La comprensione dei princìpi costitutivi del programma poetico erodeo indicati nel
Sogno ci permette di disporre di un codice adeguato, grazie al quale accedere ai diversi
piani di lettura che ciascuno degli altri componimenti nasconde; cominceremo dal
Mimiambo I, banco di prova ideale per intraprendere questo tipo di analisi.
Il mestiere di Gillide, personaggio che ha permesso al mimiambografo di sfoggiare la sua abilità nell'arte della caratterizzazione, dà il titolo al componimento. Si tratta, per la precisione, di un doppio titolo, costituito dal raro termine προκυκλίς373 («procacciatrice
di relazioni»), seguito dal più comune μαστροπός374 («mezzana»); ciò ha indotto gli studiosi a pensare di trovarsi davanti a una glossa chiarificatrice, ma alcuni non escludono che il doppio titolo risalga ad Eroda, che sarebbe stato influenzato, come altri dotti poeti ellenistici, dalla filologia alessandrina, che portò in voga i titoli duplici375. La struttura del componimento non è complessa, ma è ricercata e ben articolata. Il corpo centrale del mimo (vv. 21-79a) è costituito dal discorso di Gillide, a sua volta suddiviso in due parti da un brevissimo intervento di Metriche (vv. 21-47a e vv. 47b-66), e dalla replica di Metriche (vv. 67-77); il tutto è incorniciato da una sezione iniziale di taglio tipicamente mimico-comico, con l'arrivo di Gillide a casa di Metriche e lo scambio dei
373 Esso compare solo in Eroda (cfr. Mim. VI 90 προκυκλίην) e in Esichio (π 3557 Schmidt προκυκλίς· ἡ
πεμνήστρια, corretto da M. Musurus in προμνήστρια, «colei che procura matrimoni»). Si vedano inoltre
i προκύκλιοι θεοί, venerati ad Eritre (SIG III 1014.130), e il mese chiamato Προκύκλιος in Etolia (GDI II 1844.2 e IG IX 137.40). In merito all'etimologia del termine, rimando a Pisani 1952, 93-94 (ha accostato προκυκλίς a προκύκλει di Carm. pop. 848, 6 Page) e a Galiano-Gil 1955, 78-79 (sulla scia di Pisani, ritengono che il termine indichi il fatto che le mezzane facciano la loro offerta κύκλῳ, ossia andando da un uomo all'altro); per un quadro delle varie proposte si veda Di Gregorio 1997, 40-41.
374 Il termine è ben noto in ambito comico (cfr. Groeneboom 1922, 36), è un sinonimo di προαγωγός e
indica la procacciatrice di amori illeciti, la mezzana: cfr. Hesych. π 3308 (προαγωγός·... καὶ ἡ ἐπ’ αἰσχροῖς ἐπὶ τὸ πορνεῦσαι προάγουσά), Theop. in F.Gr.Hist. 115 F 227 (...τὰς μαστροποὺς τὰς εἰθισμένας προαγωγεύειν τὰς ἐλευθέρας γυναῖκας), Orion. Etym. 101, 30 Sturz. (μαστροπός· παρὰ τὸ μαίεσθαι τοὺς τρόπους τῶν πορνευουσῶν γυναικῶν), Basil. Enarr. in proph. Isaiam V (PG 30, 377 A).
375 Cunningham 1971, 58 è convinto che i secondi titoli di Mim. I e di Mim. VI siano glosse introdotte da
un grammatico, rispettivamente per spiegare un vocabolo raro e difficile (προκυκλίς) e per precisare un'espressione che ha un senso generale e può generare equivoci (φιλιάζουσαι). Di Gregorio 1997, 39- 40 è cauto, ma non esclude, sulla scia di Terzaghi 1925, 1 e di Puccioni 1950, 2-3, che anche i secondi titoli risalgano a Eroda; si pensi, solo per fare qualche esempio, all'elegia Ἔρωτες ἢ καλοί di Fanocle (p. 106 Pow.) e all'Id. XXVI Λῆναι ἢ Βάκχαι del corpus teocriteo.
