1.5 La natura composita dell'opera di Eroda
1.5.2 La componente coliambica: sulle orme di Ipponatte
La rappresentazione dell'incontro tra la persona di Eroda e il vecchio irato, inserito in una scena definita da associazioni drammatiche e performative, ci fornisce la possibilità di cogliere le implicazioni programmaticamente significative che derivano dallo stato di tensione creatosi dall'unione a livello strutturale di elementi drammatici e coliambici. Infatti, dopo aver abbandonato ‒ costretti da un'ampia lacuna estesa dal v. 48 al v. 57 ‒ il protagonista del Sogno che, tra le grida di giubilio della folla, viene acclamato vincitore nella gara di ἀσκωλιασμός e sta per ricevere il suo premio, al v. 58 veniamo catapultati in uno scenario totalmente diverso, dominato dalla rabbia di un vecchio che, brandendo un bastone, minaccia brutalmente il narratore con queste parole (vv. 59-60):
ἔρρ’ ἐκ προσώπου μή σε καίπ̣ερ ὢν πρέσβυς οὔληι κατ’ ἰθὺ τῆι βατηρίηι κό[ψω336
336 Nello scolio al v. 377 dei Theriaca di Nicandro è riportata una citazione dei vv. 59-60, in cui Anna
Rist, accogliendo la correzione del Keil ἡμιαμβ<ικ>ὸς, ha visto la conferma alla sua tesi riguardo un Eroda «writer of half-iambs» e ha prospettato la possibilità che i versi citati provengano da un Ὕπνος in metro emiambico, in cui Eroda avrebbe fatto comparire, come nel Sogno, la comica figura del vecchio iracondo che colpisce col suo bastone (cfr. Rist 1997, 358-359; la studiosa si basa sull'edizione di A. Crugnola, Scholia in Nicandri Theriaka cum glossis. Milano-Varese, 1971). Tuttavia tale interpretazione non può essere accettata: i due trimetri, infatti, hanno cominciato a corrompersi già a partire dal capostipite bizantino della tradizione scoliastica nicandrea (datato da alcuni al IX-X sec., da altri alla fine del XII sec.) e, in un'epoca in cui dell'opera di Eroda si era ormai da tempo persa memoria, si è potuto facilmente credere di trovarsi di fronte non a un distico di coliambi, ma ad emiambi, cioè dimetri giambici catalettici. L'epiteto che qualificava il poeta, corretto dal Keil in
Questo momento critico, come già accennato in precedenza, viene risolto dal giovane Dioniso, che accorre alla richiesta di aiuto del narratore (v. 63) e mette prontamente fine alla controversia stabilendo un'equa divisione del premio tra i due contendenti (v. 64). Ma chi si cela sotto la maschera del vecchio? Ancora una volta dobbiamo ad Achille Vogliano una felice intuizione, che Crusius ha subito accolto nella sua quinta edizione dei Mimiambi e che, dopo di lui, sarà corroborata con solidi argomenti da numerosi studiosi: è il giambografo di Efeso, Ipponatte, il poeta che Eroda, rispondendo alle critiche dei suoi detrattori, dichiara esplicitamente di prendere a modello nei versi conclusivi del componimento e di cui si ritiene il degno successore337.
Come abbiamo già avuto modo di osservare, in un contesto del genere la qualifica di πρέσβυς (v. 59) fa senza dubbio pensare a una personalità del passato, e nella fattispecie a un predecessore poetico338; non a caso Ipponatte viene definito ὁ πρέσβυς anche da Alceo di Messene in un epigramma sepolcrale fittizzio per la sua tomba (AP VII 536.1):
ἡμιαμβ<ικ>ὸς (si tratta di un vocabolo che non ha riscontri testuali in nessun altro luogo), è verosimilmente una glossa erronea di natura metrica (ἡμίαμβος o ἡμίαμβοι), che ha scalzato il vocabolo originario penetrando a sua volta nel testo. Secondo Gallavotti 1988, 3-20 il testo dello scolio doveva presentarsi in questo modo:
β α τ ῆ ρ α · τὴν βακτηρίαν κατὰ ἀφαίρεσιν τοῦ κ'.
