3. Il ‘confronto con la scienza’
3.2.3 Il realismo critico (naturalismo)
La necessità di proporre una chiave di lettura adeguata alla complessità del reale e capace di superare le antinomie tra positivismo e interpretativismo sarebbe rinvenibile nel realismo critico (naturalismo) di Bhaskar.424 Prendendo le distanze tanto dall’empirismo, quanto dal costruttivisimo e dal post-strutturalismo425, Bhaskar distingue tra la realtà e l’esperienza che lo scienziato ha di essa e propone un’“ontologia stratificata”426 secondo tre livelli di realtà: real (il livello reale o causale), rappresentato da ciò che esiste e dalla struttura e dal potere causale degli oggetti, actual (il livello attuale o reale), rappresentato dagli eventi, ovvero da ciò che accade quando i poteri causali vengono attivati, empirical (il livello empirico), rappresentato da ciò che è osservabile e che, pertanto, costituisce il dominio dell’esperienza.427 Secondo questa prospettiva gli oggetti avrebbero una loro struttura, composta da elementi interrelati, il cui potere causale si configurerebbe come elemento emergente dalla loro combinazione (e non riducibile ai singoli elementi costitutivi).428 L’attivazione dei poteri causali dipenderebbe da una serie di condizioni e gli esiti dei meccanismi di causazione (eventi) dipenderebbero, a loro volta, da altre condizioni.429 Ciò conferirebbe agli eventi caratteristiche di emergenza e contingenza430, difficilmente conciliabili con una
424 Nella pubblicistica italiana il pensiero di Bhaskar viene indicato sia con l’espressione realismo critico, sia con il termine naturalismo. Con il termine naturalismo Bhaskar indica l’idea che esista “un’essenziale unità metodologica che comprende scienze naturali e scienze sociali”. Tale nozione andrebbe, in ogni caso, distinta, secondo Bhaskar, tanto dal riduzionismo, secondo cui anche gli oggetti sarebbero gli stessi, quanto dallo scientismo che negherebbe le differenze metodologiche significative. R. Bhaskar, La
possibilità del naturalismo, Marietti, Genova-Milano, 2010, pag. 74. Il termine realismo critico, di fatto, non si ricondurrebbe a una scelta precisa di Bhaskar, ma sarebbe emerso, negli anni ’80, dalla necessità di pensare il realismo trascendentale e il naturalismo critico come a un’unità. Successivamente il termine sarebbe stato accettato per la sua capacità di “sintetizzare l’idea kantiana di critica …con quella non kantiana di realismo”. R. Prandini, Saggio introduttivo, in R. Bhaskar, cit., pag. 9.
425 Questa posizione riflette una presa di distanza dall’idea della dissoluzione del mondo nel ‘discorso’ e, in ultima analisi, dal relativismo, quanto meno in una sua accezione ‘radicale’. A. Sayer, Realism and
Social science, SAGE, London, 2000, pag. 47; Stan Houston, Costruzionismo o realismo critico?, in F. Folgheraiter (a cura di), Servizio sociale postmoderno…, cit., pagg. 128 e seg.
426 Tale accezione si opporrebbe a quella che assume solo il livello degli eventi o solo il livello empirico o una fusione tra i due. Emergerebbe qui, in particolare, la distanza con l’empirismo che, secondo Sayer, identifica la realtà con ciò che è osservabile, negando l’esistenza dei poteri causali propri del livello reale (real) A. Sayer, cit., pag. 12.
427 Sayer, cit., pagg.11-2. Nella traduzione italiana del testo di Bhaskar “La possibilità del naturalismo”, i tre livelli di realtà vengono indicati come reale, attuale, empirico. Si è ritenuto, tuttavia, in questa sede di riportare anche la traduzione utilizzata nella pubblicistica di servizio sociale. In particolare Dal Pra indica i tre livelli nei termini di causale (real), attuale-esistente-reale (actual), empirico (empirical). M. Dal Pra Ponticelli in L. Gui, Le sfide teoriche…, cit., pag. 54. Similmente nel testo di Folgheraiter e, nello specifico, nel contributo di Houston i tre livelli vengono indicati come causale (real), reale (actual), empirico (empirical). F. Folgheraiter (a cura di), Servizio sociale postmoderno…, cit., pag. 134.
