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La geometria sintetica nelle prolusioni vichiane

Nel documento Il rapporto tra mente e corpo in Vico (pagine 58-67)

Facoltà della mente e metodo di conoscenza

3. La geometria sintetica nelle prolusioni vichiane

È bene anticipare fin da subito che il De Ratione è un'opera completamente diversa dal

De Antiquissima. Mentre quest'ultima tratta di metafisica, il De Ratione e le Orazioni Inaugurali precedenti a quello sono prolusioni universitarie tenute da Vico all'inizio di

ogni anno accademico e perciò hanno un tono retorico e un fine prettamente didattico. Precisamente le Orazioni sono in totale sei e vanno dal 1699 al 1706 e non sono state pensate per essere pubblicate e perciò hanno uno stile molto discorsivo e legato al linguaggio parlato. Il De Ratione ha come base il discorso tenuto da Vico nel 1708, ma questo viene rielaborato e ampliato durante tutto quell'anno per poi essere stampato nel 1709. Quest'ultimo testo presenta, a differenza degli altri, una struttura più adatta alla lettura; infatti, molto banalmente è diviso in capitoli e temi ed è anche molto più lungo dei discorsi precedenti. È comunque utile, vista la comunanza di temi tra il discorso educativo e quello metafisico, analizzare questo argomento vichiano all'interno di un'opera retorica che vede come principale pubblico appunto degli studenti universitari,

cioè dei giovani che devono essere istruiti37.

Nel capitolo III del De Ratione, Vico sostiene che l'errore principale della scienza moderna consiste nel far iniziare gli studi dalla critica. Quest'ultima, per liberare il «primo vero non solo da ogni falsità, ma anche da ogni sospetto di falsità, prescrive che i secondi veri e tutti i verisimili siano respinti dalla mente come fossero falsi»38. Vico biasima Cartesio e i cartesiani per l'utilizzo di un metodo che è arido e deduttivo. Infatti egli sostiene, contro questo metodo, quello induttivo di stampo baconiano39. La critica è dannosa per i giovani poiché annovera nel falso anche il verosimile che è ciò che genera il senso comune e che si deve sviluppare il prima possibile nei giovani. Infatti i verisimili sono quelli che stanno in posizione intermedia tra il vero e il falso, ma in quanto questi sono veri per lo più, difficilmente sono falsi.

Il senso comune ha un'importanza fondamentale nell'educazione dei giovani poiché solo attraverso questo si può sviluppare l'eloquenza e soprattutto la prudenza. La sua importanza sta nel fatto che fa esercitare l'esperienza e nella misura in cui quest'ultima si sviluppa aumentano anche le conoscenze. Inoltre da un punto di vista pratico è bene esercitare le varie capacità di ognuno in relazione alla sua età. Educare i giovani attraverso la critica non è sbagliato perché è l'analisi come metodo a essere sbagliata, ma lo è perché i ragazzi, a causa della loro giovane età, non usano la razionalità come facoltà principale. Il problema è appunto che, secondo Vico, nel suo tempo si celebra e privilegia solo la critica e discapito della topica, la quale è miseramente accantonata e considerata inutile. Invece è proprio quest'ultima che dovrebbe precedere la prima nell'insegnamento. «Infatti, come nella vecchiaia prevale la razionalità, così nell'adolescenza prevale la fantasia: e davvero non è in alcun modo opportuno nei giovinetti offuscare quella che è sempre stata considerata l'indizio più felice dell'indole

37 Su questo tema cfr. G. D'Acunto, Topica e geometria nel De Ratione di Vico, in J. Kelemen e J. Pàl, Rubbettino (a cura di), Vico e Gentile, Soveria Mannelli 1995, pp. 93-103.