καὶ Ἡρώδης ὁμοίως ὁ <ἰαμβοποιὸς> ἐν τῷ ἐπιγραφομένῳ <Ἐν>υπν<ί>ῳ· ἔρρ' ἐκ προσώπου, μή σε καίπερ ὢν πρέσβυς
οὐλῇ κατιθὺ <τῇ> βατηρίῃ κόψω.
337 Cfr. Vogliano 1906, 40-43 (si ricordi che lo studioso non aveva ancora idea, all'epoca, della
connessione tra i vv. 73-75 e i vv. 76-79, oggi unanimemente considerati la chiusa del mimo); Crusius 1914, 76; Terzaghi 1925, 33; Nairn-Laloy 1928, 27, 105 n. 2 («Le vieillard, c'est le vieil Hipponax, fondateur du genre où Hérondas partage le prix avec lui»); Knox 1925, 13 («The 'old man' can hardly be other than Hipponax»); Perrotta 1938, 36 ss.; Cataudella 1948, 119; Puccioni 1950, 176 («In esso è con ogni probabilità simboleggiato Ipponatte che rivendica a sé il primato della poesia in coliambi»); Webster 1964, 96; Miralles 1969, 350; Veneroni 1971, 229; Puelma Piwonka 1978, 347 n. 1; Mastromarco 1984, 71; Bing 1988b, 71 n. 33; Hutchinson 1988, 237; Rosen 1992, 212; Hunter 1993, 35; Degani 1995, 118; Esposito 2001, 147-150; Degani 2002, 51-53; Fantuzzi 2002, 7; Fountoulakis 2002, 303; Di Gregorio 2004, 369-373; Zanker 2009, 233-234; Bernao Fariñas 2011, 47; Klooster 2011, 51-53. Degani 2002, 52 ha tracciato in modo scrupoloso una panoramica di tutte le obiezioni che sono state avanzate contro l'identificazione del vecchio con Ipponatte, concentrandosi in particolar modo sulle «vetuste» argomentazioni di Smotrytsch 1962, 605-607 che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto costituire un'obiezione incontestabile all'identificazione del vecchio con Ipponatte ma, in realtà, possono essere ribaltate in prove a favore di essa; per fare un esempio, la sua convinzione che in un mimo strettamente legato alla vita letteraria di Alessandria non possa essere raffigurato un poeta del VI sec. a.C. avrebbe potuto essere in qualche modo comprensibile se lo studioso avesse scritto in anni precedenti la scoperta dei Giambi di Callimaco, i quali hanno al contrario dimostrato la preponderanza del ruolo di Ipponatte nella cultura e nella letteratura ellenistica (cfr. Degani 1973, 79-104).
338 Knox 1925, 13 fa notare che negli Aitia di Callimaco (fr. 75, 54. 66 Pf.) lo storico Senomede di Ceo,
attivo nel V sec. a.C., è chiamato prima ἀρχαῖος e poi γέρων. Nonostante ciò, Knox 1926, 254, dopo aver in un primo momento pensato a Ipponatte, prospetta una nuova identificazione, quella con Callimaco, a cui giungerà – pare indipendentemente – anche Romagnoli 1938, 144-148 e, in tempi più recenti, è accolta da Smotrytsch 1962, 605-614. Secondo Mastromarco 1979, 115 s. n. 11 è improbabile che Eroda si riferisca a Callimaco definendolo «vecchio», dal momento che dovevano essere coetanei o,
Οὐδὴ θανὼν ὁ πρέσβυς ἑῷ ἐπιτέτροφε τύμβῳ βότρυν ἀπ' οἰνάνθης ἥμερον, ἀλλὰ βάτον καὶ πνιγόεσσαν ἄχερδον ἀποστύφουσαν ὁδιτῶν χείλεα καὶ δίψει καρφαλέον φάρυγα. Ἀλλά τις Ἱππώνακτος ἐπὴν παρὰ σῆμα νέηται, εὐχέσθω κνώσσειν εὐμενέοντα νέκυν339.
