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Traduzione e interpretazione

Nel documento Gentes - anno IV numero 4 - dicembre 2017 (pagine 82-86)

Le conseguenze della Brexit sulle politiche linguistiche

8. Traduzione e interpretazione

(Herszenhorn, Von der Burchard 2017).

Questo costituirebbe un precedente importante, dato che le lingue regionali non sono ammesse come lingue ufficiali dell’UE.

Non sarebbe neanche da sottovalutare la situazione delle lingue minoritarie in Italia.

Secondo la legge 482/1999, l’italiano è la lingua uffi-ciale dell’Italia, ma altre dodici lingue elencate all’art. 2 vengono tutelate dalla Repubblica Italiana: quelle delle popolazioni «albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il france-se, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo» (Parlamento Italiano 1999).

Non è chiaro il criterio di scelta delle lingue da pro-teggere, data la ricchezza di idiomi regionali presenti in Italia, ma le minoranze scelte possono essere rag-gruppata in tre gruppi principali: le lingue delle mino-ranze nazionali (francese, tedesco e sloveno, ad esem-pio), le lingue regionali (ladino, friulano e sardo) e le colonie linguistiche (Greco, albanese, catalano) (Toso 2008).

8. Traduzione e interpretazione

Se si dovesse decidere per l’eliminazione dell’ingle-se come lingua dell’UE, una delle condell’ingle-seguenze riguar-derà proprio le traduzioni e le interpretazioni: con 24 lingue ufficiali le combinazioni linguistiche per traduttori e interpreti sono 552 (Parlamento Europeo 2017).

Gli interpreti lavorano in tre, cercando di combinare quante più lingue attive (verso le quali viene effettua-ta l’interpreeffettua-tazione) e passive (da cui viene effettuaeffettua-ta l’interpretazione) possibili.

Spesso, soprattutto nell’interpretazione, si ricorre a un’interpretazione “pivot”, ovvero una interpretazio-ne da una lingua meno diffusa a una più conosciuta, tendenzialmente proprio l’inglese, e viceversa, o “re-tour”, in cui l’interprete lavora verso la sua lingua at-tiva ma anche a partire da essa (Parlamento Europeo 2017).

Per esempio, se un parlamentare parla in irlandese e deve essere capito da un italiano, il parlamentare ir-landese sarà interpretato dal gaelico all’inglese e gli interpreti responsabili dell’italiano interpreteranno dall’inglese all’italiano.

Normalmente si salta il passaggio intermedio, inter-pretando ad esempio dal tedesco all’italiano senza in-termediazioni.

Sarà così facile usare un’altra lingua pivot che non sia l’inglese?

Per le traduzioni non c’è una regola specifica, ma tendenzialmente i documenti sono redatti in inglese, la prima lingua straniera più comune, per la rapidità di redazione.

Supponendo che non si potrà più usare l’inglese uf-ficialmente, bisognerà trovare una seconda lingua co-mune che sia “comoda” sia per i funzionari dell’UE che per i traduttori, in modo da non rallentare eccessiva-mente il lavoro nelle istituzioni.

9. Conclusioni

Dopo aver analizzato il quadro legislativo e alcune delle conseguenze della Brexit sulle politiche lingui-stiche dell’UE possiamo pensare a quale scenario si potrebbe verificare realisticamente a partire da mar-zo 2019.

Eliminare l’inglese come lingua ufficiale dell’UE sarà una delle conseguenze della Brexit, ma non sarà pos-sibile eliminare con un colpo di spugna la lingua dal patrimonio condiviso degli europei e obbligarli a non parlare la prima lingua straniera studiata al mondo, che permette non solo connessioni con i paesi anglo-foni europei, ma anche con quelli extraeuropei.

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L’influenza della grafica

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