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Il progetto sulla soia danubiana

Nel documento Bioreport 2017-2018 (pagine 166-168)

L’Associazione Donau Soja - L’Associazione Donau Soja è un’organizzazione indipendente, no-profit e di respiro internazionale, che ha come scopo la crescita e lo svi- luppo del sistema agroalimentare dell’area danubiana attraverso la creazione di una filiera della soia sosteni- bile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Per raggiungere questo obiettivo l’associazione si impe- gna a promuovere la produzione di soia non modificata Fig.1 - L'area geografica del bacino del danubio*

*Negli Stati rappresentati con un asterisco solo alcune regioni fanno parte dell'area di coltivazione della soia danubiana. Fonte: Donau Soja.

AUT CZE SVN ITA* CHE DEU* POL* SVK HUN HRV BIH SRB BGR ROU UKR* MDA

* These countries are included with the following regions: GERMANY: Bavaria, Baden-Württemberg

ITALY: Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia- Romagna, Lombardia, Piemont, Vallée d’Aoste

POLAND: Dolnoslaskie, Opolskie, Slaskie, Swietokrzyskie, Podkarpackie, Malopolske

UKRAINE: Uschgorod, Tschernowzy, Winniza, Odessa, Lwow, Ternopol, Chmelnizkij, Iwano-Frankovsm

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geneticamente, di origine controllata e di alta qualità nei territori che fanno parte dell’area geografica del bacino del Danubio (fig. 1).

Buona parte dell’Italia del Nord rientra nell’area, visto che sia in Friuli-Venezia Giulia che in Alto Adige ci sono dei corsi d’acqua che raggiungono il Mar Nero attraver- so il Danubio: lo Spöl di Livigno, la Drava in Val Pusteria e lo Slizza nel Tarvisiano. Questi 3 corsi d’acqua hanno dato all’Italia il diritto alla navigazione del Danubio nella Convenzione di Belgrado del 1948.

L’iniziativa Soia Danubiana rappresenta, ad oggi, la mag- giore iniziativa europea nel settore delle proteine vege- tali. L’organizzazione conta più di 265 membri apparte- nenti ad ambiti politici, civili e commerciali.

Per valorizzare il prodotto e garantirne la tracciabilità e la sostenibilità, l’organizzazione ha introdotto il mar- chio Donau Soja (DS) che contrassegna, oltre alla soia come materia prima, i prodotti da essa derivati diretta- mente, come il latte o il tofu, e quelli zootecnici ottenuti da animali con essa alimentati, come le uova, la carne o il latte. Il marchio può essere esibito su tutti i prodotti che rispettano i disciplinari. Il disciplinare prevede che un prodotto certificato Donau Soja sia privo di OGM e prodotto nell’area danubiana, non sia coltivato in aree deforestate, sia ottenuto nel rispetto di tutte le norme che regolano il lavoro e i diritti dell’uomo e che la sua tracciabilità sia garantita e dimostrabile. Le produzioni biologiche rientrano in tale ambito ma il marchio Donau Soja non è esclusivamente legato al biologico.

Origine e sviluppo dell’iniziativa Donau Soja - I primi passi verso una forma concreta di cooperazione, per in- centivare lo sviluppo delle coltivazioni di soia nelle zone del bacino del Danubio e, di conseguenza, contribuire a una produzione autoctona e indipendente di proteine vegetali nel continente europeo, avvengono nel 2012.