Dai vv. 5-6 dell'epigramma di Alceo emerge un'altra caratteristica riscontrabile anche nel vecchio del Sogno, ossia il temperamento collerico (vv. 59-60 ἔρρ’ ἐκ προσώπου μή σε καίπ̣⸤ερ ὢν πρέσβυς / οὔληι κατ’ ἰθὺ τῆι βατηρίηι κό[ψω; v. 75 τῶι γέροντι ὀρινθέντι340). Infatti, nelle testimonianze del III sec. a.C., si assiste alla tendenza ad interpretare le parole pronunciate dalla persona di Ipponatte nei suoi giambi, improntati a biasimo e crudo vituperio tipici della ἰαμβικὴ ἰδέα, come espressione della personalità del poeta stesso341. Sesto Empirico, ad esempio, afferma che gli ὀργίλοι elevavano a fonte di ispirazione del loro habitus iracondo i due giambografi che avevano più di tutti costruito la loro persona poetica sulla κακία, Ipponatte e Archiloco (Adv. math. I 298):
οἱ δὲ ὀργίλοι Ἱππώνακτα καὶ Ἀρχίλοχον ἀλείπτας ἔχουσι τῆς περὶ αὐτοὺς κακίας.
forse, Eroda era addirittura più vecchio; infatti l'attività poetica di Eroda è generalmente collocata durante il regno di Tolemeo II Filadelfo, mentre Callimaco compose La chioma di Berenice e il Prologo degli Aitia durante il regno di Tolemeo III Evergete. Bing 1988a sottolinea che la vecchiaia è un attributo particolarmente evidente nel caso delle statue dei poeti: così Anacreonte è descritto da Leonida negli epigrammi APl.306=31 G.-P. e APl.307=90 G.-P. e Filita di Cos da Posidippo, 63 A.-B. A questo proposito, Degani 2002, 56-57 accenna alla presenza, in epoca ellenistica, di statue e busti in onore del giambografo di Efeso, ma le identificazioni finora suggerite dagli storici dell'arte spaziano – a dire il vero – tra le proposte più disparate, delle quali è un esempio emblematico la cosiddetta testa dello Pseudo-Seneca [Fig. 13]. Sitratta di un busto in bronzo rinvenuto nella Villa dei Papiri a Ercolano nel 1974 e oggi conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli; esso ritrae, con notevole realismo, un volto maschile in età avanzata, con lineamenti fortemente marcati e segnati da profonde rughe, i capelli lisci scendono in ciocche disordinate sulla fronte, gli occhi sono infossati e segnati da pesanti borse, barba e baffi sono corti. L'identificazione con Seneca proposta da Fulvio Orsini è stata generalmente accettata fino al 1813, quando il ritrovamento di un autentico ritratto del filosofo, identificato grazie all'iscrizione del nome, l'ha smentita, lasciando il posto a svariate ipotesi: all'inizio è stato ritenuto il ritratto di un personaggio di epoca ellenistica (tra le proposte vi furono Filita di Cos, Callimaco, Eratostene, Apollonio Rodio), poi si è pensato alla ricostruzione di un ritratto immaginario di un poeta dei tempi più remoti (ad esempio Archiloco, Esopo, Sofrone, Euripide, Esiodo, Omero, Aristofane ed Epicarmo) e nel 1897 Fürtwangler ha avanzato l'ipotesi che raffiguri Ipponatte.
