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Il riconoscimento del ruolo di ruffiana di Gillide

LA PROCACCIATRICE DI RELAZIONI O LA MEZZANA

2.3 Eroda e la caratterizzazione: la mezzana Gillide

2.3.2 Il riconoscimento del ruolo di ruffiana di Gillide

Finora abbiamo parlato dei modelli mimico-comici adottati da Eroda, con le opportune variazioni, per imbastire il personaggio della mezzana Gillide. Questi tratti tipici, che in vario modo emergono nel corso del componimento, concorrono al riconoscimento del ruolo di ruffiana rivestito da Gillide; esso, infatti, non è dichiarato in maniera esplicita, ma viene suggerito gradualmente tramite le parole con cui si autorappresenta l'anziana e quelle con cui le si rivolge Metriche, il cui ruolo sociale è stato oggetto di animate discussioni tra chi la reputa la sposa fedele di Mandris e coloro che invece ritengono ‒ a ragione, credo ‒ che sia un'etera che in passato faceva parte dell'entourage di Gillide, ma che adesso, ormai non più nel fiore della gioventù, ha deciso di procurarsi una sistemazione fissa andando a vivere more uxorio con il compagno Mandris423.

Ora andremo ad analizzare le parole delle due donne per individuare le sottili allusioni volte a risvegliare la memoria poetica del pubblico di Eroda, coinvolto attivamente nel processo graduale di riconoscimento dei segni che svelino il ruolo di Gillide424.

Dall'iniziale scambio di battute tra Gillide e la serva Tracia, che fa mostra di una certa pigrizia e impertinenza, si capisce che l'anziana è sicura che chi sta per farla entrare sa chi è (le aveva già fatto visita cinque mesi prima: cfr. vv. 10-12). Infatti, alla prima domanda di Tracia sulla sua identità, ella risponde «io, proprio io» (v. 3 ἐγὦδε) e, soltanto dopo ulteriori richieste insistenti425, si presenta dicendo il proprio nome e, per far leva sulla benevolenza di Metriche, aggiunge di essere «la madre di Filenio» (v. 6 ἡ Φιλαινίου μήτηρ), che alla padrona di casa doveva evidentemente essere nota.

Innanzitutto un paio di considerazioni sul nome Γυλλίς che, se come molti nomi propri dei personaggi dei Mimiambi fosse un nome parlante, potrebbe suggerire un tratto

423 Quest'ultimo è il parere ultimamente accolto dalla maggior parte della critica e che Di Gregorio 1995,

683-689 ha corroborato con convincenti argomentazioni, le quali saranno progressivamente prese in esame nel presente capitolo. Come nel caso della μαστροπός, anche il personaggio di Metriche non è invenzione originale di Eroda, ma presenta alcuni tratti caratteristici della figura della bona meretrix, una cortigiana in grado di provare passione e sentimenti sinceri per un unico uomo. Questo personaggio era presente già nella Μέση (cfr. fr. 210 K.-A. dell' Ὑδρία di Antifane; Amph. fr. 23 K.-A.; Anax. fr. 21 K.-A.) e, soprattutto, nella Νέα e nelle commedie di Terenzio e Plauto (cfr. Taide in Ter. Eun. 86, 96ss., 125ss., 197ss.; Pasicompsa in Plaut. Merc. 535ss. e Filemazio in Plaut. Most. 205).

424 Cfr. Mastromarco 1991, 179-180.

425 Due ragioni possono giustificare il mancato riconoscimento di Gillide da parte dell'ancella: in primo

luogo il mimo sembra essere ambientato in una giornata d'inverno, in un periodopiovoso,forsedisera e quindi con la visibilità ridotta (cfr. p. 134 n. 376); in secondo luogo Tracia, dopo essere andata ad aprire la porta di malavoglia su ordine della padrona, deve aver appena socchiuso la porta, rimanendo poi indolente dentro all'ingresso ed esortando sgarbatamente la visitatrice a farsi avanti (secondo Terzaghi 1925, 4 e Massa Positano 1970, 40 Gillide al v. 4b risponde alla serva facendole il verso, poiché πάρειμι contiene già in sé il concetto di vicinanza e pertanto l'iterazione di ἆσσον risulta superflua).

