• Non ci sono risultati.

Riscoprire la comunità

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 129-134)

Tratti comunitari

3. Riscoprire la comunità

Pensare fino in fondo la comunità significa condurla al punto estremo del suo abbandono. La comunità è pericolo, è negativa, è impossibile e, se c’è, si fa sem-pre più piccola di fronte alle minacce che provengono dall’esterno: povertà, precarietà, marginalità e paura sono le nuove forze distruttive contro cui lo spiri-to comunitario deve lottare, altrimenti la comunità scompare, è assente e con essa è assente ogni legame sociale. In realtà la comunità è inevitabile perché la vita di ognuno, fin dalla nascita, si svolge comunque all’interno di una qualche comunità, tuttavia cambia il carattere del legame fra individuo e comunità, l’equi-libro fra la sfera pubblica e la sfera privata. Nella so-cietà moderna e post-moderna si ricreano incessan-temente relazioni comunitarie o micro-comunitarie, come le relazioni di network nelle forme virtuali della web-community, contro la logica del mercato o come rimedio all’ansia esistenziale.

Riscoprire la comunità significa, allora, ritrovare i legami sociali riscrivendo la legge della condivisione, dell’essere in comune o essere-con, secondo la rifles-sione di George Bataille (1897-1962) in cui l’idea di comunità è intesa come esposizione comune degli uni agli altri, dove l’esistenza è con-divisa, cioè aperta alla compresenza dell’altro: «[…] pensare l’essere in co-mune rimanda alla questione decisiva del darsi in-co-mune dell’esistenza; significa chiedersi in che modo il comune configura e articola l’esistenza» (De Petra 2010, pag. 150). Condividere un’esperienza, stare in-sieme, farsi compagnia rende giustizia all’idea di

co-e-sistenza. Questa compagnia è più di una cittadinanza

o di una fratellanza, per le quali è più forte il senso di appartenenza comunitario: questa compagnia è aper-tura di senso senza condizioni in quanto è costitutiva dell’essere sociale come compagno, come colui «con cui si spartisce il pane quotidiano ed ancora prima l’esistenza» (De Petra 2010, p. 228). Per recuperare il senso della comunità è necessario riattivare le rela-zioni di reciprocità e di coesione sociale, di responsa-bilità verso gli altri, di dovere nei confronti del bene comune. «Dobbiamo promuovere la capacità dell’al-tro, favorire il suo star bene nella fiducia che anche l’altro farà lo stesso con noi» (Belardinelli 2006, p.24).

mec-Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017 Visioni interdisciplinari

131

canismi nuovi per crearla e rafforzarla attraverso la costruzione di relazioni fondate su legami più forti in cui la «condivisione di valori e obiettivi in un contesto di fiducia, di partecipazione e cooperazione può rap-presentare un valido supporto anche nell’affrontare i problemi personali» (Marcon, Scilletta 2011, pag. 38). Nella comunità il sentimento di appartenenza è sociale quando l’individuo condivide valori e ruoli dei membri del gruppo, è culturale quando i valori, le isti-tuzioni, i riti e le consuetudini sono fattori culturali comuni e accettati, è territoriale quando c’è comunità di luogo, definita in rapporto ai riferimenti fisico-spa-ziali dell’ambiente e del territorio di una popolazione.

In un panorama sociale contemporaneo, in cui la società patisce profonde fratture come la difficoltà di produrre valori unificanti, come la conflittualità nel sistema di potere, come l’indebolimento dei confini fra natura e cultura, emerge più evidente il bisogno di relazionalità nuova, di rapporti di fiducia e di solida-rietà, di affiliazione e di reciprocità negli scambi che non siano solo circoscritti a un livello limitato come l’ambito familiare o amicale in quanto costituiscono la base della cittadinanza stessa.

Oggi la dimensione comunitaria è «sempre più as-sottigliata a causa della diversificazione del tessuto sociale, causato dalla elevata presenza di stranieri, e da un individualismo estremo, tipico della cultura oc-cidentale» (Colombero 2015, pag. 94), dove si fatica a instaurare relazioni di collaborazione solidale ed è più facile isolarsi.

Per risorgere come «unità in cui i soggetti in un modo o nell’altro sviluppano reciprocamente vincoli positi-vi» (Berti 2005, p. 56) bisogna intervenire sulla quali-tà delle relazioni. Fiducia e solidariequali-tà sono caratteri comunitari della relazione che tengono unito il corpo sociale e danno forza alla sua coesione. È facile chie-dersi allora se una comunità in cui legami forti come quelli di mutua assistenza e fratellanza che nascono dalla coscienza individuale e dalla consapevolezza di far parte di un tutto, sia davvero una «comunità pos-sibile» (Ciucci 1990, pag.10) o se sia invece più evi-dente assistere nell’attuale società al suo progressivo sgretolamento, al frantumarsi delle relazioni e alla fragilità del tessuto sociale. Tuttavia, anche se i tratti originari vengono meno o si indeboliscono, la comu-nità non muore davvero. Cambia e con essa la strut-tura delle relazioni. I membri si riuniscono in gruppi, movimenti e organizzazioni per valorizzare ciò che è comune e per contrapporsi ai poteri dominanti e ri-trovare equilibro fra spazio pubblico e spazio privato.