339 AP VII 536: «Nemmeno morto il vecchio ha nutrito sulla sua tomba / il dolce grappolo della vite, ma
il rovo / e il soffocante pero selvatico che raggrinza ai viandanti / le labbra e la gola riarsa dalla sete. / Pure, se qualcuno passa accanto alla tomba d'Ipponatte, / preghi che il morto dorma e sia benigno».
340 Solitamente il verbo ὀρίνω denota la paura piuttosto che la rabbia, ma Cunningham 1971, 203 rimanda
a Od. XVII 216 ὄρινε δὲ κῆρ Ὀδυσῆος· ([Melanteo] «fece adirare il cuore di Odisseo»). Benché la lezione del papiro londinese non dia alcuna difficoltà, Barigazzi 1955, 114, seguito da Smotrytsch 1962, 612, preferisce accogliere la lezione tramandata dal POxy XXII 2326 [fig. 3], leggendovi ἀ]ρὴν θέντι piuttosto che ἔ]ριν θέντι: a suo dire, il vecchio avrebbe procurato la rovina del narratore.
341 Cfr. anche gli epigrammi di Leonida di Taranto (AP VII 408), Filippo di Tessalonica (AP VII 405) e
[Fig. 13] Busto in bronzo del cosiddetto Pseudo-Seneca databile alla fine I sec. a.C.; rinvenuto nella Villa dei Papiri ad Ercolano nel 1974. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (inv. n. 6185).
Attraverso la ripresa di queste caratteristiche stereotipate, per le quali all'epoca Ipponatte era celebre a causa di una interpretazione biografica dei suoi giambi, Eroda vuole identificare il vecchio del sogno con il proprio modello poetico.
Non deve pertanto suscitare stupore la reazione collerica del vecchio poeta nei confronti di colui che si dichiara suo successore: si tratta di una scelta consapevole di Eroda, che decide di non forzare la persona poetica di Ipponatte, introducendo un elemento di novità apparentemente sconcertante nel topos dell'iniziazione poetica e dimostrando così di aver assimilato il proprio modello342. Chi pensa che l'intervento di Ipponatte avrebbe dovuto essere pacifico non deve aver colto pienamente l'ironia, la comicità e la vena parodica insita nel Sogno, in cui la contesa con il vecchio Ipponatte nasconde scopi e significati precisi: Eroda, avendo innovato il mimo, genere essenzialmente drammatico, innestandovi il giambo scazonte, si presenta come il vero successore di Ipponatte; quest'ultimo – come ci si potrebbe aspettare da un personaggio del genere – non accetta di buon grado che il nuovo arrivato si aggiudichi il primato assoluto e rivendica per sé una vittoria parziale, quella nella poesia in coliambi343.
342 Cfr. Klooster 2011, 53. Numerosi gli studiosi che non hanno saputo fornire un'adeguata spiegazione
alla reazione del vecchio, a cominciare da Cunningham 1971, 194: «the old man is frequently said to be Hipponax, but no one has explained satisfactorily why Hippon., whose follower Hds. apparently claims to be, should threaten him». Si veda Di Gregorio 2004, 369-373 per una panoramica delle proposte.
343 Webster 1964, 95 e Di Gregorio 2004, 372-373 osservano che al v. 73 il narratore dice di essere stato
l'unico ad avere il premio tra i partecipanti alla gara di ἀσκωλιασμός, ma ciò non toglie che – soprattutto qualora fosse corretta la lettura di Herzog δὶς μο̣ῦ̣[νο]ς̣ (v. 45) – il vecchio potrebbe essere riuscito a reggersi sul viscido otre una volta sola, in quanto padre della giambografia in metro scazonte. Vogliano 1927, 73 è contrario a questa interpretazione e ritiene che il δὶς di Herzog porti a far dire al passo quello che non deve dire: l'entusiamo del pubblico della competizione sarebbe dovuto unicamente al fatto che il protagonista si sia mantenuto in piedi sull'otre, non che abbia superato due volte la prova.
A questo punto – osserva Gennaro Perrotta ‒ «s'intende che Ipponatte deve contendere alla sua maniera: come usava fare quand'era vivo»344.
