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3.Religione come strumento di risurre- risurre-zione, redenzione e autoconservazione

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 120-126)

del sistema politico

Machiavelli, delineò, una religione della virtù capace di correggere la cattiva educazione religiosa della Chiesa cattolica, facendosi promotore di un nuovo modo di vivere (Mazzetti 1959, pp. 108-109). Egli ri-teneva, che il benessere dell’Italia dipendeva dalla Chiesa di Roma, responsabile della divisione politica e dell’impossibilità di una unificazione nazionale nell’obbedienza ad una repubblica o ad un Principe. Machiavelli, accusava la Chiesa e il suo potere tempo-rale (Mazzetti 1959, pp. 108-109). La Chiesa, secondo il pensiero di Machiavelli, era l’autrice dell’instabilità dell’equilibrio politico dell’Italia8 (Galasso 1997) rag-giunto dopo la pace di Lodi (1454)9 , per cui l’unità di quest’ultima, poteva essere attuata dalla Chiesa stes-sa se diventava più potente (Papa, Lorenzo il Magnifi-co e Ferrante d’Aragona) o senza di essa, se si riusciva a metterle contro una potenza decisiva (un Principe nuovo che porti a compimento la redenzione

dell’Ita-7  Il legislatore inglobava in se sia il potere militare (imperium) sia il potere civile (podestas) che quello religioso (pontifex maximus).

8  Infatti,il seggio pontificio,dalla chiamata di Carlo Magno contro i Longobardi,aveva impedito che nel paese si formasse un solo stato,sia perché non aveva avuto la forza di porsi alla guida politica dell’intera penisola,sia perché ogni volta che si fosse profilata l’egemonia di un principe sull’Italia,ne aveva ostacolato e fatto fallire il progetto.

9  Dal tardo ‘400 fino alla pace di Cateau-Cambresis (che sancisce il predominio della Spagna) si assistette al passaggio dell’Italia da una posizione centrale ad una dimensione marginale, cambiò un equilibrio che alla fine del 500 era incentrato sull’Italia. Nel 1454 con la pace di Lodi, Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli si accordarono per definire un principio fondamentale del quadro politico italiano: l’equilibrio, stabilendo che nessuna delle potenze avrebbe scavalcato le altre per il dominio dell’Italia ( controllo della reciproca ascesa di potenza). L’equilibrio durò in maniera stabile dalla metà del 400 fino alla discesa di Carlo V.

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lia. Machiavelli, sosteneva che a farsi carico di questa redenzione doveva essere la casa dei Medici). L’equili-brio politico sul quale Machiavelli aveva posto l’ac-cento (Fasano Guarini 1997), venne meno alla morte di Lorenzo il Magnifico (garante della bilancia d’Ita-lia), favorendo l’occupazione dell’Italia da parte di po-tenze straniere (Francia e Spagna)10. Oltre alla corte papale un’altra causa di corruzione per Machiavelli era la religione cristiana, «che aveva reso il mondo

de-bole» (interpretazione della religione cristiana

secon-do l’ozio e non seconsecon-do la virtù, un ritorno al cristia-nesimo delle origini) «e in preda agli uomini scellerati,

perché essa pose il sommo bene nell’umiltà e nel dispre-gio delle cose umane» (Viroli 2003). L’Italia per

con-quistare una libertà duratura, doveva emanciparsi dalla religione dell’ozio, ritrovare la vera religione, e con essa il Dio che comandava di perseguire la virtù antica. La religione che poteva aiutare la conquista delle libertà era un cristianesimo ricondotto ai suoi principi. La condanna di Machiavelli nei confronti del papato si basava su una argomentazione ben precisa: la Chiesa di Roma aveva estirpato il sentimento reli-gioso dagli animi degli italiani, rendendoli indifferenti e cattivi. Tale argomentazione evidenziò che gli “ita-liani” avevano sperimentato più la Chiesa (come isti-tuzione), che la religione (fede). La tradizione cristia-na venne in questo modo rovesciata: non si domandava più quale funzione poteva avere il potere temporale per la Chiesa, ma si domandava quale fun-zione poteva svolgere la religione nel vivere civile. La vita civile, quindi, nel pensiero del Machiavelli non doveva essere più modellata su una religione presta-bilita. La religione in Machiavelli viene strutturata, in modo tale che essa non entri costantemente in con-flitto con la vita civile, ma possa sostenerla attivamen-te. Lo Stato, diviene così, un valore in sé e alla ragion di stato (Chittolini, Molho, Schiera 1994) è sottomes-sa anche la religione, che diviene anche essottomes-sa tra i tanti uno strumento di affermazione della sovranità, e stru-mento politico (Rotelli, Schiera 1970-1974) utile sot-traendo il sentimento dell’obbligazione politica all’e-sclusivo dominio della forza (Foscari 2007). L’unità religiosa, insieme a quella dinastica, diviene, così un fattore potente di legittimità e di aggregazione politi-ca (Galli 2001). Il segretario fiorentino, vedeva la re-ligione ancora, in senso funzionalistico come stru-mento per la stabilizzazione dello Stato11. Questo

10  L’interpretazione più recente ha messo in discussione l’equilibrio apparente che ricorre continuamente a meccanismi di restaurazione frutto di una congiuntura internazionale fragile che resse fino a quando vi erano potenze in grado di farlo scricchiolare.

