• Non ci sono risultati.

Il “poeta socialista”: il passo di Blasco Ibanez per Torino

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 140-144)

Il seguente studio verterà sull’incontro avvenuto fra lo scrittore spagnolo Vicente Blasco Ibáñez e il roman-ziere torinese Edmondo de Amicis. Affinché si possa raggiungere tale obiettivo, sarà necessario costituire una cornice esegetica degli eventi che precedono la visita torinese di Ibáñez.

Si procederà, dunque, a una breve presentazione dell’autore, seguita da una rapida sintesi della crona-ca di viaggio “Nel paese dell’arte…” per giungere infi-ne, al sopraccitato “rendez-vous” e alle conclusioni.

Come nota di non poca rilevanza, si evidenzia che Valencia, città natale dello scrittore spagnolo, ha in-detto il duemila diciassette come “Año Blasco Ibáñez”, giacché ricorrono i centocinquant’anni dalla nascita dello scrittore.

Vicente Blasco Ibáñez fu una figura straordinaria-mente eclettica, di grandissimo talento narrativo e non solo: attivista politico, sceneggiatore, scrittore ed instancabile viaggiatore, la sua vita fu una lotta conti-nua per la giustizia e la libertà.

Nel 1867, anno in cui lo Spagnolo nacque, la sua città natale, Valencia, era un luogo dall’aspetto molto con-venzionale per l’epoca: strade strette, spazi ridotti e

scarsi luoghi di svago.

I genitori, Gaspar Blasco Teruel e Ramona Ibáñez Martinez, entrambi originari della regione dell’Arago-na, furono dei commercianti, conduttori di un negozio di generi alimentari nelle vicinanze del mercato cen-trale della città.

Blasco ebbe un’infanzia serena, bambino precoce iniziò la scuola a quattro anni ed essendo sua madre una donna molto devota e cattolica, volle per gli studi successivi del figlio, un’educazione rigida e ben sor-vegliata.

Terminati gli studi primari, sempre per volontà ma-terna, s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza e seb-bene non sentisse la vocazione per il mestiere da av-vocato, finì rapidamente gli studi universitari.

A diciassette anni, nel 1884, la prima svolta nella vita dello scrittore: questi scappò di casa per andare a Madrid, con lo scopo di dare alle stampe un romanzo storico che aveva scritto non troppo tempo addietro. Non solo non riuscì a pubblicare il romanzo ma visse due mesi come un bohemien, ai servizi del già famoso Manuel Fernandez y Gonzales, scrittore di feuilleton.

Il giovane Blasco, quando il vecchio poeta si addor-mentava senza terminare le sue storie, le concludeva cambiandone, alcune volte, la trama.

Si approssimava la fine del diciannovesimo secolo e il giovane Blasco, fattosi ormai convinto sostenitore degli ideali repubblicani e anticattolici, avrebbe vis-suto inaspettate, incresciose e persino dolorose, con-giunture; la sua vita avrebbe preso nuove sembianze.

Il primo settembre del 1889 fonda il settimanale “La

Bandera Federal”, finanziato da un amico e diretto da

lui.

Il periodico rappresentava l’organo d’espressione del repubblicanismo federale. L’acceso attivismo po-litico lo costrinse a una fuga rocambolesca a seguito dell’ascesa al potere del conservatore Canovas del

Ca-stillo.

L’anno successivo, nel 1890, Blasco si trovò esule clandestino a Parigi, dove rimase fino al 1891.

Nella “ville lumière” ebbe la possibilità di conoscere i più importanti rappresentanti del naturalismo fran-cese.

Dell’esilio parigino resta testimonianza nella crona-ca di viaggio “Parigi (impressioni di un emigrato)”.

Al suo rientro in patria, nel novembre del 1891, con-trasse matrimonio con la promessa sposa Maria Bla-sco del Cacho dedicandosi in seguito alla carriera let-teraria. Nel 1892 pubblicò il suo primo romanzo “La

Araña negra”, seguito nello stesso anno dal racconto “Viva la republica!” e dal secondo romanzo “Arroz y Tartana”.

Mentre ancora il ricordo di Parigi restava vivo nel-la mente di Ibáñez, sopraggiunse nuovamente il

mo-Visioni interdisciplinari Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017

142

mento della fuga, della clandestinità e infine dell’au-toesilio: correva l’anno 1895 e la Spagna si trovava impegnata in una guerra contro l’isola di Cuba.

L’isola caraibica ancora colonia spagnola cercava di emanciparsi dalla madrepatria, perciò i coloni inten-zionati a ottenere l’indipendenza (Di Girolamo 2011, pp.37-43) iniziarono una serie di rivolte.

In tutta la Spagna si andavano raggruppando parti-tanti e oppositori e non solo a Valencia si formarono delle fazioni bensì dalle pagine de “El pueblo”1, come portavoce delle masse, si elevarono le grida di Blasco Ibáñez, direttore del quotidiano; con i suoi articoli criticava fortemente la politica estera mantenuta dal-la Spagna arrivando perfino a pronunciare dal-la famosa frase: “Que vayan todos a la guerra, ricos y pobres!” (Leon Roca 1978).

La manifestazione organizzata senza consenso e la successiva persecuzione indusse lo scrittore, allora ventiseienne, alla fuga e all’esilio: dovette lasciare il paese natio per dirigersi in Italia. Raccolse le sue im-pressioni di quel viaggio in numerosi articoli che in-viava al suo giornale “El Pueblo” accompagnati da una lettera indirizzata all’amico e allora vice direttore, Mi-guel Senent.

Siccome quei “reportages” piacquero al pubblico, un editore, Prometeo, li raccolse in volume divenuto infi-ne “En el pais del arte: tres meses en Italia”.

Dopo la prima pubblicazione, nel luglio del 1896, la cronaca riscontrò un discreto successo proseguendo con un buon numero di ristampe, tanto che di essa, se ne fecero diverse traduzioni tra le quali, anche in lin-gua italiana; fu Gilberto Beccari, nel 1931, ad avanzare una prima e unica traduzione dallo spagnolo.

Da allora, altre non ve ne furono.

Di quest’avventura clandestina né da una spiegazio-ne lo stesso Ibáñez, spiegazio-nella nota all’autore dell’ediziospiegazio-ne del 1923:

“En el ano de 1895, y con ocasión de la guerra de Cuba,

suscité en Valencia grandes manifestaciones contra el gobierno . Hubo choques sangrientos entre las masas populares y la Guardia Civil, y numerosas bajas de ambas partes(…). Declarada la región en estado de sitio, tuve que escapar a toda prisa, pues, de no haberlo hecho, me hubieran apresado y ya no existiría a estas horas(…) Había huido a Italia disfrazado de marino, e hice el viaje en n velero” (Blasco Ibáñez 1923).

Il viaggio in Italia o “nel paese dell’arte”, come lo so-prannominò Blasco non si prolungò molto poiché im-barcatosi a marzo fece ritorno a Valencia in giugno.

Ibáñez visitò l’Italia altre quattro volte dopo il 1896, tuttavia fu il primo il viaggio che sempre predilesse.

2. Il viaggio in Italia seguì un inconsueto e circolare

itinerario, il narratore visitò Genova, Milano, Pavia,

1  Periodico fondato da Blasco Ibáñez nel 1894 e chiusosi nel 1939.

Torino, Pisa, Roma, Napoli, Assisi, Firenze e Venezia riproducendo una fedele descrizione della realtà, e componendo testi dalla scrittura immediata, di stam-po giornalistico in cui il linguaggio letterario soggiace alle esigenze dell’azione e del messaggio politico.

I singoli articoli che compongono la cronaca posso-no essere considerati strutture singole, ma allo stesso tempo, racchiusi in volume, costituiscono un corpus armonico.