Inoltre, il vecchio parla con un linguaggio inequivocabilmente ipponatteo, in quanto τῆι βατηρίηι κό[ψω (v. 60b) riproduce intregralmente, in ogni particolarità prosodica e linguistica, un intero emistichio del frammento ipponatteo 8 Degani = 20 West:
δοκέων ἐκεῖνον τῆι βακτηρίηι κόψαι
Che senso potrebbe mai avere un calco ipponatteo così marcato sulla bocca di un personaggio che non è Ipponatte? Per di più, se i cosiddetti Epodi di Strasburgo sono davvero da attribuire a Ipponatte, allora si potrebbe vedere una σφραγίς ipponattea anche nel v. 58 τὰ δεινὰ πνεῦσαι λὰξ πατε[.., in cui il monosillabo λὰξ, che divide esattamente il verso a metà essendo posto dopo cesura, rimanda – come ha fatto notare Perrotta345 – al primo Epodo di Strasburgo (fr. 194, 15 Degani = fr. 115, 15 West):
ὅς μ' ἠδίκησε λ̣[ὰ]ξ δ' ἐφ' ὁργκίοισ' ἔβη.
In virtù di quanto emerso dall'analisi finora affrontata, risulta difficile scorgere un personaggio che non sia Ipponatte, ideale portabandiera della tradizione coliambica, dietro al vecchio del Sogno. Oltretutto, nel contesto programmatico del mimiambo, una simile identificazione troverebbe perfetta collocazione, in quanto Eroda ha elaborato nei suoi Mimiambi un'attentissima – ma mai pedante – imitazione di Ipponatte, a partire dalle soluzioni linguistiche, metriche e stilistiche, fino alla scelta di immagini lontane da ogni idealizzazione e all'uso di espressioni proverbiali che mascherano il labor limae della sua ricercata poesia alessandrina, tanto da arrivare a trasmettere al pubblico una straordinaria impressione di immediatezza e aderenza alla vita quotidiana.
Un contributo di Ralph Rosen getta ulteriore luce sulla profonda conoscenza da parte di Eroda dell'opera del giambografo di Efeso346. Lo studioso americano dimostra come Ipponatte, intrigato dal potenziale comico di certe scene dei poemi omerici,
Lo studioso ritiene che il v. 45 dica che «moltissimi si provarono nella gara» e propone di leggere δισμ̣[ύ]ρ̣[ια al posto di δὶς μο̣ῦ̣[νο]ς̣, poiché legge Ρ al posto di Υ e il sigma come la seconda parte di Α.
344 Perrotta 1938, 37 n. 2; cfr. anche Degani 2002, 53 («In realtà, proprio per non far violenza al suo
prediletto modello, egli non poteva che rivestirlo con i panni a lui più congeniali»).
345 Cfr. Perrotta 1938, 36-8. Lo studioso, convinto che tutto il passo di Eroda serbi traccia di una profonda
imitazione ipponattea, pensa che sia il fr. 8 Deg. sia il frammento del primo Epodo di Strasburgo siano da ricondurre alla celebre Βουπάλειος μάχη: «è naturale che, volendo rappresentare Ipponatte in una lite, Eroda lo facesse parlare com'egli parlava davvero nella sua lite più famosa». Cfr. anche Aesch. Eumen. 110 (καὶ πάντα ταῦτα λὰξ ὁρῶ πατούμενα), che presenta la stessa struttura del fr. 194, 15 Deg.