peculiare della προκυκλίς. James C. Austin lo collega con il termine γύλιος o γυλιός, uno zaino lungo e stretto per le provvigioni426: in questo caso potrebbe indicare la famosa ingordigia, soprattutto di vino, delle mezzane oppure il viaggiare, l'andare e il venire proprio di chi esercita la professione di Gillide427. Tuttavia, a causa della scarsa perspicuità di tali collegamenti, la possibilità che il nome Γυλλίς potesse fungere da spia in grado di suggerire il suo ruolo di ruffiana è destinata a rimanere solo una suggestione. Sicuramente più evocativo è il fatto che Gillide si definisca ἡ Φιλαινίου μήτηρ (v. 6). Come si può osservare nella riproduzione sottostante della col. 1 del papiro londinese, nel margine destro è stata vergata da una mano quasi coeva la variante Φιλαινίδος, accolta, dopo Rutherford, anche da Knox, Cunningham, Mastromarco e Zanker.

[Fig. 24] Brit. Mus. Pap. 135 = P. Lit. Lond. 96. Col. 1. Προκυκλὶς ἢ μαστροπός, vv. 1-15.

426 Cfr. Austin 1922, XVI. Per il termine γύλιος («zaino») cfr. Aristoph. Pax 527, Ach. 1097.

427 La prima interpretazione è stata proposta da Headlam-Knox 1922, 13 rimandando a Hesych. γ 988

Latte, in cui Γυλιός (-Γύ) è un epiteto di Eracle, famoso per la sua ingordigia; la pensano così anche Terzaghi 1925, 2, Puccioni 1950, 3 e Massa Positano 1970, 33-34. La seconda interpretazione invece è basata sull'ipotesi avanzata da Galiano-Gil 1955, 78-79 i quali, partendo dal contributo di Pisani 1952, 93-94, sono arrivati alla conclusione che il verbo προκυκλεῖν, connesso con προκυκλίς, indichi l'andare e il venire, occupazione principale di chi esercita il mestiere di Gillide.

In età alessandrina, infatti, il nome Filenide era notoriamente connesso all'autrice ‒ una Filenide di Samo vissuta nel IV sec. a.C. ‒ di un manuale Περὶ Ἀφροδισίων, di cui nel 1972 sono stati pubblicati da E. Lobel dei frammenti papiracei lacunosi del II sec. d.C. (P. Oxy. 2891, frr. 1-3), contenenti una tradizionale sphragis (τάδε συνέγραψε Φιλαινὶς Ὠκυμένους)428. La notorietà di Filenide, cui si accompagnava una reputazione negativa a causa dell'argomento del manuale che aveva scritto, è riflessa negli epigrammi di Escrione (AP VII 345) e di Dioscoride (AP VII 450); riporto il testo del primo:

Ἐγὼ Φιλαινὶς ἡ 'πίβωτος ἀνθρώποις ἐνταῦθα γήρᾳ τῷ μακρῷ κεκοίμημαι. μή μ', ὦ μάταιε ναῦτα, τὴν ἄκραν κάμπτων χλεύην τε ποιεῦ καὶ γέλωτα καὶ λάσθην. οὐ γάρ, μὰ τὸν Ζῆν', οὐ μὰ τοὺς κάτω κούρους, οὐκ ἦν ἐς ἄνδρας μάχλος οὐδὲ δημώδης· Πολυκράτης δὲ τὴν γενὴν Ἀθηναῖος, λόγων τι παιπάλημα καὶ κακὴ γλῶσσα, ἔγραψεν, οἷ' ἔγραψ'· ἐγὼ γὰρ οὐκ οἶδα429. 1 5

In questo epigramma funerario fittizio, l'autore fa parlare in prima persona Filenide facendole sostenere che in vita è stata una donna onesta e che fu solo uno pseudonimo del vero autore, l'ateniese Policrate. Sandra Boehringer ha notato che sia Escrione sia Dioscoride prendono le difese di Filenide solo in apparenza e il vero intento dei due epigrammi è umoristico e denigratorio: «how indeed can one better perpetuate a rumour than by refuting it, after having at some lenght brought it to light?»430. Ciò che per noi è rilevante è che questo humour implica che un lettore di quei tempi conoscesse Filenide, o quanto meno la sua persona, il genere di opera a lei attribuita e la sua reputazione.