428 A. Sayer, cit., pag. 14.
429 Idem.
prospettiva deterministica (causa-effetto): da qui la preferenza per una spiegazione capace di individuare i meccanismi causali e i termini (quando e a quali condizione) della loro attivazione e di pervenire all’identificazione di regolarità nei sistemi chiusi (ferma restando la stabilità delle condizioni intrinseche ed esterne).431 L’essenza della scienza, nel realismo critico, consisterebbe proprio nel “passaggio dalla conoscenza dei fenomeni per come si manifestano alla conoscenza delle strutture che li generano”.432 Questa concezione conferirebbe stabilità agli oggetti (dimensione intransitiva della scienza), siano essi oggetti naturali o credenze, e dinamicità alla conoscenza (dimensione intransitiva della scienza).433
Pur postulando, similmente al positivismo, un’unità metodologica tra scienze naturali e sociali434, Bhaskar riconoscerebbe la differenziazione degli oggetti, propria dell’ermeneutica. L’oggetto delle scienze sociali non sarebbe dato, in ogni caso, dai comportamenti, ma dalle “strutture che si intrecciano nell’ambito della vita sociale”.435 Inoltre la ‘spiegazione’ dovrebbe tener conto delle diverse caratteristiche dei sistemi aperti, come il sistema sociale, rispetto a quelle dei sistemi chiusi, ossia dovrebbe tener conto del fatto che diverse condizioni potrebbero portare a risultati uguali, così come premesse identiche potrebbero originare esiti differenti.436 Per questo motivo, secondo Bhaskar, in ambito sociale non sarebbe possibile esprimersi in termini deterministici, né predittivi, ma solo individuare delle “linee di tendenza”.437 Inoltre, poiché gli eventi del mondo sociale sono gravidi di significato e tale significato dipende dalle circostanze e dai contesti in cui si sviluppa la comunicazione, tali linee di tendenza dovrebbero esser
431 Idem, pag. 14. In questa prospettiva “ogni rapporto causale ha una natura multidimensionale, giacchè è il frutto della combinazione di numerosi meccanismi diversi…”. S. Houston, cit., pag. 137. Alla base della critica al determinismo vi è la distinzione che Bhaskar opera tra leggi causali e serie regolari di eventi, oggetto, queste ultime e non le prime, dell’attività sperimentale degli scienziati. L’osservazione di regolarità empiriche, quindi, non sarebbe una condizione sufficiente per evidenziare una legge causale, ma indicherebbe solo una tendenza. R. Bhaskar, cit., pagg. 84 e seg.
432 R. Bhaskar, cit., pag. 90.
433 Benchè riconosca la maggiore complessità dello studio dei fenomeni sociali (per la difficoltà a scindere tali fenomeni dalla conoscenza che si ha di essi), il realismo critico ribadisce un’esistenza autonoma dei fenomeni sociali (dimensione intransitiva), le cui caratteristiche non varierebbero con l’emergere di una nuova prospettiva teorica (dimensione transitiva). A. Sayer, cit., pag. 11.
434 L’unità essenziale del metodo scientifico significa, per Bhaskar, che “le scienze sono unificate nella forma assunta dalla conoscenza e dal ragionamento scientifico e nei concetti attraverso i quali la produzione di conoscenza può essere adeguatamente teorizzata o ricostruita”. R. Bhaskar, cit., pag. 98. Sebbene, quindi, i “predicati” presenti nelle spiegazioni delle scienze sociali e le “procedure” utilizzate per definirli siano diversi da quelli delle scienze naturali, per Bhaskar i “principi” della loro produzione rimarrebbero identici. Idem., pag. 101.