particolarmente adatte a un riuso nella sua poesia dello ψόγος, abbia guardato alla figura di Odisseo, «the eternal underdog», come modello nel creare la propria persona poetica: a dispetto delle apparenze, anche l'eroe omerico, al pari di Ipponatte, nascondeva una notevole forza fisica e una proverbiale finezza intellettuale. Alcune fonti tramandano un aneddoto secondo cui Ipponatte, nonostante l'aspetto in apparenza minuto, gracile e sgradevole, era in grado di lanciare a grande distanza una λήκυθος vuota, oggetto che in questo contesto può essere paragonato al masso di ferro lanciato da Polipete in Il. XXIII 844-849, in occasione dei giochi per i funerali di Patroclo (testimm. 19, 19a, 19b Deg.): Testim. 19 Deg.: Metrod. Sceps. 184 F 6 J. ap. Athen. XII 552cd: Μητρόδωρος δ' ὁ Σκήψιος ἐν δευτέρῳ Περὶ ἀλειπτικῆς Ἱππώνακτα τὸν ποιητὴν οὐ μόνον μικρὸν γενέσθαι τὸ σῶμα, ἀλλὰ καὶ λεπτὸν, ἀκρότονον δ' οὕτως ὡς πρὸς τοῖς ἄλλοις καὶ κενὴν λήκυθον βάλλειν μέγιστόν τι διάστημα, τῶν ἐλαφρῶν σωμάτων διὰ τὸ μὴ δύνασθαι τὸν ἀέρα τέμνειν οὐκ ἐχόντων βιαίαν τὴν φοράν.
Testim. 19a Deg.: Aelian. Var. Hist. X 6: λέγουσι δὲ καὶ Ἰππώνακτα τὸν ποιητὴν οὐ μόνον γενέσθαι μικρὸν τὸ σῶμα καὶ αἰσχρόν, ἀλλὰ καὶ λεπτόν.
Testim. 19b Deg.: Eust. ad Il. XXIII 844 (1332, 54ss.): ἰστέον δὲ ὡς οἱ κατὰ τὸν Πολυποίτην ἀφιέντες ἐν τῷ δισκεύειν ἀκρότονοι ἐλέγοντο, καθά, φασι, δηλοῖ τό· Ἱππῶναξ ὁ ποιητής, καίτοι μικρὸς ὤν τὸ σῶμα καὶ λεπτός, ὅμως ἀκρότονος οὕτως ἦν ὡς πρὸς ἄλλοις καὶ κενὴν λήκυθον βάλλειν μέγιστόν τι διάστημα, καὶ ταῦτα τῶν ἐλαφρῶν σωμάτων, ὁποία καὶ ἡ κενὴ λήκυθος, οὐκ ἐχόντων βιαίαν φορὰν διὰ τὸ μὴ δύνασθαι, φασί, τὸν ἀέρα τέμνειν.
Rosen, sulla scia di Ten Brink, ritiene che, data la precisione e la somiglianza di queste fonti nel raccontare lo stesso episodio, quest'ultimo possa derivare dall'opera di Ipponatte347; inoltre è convinto che il giambografo si sia rifatto alla scena della disputa tra Odisseo e il feace Eurialo in Od. VIII 158-20, modellando sulla propria persona il ruolo di Odisseo che sbaraglia gli avversari nel lancio del disco e lascia stupefatto l'arrogante Eurialo: «the principal Homeric passages in which Odysseus plays the iambographic role of abuser and abused, attacker and attacked, underdog and victor make it easy to see how Hipponax could have adopted him as an exemplary model in the fashioning of his own poetic persona» (Rosen 1990, 15). Uno degli episodi che più
347 Rosen 1990, 12 n. 4: «Absolute certainty on this issue is, of course, impossible. The nearly identical
wording of these three testimonia makes it likely that they derive from one source, probably a commentary on Hipponax. Insofar as a commentator would at least be working with a text at hand, he would presumably have less temptation to engage in wholesale fabrication of details».