In tale anno, a Vienna, ha luogo l’International Danube Soya Congress, durante il quale rappresentanti politici ed esperti del settore primario provenienti da 17 Pae- si europei esprimono la loro volontà di aderire a questo progetto. L’ufficialità della formazione di Donau Soja vie- ne decretata dalla firma della dichiarazione costitutiva, che avviene il 19 gennaio 2013 a Berlino, quando i rap- presentanti di 9 Paesi si impegnano a valorizzare la pro- duzione di soia e a introdurla in modo sostenibile nelle rotazioni colturali. Negli anni successivi si aggiungono alla lista i rappresentanti di altri paesi, fino a raggiunge- re un totale di 15 ministri e segretari di stato dei seguen- ti paesi: Croazia, Serbia, Svizzera, Bosnia, Repubblica Serba, Ungheria, Bulgaria, Slovenia, Slovacchia, Roma- nia, Polonia, Moldova, Germania, Austria e Ucraina.La dichiarazione di Berlino rappresenta la pietra miliare del progetto. Da quel momento è iniziato un percorso di crescita che ha portato l’organizzazione ad espandersi in ulteriori paesi. Ad oggi, Donau Soja ha il suo quartier generale a Vienna e uffici dislocati in Germania, Serbia, Ucraina, Moldavia e Romania, oltre alle rappresentanze che lavorano in Polonia e in Italia.

L’organizzazione ha visto crescere il numero dei propri membri in modo significativo nell’arco degli ultimi anni. Ad oggi, coloro che credono nell’iniziativa e hanno deciso di associarsi sono più di 260. Fanno parte di Donau Soja aziende che operano in tutti gli stadi della filiera, dal- la produzione di sementi alla commercializzazione del prodotto, dalla produzione in campo alla trasformazio- ne della soia, mangimifici e aziende zootecniche. Hanno inoltre sposato il progetto anche membri della società civile come le organizzazioni no-profit, gli istituti di ri-

cerca e le università1. È importante sottolineare come

una parte importante dei soci rappresenti i consumatori e gli attori nel mercato (ad esempio, COOP, SPAR, LiDL, ALDI).

1 Fra i soci appaiono anche organizzazioni no-profit italiane: Legambiente e la sezione regionale del Friuli-Venezia Giulia dell’Associazione Italiana

per l’Agricoltura Biologica (AIAB-APROBIO FVG). Le due associazioni hanno aderito al progetto nel 2014, quando in Friuli la sfida di Futuragra, con le ripetute semine di mais transgenico, era un chiaro pericolo per il territorio e per il biologico. Anche grazie al supporto dell’associazione e delle autorità austriache, in tale occasione si riuscì a far comprendere come un altro modello di agricoltura fosse più adeguato ai territori e all’economia dell’area.

Nel contesto della Soia Danubiana, l’Italia si trova in una situazione piuttosto interessante. Tutte le regioni del Nord Italia – ad esclusione della sola Liguria – rientrano infatti nell’area utile per ottenere la certificazione DS e tutta la soia prodotta sul territorio nazionale è di default non OGM, giacché la coltivazione di varietà genetica- mente modificate non è ammessa.

Potenzialmente e grazie a una conoscenza tecnica ele- vata e a un clima adatto per la produzione, l’Italia po- trebbe pertanto diventare un punto di riferimento e una realtà trainante del progetto Donau Soja, con ripercus- sioni economiche e agronomiche positive.

L’iniziativa Soia Danubiana comprende altresì le produ- zioni biologiche. Anche qui l’Italia avrebbe diverse carte da giocare, viste la crescita della domanda di soia bio- logica sia per uso alimentare sia per uso zootecnico e l’opportunità di rafforzare il legame con il territorio, che sarebbe non solo ragionevole ed estremamente coe- rente con i principi del biologico, ma anche apprezzato dai consumatori. Oltre a ciò, la possibilità di valorizzare delle colture convenzionali ma non OGM permetterebbe di porre fine al tentativo di introdurre colture OGM e ai relativi rischi di contaminazione per il biologico. In altri termini, la coltivazione della soia non OGM, sostenibile e tracciata (ovvero quella a marchio Donau Soja) è una “vi- cina di campo” di gran lunga più compatibile con l’agri- coltura biologica, anche condividendo trebbie, essiccatoi e centri di stoccaggio.

Nel documento Bioreport 2017-2018 (pagine 166-168)