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L'immaginazione in Spinoza

Nel documento Il rapporto tra mente e corpo in Vico (pagine 152-166)

Vico e Spinoza: un confronto

2. L'immaginazione in Spinoza

Per analizzare il modo attraverso cui l'uomo si forma delle immagini, bisogna partire dalle definizioni, che Spinoza dà, di mente e corpo. Dopo aver dimostrato che l'ordine delle idee è uguale all'ordine e connessione delle cose e aver mostrato come le idee vadano comprese nell'infinita idea di Dio, Spinoza passa ad indagare la mente umana24.

22 L. Vinciguerra, Spinoza, Carocci, Roma 2015, p. 115. Sul significato di questa proposizione molto chiare, come sempre, anche le parole di E. Scribano, la quale scrive che tale tesi (l'unione tra mente e corpo) «si fonda esplicitamente sull'identico ordine nel quale eventi psichici ed eventi fisici si susseguono nella relazione di causa ed effetto. Poiché la tesi dell'identità è formulata in modo da convivere con l'eterogeneità di pensiero ed estensione, anche per i modi finiti dei due attributi varrà l'assenza di causalità reciproca, cosicché l'ordine delle cose materiali e l'ordine delle idee non possono essere mischiati tra di loro: le cose materiali hanno esclusivamente una spiegazione fisica, e quelle mentali hanno una esclusiva spiegazione psichica» (E. Scribano, Guida alla lettura dell'Etica di Spinoza, Laterza, Roma-Bari 2008, pp.53-54).

23 «Sugli aspetti che interessano la potenza dell'immaginazione quale espressione della potenza del corpo, un accostamento al pensiero di Vico ci sembra filosoficamente proficuo» (L. Vinciguerra, Spinoza, op. cit., p. 139n).

24 È bene premettere fin dal principio, che tale paragrafo sull'immaginazione in Spinoza non ha chiaramente la pretesa di mostrare in maniera compiuta come tale tema venga sviluppato in tutti i suoi

La proposizione 10 della seconda parte dell'Etica esordisce dichiarando che la sostanza non costituisce la forma dell'uomo. Se la sostanza è solamente «ciò che è in sé e che per sé si concepisce: ossia ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di un'altra cosa da cui si debba formare»25, allora con tale nome si può chiamare solo Dio, il quale fa in modo che la sostanza possa essere e che, al tempo stesso, possa essere concepita. In quanto la sostanza si identifica con Dio, non può contemporaneamente caratterizzare l'uomo, perché altrimenti, quest'ultimo esisterebbe necessariamente. Inoltre, non possono esistere due sostanze della stessa natura, ma esistendo molti uomini risulta chiaro che essi non siano sostanza. Nella misura in cui Dio è anche causa di tutte le cose, l'essenza dell'uomo è costituita da alcune precise modificazioni degli attributi divini.

Detto ciò, risulta chiaro come la mente umana sia una parte dell'intelletto infinito di Dio. Quando la mente percepisce qualcosa, cioè si forma un'idea, in realtà è Dio ad avere tale idea, proprio perché si esplica nella natura della mente umana. Quindi, la mente umana, oltre ad essere una modificazione dell'infinito attributo del pensiero, è «l'idea di una certa cosa singola esistente in atto»26. All'idea della mente corrisponde un modo dell'estensione infinita, cioè è un corpo esistente in atto. Da qui, Spinoza conclude nella proposizione 13, che il corpo, in quanto modo dell'estensione esistente in atto, è l'oggetto dell'idea che forma la mente umana. È grazie a questa definizione, che Spinoza, contro Cartesio, afferma: che mente e corpo costituiscono l'uomo, che il corpo esiste in quanto lo sentiamo e che la mente umana è unita al corpo.