deve aver suscitato l'interesse di Ipponatte è quello dell'alterco tra Odisseo e Iro, narrato nel libro XVIII dell'Odissea, in cui fin dall'inizio emerge il tema dell'apparente debolezza fisica di Odisseo: al contrario del mendicante Iro che, nonostante la corporatura enorme, nasconde in realtà una sostanziale mancanza di vigore e forza (Od. XVIII 3-4 οὐδέ οἱ ἦν ἴς / οὐδὲ βίη, εἶδος δὲ μάλα μέγας ἦν ὁράασθαι), Odisseo, del quale a più riprese viene sottolineata l'età avanzata e la debolezza (vv. 10, 21, 27, 31, 52-53, 81), rivela, grazie anche all'intervento di Atena, un fisico robusto e vigoroso (vv. 66-70). Alcuni interessanti paralleli sono stati individuati tra i frammenti ipponattei 121, 122 e 132 Deg. e Od. XVIII 25-31, in cui Iro si rivolge minaccioso a Odisseo:
Fr. 121 Deg. = fr. 120 W.: λάβετέ μεο ταἰμάτια, κόψω Βουπάλου τὸν ὀφθαλμόν Fr. 122 Deg. = fr. 121 W.: ἀμφιδέξιος γάρ εἰμι κοὐκ ἁμαρτάνω κόπτων Fr. 132 Deg. = fr. 73, 4-5 W.: †οἱ δέ μεο ὀδόντες ἐν τοῖσι γνάθοισι πάντες κεκινέαται† Od. XVIII 25-31: τὸν δὲ χολωσάμενος προσεφώνεεν Ἶρος ἀλήτης· ὢ πόποι, ὡς ὁ μολοβρὸς ἐπιτροχάδην ἀγορεύει, γρηῒ καμινοῖ ἶσος· ὃν ἂν κακὰ μητισαίμην κόπτων ἀμφοτέρῃσι, χαμαὶ δέ κε πάντας ὀδόντας γναθμῶν ἐξελάσαιμι συὸς ὣς ληϊβοτείρης. ζῶσαι νῦν, ἵνα πάντες ἐπιγνώωσι καὶ οἵδε μαρναμένους· πῶς δ’ ἂν σὺ νεωτέρῳ ἀνδρὶ μάχοιο;348
L'atmosfera di aggressività che domina nei frammenti ipponattei, la ripetizione del participio κόπτων, l'apparente commistione di termini omerici in ἀμφιδέξιος, il parallelo tra le minacce di Ipponatte (ἀμφιδέξιος γάρ εἰμι κοὐκ ἁμαρτάνω κόπτων) e quelle di Iro (κόπτων ἀμφοτέρῃσι), l'uso da parte di entrambi i poeti di πάντες ὀδόντες induce a pensare che Ipponatte abbia modellato su questo episodio omerico i suoi attacchi contro Bupalo349. Il fr. 121 Deg., infatti, sembra descrivere la preparazione di un incontro di pugilato, in cui la persona loquens dichiara di togliersi il mantello con l'intenzione di colpire Bupalo nell'occhio; allo stesso modo, Iro ingiunge a Odisseo di allacciarsi la
348 Trad.: «A lui rispondeva adirato il mendicante Iro: / "Oh! come parla spedito il morto di fame, / simile
a una vecchia da focolare. Mediterò su come fargli male, / colpendolo a due mani e a terra tutti i denti dalle mascelle / gli caccerò fuori, come a una scrofa che divora le messi. / Allacciati ora la veste, affinché anche tutti costoro ci vedano / lottare. Ma come puoi combattere con un uomo più giovane?"».
349 In merito alla scena della lite tra Odisseo e Iro si veda Steiner 2009, 91: «I propose that the poet
presents his protagonists as engaged in a duel of mockery that resembles the later encounters between the archaic iambographers and their selected opponents/rivals» (in generale cfr. anche pp. 90-96).