435 R. Bhaskar, cit., pag. 101.
436 Idem.
capaci di coniugare interpretazioni e spiegazioni.438 Assumendo questa prospettiva il realismo critico escluderebbe una sovradeterminazione nell’azione umana: l’uomo, infatti, sarebbe in grado di agire attivamente sul sistema sociale e, nello stesso tempo, sarebbe da questo influenzato.439 Si configura, così, una posizione che, prendendo le distanze dal positivismo, insisterebbe sulla “transfattualità” delle strutture sociali e sulla loro dipendenza dai concetti. Nello stesso tempo, distaccandosi dall’ermeneutica, il realismo critico sottolineerebbe l’“intransitività” delle credenze e dei significati e la possibilità di una loro spiegazione scientifica e, quindi, critica “in una spirale (piuttosto che in un circolo) che comprende riflessivamente la scienza sociale all’interno del processo che essa deve spiegare”.440
Sul versante del processo conoscitivo l’individuazione di tre livelli di realtà e, nell’ambito del reale, l’esistenza di poteri causali non necessariamente ‘attivi’ conferirebbero alla conoscenza caratteristiche di parzialità: ciò che lo scienziato può osservare, infatti, costituirebbe solo una parte di ciò che può accadere.441 La produzione teorica (dimensione transitiva della scienza) si caratterizzerebbe, pertanto, come un percorso di progressivo (e cumulativo) e, al tempo stesso, infinito avvicinamento alla natura degli oggetti (dimensione intransitiva della scienza).442 “Se gli oggetti della conoscenza umana esistono e agiscono indipendentemente dalla conoscenza che li riguarda, allora la conoscenza che attualmente ne abbiamo è sempre e comunque una forma sociale storicamente specifica” (Bhaskar).443 In questa prospettiva la scoperta scientifica dipenderebbe dalla duplice condizione che l’oggetto (intransitivo) esista indipendentemente dalla scoperta e che esso non sia ancora conosciuto nella dimensione transitiva della scienza e si produrrebbe utilizzando “materiali cognitivi esistenti” (ossia gli oggetti transitivi della conoscenza).444 Si configura, pertanto, secondo Bhaskar, “uno schema dello sviluppo scientifico a tre fasi in cui, in una continua dialettica, la scienza identifica un fenomeno (o un insieme di fenomeni), costruisce e verifica empiricamente una spiegazione per esso, e identifica i meccanismi generativi sottostanti, che a quel
438 A. Sayer, cit., pagg. 17 e seg.; S. Houston, cit., pag. 135. Pur riconoscendo l’importanza della comprensione, il realismo critico evidenzia l’esistenza di una dimensione ‘non discorsiva’, materiale, prendendo così le distanze dal costruzionismo. A. Sayer, cit., pag. 18.
439 Idem. Questa posizione consente a Bhaskar non solo di riconoscere la relazione tra soggetto conoscitivo e oggetto di studio, ma anche di valorizzarla nei termini di opportunità positiva.
440 R. Bhaskar, cit., pag. 103.
441 A. Sayer, cit., pag. 12.
442 A. Sayer, cit., pagg. 10 e seg.; S. Houston, cit., pag. 136.
443 R. Bhaskar, cit. pag. 87.
punto diventano il nuovo fenomeno da spiegare”.445 Uno sviluppo che per Bhaskar tende ad “affrontare strati o livelli di realtà più profondi”446 e che ammette l’esistenza di prospettive teoriche, anche rivali tra loro.447 Giacerebbe, peraltro, proprio nell’idea di “profondità ontologica” la possibilità di coniugare accumulazione e trasformazione, possibilità che, a dispetto di quanto sostenuto da Kuhn e Feyerabend, conferirebbe carattere razionale ai mutamenti scientifici.448