In realtà quest'ultima affermazione può essere compresa solo quando conosciamo in maniera adeguata la natura del corpo. Ecco perché, dopo la proposizione 13, Spinoza inserisce, in poche e dense pagine, alcuni assiomi e lemmi sul tema della natura e proprietà del corpo, che vanno a formare quello che è solitamente definito come “piccola fisica” o “trattatello sui corpi”. Questa breve indagine, tra l'altro, consente di

aspetti dal filosofo olandese. La finalità è quella di provare a creare, attraverso tale argomento, un punto di confronto con Vico. Riguardo al tema dell'immaginazione in Spinoza negli ultimi anni sono apparsi molti studi, tra i quali mi limito a segnalare: F. Mignini, «Ars imaginandi». Apparenza e rappresentazione in Spinoza, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1981; P. Cristofolini (a cura di), Studi sul seicento e sull'immaginazione, Seminario 1984, Studi di Lettere, Storia e Filosofia, Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1985; D. Bostrenghi, Forme e virtù dell'immaginazione in Spinoza, Bibliopolis, Napoli 1996; L. Vinciguerra, La semiotica di Spinoza, pref. di C. Sini, ETS, Pisa 2012. Quest'ultimo è una ripresa, in italiano, di un precedente e maggiormente strutturato lavoro sullo stesso tema: Id., Spinoza et le signe. La genèse de l'imagination, Vrin, Parigi 2005.

25 E I, def. 3, p. 23. 26 E II, prop. 11, p. 89.

far luce sulle differenze che caratterizzano le varie menti, cioè stabilisce in che misura la mente umana eccella rispetto alle altre. Infatti, per Spinoza, la corrispondenza mente- corpo non è una specificità umana, ma appartiene a tutti i corpi, poiché in Dio vi sono le idee di tutti i modi dell'estensione. Perciò, tra i vari corpi e tra le varie menti, si stabilisce una differenza di grado. «In generale […] quanto più un certo corpo è capace, rispetto agli altri, di fare o di sopportare più cose, tanto più la sua mente è rispetto alle altre capace di percepire simultaneamente più cose, e quanto più le azioni di un corpo dipendono da esso solo, e quanto meno gli altri corpi concorrono con esso nell'agire, tanto più la sua mente è capace di intendere distintamente»27. La differenza tra le varie menti dipende dalla potenza del corpo e dalle sue attitudini.

La definizione di corpo, però, non viene fornita in quella parte tra la proposizione 13 e 14. Essa è invece la prima tra le sette fornite all'inizio della seconda parte dell'opera. Questo potrebbe, a prima vista, apparire strano, visto che qui il tema è quella della natura e dell'origine della mente. Ciò, invece, mostra quanta importanza Spinoza riservi al corpo, il quale influisce sia sugli aspetti cognitivi della mente, cioè la sua natura, sia sulla sua stessa origine. Il corpo, secondo questa definizione, è ciò che esprime in un determinato modo l'essenza di Dio, perciò esso è una cosa particolare, cioè un'affezione degli attributi di Dio28.

Passando alla natura e proprietà dei corpi, Spinoza scrive nel trattatello, che questi possono essere di due tipi: semplici e composti.

I primi sono definiti in base al loro essere in movimento o in quiete. Sono questi due fenomeni, uniti alla lentezza e alla velocità, a caratterizzare tutti i corpi e, allo stesso tempo, a distinguerli l'uno dall'altro. Essi, come cose singole, si determinano tra di loro al movimento o alla quiete. Cioè un corpo che si muove o sta fermo ha come causa del suo stato attuale un altro corpo, il quale è determinato a sua volta da un altro e così via fino all'infinito. Questo significa sostanzialmente che non c'è corpo in natura che non subisca modificazioni. In quanto i corpi si colpiscono tra di loro, Spinoza indica due leggi dell'urto: la prima sostiene che i modi attraverso cui un corpo è colpito da un altro dipendono in egual parte dalla natura del corpo che viene colpito e da quella che colpisce; la seconda dichiara che un corpo che urta un altro corpo che non può muovere

27 E II, prop. 13 sc., p. 93.

28 La definizione rimanda al corollario della proposizione 25 della prima parte, la quale sostiene che «le cose particolari null'altro sono se non affezioni degli attributi di Dio, ossia modi in cui gli attributi di Dio si esprimono in una certa e determinata maniera» (E I, cor. Prop. 25, p. 53).

torna indietro formando un angolo di riflessione uguale a quello d'incidenza.