11  L’aggettivo teologico-politicus, denotava uno dei vari campi d’azione delle autorità del principe , accanto alla quale esistevano

punto di vista, poi, si sposterà considerevolmente nei secoli successivi, trasformando lo Stato stesso in un soggetto di venerazione (negazione della provvidenza motivata dalla teoria della manipolazione politica del-la religione) (Armin 2008). Di questa religione, e di una riforma religiosa non dogmatica, bensì morale aveva bisogno l’Italia in quel determinato contesto storico per rinascere dalla servitù. A Machiavelli, non interessava che il suo pensiero fosse coerente con le Sacre Scritture. Egli compose le sue opere, utilizzando un linguaggio profetico, per far rinascere le passioni umane, ispirare e spingere con la forza persuasiva della parola gli uomini all’azione, per poter realizzare una nuova realtà morale e politica. Tale obiettivo è il filo rosso che lega tutte le sue opere. Nel Principe (Ca-pata 2013), evoca la figura di un redentore (Mosè, Ciro, Teseo, Romolo) che sappia far risorgere l’Italia. Un Principe nuovo, della pari dignità e virtù di Mosè (si diventa principi per propria virtù e non per fortu-na), che agì come strumento nelle mani di Dio (Dio promette la sua amicizia a chi voleva compiere un’o-pera di redenzione e a chi era simile a Lui aiutandolo a superare enormi ostacoli). Il Principe Machiavellia-no, deve cercare di apparire religioso anziché esserlo. Se necessitato (necessità intesa da Machiavelli come contingenza, ovvero decisione, caso, accidente), deve entrare nel male per fare il bene al fine di salvare lo Stato e scongiurare la “ruina”, avvalendosi anche di strumenti discutibili (simulazione e dissimulazione), per la salvezza dello Stato. Il Principe, che interpreta-va questa tensione tra libertà e necessità era mezzo uomo e mezza bestia, volpe e leone (forza e frode). Egli doveva avere l’etica della convinzione e dare l’a-nima per la patria, capire la contingenza, l’evento sto-rico nel quale doveva agire rischiando anche la salvez-za dell’anima e del corpo. In questo contesto si denota la virtù del Principe intesa nell’ottica Machiavelliana come prudenza, previdenza, astuzia, un vedere disco-sto, grazie al quale il Principe predispone e fa si che la virtù prenda il sopravvento sulla fortuna. Tale virtù non ha come fine supremo la salvezza e la vita eterna e la preservazione delle leggi di Dio e del benessere spirituale. Il modello di Principe, descritto da Ma-chiavelli era diverso dal modello di Principe auspicato dalla Chiesa, tale da apparire come una sorta di anti-principe o anticristo12. Il Principe cristiano doveva

es-altri campi di intervento: iuridico, bellico, aulico, medico. Nel ‘600, la formula teologico-politicus, più che un’espressione filosofica era un termine tecnico della giurisprudenza che non indicava la riflessione sul legame tra divino e umano, ma che designava il rapporto giuridico tra i due ambiti accettando la loro esistenza separato come un fatto assodato.

12  Gli interpreti della sacra scrittura, affermavano che l’anticristo avrebbe conquistato il suo regno con la frode e

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sere difensore della Chiesa, osservante delle virtù car-dinali e teologali. La sua principale virtù doveva essere la “caritas paterna” (modello paternalistico dell’autorità). Il Principe che possedeva tali virtù do-veva essere il fautore, per l’utilità pratica, di una poli-tica ispirata ai valori cristiani, un Principe “ad

