4. Il rapporto tra teoria e pratica 1 Teoria, metodo, modello
4.5 Il rapporto teoria – pratica: la questione dell’eclettismo
L’analisi condotta finora ha preso avvio dal dibattito tra dimensione scientifica e artistica, tra teoria e pratica, ha sviluppato gli aspetti teorici (teoria-metodo-modello) e quelli valoriali per poter ritornare, ora, a una questione rimasta, in un certo senso, in sospeso. Al termine del precedente capitolo, infatti, si è guardato a una dimensione artistica sviluppata a livello operativo, ossia si è fatto riferimento a quelle componenti di creatività, innovazione, sperimentazione che attengono alla costruzione di percorsi di intervento personalizzati e individualizzati, senza, tuttavia, interrogare il rapporto teoria-pratica. Questo rapporto potrebbe essere messo in discussione tanto da processi di aiuto ‘creativi’, che propongono modalità di utilizzo ‘originali’ dei riferimenti teorici e degli
738 Per Schon il professionista è direttamente implicato nell’attività di ricerca. In questo modo l’autore ricompone la frattura, propria della razionalità tecnica, tra ambito della pratica, di pertinenza dei professionisti, e ambito della ricerca, sviluppato prevalentemente nelle sedi accademiche. D. Schon, cit., pag. 312.
739 Idem, pag. 348.
740 Idem.
741 A. Melucci, Parole chiave. Per un nuovo lessico delle scienze sociali, Carocci, Roma, 2000, pag. 21-2.
strumenti professionali, quanto da quelle situazioni imprevedibili e incerte che si sottraggono alle capacità predittive della teoria e che vedono manifestarsi competenze che, per riprendere Schon, gli operatori stessi faticano a giustificare. In altre parole il rapporto teoria-pratica deve confrontarsi sia con la questione dell’eclettismo, cui gli autori di servizio sociale dedicano complessivamente ampia attenzione, sia con la componente tacita della conoscenza, con i processi intuitivi, potenzialmente forieri di innovazioni, ma anche di errori.
Nell’ambito della pubblicistica di servizio sociale il tema dell’eclettismo viene affrontato tenendo conto di almeno due opzioni: quella che considera l’eterogeneità dei riferimenti teorici posti alla base dei modelli teorico-operativi e quella che considera l’eterogeneità nell’utilizzo dei modelli. Rispetto a tali opzioni le posizioni degli autori di servizio sociale possono collocarsi entro un intervallo compreso tra la scelta monoreferenziale e il pacifico riconoscimento di un uso eclettico dei modelli, associato a una loro costruzione su basi teoriche differenti.
All’opzione monoreferenziale sembra riconducibile il pensiero di Allegri che, nel distinguere chiaramente tra eclettismo e flessibilità e nel mettere in discussione l’“efficacia di conoscenze e competenze di tipo poliedrico”, sostiene un’“opzione metodologica ispirata quantomeno a una prospettiva teorica, se non a un modello”.743 Secondo l’autrice la “scelta di un orientamento teorico può consentire di sviluppare un sapere contestuale”744; sarebbe, inoltre, “la conoscenza approfondita di una chiave di lettura dei fenomeni, e delle implicazioni di metodo empirico a essa connessi” ad offrire “la sicurezza di poter esplorare, anche in modo creativo e riflessivo, l’ignoto”.745
Sul versante opposto può collocare il pensiero di Piscitelli, secondo la quale “gli assistenti sociali per attuare il processo di aiuto possono scegliere di adottare uno o più modelli di intervento purchè le teorie di riferimento siano congruenti tra loro”.746 Pur introducendo il criterio della congruenza, la posizione di Piscitelli lascia ampia discrezionalità all’operatore, discrezionalità che, nei contesti operativi può favorire la costruzione o, a seconda delle prospettive, lo sconfinamento nei “modelli di fatto”. Intesi come composizioni “prodotte da coniugazioni storiche avvenute tra professione, organizzazione e pressione dei bisogni” che intrecciano valori, aspetti teorici, non