38 De Ratione, p. 37.

39 Per il rapporto tra Vico e Bacone si veda l'ormai classico saggio di E. De Mas, Vico e Bacone, in E. De Mas...et al. (a cura di), Vico e l'instaurazione delle scienze: diritto, linguistica, antropologia, , Massapica, Lecce 1978, pp 11-74. Vico stesso inizia l'opera del 1709 lodando Bacone e distanziandosene allo stesso tempo perché quello è andato troppo oltre nelle sue ambizioni. Affianca alla lode un monito rivolto a coloro che vogliono saper troppo andando oltre le stesse capacità umane: «Francesco Bacone […] indica le nuove arti e le nuove scienze, oltre a quelle che sin qui possediamo, e fino a che punto sia necessario sviluppare quelle che possediamo già perché l'umana sapienza sia condotta alla completa perfezione. Ma […] le sue smisurate ambizioni oltrepassano di tanto la capacità umana che sembra aver mostrato ciò che di necessità ci manca per arrivare alla sapienza perfettamente compiuta, piuttosto che ciò che può essere aggiunto» (De Ratione, pp. 23-25).

futura»40. La critica si può cominciare ad esercitare solo quando una persona ha compiuto abbastanza esperienze.

Sappiamo che la critica è più vera della topica. Però non si può pensare di insegnarla ai giovani perché disponendo davanti a loro solo elementi che sono sicuramente veri, eviteranno il falso ma allo stesso tempo non lo conosceranno. Perciò i giovani devono coltivare «la memoria, la quale se non coincide con la fantasia, è perlomeno quasi la stessa cosa: e non si devono ottundere affatto gli ingegni rivolti ad arti nelle quali prevalgono la fantasia o la memoria oppure entrambe»41. Utilizzare un metodo che si serva della fantasia e del verosimile è importante perché se è vero che solo con esso si può elaborare un pensiero falso, è anche vero che una volta che questo verrà riconosciuto come tale verrà immagazzinato nella memoria e, aumentando il bagaglio dell'esperienza, sarà più facilmente evitabile in futuro. Il fine delle arti è quello di renderci consapevoli di aver agito nel modo corretto. E questa consapevolezza può essere ottenuta solo attraverso il metodo della topica. Credo che sia questo il senso in cui vanno intese le parole di Vico:

Perciò entrambi i metodi di discussione hanno dei difetti: il metodo dei topici, perché spesso afferrano il falso; il metodo dei critici, poiché non assumono anche il verisimile. Perciò, per evitare il difetto di entrambi, sarei dell'opinione che gli adolescenti vengano istruiti con giudizio completo in tutte le scienze e le arti affinché si arricchiscano nei luoghi della topica, ed intanto si rafforzino nel senso comune per la prudenza e l'eloquenza, nella fantasia e nella memoria per le arti che spiccano per queste facoltà della mente; imparino quindi la critica, ed allora valutino daccapo con loro proprio giudizio le cose nelle quali sono stati istruiti; e si esercitino nelle medesime discutendo pro e contro. In tal modo, infatti, risulterebbero veritieri nelle scienze, accorti nella prudenza delle cose, facondi nell'eloquenza, ricchi di immaginazione nella poesia e nella pittura, di buona memoria nella giurisprudenza. Ed oltre a ciò sarebbe sicuro che non diverrebbero avventati, come chi disputa attorno alle cose mentre le sta imparando; né religiosi in modo distorto, come chi ritiene che niente sia vero se non è dettato da un maestro42.

È da notare anche la forte valenza politica che questo passo assume. Solo attraverso un metodo sintetico si può arrivare a una qualche forma di sapere che sia fondato e che permetta a chi lo apprende di poterlo affermare con sicurezza in quanto cosciente di averlo conosciuto con le proprie capacità senza che gli sia stato dettato da altri. Questo è

40 Ivi, p. 37. 41 Ivi. p.39. 42 Ivi, pp. 43-45.

un metodo che permette di rifiutare qualsiasi dogma calato dall'alto, in sostanza è un rifiuto del principio di autorità.

Nel capitolo IV e V si entra nel discorso del metodo geometrico vero e proprio. