• Non ci sono risultati.

Le regole di diritto internazionale ap- ap-plicabili al NSAS: il Progetto di Articoli

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 111-114)

Un modello di cooperazione in “evoluzione” per la gestione del

3. Le regole di diritto internazionale ap- ap-plicabili al NSAS: il Progetto di Articoli

sulla Normativa degli Acquiferi

Tran-sfrontalieri (2008)

3.1. Il Progetto di Articoli sulla Normativa degli Acqui-feri Transfrontalieri

Data l’assenza di un trattato legalmente vincolante per le acque sotterranee, ci si potrebbe chiedere quale sia la soluzione migliore, per la gestione di queste ri-sorse vitali e non-rinnovabili. A nostro parere, sareb-be opportuno elaborare un Trattato legalmente vin-colante completo, sia di norme sostanziali che formali e procedurali per la prevenzione delle controversie, attraverso regole di gestione concordata dell’acqui-fero e di soluzione di eventuali contese che possono insorgere tra gli Stati coinvolti.

Su tale punto, alcuni esperti evidenziano che «..a good agreement comprises specifically worded pro-visions on the scope, substantive rules, procedural rules, institutional mechanisms and dispute avoid-ance/settlement procedures …» (Vinogradov, Wou-ters, Jones 2003, p. 70), ed altri sottolineano la neces-sità di proprie regole per la gestione degli acquiferi transfrontalieri (Stephan 2009, p.7).

I principi contenuti nel Progetto di Articoli del 2008 (o Draft) sopra menzionato potrebbero andare nella giusta direzione, con riguardo alle norme sostanziali sull’uso equo e ragionevole, sul divieto di recare dan-no, e sulle norme procedurali e di protezione ambien-tale. A questi principi, sarebbe opportuno aggiungere le norme per la soluzione delle controversie che po-trebbero insorgere tra gli Stati interessati, che il Draft non contempla.

Va inoltre messo in luce che il progetto di articoli si è reso necessario, in quanto la Convenzione di New York, regolamentava solo l’uso delle falde acquifere sotterra-nee, cioè quelle collegate ad un sistema idrico di superfi-cie, lasciando una lacuna relativa alla regolamentazione degli acquiferi fossili.

In seguito, nel 1994, si tentò di colmare tale mancanza con una Risoluzione ad hoc sugli acquiferi privi di colle-gamento con un sistema idrico di superficie (i cosiddetti 14  Testo reperibile in http://www.internationalwaterlaw.org.

Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017 Visioni interdisciplinari

113

acquiferi fossili), di natura esortativa, quindi non vin-colante, che non risolse però il problema.

La ragione di ciò è riconducibile al fatto che la termi-nologia usata dalla Commissione di Diritto Interna-zionale (ILC) in questo contesto non fu tecnicamente corretta e confuse confined con non-related aquifer, ed alcuni studiosi hanno dimostrato che c’è ancora una sostanziale mancanza di chiarezza; in termini idrolo-gici infatti, un confined aquifer è «an aquifer overlain and underlain by an impervious or almost impervious formation, in which water is stored under pressure ... confinement is thus a matter of hydraulic state and not a question of being connected or related to bodies of surface water» (Yamada, Special Rapporteur, 2003, pa-ras 30-32, p.125).

L’approccio della Commissione, riguardante la que-stione se includere o escludere l’acqua sotterranea dal-la Convenzione, suldal-la base se questa è «confined, mea-ning that which is unrelated to any surface water», ha incontrato ampie critiche (Eckstein 2005, pp. 30; 525).

Ci sono acquiferi che sono parti di un sistema dove le acque sotterranee interagiscono con le acque di super-ficie, e cadono quindi, sotto lo scopo della Convenzione (McCaffrey 2007, p. 469).

Il risultato è che la Commissione decise di colmare il gap, regolando tutte le acque sotterranee; al contempo, un altro obbiettivo collaterale era quello di assicurare la sopravvivenza di tali risorse e, infatti, l’accento sulla protezione e conservazione degli acquiferi, è molto più marcato che nella Convenzione di New York.

Nel Draft, un acquifero è definito come un « permeable water-bearing geological formation underlain by a less permeable layer and the water contained in the saturat-ed zone of the formation» (Art.2).

L’acquifero, pertanto, risulta essere costituito da due elementi, che sono la formazione geologica sotterranea che funziona come un contenitore, e l’acqua in esso con-tenuta.

Proprio dall’Art.1 si evince che il progetto di articoli non si limita soltanto all’utilizzazione degli acquiferi, ma si estende a tutte le attività che possono avere un im-patto sugli stessi e, conseguentemente, alle misure per la protezione, preservazione e gestione. I principi conte-nuti nel Draft si basano in generale, su quelli della Con-venzione di New York, con gli opportuni aggiustamen-ti (Quadri 2011, pp. 136-144), dettaaggiustamen-ti dalla peculiare natura e vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento. Analizziamo i più rilevanti, nel contesto del NSAS e, in particolare, gli articoli riguardanti il principio dell’uso equo e ragionevole, il divieto di recare danno e di prote-zione ambientale.

3.2. Norme sostanziali

Le norme sostanziali da applicare al NSAS sono l’uso equo e ragionevole e il divieto di recare danno.

Nel Draft, il primo è cristallizzato nell’Art.4.

In particolare, alla lettera a, l’articolo afferma che «…States shall utilize transboundary aquifers … in a manner that is consistent with the equitable and rea-sonable accrual of benefits therefrom to the aquifer States concerned …».

Alle lettere da b a d, si insiste sul differimento nel tempo dell’eventuale esaurimento di una risorsa non rinnovabile. Nei regimi legali concernenti le risor-se naturali rinnovabili, tale differimento nel tempo equivale al principio di sostenibilità, che comporta l’adozione di misure per conservare e far durare in perpetuo, o quanto più possibile, le risorse naturali. Il principio di sostenibilità è inserito anche nella Con-venzione di New York, con riguardo alle risorse rinno-vabili, che ricevono significante ricarica. Il principio non calza, invece, per gli acquiferi fossili non rinnova-bili (non-recharging aquifer), che sono inevitabilmen-te destinati al loro esaurimento.

Ed allora, come possono essere regolamentati? L’Art.4 lettere b e c, sono rilevanti in questo senso. Esse si applicano alle risorse rinnovabili e non rinno-vabili dell’acquifero, con enfasi in questo ultimo caso, sulla massimizzazione dei benefici a lungo termine, dato che l’uso non può essere sostenuto in perpetuo.15

È, altresì, vietato ogni uso che può danneggiare l’ac-quifero, in maniera tale che i benefici possano essere ereditati e condivisi dalle generazioni future. Il concetto di massimizzare i benefici a lungo termine, è essenziale per conseguire la piena utilizzazione di un acquifero.

Questo si lega alla lettera c dell’Art.4, che prevede l’ob-bligo per gli Stati nel cui territorio è situata una parte dell’acquifero condiviso (aquifer States), di impegnarsi in progetti, preferibilmente congiunti, sulla base di un accordo, per la durata di vita dell’acquifero.16

Infine, la lettera d dell’Art.4, sottolinea che gli Stati che condividono un acquifero non ricaricabile devono uti-lizzarlo in maniera da non danneggiare le sue caratte-ristiche funzionali e fisiche.

Correlato al principio dell’uso equo e ragionevole, è l’obbligo di non causare un danno significativo (Art.6 del Draft). Il danno può derivare dall’utilizzazione degli ac-quiferi transfrontalieri, come anche dalle attività che hanno o possono avere un impatto sugli stessi (Art.6 (1) e (2), che richiama l’Art.1 (a) e (b) del Draft). Da notare, che tale obbligo non è assoluto, come stabilito dall’Art.6 (3), in quanto uno Stato che causa un danno significativo, può adottare le misure opportune, per por-15  Art.4/b: «… they shall aim at maximizing the long-term benefits derived from the use of water contained therein …».

16  Art.4/c: «… they shall establish individually or jointly a comprehensive utilization plan, taking into account present and future needs of, and alternative water sources for, the aquifer States…».

Visioni interdisciplinari Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017

114

vi rimedio; in aggiunta, l’obbligo è senza pregiudizio al principio dell’uso equo e ragionevole delle risorse con-divise.

Il lavoro della Commissione di Diritto Internaziona-le sulla caratterizzazione del danno è anche riInternaziona-levante in questo senso.17 Il termine significant, contemplato nell’Art.6, implica che il danno è più che insignifican-te o distinguibile, ma non serio o sostanziale. Tutta-via, alcuni membri della Commissione suggerirono di abbassare la soglia del danno, ampliando il raggio di prevenzione dell’Art.6, in vista della peculiare natura degli acquiferi e della loro vulnerabilità. E questo, come si può intuire, si adatta precisamente al NSAS.

In aggiunta, alcuni autori (Brooks 2013) sostengono che l’obbligo di non recare un danno significativo, do-vrebbe avere la precedenza sul principio dell’uso equo e ragionevole, in vista della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento, e la quasi impossibilità di decontami-nazione di un acquifero inquinato.

3.3. Norme procedurali

L’Art.8 contempla l’obbligo per gli Stati di monito-rare l’acquifero transfrontaliero. A tal fine, gli Stati devono impiegare standard e metodi concordati, e scambiare dati e informazioni sullo stato geologico, idrologico, idrogeologico, meteorologico ed ecologico dell’acquifero.

Se l’estensione e la portata dell’acquifero sono in-certi, gli Stati hanno un obbligo della due diligence, per raccogliere le informazioni necessarie, tenendo in considerazione le pratiche e gli standard (Art.13).

Quindi, anche nel caso del NSAS, l’inserimento delle norme procedurali, in questo “nuovo” ipotetico accor-do, è molto importante, in quanto esse fungerebbero da supporto alle norme sostanziali, consentendo il raggiungimento del fine voluto dalle Parti, ovvero l’u-so equo e ragionevole di questa vitale ril’u-sorsa.

3.4. Norme ambientali

Le norme ambientali sono molto importanti, in vista della peculiare natura degli acquiferi, in generale, e degli acquiferi fossili, in particolare. Tali norme riguardano la protezione, la preservazione e la gestione degli acquiferi, e sono contenute nella III parte del Draft.

L’Art.10 sottolinea l’obbligo per gli Stati «to take all ap-propriate measures to protect and preserve ecosystem within, or dependent upon» dagli acquiferi che essi con-dividono.

Le misure «to ensure that the quality and quantity of water retained in an aquifer ..., as well as that released throught its dicharge zone are sufficient to protect and 17  V. Report of the International Law Commission – Fifty-seventh session (2 may-3 June and 11 July-5 August 2005) General Assem-bly Official Records Sixties Session Supplement No.10 (A/60/10), New York, p. 36.

preserve such ecosystem», sono scelte tra quelle che de-vono essere prese, al fine di conservare, il più possibile inalterato, il loro stato naturale.18

Questo, in risposta alle interferenze esterne, maggior-mente antropiche, che possono minacciare il delicato equilibrio delle componenti costituenti l’ecosistema di acqua dolce.

Gli Stati hanno l’obbligo di prendere misure atte a pre-venire e minimizzare il danno ai processi naturali di ri-carica e disri-carica, seguendo l’identificazione delle rile-vanti aree di un acquifero transfrontaliero (Art.11, p.1).

Tali misure sono di importanza fondamentale, soprat-tutto se riferite alle zone di ricarica che possono essere il veicolo di contaminazione degli acquiferi (Art.12).

Tale articolo pone a carico degli aquifer States, l’ob-bligo della due diligence, per prevenire nuove forme di inquinamento, e ridurre e controllare quelle in atto, che possono danneggiare altri Stati; ciò si rende necessario, in vista della difficoltà di decontaminazione di un acqui-fero inquinato.

La fragilità degli acquiferi e l’incertezza che circonda la loro natura e l’estensione, esige un approccio precau-zionario (Caponera 2007, pp. 267-268).

3.5. Il principio della sovranità limitata degli aquifer States

La fusione delle norme sopra menzionate, conduce sul terreno della sovranità limitata degli Stati che condivi-dono un acquifero transfrontaliero. Il rilevante princi-pio consente agli Stati rivieraschi di conseguire rapporti di buon vicinato, fondati sulla comunità di interessi che devono essere esercitati nell’utilizzo dei corsi d’acqua condivisi.

Il principio della sovranità limitata è inserito nell’Art.3 del Draft, ove si stabilisce che ogni Stato ha sovranità sulla porzione di un acquifero transfrontaliero situato nel suo territorio. Allo stesso tempo, tuttavia, l’eser-cizio di tale sovranità è limitato dalle norme di diritto internazionale in generale, e dalle norme del progetto di articolato, in particolare: «Each State has sovereignty over the portion of a transboundary aquifer or aquifer system located within its territory. It shall exercise its sovereignty in accordance with international law and the present articles» (per una differente opinione, cfr. McCaffrey 2009, p.10 e sgg.).

18  L’obbligo di preservare gli ecosistemi si rinviene anche nel pa-ragrafo 18.2 dell’Agenda 21 che dispone: «...l’obbiettivo generale è preservare le funzioni ideologiche, biologiche e chimiche degli ecosistemi, adattando le attività umane ai limiti di capacità della natura …», ma anche nella pratica degli Stati e in vari documen-ti delle organizzazioni internazionali, quali la Convenzione sulla protezione e uso dei corsi d’acqua e laghi internazionali, Helsinki, 1992, l’Accordo sulla conservazione della natura e delle risorse naturali, ASEAN, 1985, il Protocollo su acqua e salute alla Conven-zione sulla proteConven-zione e uso dei corsi d’acqua transfrontalieri e i laghi internazionali e il Protocollo di Londra, 1999.

Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017 Visioni interdisciplinari

115

Il secondo comma, in particolare richiama il concetto della sovranità limitata, come sovranità che deve essere esercitata in conformità con il diritto internazionale e la bozza di articoli.

In buona sostanza, gli Stati hanno sovranità sulla por-zione di un acquifero condiviso situato nel loro rispet-tivo territorio, tuttavia, tale sovranità è relativa, o atte-nuata, dal principio dell’uso equo e ragionevole previsto dall’Art.4, dal divieto di recare danno, regolato dall’Art.6, e dall’equilibrio del Draft.

Oggi, le teorie della sovranità assoluta (Stati Uniti v Mes-sico, 1895),19 come anche quella dell’integrità assoluta degli Stati rivieraschi di un corso d’acqua condiviso (Ri-eu-Clarke, Moynihan, Magsig 2012, pp.101-105), sono state superate dallo sviluppo del diritto consuetudina-rio e del diritto dei corsi d’acqua internazionali, come riflesso nel progetto di articoli e nella Convenzione di New York, dalla quale deriva.

4.Verso una gestione congiunta del

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 111-114)