sottolinea come la semiotica costituisca una parte, pur importante, della più ampia logica delle relazioni sviluppata da Peirce.

844 Idem, pag. 81.

845 Idem, pagg. 84-5. Sarebbero questi concetti a conferire, secondo Paolucci, una natura topologica e relazionale alla logica dei relativi di Peirce (idem, pag. 94).

Attraverso l’esempio del dono Peirce rende atto della natura particolare delle relazioni triadiche e della loro non riducibilità a coppie o monadi. Se si guardasse ai tre elementi del dono (i due soggetti e l’oggetto) in termini di coppie (eventi duali) considerate insieme, sarebbe impossibile, secondo Peirce, dare atto “della triplicità del fatto che consiste invece in ciò: che A cede B, C riceve B, A arricchisce C, ma il tutto in

un unico atto” (CP 8.331).

L’esempio del dono consente a Peirce di evidenziare come la relazione triadica (tre elementi simultaneamente in relazione tra loro) configuri un processo unitario: essa è costitutiva del fenomeno, è ciò che permette di conferire allo stesso una specifica identità. Ne consegue che una modifica della forma della relazione snatura l’identità stessa del fenomeno. Assumendo questa prospettiva determinare l’identità di una cosa non significa indicarne le proprietà, bensì “definire il sistema relazionale delle posizioni che quella cosa si trova a occupare”.847

Nel pensiero di Peirce la stessa interpretazione è una relazione triadica, nell’ambito della quale un terzo elemento (l’interpretante) consente di passare dal primo elemento al secondo: si realizza, in questo modo, la possibilità di connettere elementi anche molto lontani tra loro grazie a un terzo punto (la rappresentazione mediatrice) che mostra come i due elementi possano essere collegati, ovvero “dice che il secondo elemento dice in qualche modo la stessa cosa detta dal primo elemento sotto un altro rispetto”.848 Questa possibilità di passaggio da un elemento a un altro attraverso un terzo elemento mediatore delinea una relazione triadica, ontologicamente discorsiva849, che può essere reiterata all’infinito: ciò significa che una relazione triadica si collega ad altre relazioni triadiche e attraverso queste “infinite iterazioni di una stessa funzione si accresce il contenuto”, si arricchisce la conoscenza.850

847 C. Paolucci, cit., pag. 105.

848 Secondo Peirce “un Segno o Representamen è un Primo che sta in una tale relazione triadica genuina con un Secondo, chiamato il suo Oggetto, da essere capace di determinare un Terzo, chiamato il suo Interpretante, ad assumere la stessa relazione triadica con l’Oggetto nella quale si trova il Segno o Representamen stesso con lo stesso Oggetto”. Essendo, come si è visto, la relazione triadica genuina poiché collega tre termini in un modo per cui essi sono irriducibili a rapporti diadici, l’interpretante non può stare in una relazione diadica con l’oggetto, ma “deve stare con esso Oggetto nella medesima relazione in cui vi sia il Representamen stesso.” (CP 2.274).

849 Perché gli eventi possano manifestarsi devono rimandare a un “terzo elemento, l’interpretante, che per essenza possiede una natura discorsiva: è perché l’interpretante dice qualcosa sul suo oggetto che il primo segno lo può mostrare attraverso la mediazione di questo dire, e mai direttamente nella visione non mediata”. Si determinerebbe, in questo modo, tra l’altro, un primato del dicibile sul visibile. C. Paolucci, cit., pag. 195.