I corpi composti sono dei corpi semplici connessi tra di loro, tenuti insieme attraverso la costrizione e che, grazie a tale unione, formano un solo corpo o individuo. In generale l'individuo corporeo che si forma, pur potendo mutare le parti da cui è composto, rimane sempre uguale a se stesso. Per cui egli mantiene sempre la sua forma, conservando così la sua natura. Infine, i corpi composti sono caratterizzati da tre differenti qualità. Scrive Spinoza:

Quanto maggiori o minori sono le superfici di un individuo, o corpo composto, che si addossano le une alle altre, tanto più difficilmente o più facilmente possono essere costrette a cambiare posizione, e di conseguenza può riuscire più difficile o più facile che l'individuo stesso assuma un'altra figura. E quindi chiameremo solidi i corpi le cui parti si addossano le une alle altre per grandi superfici, molli invece quelli che si addossano per superfici piccole, e infine liquidi quelli le cui parti si muovono tra di loro29.

La superficie di un corpo composto influisce sulla sua eventuale unione con un altro. A seconda della sua grandezza, poi, un corpo può essere facilitato o meno ad aggregarsi con un altro con cui entra in contatto. Perciò i corpi solidi sono quelli le cui parti si uniscono fra loro in grandi superfici, molli quelli che aderiscono fra loro per piccole superfici e liquidi quelli in cui le varie parti si muovono tra di loro.

Nei postulati finali, infine, viene trattato il corpo umano. Quest'ultimo non è altro che un corpo composto ed è formato dai tre tipi di corpi precedenti (duri, molli, liquidi), i quali svolgono un ruolo fondamentale nella teoria dell'immaginazione delineata da Spinoza. Infatti, il primo passo per giungere a questa teoria, viene fatto da Spinoza con la presentazione della nozione di traccia, nel quinto di questi postulati finali. «Quando una parte liquida del corpo umano è determinata da un corpo esterno a urtare spesso contro un'altra parte molle, ne muta la superficie e imprime su di essa quasi una traccia

[vestigia] del corpo esterno che la spinge»30. A seconda della sua struttura, un corpo sarà più o meno predisposto a ricevere delle tracce e, perciò, a subire delle modificazioni. Sono le parti liquide del corpo umano (ma si tenga sempre presente, che tale discorso vale, con le dovute differenze di grado, per tutti i corpi composti) a mutare la superficie

29 E II, assioma 3, p. 97.

30 E II, postulato 5, p. 99. Sulla nozione di traccia, la quale si configura come il concetto fondativo della fisica spinoziana e allo stesso come il punto di partenza della teoria dell'immaginazione, cfr. L. Vinciguerra, La semiotica di Spinoza, op. cit., pp. 21-42 (sulla nozione di traccia) e pp. 83-143 (sul passaggio dall'immagine alla nozione comune).

di un individuo molle con cui è a contatto dopo essere stata urtata da un corpo esterno. In quanto ha a che fare con la modificazione dei corpi, la traccia «è l'altro nome dell'affezione corporea. […] è in luogo di, sta per, è al posto di qualcos'altro che non è più a contatto con il corpo. È quindi una presenza per un'assenza, che diventa tale appunto quando il corpo che l'ha lasciata si è distaccato, ovvero non è più presente»31. I

vestigia sono come dei ricordi che il corpo esterno, colui che colpisce, ha lasciato

sull'altro, che viene colpito. Perciò, l'azione, la modificazione, che imprime sull'altro corpo, sarà diversa a seconda delle caratteristiche dell'individuo colpito. Si formano tracce, infatti, soprattutto con gli individui liquidi e molli, mentre quelli solidi sembrerebbero avere un ruolo minore. Infatti, un corpo rigido, a ragion di logica, viene difficilmente modificato; un corpo fluido è facilmente mutabile, ma torna presto al suo stato originario; un corpo molle, invece, è quello che meglio di tutti, si presta sia al cambiamento che al trattenimento della traccia lasciata dal corpo esterno.