regen-dos populos”, dimostrando un amore simile a quello

divino verso l’umanità. Tale concezione mostrava uno stato con un ordine rigoroso, verticistico, refrattario nei confronti delle tensioni sociali, osservante dei precetti divini (Barbuto 1994). Machiavelli appariva in questo contesto, alla Chiesa, come un nemico, sponsabile di una interpretazione mitologica della re-ligione e di una politica finta e astuta senza giustifica-zione religiosa che subordinava la salvezza dell’anima a quella dello Stato. Machiavelli nelle sue opere, sotto-lineò che senza religione era impossibile avere eserci-ti che sapevano combattere con coraggio e rispettare le regole della guerra, attribuendo il declino della vir-tù militare non alla religione cristiana in quanto tale, ma alla religione cristiana interpretata secondo l’ozio (fedeltà a Dio e al Principe, elemento unitario dal pun-to di vista culturale per poter fare funzionare un prin-cipato). La religione auspicata da Machiavelli era una religione della libertà, che insegnava a vivere senza servire e senza dominare, ad essere forti d’animo per difendere la libertà comune, ad obbedire solo alle leg-gi e a chi governa con leg-giustizia. Senza questa relileg-gione e senza questo Dio, i popoli non possono vivere liberi. La religione delle virtù machiavelliane e l’idea di una riforma religiosa e morale da realizzare tramite il ri-torno ai veri principi della religione cristiana, ispira-rono una religione e una vita morale capace di far ri-nascere e sostenere la libertà politica. Il cristianesimo repubblicano di Machiavelli, come cita Arendt (Aren-dt 1963), fu parte essenziale della teoria della rivolu-zione politica che ha ispirò la nascita delle repubbli-che moderne facendo rivivere lo spirito e le istituzioni dell’antichità romana che poi divennero gli aspetti caratterizzanti del pensiero politico del XVIII secolo. Machiavelli contribuì proprio con le sue riflessioni sulla religione nella fondazione di nuovi ordini politi-ci. La nascita di un nuovo ordine politico esigeva infat-ti, accanto alla violenza, al potere, all’autorità, alla for-za della parola la religione (Shennan 1976). La religione proposta da Machiavelli, non era una nuova religione da costruire dal nulla, ma una religione rein-terpretata necessaria alla sovranità popolare (Scichi-lone 2013). Machiavelli scrisse le sue opere nel pieno

con dissimulata ipocrisia avrebbe all’inizio mostrato di voler Pacificare i discorsi, confortando gli oppressi, soccorrendo i poveri. In seguito, però, per consolidare il suo potere sarebbe diventato crudele e superbo.

delle guerre d’Italia (Musi 2003). Lo spazio di analisi del segretario fiorentino furono i principati italiani e la ricerca degli strumenti di affermazione della sovra-nità: tra questi la religione. La novità della concezione machiavelliana era soprattutto, nel sottolineare il va-lore e l’autonomia dell’azione politica, caratterizzato dal conflitto delle forze in campo (Galasso 1996). Ne-gli scritti di Machiavelli la svolta verso il realismo po-litico non fu pacifica (Gilbert 1970). Essa fu segnata da una profonda tensione interna fra il razionalismo politico, la lucida percezione dei limiti della situazio-ne italiana e l’utopia rivoluzionaria di forzare questa situazione attraverso la virtù e la personalità di un Principe. Machiavelli, infatti, si preoccupò di delinea-re gli strumenti atti a costruidelinea-re il Principe, figura poli-tica capace di concentrare in sé tutti i livelli dell’auto-rità, e portare aggregazione fra i vari stati per costruire una realtà politica stabile. Anche nell’ultimo capitolo del Principe, nel quale sembrava affiorare l’i-dea nazionale, non era né un finale retorico, né un ri-chiamo realistico alla possibilità di una unità e indi-pendenza italiana; era piuttosto, l’aspirazione a quella riforma morale dell’Italia, vagheggiata in molti ambiti intellettuali dopo la discesa di Carlo VIII (Hintze 1980). Machiavelli espresse così, la forte tensione che viveva l’umanesimo italiano. Nei primi decenni del ‘500 l’evoluzione del pensiero monarchico e repubbli-cano, l’insistenza sulle virtù e la personalità carisma-tica di un Principe, la connessione tra l’indipendenza italiana e l’indipendenza di ogni suo singolo stato, l’a-spirazione utopistica a una maggiore libertà politica, sono elementi forti presenti in Machiavelli, che visse la tragica conflittualità tra queste istanze (Kamen 1987).

Conclusioni

Machiavelli, trovò il suo Dio nella tradizione del cri-stianesimo repubblicano fiorentino (Galasso 1979). Egli scrisse di un Dio che partecipava alla vicenda uma-na, amava le libere repubbliche, sosteneva e premiava chi governava con giustizia e voleva che gli uomini si facessero con la loro virtù simili a Lui e operassero per il bene comune, divenendo dei “santi cittadini” che ponevano la patria al primo posto (Gilbert 1977). Questa visione del cristianesimo ispirò in Machiavelli, una avversione alla corruzione della Chiesa cattolica e stimolò il bisogno di una riforma religiosa e mora-le. Machiavelli auspicava ad una religione civile che si traduceva in legame patriottico di un popolo, in un comune sentire repubblicano, e non una religione in-tesa come fede, ovvero “instrumentum libertatis”. La religione era indispensabile al legislatore o a chi vo-leva costituire una comunità. L’attività fondatrice o ri-formatrice del legislatore doveva essere suffragata da