Roberto Esposito (1950) vede nella comunità non lo spazio privato ma quello pubblico che richiama al dono e alla reciprocità. Ciò che unisce non è la condi-visione di un’identità o di una proprietà privata ma

la vocazione verso uno spazio pubblico fatto di reci-procità e disponibilità. La definizione di communitas è «l’insieme di persone unite dalla legge originaria del dono reciproco alla cui base non c’è affatto una pro-prietà o un’appartenenza comune, ma, al contrario, un impulso che ci obbliga nei confronti degli altri prima che ce lo imponga qualsiasi istituzione o ordinamento normativo» (Esposito 2006, p. 23). Dalla ricerca del filosofo sull’etimo communitas e cum-munus, dove il termine munus significa “dono” inteso come dovere, come obbligo e come ciò che non è proprio: «il munus che la communitas condivide non è una proprietà o una appartenenza. Non è un avere, ma, al contrario, un debito, un pegno, un dono-da-dare» (Esposito 2006, p.13). Nella comunità gli individui sono tenuti insieme da un onere, ciò che «i membri della commu-nitas condividono […] è piuttosto una espropriazione della loro sostanza che non si limita al loro avere ma che coinvolge e intacca il loro essere soggetti» (Espo-sito 2006, p.148). Gli uomini in comunità condivido-no la mancanza del legame comunitario e per entrare devono liberarsi della propria soggettività per il bene comune. La comunità assume vesti diverse e mutevo-li: nella società è insieme sia comunità di consenso sia comunità di conflitto. Per Aristotele «non c’è co-munità senza conflitto - o, polis senza polemos -, nel senso che la volontà di vivere-insieme e, quindi, la co-munanza politica devono alimentarsi di valori condi-visi o di un bene comune da difendere» (Fistetti 2003, p.35). Il fine ultimo della comunità politica è, secondo Aristotele, quello di vivere secondo virtù, fine che si può raggiungere solo entrando in reciproco rapporto comunitario. La vita virtuosa è quindi il fondamento etico della comunità e dell’essere insieme. La comu-nità come res publica è un insieme di individui «in cui nessuno è costretto a servire e a nessuno è consentito di dominare» (Fistetti 2003, p.42) e in cui ci sia la ca-pacità di instaurare un equilibrio fra interessi priva-ti e bene pubblico attraverso la forma naturale della comunità che è il logos, la parola, il dialogo e la dia-lettica. La comunità come res publica è quell’unità dei popoli fondata sulla legge e sul diritto, in cui ciascuno antepone alla propria utilitas personale – il proprio egoismo le proprie ambizioni di ricchezza e di potere – all’honestum per il bene comune, per «l’istituzione e la conservazione della comunità come una forma di legame reciproco che riconosce i suoi membri come liberi ed eguali» (Fistetti 2003, p.59).

Il bisogno di riscoprire la comunità oggi contro le incertezze e i rischi della società contemporanea è un sentimento che nasce come effetto delle minacce dei «potenti attori economici transnazionali che […] non solo monopolizzano il mercato ma svuotano i governi nazionali […]» (Fistetti 2003, p.151). E qui il

Visioni interdisciplinari Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017

132

singolo deve farsi forza e non rinchiudersi all’interno della propria cultura e contrapporsi alle altre sentite come estranee, superando il contrasto tra il noi e il loro ma costruire identità collettive e comunità nuo-ve valorizzando le differenze culturali e superando la distanza fra locale e globale, le rivalità fra singoli e gruppi incentrando il principio della differenza su quello di giustizia sociale.

4. Conclusioni

Nella società odierna sembra che il destino degli uomini si compia nella scomparsa delle relazioni tra-dizionali e nella liberazione da ogni vincolo comuni-tario, rendendo sempre più difficile la comunicazione fra pubblico e privato.