Così dopo la parentesi dedicata al corpo, Spinoza inizia a trattare dell'immagine e di come questa si formi nella mente. Infatti, in virtù dei moltissimi modi in cui viene colpito il corpo umano, la mente umana percepisce altrettante cose. Quest'ultima si forma le idee delle affezioni del corpo e attraverso tali idee percepisce sia il proprio corpo, che viene colpito, sia i moltissimi corpi esterni che lo influenzano. Nonostante la mente si rivolga simultaneamente verso l'interno, il proprio corpo, e verso l'esterno, il corpo che colpisce, il ruolo predominante, in questo rapporto, viene mantenuto dal corpo colpito. Infatti «le idee che abbiamo dei corpi esterni segnalano, più che la natura dei corpi esterni, la disposizione del nostro corpo»32, perché il modo in cui un corpo esterno lascia una traccia su un altro deriva dalla disposizione di quest'ultimo a trattenere la traccia, dipende cioè dal suo essere più o meno molle.

Solamente dopo aver fatto questa lunga premessa, Spinoza, nello scolio della proposizione 17, introduce il concetto di immagine. Tale enunciato afferma che la mente contempla il corpo da cui è stata colpita come esistente in atto o come a sé presente, fino a che essa non venga colpita da un altro corpo che escluda l'esistenza o la presenza del corpo precedente. Ma subito dopo, asserisce che «la mente potrà tuttavia considerare come presenti i corpi esterni dai quali il corpo umano sia stato una volta colpito, anche

31 L. Vinciguerra, Spinoza, op. cit., pp. 129-130. 32 E II, prop. 16 cor. 2, p. 101.

se non esistano né siano presenti»33. Per dimostrare questo corollario, Spinoza si serve del quinto postulato, sulle tracce, visto poco fa. Infatti, quando le parti liquide del corpo, a causa dell'azione dei corpi esterni, urtano e rimbalzano contro le parti molli ne mutano le superfici. Però, a volte, può accadere, che un corpo molle, colpito e modificato precedentemente, venga di nuovo stimolato nello stesso punto e allo stesso modo, anche senza la presenza del medesimo corpo esterno. Il motivo è dovuto al fatto che esso è incorso in un movimento analogo che rende, quel corpo esterno, nuovamente presente alla mente, anche se in realtà non lo è. Questa è l'azione che può avvenire nel cervello, parte molle, a causa del ripetuto stimolo del sistema nervoso, parte liquida. Infatti, pur non essendoci il corpo esterno dal quale il corpo umano era stato colpito, la mente, ogni volta che si ripete quella specifica azione, considera quel dato corpo come presente. Dunque, può sostenere Spinoza, «chiameremo immagini delle cose, anche se non riproducono le figure, le affezioni del corpo umano le cui idee ci rappresentano i corpi esterni come a noi presenti. E quando la mente considera i corpi in questo modo, diremo che immagina»34. Perciò l'immaginazione è quell'attività che ci rende presente anche ciò che non lo è.

La tracce, però, sono ben diverse dalle immagini dei corpi esterni. Chiaramente le prime determinano queste ultime, ma le immagini appartengono a un ordine diverso. Le tracce, infatti, hanno a che fare con la res extensa, poiché si formano sui corpi; le immagini, invece, in quanto si formano attraverso la mente, fanno parte della res

cogitans. Vista l'unione tra mente e corpo, traccia e immagine sono collegate, ma allo

stesso tempo diverse. Le immagini prodotte dalla mente sono altro dalle tracce che un corpo esterno ha lasciato su quello umano, infatti, non è detto che esse siano per forza fedeli a queste ultime. «Da un lato, quello che l'immagine trattiene del corpo esterno dipende in gran parte dalla natura del corpo tracciato; dall'altro, l'immagine rappresenta e significa qualche cosa grazie alla sua idea e alla catena nella quale questa è compresa che le permette di rivestire un significato determinato»35.

A dimostrazione di ciò, Spinoza, nella proposizione 18, sostiene che:

Il motivo per cui la mente immagina un corpo è questo, che il corpo umano viene colpito e disposto dalle tracce di un corpo esterno in quello stesso modo in cui è

33 E II, prop. 17 cor., p. 103. 34 E II, prop. 17 sc., p. 103.

stato colpito allorché alcune sue parti sono state spinte da quello stesso corpo esterno. Ma allora il corpo era stato disposto in modo tale per cui la mente immaginasse simultaneamente due corpi; dunque anche adesso la mente ne immaginerà due simultaneamente, e quando ne immaginerà uno, subito si ricorderà anche dell'altro36.