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una volontà divina “numen”, espressa con un linguag-gio che potevano cogliere solo chi ne aveva la facoltà e il potere “ovvero il legislatore”. Machiavelli, evidenzia-va il ruolo unificante svolto dalla religione che preclu-deva alle “civili dimensioni”, salutari e necessarie alla repubblica. Il segretario fiorentino non pretendeva la preminenza nelle decisioni politiche e militari della religione, le quali tuttavia, erano fatte collimare con le antiche credenze e con i miti. Machiavelli delineò una religione della virtù, capace di correggere la cattiva educazione religiosa della Chiesa cattolica, responsa-bile dell’instabilità dell’equilibrio politico dell’Italia. L’Italia per conquistare una libertà duratura, doveva emanciparsi dalla religione dell’ozio, ritrovare la vera religione, e con essa il Dio che comandava di perse-guire la virtù antica. La religione che poteva aiutare la conquista delle libertà era un cristianesimo ricondot-to ai suoi principi. Tale argomentazione evidenziò che gli “italiani” avevano sperimentato più la Chiesa (isti-tuzione), che la religione (fede). La vita civile quindi, nel pensiero del Machiavelli non doveva essere più modellata su una religione prestabilita. La religione in Machiavelli viene strutturata, in modo tale che essa non entri costantemente in conflitto con la vita civi-le, ma possa sostenerla attivamente. Lo Stato, diviene così, un valore in sé e alla ragion di stato è sottomessa anche la religione, che diviene anche essa tra i tanti, uno strumento di affermazione della sovranità, e stru-mento politico utile sottraendo il sentistru-mento dell’ob-bligazione politica all’esclusivo dominio della forza. L’unità religiosa, insieme a quella dinastica, diviene, così un fattore potente di legittimità e di aggregazio-ne politica (Maravall 1991). Il segretario fiorentino vedeva la religione ancora, in senso funzionalistico, come strumento per la stabilizzazione dello Stato. A Machiavelli, non interessava che il suo pensiero fosse coerente con le Sacre Scritture. Egli compose le sue opere, utilizzando un linguaggio profetico, per far ri-nascere le passioni umane, ispirare e spingere con la forza persuasiva della parola gli uomini all’azione, per poter realizzare una nuova realtà morale e politica. Tale obiettivo è il filo rosso che lega tutte le sue ope-re. Nel Principe, evoca la figura di un redentore (Mosè, Ciro, Teseo, Romolo) che sappia far risorgere l’Italia. Un Principe nuovo, della pari dignità e virtù di Mosè (si diventa principi per propria virtù e non per fortu-na), che agì come strumento nelle mani di Dio (Dio promette la sua amicizia a chi voleva compiere un’o-pera di redenzione e a chi era simile a Lui aiutando-lo a superare enormi ostacoli). Machiavelli nelle sue opere, sottolineò che senza religione era impossibile avere eserciti che sapevano combattere con coraggio e rispettare le regole della guerra, attribuendo il de-clino della virtù militare non alla religione cristiana

in quanto tale, ma alla religione cristiana interpretata secondo l’ozio (fedeltà a Dio e al Principe, elemento unitario dal punto di vista culturale per poter fare funzionare un principato). La religione auspicata da Machiavelli era, una religione della libertà che inse-gnava a vivere senza servire e senza dominare, ad es-sere forti d’animo per difendere la libertà comune, ad obbedire solo alle leggi e a chi governa con giustizia. Senza questa religione e senza questo Dio i popoli non possono vivere liberi. La religione delle virtù machia-velliane e l’idea di una riforma religiosa e morale da realizzare tramite il ritorno ai veri principi della re-ligione cristiana, ispirarono una rere-ligione e una vita morale capace di far rinascere e sostenere la libertà politica. Il cristianesimo repubblicano di Machiavelli, come cita Arendt, fu parte essenziale della teoria del-la rivoluzione politica che ha ispirato del-la nascita delle repubbliche moderne, facendo rivivere lo spirito e le istituzioni dell’antichità romana che poi divennero gli aspetti caratterizzanti del pensiero politico del XVIII secolo (Tilly 1984). Machiavelli contribuì proprio con le sue riflessioni sulla religione nella fondazione di nuovi ordini politici. La nascita di un nuovo ordine politico esigeva infatti, accanto alla violenza, al pote-re, all’autorità, alla forza della parola la religione. La religione proposta da Machiavelli, non era una nuova religione da costruire dal nulla, ma una religione rein-terpretata necessaria alla sovranità popolare.

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