Secondo Zygmunt Bauman (1925), nel mondo in cui viviamo gli individui si percepiscono insieme e con-temporaneamente isolati. La condizione dell’uomo nella società contemporanea è una condizione senza identità, senza riferimenti condivisi fino a un totale deterioramento e disgregazione dei rapporti inter-personali, «all’annientamento totale della sfera privata, il luogo dell’autocostituzione e autodeterminazione dell’individuo» (Bauman 2000, pp.92-93); i rapporti umani sono frammentari e discontinui e nella relazio-ne fra individui l’altro è oggetto di «valutaziorelazio-ne este-tica e non morale» (Bauman 2000, p. 50), il sogget-to moderno è alienasogget-to dagli altri, chiuso in sé stesso, proiettato solo nella ricerca del suo self-interest, privo di qualsiasi etica pubblica e indifferente al destino degli altri individui con cui vive. Da qui nasce il biso-gno di una comunità etica contro le disgregazioni dei processi economico-sociali e di reinventare la comu-nità per «ricomporre le dissonanze, le contraddizioni, le distorsioni, le lacerazioni che quei processi della modernizzazione e della razionalizzazione capitali-stica avrebbero provocato nel corpo sociale» (Fistetti 2003, p.132). In questo contesto, la comunità potrà risorgere se riuscirà a ricostruire relazioni fiduciarie fra i diversi membri e fra le diverse comunità, se di-venterà più coesa e compatta guarendo le ferite della modernità. Un primo passo importante è, senza dub-bio, il perseguimento collettivo dei valori di giustizia, di fiducia, di equilibro, di riconciliazione, di parteci-pazione, di sostenibilità e di ambiente, «escludendo dalla comunità questi riferimenti saremmo solo alla ricerca di un po’ di sicurezza, magari fatta di muri che dividono, di confini da difendere, piuttosto che di le-gami che si allacciano o di mani che si tendono» (Berti 2005, p. 177).

Il bisogno di comunità si manifesta come risposta alla frammentazione sociale delle società attuali e come rivendicazione di forme e stili di vita che

«contestano il primato della logica del mercato in tutti gli ambiti di vita, a cominciare dalla natura, da non più considerare come materia inerte da manipolare a piacimento, ma da rispettare come ecosistema nei sui delicati equilibri, e con cui instaurare un contratto che […] ci vincoli a un’etica del ritegno, della misura e della responsabilità» (Fistetti 2003, p.140).

Bibliografia:

Bauman Z., La solitudine del cittadino globale, Mila-no, Feltrinelli, 2000.

Bauman Z., Voglia di comunità, Roma-Bari, Laterza, 2001.

Belardinelli S., Sociologia della cultura, Milano, Fran-co Angeli, 2006.

Berti F., Per una sociologia della comunità, Milano, Franco Angeli, 2005.

Blanchot M., La comunità inconfessabile, Milano, Fel-trinelli, 1984.

Cheli E., Le relazioni interpersonali, Milano, Xenia, 2008.

Ciucci R., La comunità possibile, Lucca, Pacini Fazzi, 1990.

Colombero M., La comunità che si svela, FrancoAnge-li, Milano, 2015.

De Petra F., Comunità comunicazione comune, Roma, DeriveApprodi, 2010.

Esposito R., Communitas. Origine e destino della

co-munità, Milano, Einaudi, 2006.

Fistetti F., Comunità, Bologna, il Mulino, 2003. Gallino L., La lotta di classe dopo la lotta di classe, Ro-ma-Bari, Laterza, 2012.

Marcon G., Scilletta C., Il ruolo del welfare civile nel

welfare mix. I bisogni non evasi dal welfare pubblico,

Treviso, Camera di Commercio di Treviso, 2011. Mutti A., La fiducia, in «Rassegna italiana di Sociolo-gia», XX, n. 2, 1987, pp. 230-231

Plessner H., I limiti della comunità. Per una critica del

radicalismo sociale, Bari, Laterza, 2001.

Pollini G., Appartenenza e identità: analisi

sociologi-ca dei modelli di appartenenza sociale, Milano, Franco

Angeli, 1987.

Saccheri T., Sviluppo e trasformazione della

comuni-tà, Napoli, Liguori, 2005.

Simmel G., Filosofia del denaro, Torino, UTET, 1984. Tönnies F., Gemeinschaft und Gesellschaft, Berlin, Karl Curtius, 1912 (trad. it., Comunità e società, Mila-no, Edizioni di Comunità, 1979).

Viola F., La politica come comunità, in «Nuvole», 7 (3), 1997, pp.30-32

Weber M., Wirtschaft und Gesellenschaft, vol. I, Tüb-ingen, Verlag von J.C. B. Mohr (P. Siebeck), 1922, (trad. it. di Economia e società, a cura di T. Biagiotti, F. Casa-bianca, P. Chiodi, G. Giordano, P. Rossi, Milano, Edizio-ni di comuEdizio-nità, 1961).

Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017 Visioni interdisciplinari

133

G

e

es

Gentes, anno IV numero 4 - dicembre 2017 Visioni interdisciplinari

135

Francesca: ‹‹tosseco dolce›› al

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 129-134)