743 E. Allegri, Le rappresentazioni dell’assistente sociale…, cit., pag. 31.
744 E. Allegri, P. Palmieri, F. Zucca, cit., pag.108.
745 E. Allegri, Le rappresentazioni…, cit., pag. 31.
746 D. Piscitelli, La posizione del soggetto nei modelli di servizio sociale, in C. Marzotto (a cura di), cit., pag. 98.
sempre chiaramente definiti ed esplicitati, “motivazioni resistenti” e “procedure consolidatesi nel corso del tempo”747 i modelli di fatto costituiscono, per Ferrario, un “segnale di potenzialità”, ma anche di “diversità e quindi di sfrangiamento professionale”748, indicano sia le possibilità di pluralizzazione (e, forse, anche di dispersione) del sapere al momento dell’impatto con la realtà operativa, sia la persistenza di un’omogeneità riferibile a una “cultura di fondo” della comunità professionale.749
Tra l’opzione monoreferenziale e quella plurale, si collocano alcune posizioni intermedie caratterizzate da una sorta di pragmatismo che, pur aderendo in via ideale a un’opzione monoreferenziale, prendono atto della pluralità dei riferimenti teorici utilizzati per costruire i modelli teorico-operativi e della conseguente possibilità, per quanto non proprio auspicata, di un loro uso eclettico. La difficoltà a ricondurre a un’“unità concettuale” i modelli favorirebbe, secondo Lerma, il prodursi di una situazione in cui “il servizio sociale, nei suoi aspetti operativi, generalmente si presenta come un fruitore di teorie da cui prende ciò che serve all’attività pratica e ciò che meglio si adegua ai suoi principi umanitari e personalistici”.750 Il rigore del riferimento teorico, quindi, lascerebbe il posto a una pratica nella quale prevarrebbe un “uso diffuso e sovente parziale delle varie teorie” (si prende ciò che serve), seppur informato a principi umanitari.751
Una posizione più critica, ma possibilista rispetto all’eclettismo viene espressa da Campanini: pur censurando un eclettismo superficiale, caratterizzato dall’acquisizione di schemi di pensiero tra loro difformi da utilizzare a seconda delle circostanze, l’autrice riconosce la difformità dei riferimenti teorici posti alla base dei modelli e ammette un utilizzo di più modelli purché preceduto da “buona interiorizzazione delle basi teoriche e un preciso addestramento sulle tecniche applicative”. Nel pensiero di Campanini la coerenza, espressa dalla chiarezza di fondo, dall’esplicitazione dei riferimenti utilizzati e dalla congruenza degli strumenti e delle
747 F. Ferrario, Le dimensioni dell’intervento sociale. Un modello unitario centrato sul compito, NIS, Roma, 1996, pag. 38. Ult. F. Ferrario, Esigenze di teorizzazione nel mondo del servizio sociale.
Riflessioni su esperienze e linee di tendenza, in S. Giraldo, E. Riefolo (a cura di), Il servizio sociale:
esperienza e costruzione del sapere, F. Angeli, Milano, 1996, pagg. 46-48.
748 F. Ferrario, Le dimensioni dell’intervento sociale…, cit., pag. 38.
749 In questa prospettiva l’analisi dei modelli di fatto suggerita da Ferrario porterebbe alla luce un “pensiero empirico” che interroga i modelli teorici, di cui, in ogni caso, i modelli di fatto sarebbero un prodotto. Idem, pagg. 38-9.
750 M. Lerma, cit., pag. 39.
tecniche, costituirebbe un requisito fondamentale di ammissibilità di un orientamento eclettico.752
Il richiamo alla coerenza caratterizza anche il pensiero di Bianchi: respingendo sia l’idea di un riferimento monodisciplinare, sia un “uso eclettico di diverse discipline”753, l’autrice suggerisce un’analisi della “compatibilità e [delle] convergenze… tra teorie diverse” e delle possibili convergenze a livello pratico.754
Un’ulteriore analisi che coniuga il concetto di coerenza con quello di complessità viene proposta da Fargion: prendendo le distanze posizioni che identificano la coerenza con l’assunzione di un riferimento monologico, l’autrice ipotizza una “multipolarità dei riferimenti”, pur caratterizzati da compatibilità, quale opzione maggiormente adeguata a confrontarsi con la complessità del reale.755
Più incline a riconoscere un riferimento teorico composito e meno favorevole a un assemblaggio utilitaristico e contingente di riferimenti (o frammenti) teorici basato sull’“intuizione o …[su] esperienze pregresse”756 appare la posizione di Gui. Prendendo le distanze tanto da un eclettismo selvaggio, quanto da un “sistema teorico monoreferenziale” che, “per quanto altamente specialistico e complesso”, risulterebbe poco adeguato a “comprendere l’interezza dei soggetti”, l’autore propone un “approccio scientifico multireferenziale”, ritenuto maggiormente rispondente alla multidimensionalità del servizio sociale.757 La “pratica multifunzionale” del servizio sociale giustificherebbe, quindi, un sapere composito, scientificamente fondato758, capace di tenere insieme, riflessivamente e criticamente, apporti teorici differenti. “La multireferenzialità degli assistenti sociali può, così, implicare la loro particolare capacità
752 A. Campanini, L’intervento sistemico, Carocci, Roma, 2002, pag. 24.
753 E. Bianchi, Un nuovo approccio al servizio sociale, in Coordinamento…, pag. 12.
754 E. Bianchi, Alla ricerca di alcune ‘impronte’ di teorie psicologiche e sociologiche nel servizio sociale, in E. Bianchi, A. M. Cavallone, M. Dal Pra Ponticelli, I. De Sandre, E. Gius, A. Polmonari, Il lavoro
sociale professionale tra soggetti e istituzioni. Dialogo tra servizio sociale, psicologia e sociologia, F. Angeli, Milano, 1988, pag.19.