428 Cfr. Lobel 1972, 51-54. Rimando al contributo di Francesco De Martino per una panoramica sulla

letteratura pornografica, la manualistica Περὶ Ἀφροδισίων nel mondo greco (De Martino 1996, 304- 318) e la figura di Filenide (De Martino 1996, 319-328). Sandra Boehringer è più scettica sulla reale esistenza di una Filenide a cui attribuire la composizione di un manuale specifico; ritiene che i frammenti papiracei rinvenuti non costituiscano una prova a favore di ciò, ma siano una testimonianza del fatto che la persona di Filenide, così come l'attribuzione di manuali pornografici a questa persona, fosse parte della cultura e delle rappresentazioni dell'epoca (cfr. Boehringer 2014, 374-387). In merito alle testimonianze su Filenide nella letteratura greco-latina si veda Herrero-Montero 1990, 265-274.

429 AP VII 345 = Aeschr. 1 G.-P.; trad.: «Io, Filenide, famosa tra gli uomini, / qui per lunga vecchiaia mi

sono addormentata. / Stolto marinaio, doppiando il capo, / non schernirmi, non deridermi e non insultarmi. / Infatti io no, per Zeus, no, per i figli morti, / non ero lasciva con gli uomini e non mi davo a tutti; / ma Policrate, ateniese per stirpe, / sottigliezza di discorsi e lingua maligna, / scrisse ciò che scrisse; io infatti non ne so nulla».

Per questo alcuni editori hanno accolto la variante Φιλαινίδος aggiunta a margine nel papiro dei Mimiambi: la citazione della famosa Filenide sarebbe stata appropriata per evocare nella mente del pubblico tutta una serie di significati connessi alla sfera erotica e al mondo delle cortigiane, riconducendo anche Gillide a quell'ambiente431. Tuttavia ho ritenuto preferibile seguire Lamberto Di Gregorio, anteponendo alla variante marginale la lezione della prima mano: la forma ipocoristica Φιλαίνιον, propria dei nomi di cortigiane, che spesso terminano in -ιον, conferisce al messaggio di Gillide una tonalità vezzeggiativa che ben si addice al tentativo della donna di attirare su di sé il favore di Metriche e creare un'atmosfera di familiarità432. Inoltre, non credo che in questo modo si perda il riferimento a Filenide e a tutto ciò che esso comporta: il pubblico dell'epoca doveva facilmente cogliere nel nome Φιλαίνιον un'allusione alla famosa autrice dello scandaloso manuale erotico (questo, credo, il motivo dietro l'aggiunta della variante!) e, di conseguenza, cominciare a nutrire sospetti sulla natura del mestiere di Gillide.

Al v. 7 Metriche accoglie Gillide in maniera particolarmente affettuosa, chiamandola ἀμμία, un termine raro che Esichio (α 3697 Latte) glossa μήτηρ, τροφός. Esso potrebbe avere il senso generico di un vezzeggiativo di affettuoso rispetto con cui ci si riferisce a una donna anziana oppure potrebbe avere il significato specifico di «nutrice». Questo secondo caso sembra essere il più adeguato alla situazione, data la frequenza con cui Gillide si rivolge a Metriche chiamandola «figlia» (τέκνον: vv. 13, 21, 59, 61, 85, 88); allo stesso modo anche nell'Ippolito di Euripide l'anziana nutrice chiama Fedra τέκνον (Eur. Hippol. 203, 223, 297, 353). Se Gillide fosse la nutrice di Metriche, il pubblico avrebbe avuto un ulteriore indizio a sostegno del riconoscimento del ruolo di ruffiana della vecchia: come ha sottolineato Mastromarco, nella tradizione teatrale greco-latina non era raro che la nutrice ricoprisse il ruolo di ruffiana (basti appunto pensare al caso della nutrice di Fedra nell'Ippolito euripideo: cfr. Aristoph. Ra. 1079); in particolare nella commedia, dato che mezzana e nutrice erano accomunate da caratteristiche quali età avanzata e passione per il vino, le due maschere si trovavano spesso a coincidere433.

431 Tuttavia, come dimostrato da Boehringer 2014, 380-381, Cunningham 1971, 59 è in errore quando

sostiene che «Philainis was the name of a famous ἑταίρα»: non abbiamo nessuna fonte che attesti che Filenide fosse davvero una cortigiana o una prostituta, mentre gli epigrammi di Escrione e Dioscoride dimostrano la confusione che si veniva a creare tra l'autore e l'argomento della sua opera. Si pensi piuttosto al mosaico di Mitilene con la scena iniziale delle Synaristosai di Menandro: l'iscrizione posta sopra la vecchia mezzana la identifica col nome di ΦΙΛΑΙΝΙΣ [fig. 17].