Sarebbe, peraltro, proprio la possibilità di collegare elementi separati e distanti tra loro che fonda il concetto di abduzione851: “l’abduzione è ‘un atto di insight estremamente fallibile’…essa fa vedere connesse cose che prima non lo erano, ne mostra i nessi e ne individua così l’interpretante, e cioè la rappresentazione mediatrice che consente di passare da una cosa all’altra.852 Il processo abduttivo consente non solo di muoversi da un nodo all’altro della rete di relazioni, ma anche di collegare elementi che prima erano separati, senza che gli stessi perdano la loro eterogeneità. Tale possibilità giace nella particolarità del collegamento tra opposti: un collegamento che non origina una coppia di contrari, tale che l’affermazione di un termine implichi la negazione del suo opposto, bensì una “coppia tensiva in cui il primo termine e i successivi possono essere variamente ‘modulati’ fino a raggiungere il secondo”.853

Gli elementi finora considerati, pur non esaustivi del pensiero di Peirce, consentono di mettere in luce alcune caratteristiche della triade: la relazione triadica è costitutiva dell’identità, è complessa, in quanto irriducibile a unità o a diadi, è mediativa, in quanto si istituisce grazie a un terzo elemento (rappresentazione mediatrice) che media tra i due, è generativa di altre relazioni triadiche (in quanto ogni nodo della rete lascia aperti dei posti occupabili da altri elementi), dà luogo a una concatenazione potenzialmente infinita (che presenta caratteristiche di continuità e di innovazione) grazie alla possibilità, offerta dal ‘terzo’ mediatore, di avvicinare e ‘tenere insieme’ elementi estremamente eterogenei o addirittura antagonisti. Si viene, così, a delineare un rete di relazioni, che per Peirce “non è altro che un composito di relazioni triadiche” (CP 1.347), avente, secondo Paolucci, natura partecipativa: nell’ambito di questo reticolo di relazioni ogni elemento partecipa direttamente “ad alcuni concatenamenti” e viene escluso da altri ai quali, tuttavia, ugualmente partecipa in forma mediata, ossia attraverso i concatenamenti stabiliti da altri elementi ai quali è connesso.854

Considerato nella prospettiva della conoscenza, il pensiero di Peirce sembra evocare una struttura conoscitiva sostanzialmente costituita da un reticolo di relazioni triadiche: all’interno di tale reticolo risulta difficile riconoscere quel ‘cominciamento’

851 A fronte di dati inspiegabili chi formula un’ipotesi “prova a pensare che essi siano il caso di una legge più generale, così che se questa legge valesse, allora i dati non sarebbero più inspiegabili”. A tale concetto sarebbe riconducibile, secondo Eco, l’abduzione, termine che, per l’autore, va inteso in analogia con la deduzione e l’induzione e, al tempo stesso, considerato nel suo significato di ‘ratto’, ‘furto’, “una sottrazione illecita da un altro campo”. U. Eco, Sugli specchi…, cit., pagg.321-2.

852 C. Paolucci, cit., pag. 159.

853 Idem, pag. 136.

854 C. Paolucci, cit., pag. 136. La struttura reticolare descritta da Paolucci rimanda alla struttura delle reti sociali cui l’autore esplicitamente si riporta (idem, pag. 137).

che caratterizza le strutture conoscitive arborescenti, fondate su principi gerarchici e dicotomici. Sembrerebbe, anzi, che la struttura articolata in relazioni triadiche respinga un sistema “dicotomico e gerarchico”, in quanto fondato su una forma di relazione che non corrisponde alla forma di relazione costitutiva dell’oggetto triadico e, pertanto, incapace di “render conto della complessità” dell’oggetto triadico stesso.855

Riferita alla conoscenza la possibilità di sviluppare una rete di relazioni triadiche consentirebbe di giustificare le migrazioni dei concetti, l’attraversamento dei confini disciplinari. Attraverso “concatenamenti tra forme di relazione”, mediante passaggi da un punto a un altro, “da disciplina a disciplina” 856, i concetti potrebbero avvicinarsi e radicarsi in ambiti disciplinari diversi da quelli nei quali sono sorti, dando origine a nuove forme di sapere. Non si può non notare la prossimità di questa riflessione con il pensiero di Morin, cui lo stesso Paolucci esplicitamente si richiama. È questo legame tra il pensiero di Peirce e di Morin a permettere un’ulteriore declinazione delle caratteristiche di una relazione triadica.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 158-162)