Le tracce determinano le immagini, ma, allo stesso tempo, la mente, in caso di affezioni simili, può immaginare due o più corpi. Si formano così delle concatenazioni di idee, in cui sono inserite varie immagini, che, per la mente che le unisce, vanno ad acquisire un significato simile. Questa costruzione mentale è la memoria, la quale non è altro che «una certa concatenazione di idee implicanti la natura di cose esterne al corpo umano, che si forma nella mente secondo l'ordine e la concatenazione delle affezioni del corpo umano»37. La memoria non è che un altro modo di chiamare l'immaginazione. Essa dà senso alle immagini, inserendole in una catena ordinata. Ecco perché è meglio parlare di immagini al plurale e questo è proprio quello che fa Spinoza, quando, nello scolio della proposizione 17, tratta di “immagini delle cose” e non di “immagine di una cosa”. Così come si parla di tracce (vestigia) al plurale, ugualmente sarà fatto con le immagini (rerum imagines).

Se quello che fa la memoria/immaginazione è dare significato alle immagini delle cose, inserendole in catene che hanno determinati significati per la mente stessa, quest'ultima si fa interprete di ciò che immagina. Poiché la mente dà significato a tali affezioni, la sua è un'interpretazione. Però, questo dare senso e significato varia da individuo a individuo, perché, come si è visto precedentemente, ci sono differenze di grado nel rapporto tra la mente e il corpo di ciascuno, cioè nella capacità di ciascun corpo, e di conseguenza di ciascuna mente, a ricevere più affezioni. La differente capacità, però, non deriva solo dalle diverse attitudini naturali, ma anche dall'abitudine.

E da qui inoltre intendiamo chiaramente come mai la mente, partendo dal pensiero di una cosa, subito passi al pensiero di un'altra, che non ha alcuna somiglianza con la precedente: come, per esempio, un antico romano dal pensiero della parola

ponum passa subito al pensiero di un frutto che non ha alcuna somiglianza né

alcunché in comune con quel suono articolato, se non il fatto che il corpo di quell'uomo è stato spesso colpito da quelle due cose, ossia, che quell'uomo spesso ha sentito la parola ponum mentre vedeva quel frutto; e così ognuno passa da un pensiero ad un altro, a seconda di come l'abitudine ha ordinato nel corpo di ciascuno le immagini delle cose. Per esempio, infatti, un soldato, dalla vista delle impronte di un cavallo sulla sabbia passerà subito al pensiero di un cavaliere, e di

36 E II, prop. 18 dim., p. 105. 37 E II, prop. 18 sc., p. 105.

qui al pensiero della guerra, ecc. Un contadino invece dal pensiero del cavallo passerà a quello dell'aratro, del campo, ecc.; e così ognuno a seconda che si sia abituato a collegare in questo o in quel modo le immagini delle cose, passerà da un pensiero a questo o a quest'altro38.

A livello generale, si può qui vedere, come Spinoza metta sullo stesso piano le immagini e il linguaggio. Cioè, quest'ultimo viene praticamente considerato come un prodotto dell'immaginazione39. La parola ponum, per un romano, generava subito il pensiero di un frutto, che non ha alcuna somiglianza con la parola che lo nomina. Nonostante la distanza tra ponum come frutto reale e ponum come suono articolato, quest'ultimo riesce a evocare, nella mente di chi sente o dice quella parola, l'immagine del frutto. Questo perché la memoria ha inserito tale termine in una concatenazione di idee, che fa sì che il corpo esterno e la parola, prodotta dalla mente, siano collegate. Successivamente tale catena si stabilizza, e diventa così abitudine, la quale, però, varia da persona a persona. Infatti, un soldato e un contadino, alla vista di un'impronta di cavallo sulla sabbia, assoceranno a quella pensieri e immagini differenti, perché entrambi hanno abitudini diverse. Perciò, da una parte, il soldato vedendo le impronte, collegherà a queste, il pensiero del cavaliere, della guerra e così via; dall'altra, il contadino assocerà a quelle le immagini dell'aratro, del campo e altre ancora.

Nel documento Il rapporto tra mente e corpo in Vico (pagine 152-166)