L’autore si appropria di ricorsi espressivi, di tecni-che e memorie storitecni-che e culturali, in modo tale da consentire un riscontro stimolante di comunicazio-ne accessibile per il lettore. Ibáñez, attraverso la sua esperienza diretta, offre la possibilità di vedere le per-sone, i luoghi e molto altro in ogni suo particolare.

L’incipit che apre l’articolo su Torino non sembra seguire uno stile tematico, strutturale e spaziale già presente negli scritti precedenti bensì svela una nota peculiare in cui prevale il desiderio dell’io narrante.

Il brano “torinese” riflette uno scritto personale qua-si autobiografico e non oggettivo, con esso Ibáñez non soddisfa il desiderio del lettore ma il proprio.

Lo scrittore esordisce porgendo le proprie scuse verso la storica capitale del Piemonte giacché egli ha deciso di deviare il suo percorso solo ed esclusiva-mente per:

“vedere semplicemente un uomo, per stringere la mano che, come quella del Cervantes e del Calderon, ha sostenuto ugualmente la spada di soldato e la penna di scrittore” (Mori, Beccari 1930).

In attesa di stringere la famosa mano e vedere l’Uo-mo, attraverso la tecnica della analessi, Ibáñez va ri-pensando alla prima volta in cui “conobbe” De Amicis. Questi è stato presente nella vita di Ibáñez, sin da quando in età scolare lesse “La vita miliare” (De Ami-cis 1869) e nello scrittore spagnolo nacque l’arcano desiderio di incontrare il romanziere torinese.

Si potrebbe dire che quella per De Amicis fu un’a-dorazione completa e atavica: prima ancora di com-muoversi d’innanzi alla grandiosità letteraria del narratore naturalista Zola, o di perdersi all’interno della narrazione magica di Daudet, aveva letto ripe-tutamente “La vita militare”, volumetto che custodiva gelosamente sotto la divisa.

L’incontro avvenne in circostanze informali, attra-verso la semplice richiesta di un’intervista allo scrit-tore onegliese.

Ibáñez, incredulo che De Amicis abbia potuto accet-tare di incontrarlo, per giunta, nella sua umile siste-mazione torinese, eleva l’onegliese, tanto da arrivare a scrivere:

“Edmondo de Amicis, il prosatore adorato da tutte le madri d’Europa e d’America, la personificazione

Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017 Visioni interdisciplinari

143

dell’Italia intellettuale, con la semplice naturalezza degli uomini che sono realmente grandi e che non temono di essere visti da vicino, invece di aspettarmi a

casa sua, venne nella mia”. (Mori, Beccari 1939).

Senza abbandonare una dimensione apologetica, l’autore giunge infine al cospetto dell’ormai maturo De Amicis che nonostante l’aspetto ingrigito conser-vava pienamente i tratti “vigorosi e di purissimo

dise-gno” noti a Ibáñez.

Il dialogo verte su temi prettamente politici, inter-rotti da prolungati monologhi interiori.

È evidente in questo frangente del testo che Blasco si identifichi totalmente con lo scrittore italiano, ve-dendo in lui un modello idilliaco di autore in grado di coniugare l’attivismo politico e l’attività letteraria.

Si mostra convinto che la letteratura sia il miglio-re strumento di risveglio delle coscienze giacché lui stesso si riconosce in una dimensione di fusione tra letteratura e politica, confida nel fatto che i lavori po-etici dell’Italiano siano in grado di trasmettere l’emo-zione della lotta per una società più giusta e più libe-ra, arriva infine ad affermare:

“i poeti sono terribili quando si pongono al servizio di un ideale rivoluzionario.”

E di seguito continua:

“Produssero più repubblicani il Lamartine con la sua epica pittura dei Girondini e Victor Hugo con le sue apocalittiche apostrofi ai re, che tutti i trattatisti difen-sori della Repubblica.”