veste per lottare (v. 30 ζῶσαι νῦν) e ai vv. 66-69, quando quest'ultimo si toglie i suoi stracci e li cinge intorno alle anche, il mendicante rimane sconvolto di fronte ad una prestanza che mai si sarebbe immaginato in un vecchio. Richiamando alla mente l'aneddoto della lekythos, possiamo supporre che la rimozione dell'himation dalla
persona di Ipponatte nel fr. 121 Deg. abbia una funzione analoga a quella riscontrata
nell'episodio odissiaco: trasformare inaspettatamente il poeta dall'aspetto dimesso, oggetto di sopraffazione, in un aggressore attivo, caratterizzato da forza fisica e finezza intellettuale considerevoli; in questo modo Ipponatte avrà voluto sfruttare la comicità derivante dal contrasto tra lo statuto eroico connaturato alla figura di Odisseo e quello più umile del giambografo, in vista di aggiungere una vena ironica alla sua poesia.
Ritornando sul Mim. VIII dopo questa breve parentesi, è impossibile non notare come Eroda abbia fatto sì che la figura del πρέσβυς e le sue parole evochino Odisseo nello scontro con il mendicante Iro, intrecciando abilmente i fili della sua opera con quella di Ipponatte. Elena Esposito ha posto a confronto i versi dell' Ἐνύπνιον, in cui il vecchio minaccia Eroda, con i versi dell'Odissea, in cui Odisseo si rivolge a Iro350:
Mim. VIII 58-60: τὰ δεινὰ πνεῦσαι λὰξ πατε[ ἔρρ’ ἐκ προσώπου μή σε καίπ̣⸤ερ ὢν πρέσβυς οὔληι κατ’ ἰθὺ τῆι βατηρίηι κό[ψω. Od. XVIII 20-22: χερσὶ δὲ μή τι λίην προκαλίζεο, μή με χολώσῃς, μή σε γέρων περ ἐὼν στῆθος καὶ χείλεα φύρσω αἵματος.
Entrambi i passi sono caratterizzati da toni minacciosi e collerici, in entrambi sono presenti colpi con mani e piedi e ricorre il motivo dell'apparente debolezza fisica dovuta alla vecchiaia. Inoltre, la studiosa fa notare che, oltre a questa ripresa puntuale, l'intero passo omerico tradisce una serie di parallelismi con il Sogno di Eroda: in ambedue gli episodi c'è una contesa per un primato tra un vecchio e un giovane; il rischio di morte è presente sia in Omero (Od. XVIII 90-92) sia in Eroda (v. 62 θανεῦμ’ ὐ̣π̣ὲρ γῆς); c'è un motivo comune, l'invidia, da un lato di Iro per Odisseo (Od. XVIII 15-19), dall'altro del vecchio e dei critici per Eroda (vv. 71-2); la disputa avviene alla presenza di spettatori e
350 Cfr. Esposito 2001, 147-150. Od. XVIII 20-22, trad.: «ma non provocarmi troppo alle mani, che io
[Fig. 14] Skyphos a figure nere proveniente dal Cabirion di Tebe, fine V - inizio IV sec. a.C. Lato A: Odisseo in mare, in bilico su una zattera di anfore, e Borea. Oxford, Ashmolean Museum (inv. n. G 249). di un arbitro, nell'Odissea questi è Antinoo, nel Sogno Dioniso; nel primo caso la posta in gioco sono dei budelli di capra ripieni (Od. XVIII 44-49: le norme le stabilisce Antinoo), nel secondo è, probabilmente, l'otre di pelle di capro usato per la gara di ἀσκωλιασμός. Tutto ciò induce a pensare che Eroda, per rappresentare nel modo più fedele possibile il proprio modello, il padre della giambografia in metro scazonte, gli abbia addirittura assegnato la sua maschera prediletta, quella di Odisseo.
È molto forte la tentazione di intravedere un'allusione a Ipponatte anche nei vv. 36-37, in cui viene menzionato l'episodio odissiaco di Eolo che dona ad Odisseo l'otre dei venti. A sostegno di questa ipotesi Carles Miralles afferma che questo episodio faceva parte dei temi odissiaci parodici raffigurati sulle ceramiche del Cabirion di Tebe, messi dallo