755 S. Fargion in F. Ferrario, Le dimensioni dell’intervento…, cit., pag. 71.
756 Tale risulterebbe essere il risultato dell’“eclettismo selvaggio” cui Gui fa esplicito riferimento. L. Gui,
Le sfide teoriche.., cit.,, pag. 141.
757 Idem, pag. 31-2.
758 Nel ribadire l’inopportunità, per una pratica complessa, quale il servizio sociale, a un unico “costrutto monologico”, Gui riprende il concetto di “eclettismo teorico” di Jayararne, riferito agli aspetti operativi più che teorici, e l’analisi di Epstein, dalla quale emergerebbero cinque modelli di eclettismo nelle teorizzazioni di servizio sociale (integrazioni sistematiche, modelli pratici personalizzati, sistematizzazioni selettive, approcci informali in base alla convenienza, applicazioni occasionali). L. Gui,
Le sfide teoriche…, cit., pag. 32. Ult. L. Gui, Teoria del servizio sociale, in M. Dal Pra Ponticelli (diretto da), Dizionario di servizio sociale, cit., pag. 696.
di entrare negli universi concettuali di altre discipline senza ‘perdersi’ in esse, conservando un ordine logico e metodologico proprio…”.759
Più articolata, anche in relazione ai contributi che si sono susseguiti nel corso del tempo, appare la posizione di Dal Pra: una posizione che assume in sé sia il rigore del pensiero scientifico, sia la flessibilità dei modelli teorico-operativi nell’ambito di un pensiero che, fin dalla proposta dei modelli teorici, rivela un carattere riflessivo.760 “Nel servizio sociale l’eclettismo è.. – secondo Dal Pra - una necessità in quanto il servizio sociale ha ‘oggetti’ di analisi e di intervento complessi…”.761 Ammettere l’eclettismo, tuttavia, non significherebbe legittimare improvvisazione e confusività: “l’operatore deve aver chiaro in base a quali presupposti teorici opera e come certi interventi possano ottenere determinati risultati in base ad un preciso rapporto logico tra variabili”.762 L’attività professionale, quindi, nel pensiero di Dal Pra, dovrebbe essere improntata alla “razionalità scientifica, cioè dall’applicazione di principi e di strumenti che contrastano con un atteggiamento di sola intuizione e di routine”.763 Questa prospettiva, che tende a sottolineare la “centralità e l’importanza di una solida e chiara base teorica”, in opposizione a “un’arte fondata sul buon senso, sull’intuizione o sull’improvvisazione”764, non escluderebbe la flessibilità nell’adozione dei modelli teorico-operativi. Un “uso elastico dei modelli”, pertanto, sembra possibile a patto che venga mantenuta, da un lato, la coerenza, dall’altro la capacità di “riflettere sempre sull’uso che [l’operatore] intende fare dei diversi modelli teorici”.765
Nel loro complesso queste posizioni sembrano escludere un eclettismo selvaggio: il richiamo alla coerenza e alla congruenza, infatti, pare allontanare la possibilità di combinazioni improbabili. Per contro viene riconosciuta una certa flessibilità, che trova origine, da un lato, nell’eterogeneità dei riferimenti teorici posti alla base dei modelli, dall’altro in una pratica che sfida la prevedibilità della teoria. L’imprevisto, l’incertezza, tuttavia, non vengono utilizzati a sostegno di un primato
759 L. Gui, Le sfide teoriche…, cit., pag. 144. Ult. L. Gui, Teoria del servizio sociale, in M. Dal Pra Ponticelli (diretto da), Dizionario di servizio sociale, cit., pag. 699.
760 L’idea di un eclettismo riflessivo si evince dal contenuto, ma non da un esplicito riferimento all’interno del testo citato (I modelli teorici del servizio sociale). La locuzione “eclettismo riflessivo” compare, invece, nel testo di Gui (L. Gui, Le sfide teoriche…, cit., pag. 141) e in un successivo testo di Dal Pra, che, peraltro, si richiama al contributo di Sheppard. M. Dal Pra Ponticelli, Nuove prospettive per
il servizio sociale, cit., pag. 61.
761 Secondo Dal Pra una componente di eclettismo caratterizzerebbe “più o meno tutte le scienze sociali”, in quanto le stesse farebbero riferimento a concetti mutuati da “orientamenti diversi”. M. Dal Pra Ponticelli (a cura di), I modelli teorici..., cit., pag. 18.
762 Idem, pag. 20.
763 M. Dal Pra Ponticelli in M. Dal Pra Ponticelli, G.Pieroni, cit., pag. 159.
764 Idem, pag. 156.
della pratica nei confronti della teoria, come si è visto in alcune posizioni a favore della dimensione artistica, bensì vengono assunti come elementi capaci di evocare capacità e tipi di conoscenza differenti. È in quest’ambito che si apre la riflessione sulla conoscenza tacita, sull’intuizione e sull’errore.