432 Cfr. Di Gregorio 1995, 686-689 n. 68. Per Φιλαίνιον come nome di etera cfr. AP V 121, 162; VI 284.

Si ricordi inoltre che nell'Asinaria di Plauto la figlia della lena Cleareta si chiama Philaenium.

Il pubblico colto cui erano destinati i Mimiambi, che a questo punto doveva aver già capito quale fosse la professione di Gillide, cominciava a intuire anche la condizione di Metriche: è alquanto strano che una moglie onesta frequenti e abbia tali rapporti di familiarità con una mezzana; è invece più probabile che provenga dallo stesso ambiente di Filenio, quello delle cortigiane. Del resto è Metriche stessa a tradirsi con le proprie parole, parole da etera; come abbiamo già osservato, ai vv. 17-18 la padrona di casa insinua maliziosamente che Gillide, a dispetto delle sue lamentele sulla vecchiaia e la debolezza, è ancora in grado di soffocare tra le sue braccia (ἄγχειν ha un doppio senso erotico) gli uomini come ha fatto con tanti altri da giovane, quando era un'etera. Questa battuta a doppio senso fornisce alla scaltra Gillide l'appiglio valido per dare avvio ad un discorso434, nel quale sfoderare tutta le sue armi di navigata tentatrice e la sua esperienza di mezzana per spingere Metriche tra le braccia di Grillo, ma, poiché esso presenta caratteristiche del tutto particolari, sarà oggetto di studio nelle prossime pagine. Dopo aver disseminato vari indizi, che hanno gradualmente portato i lettori più accorti a ipotizzare che Gillide svolga il ruolo di mezzana e Metriche, di conseguenza, sia stata un tempo un'etera della sua cerchia, Eroda alla fine del mimo pone sulla bocca della vecchia due versi che consentono l'inequivocabile riconoscimento. Pur avendo fallito nella sua impresa e ricevuto una sprezzante replica da Metriche, Gillide si ritira senza risparmiarle una battuta ironica: ai vv. 89-90 le augura di mantenersi salda nei suoi principi, poiché a lei basta che le restino giovani, finché vive, Mirtale e Sime, le quali portano dei nomi da etere; il primo ricorda il mirto, pianta sacra ad Afrodite, il secondo è legato alla reputazione di lascivia dei camusi presso gli antichi435. Mettendo Metriche sullo stesso piano delle due giovani cortigiane ancora al suo servizio, Gillide ricorda con ironia alla donna che, nonostante la sua perseveranza nel mantenersi fedele al suo nuovo ruolo di 'sposa', rimane ancora la stessa persona di quando lavorava per lei.

434 Nonostante molti studiosi, sulla scia di Hicks 1891, 350, assegnino a Metriche il v. 20 (ἀλλ’ οὐ τοῦτο

μή σε θερμήνηι), ritengo preferibile seguire Di Gregorio 1997, 60-1 nell'assegnare la battuta a Gillide non solo perché manca la paragraphos (cfr. Mastromarco 1979, 29), ma soprattutto per non sprecare l'allusione erotica di ἄγχειν e non spezzare il filo logico del discorso (cfr. Leone 1955, 314); con τοῦτο Gillide intende lo scherzare (v. 19 σίλλ[α]ινε), οὐ μή con il congiuntivo aoristo in questo caso indica una forte negazione e il verbo θερμαίνειν, in riferimento all'amore, significa «riscaldare»: prendere in giro Gillide non servirà certo a riscaldare Metriche.

435 Per la connessione tra il mirto e Afrodite cfr. Virg. Ecl. VII 62 (gratissima... formosae Veneri Myrtus).

Pisani 1952, 94 non mette in relazione Μυρτάλη con μύρτος, ma con μύρτον = γυναικεῖον αἰδοῖον, rimandando ad Aristoph. Lys. 1004 s. ταὶ γὰρ γυναῖκες οὐδὲ τῶ μύρτω σιγῆν / ἐῶντι, così parafrasato dallo scoliaste: οὐδὲ θιγεῖν τοῦ γυναικείου μορίου. Si ricordi che, nel Mim. II, la prostituta violentata da Talete e invitata dal lenone Battaro a spogliarsi davanti ai giudici si chiama proprio Mirtale (cfr. Mim. II 65). In merito al nome Sime rimando alle considerazioni di Headlam-Knox 1922, 60.