convenevoli tra le due donne (vv. 1-20), e da una sezione finale, in cui, in un'atmosfera alquanto tesa, la padrona di casa offre del vino alla visitatrice e la congeda (vv. 78-90). La scena ha luogo durante una giornata d'inverno376 ed è ambientata nella casa di Metriche, che verosimilmente si dovrebbe trovare in una cittadina di mare, secondo la maggior parte della critica nell'isola di Cos377. Ancora una volta, Eroda dà prova della sua bravura nel tratteggiare con poche battute una scena di grande efficacia mimica, con il rozzo bussare della mezzana e la scortesia della serva Tracia nell'accogliere l'ospite (vv. 1-6). Gillide viene ricevuta da Metriche, la padrona di casa, una ex etera che, prima di sistemarsi con il compagno Mandris, faceva parte dell'entourage della mezzana378. Dopo uno scambio di battute, un'espressione a doppio senso di Metriche (v. 18) fornisce a Gillide l'occasione per esporre il motivo che l'ha spinta a farle visita, dando inizio al discorso che occupa i vv. 21-66, un discorso curiosamente aulico e ben costruito per essere pronunciato da una mezzana. All'inizio l'anziana si mostra dispiaciuta per lo stato di solitudine in cui vive Metriche da quando, dieci mesi prima, Mandris è partito per l'Egitto senza farle più avere notizie; un tale silenzio ‒ insinua la mezzana ‒ è senz'altro
376 Cfr. López Cruces 2014, 344-348, il quale ritiene che il mimo sia ambientato a febbraio-marzo, nel
periodo delle piogge, a giudicare dal v. 14, in cui Gillide si lamenta del fango che nei vicoli arriva fino alle ginocchia. Terzaghi 1925, 6-7 pensa che la casa di Metriche si trovi in una zona periferica e che la mezzana abiti in una zona centrale; nell'antichità, infatti, le strade cittadine erano spesso fangose nel periodo delle piogge, perché solitamente erano strette, non lastricate e circondate da edifici.
377 Lo si deduce dal verbo utilizzato da Metriche nel giuramento sul ritorno in patria di Mandris (v. 68, μὰ
τὴν γὰρ Μάνδριος κ̣α̣[τ]άπλωσιν). Tuttavia Di Gregorio 1997, 42 nota che il verbo καταπλεῖν, sulla cui forma ionica -πλώειν è modellato l' ἅπαξ erodeo, potrebbe indicare un più generale ritorno in patria per via di mare (cfr. Herodot. Hist. I 165, 2; III 45, 2) piuttosto che uno specifico «approdare» (cfr. Od. IX 142; Xen. Hell. V 1, 28), e in tal caso non sarebbe necessario che la scena del mimo sia ambientata in una cittadina portuale. Cunningham 1971, 58 mantiene una posizione più prudente, sostenendo che l'unica informazione sicura riguardo l'ambientazione del mimo è che la casa di Metriche si trovi in una città. La maggior parte degli studiosi è invece convinta che il Mim. I, al pari del Mim. II e del Mim. IV, sia ambientato a Cos. I primi filologi a sostenere la tesi in questione sono stati Weil 1891, 671 (cfr. anche Weil 1892, 518) e Reinach 1891, 215. Il primo sostiene che, siccome i particolari giuramenti «per le Moire» dei vv. 11 e 66 (ricorrono anche in Mim. IV 30 e in Theocr. Id. II 160, verosimilmente ambientati a Cos) sono proferiti senza alcuna ragione precisa, debbano essere caratteristici dell'isola, dove le Moire erano oggetto di culto sia pubblico che privato (cfr. Sherwin-White 1978, 326). Il secondo, invece, è convinto che il mimo sia ambientato a Cos per gli stretti rapporti che, all'epoca di Eroda, legavano l'isola greca ad Alessandria d'Egitto, di cui la mezzana tesse le lodi ai vv. 26-35; queste considerazioni sono state riprese da Fraser 1972, 877-878, che sottolinea come le conoscenze che Eroda dimostra di avere di Cos non siano affatto superficiali e che l'isola, al tempo della composizione dei Mimiambi, era molto vicina ai Tolemei. Personalmente ritengo che le prove a favore dell'ambientazione del mimo a Cos non siano così stringenti e preferisco l'atteggiamento più prudente di Cunningham.
378 Il ruolo sociale di Metriche è stato oggetto di animate discussioni tra coloro che la considerano la
sposa fedele di Mandris (cfr. Pinto Colombo 1934, 106, Leone 1955, 313-315 e Finnegan 1992, 24, 27) e coloro che invece ritengono ‒ a ragione, credo ‒ che Metriche sia un'etera che in passato faceva parte dell'entourage di Gillide, ma che adesso, ormai non più nel fiore della gioventù, ha deciso di procurarsi una sistemazione fissa andando a vivere more uxorio con il compagno Mandris. Dopo le convincenti argomentazioni di Di Gregorio 1995, 683-689, gli studiosi non sembrano più nutrire dubbi sulla condizione di Metriche. Rimando alle pp. 160-164 del presente elaborato per ulteriori approfondimenti.
dovuto alle diverse distrazioni che abbondano in Egitto, terra piena di donne bellissime, cui l'infedele Mandris non avrà saputo resistere (vv. 26-35). La menzione, nell'elenco delle meraviglie d'Alessandria, del tempio degli dei fratelli (v. 30 θεῶν ἀδελφῶν τέμενος) ci fornisce il terminus post quem per la composizione del mimo: Tolemeo II Filadelfo e la sua sposa-sorella Arsinoe ricevettero questo epiteto nel 272-271 a.C.379. Infine, dopo aver insistito sull'inesorabilità dell'avvicinarsi della vecchiaia (vv. 37-46) ed essersi assicurata che nessuno ascolti le sue parole (vv. 47-48), Gillide si decide a parlare a Metriche di Grillo, un pugile innamoratosi perdutamente di lei (vv. 50-60). Questi versi sono fondamentali per la caratterizzazione di Gillide; Eroda si è attenuto abbastanza fedelmente alla tradizione mimico-comica, ma è stato in grado di innovare il personaggio in modo originale ponendo sulla sua bocca dotte allusioni letterarie e motivi propri della poesia d'amore, che, grazie al contrasto con il basso livello sociale e morale della mezzana, provocano effetti umoristici irresistibili. Inoltre, come vedremo nel confronto dei Mimiambi VI e VII, Eroda sfrutta queste occasioni per far trapelare il proprio pensiero irridente e sarcastico su tematiche letterarie e culturali d'attualità. La reazione di Metriche (vv. 67-77) ‒ un rifiuto vigoroso e sdegnato della proposta della mezzana ‒ è di cruciale importanza per l'interpretazione del componimento, soprattutto in relazione al programmatico Mim. VIII. Le sue parole, infatti, non solo ricalcano quelle pronunciate da Penelope nel rimproverare la nutrice Euriclea (Od. XXIII 11-24), ma contengono riferimenti metaletterari al metro coliambico (v.71) e a Ipponatte (v.76). Nonostante la loro rilevanza, le numerose allusioni che costellano il mimo hanno catturato l'attenzione degli studiosi solo negli anni più recenti ed è pertanto necessaria una trattazione specifica della questione, affrontata in questa sede alla fine del capitolo. Il mimo si conclude con il fallimento di Gillide, la quale viene congedata bruscamente dopo l'offerta di una coppa di vino puro, di cui si dimostra avida (vv. 78-87). Non le rimane che ritirarsi con dignità, ma non senza prima rivolgere l'ultima, ironica frecciata a colei che l'ha minacciata di farle cantare zoppa una canzone zoppa (vv. 88-90).
379 In P. Hibeh 199 (ll. 16-17) troviamo per la prima volta il titolo di ἱερ[εὺς Ἀλεξάνδρου] καὶ θεῶν
Ἀδελ[φῶν. Alcuni studiosi deducono, sulla base del silenzio di Gillide sui θεοὶ Εὐεργέται, che il mimo sia stato composto prima dell'istituzione del culto di Tolomeo III e della moglie Berenice II, ossia prima del 243-242 a.C.. Questo argomento è tuttavia privo di peso; come fa notare Fraser 1972, 878, Eroda fa riferimento al τέμενος degli dei fratelli che, a differenza del culto dinastico cumulativo, era individuale, ed è quindi plausibile che il tempio degli dei fratelli abbia continuato ad avere importanza anche dopo la divinizzazione di Tolomeo III e Berenice II. Ciononostante non si può escludere a priori che il mimo sia stato scritto durante il regno dell'Evergete, anche se la maggior parte degli studiosi è dell'idea che il βασιλεὺς χρηστός (v. 30) sia Tolemeo II e non Tolemeo III (se davvero il Mim. IV è stato scritto tra il 285 e il 265 a.C., è effettivamente plausibile che anche il Mim. I sia stato composto in quegli anni).