Terminando con una simile invocazione alla musa:

“Continua l’opera tua, lavoratore glorioso ed instancabile!”

(Ibid.).

Il congedo di De Amicis risulta enigmatico e al pari di un’entità divina svanisce allontanandosi per ri-prendere la scrittura del saggio sul Primo maggio (De Amicis 1996)

Giungendo alla fine, diviene doveroso sottolineare che un recupero odierno dell’opera susciterebbe in-teresse, in quanto essa si propone come avantesto di un’esperienza di viaggio dal doppio registro <<sog-gettivo-oggettivo>> che attraversa diversi territori disciplinari, dall’antropologia alla storia, dalla socio-logia alla geografia, sorretti da una conoscenza auto-noma e da specifici parametri culturali.

Ecco, dunque, l’importanza del presente contributo; far emergere un’opera, probabilmente poco conosciu-ta e rimasconosciu-ta nell’ombra per molto tempo, cui influen-za sulle successive opere, potrebbe essere di aiuto per una migliore comprensione del lavoro “blasquista”.

Bibliografia

Alborg J. L., Vicente Blasco Ibáñez, in «Historia de la literatura española», vol.V, Realismo y Naturalismo, La novela, parte I, Madrid, Gredos editorial, 1993.

AA.VV, Storia della letteratura italiana. Volume 12: la

letteratura italiana fuori d’Italia (a cura di) Malato E.,

e Formisano L., Roma, Salerno, 2002.

Blasco Ibáñez V., En el país del arte: tres meses en

Ita-lia, Valencia, prometeo editorial, 1923.

Blasco Ibáñez V., Nel paese dell’arte: tre mesi in

Ita-lia, traduzione (a cura di) Mori A. e Beccari G., Milano,

Bietti editore, 1930.

Blasco Ibáñez V., Paris (impreciones de un emigrado), Valencia, Prometeo editorial, 1893.

Brilli A., Il Viaggio in Italia, storia di una grande

tradi-zione culturale, Bologna, Il Mulino, 2008.

Campa Annuziata, Vicente Blasco Ibanez : I

reporta-ges dall’Italia, percorsi tra etica e politica, in «L’Italia

terra di rifugio: atti del congresso internazionale», Moncalieri: CIRVI, 2008, pp.209 – 230.

Cirillo T., Milano, Seduzione e simpatia, Napoli, Alfre-do Guida editore, 1993.

De Amicis E., La vita militare, Malta, tipografia degli italiani, 1869.

De Amicis E., Primo maggio, in «Opere Scelte», (a cura di) Portinari F. e Baldissone G., Milano, Mon-dadori, 1996.

Di Girolamo M., L’esilio volontario in Italia di Blasco

Ibáñez, in «La scrittura altrove -l’esilio nella

lettera-tura ispanica», (a cura di) Notaro G., Napoli, Think Thanks edizioni, 2011, pp.37 - 43.

Gonzales M.V., Ensayos de literatura comparada

ita-lo-espanola, la cultura italiana en la obra de Vicente Blasco Ibáñez y en Ramón Pérez de Ayala, Salamanca,

Ediciones Universidad, 1979, pp. 1 - 45.

Kanceff E., I differenti aspetti del <<diario di

viag-gio>>, in «Poliopticon Italiano, Genéve, Slavine»,

CIR-VI, Moncalieri, 1992, pp.1 - 60.

Leon Roca J.L., Vicente Blasco Ibáñez, Valencia, Ayun-tamiento de Valencia, 1978.

Mori A., Beccari G., Blasco Ibáñez Vicente, Tre mesi in

Italia: nel paese dell’arte, prima traduzione dallo

spa-gnolo, Milano, Bietti editore, 1930

Segre C., Itinerari di Stranieri in Italia, Milano, Mon-dadori,1938.

Saurin de La Iglesia, M., El paso de Blasco Ibáñez por

Italia, Valencia, Facundo Tomas edición, 2000, pp. 165

Strategie e pratiche

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 140-144)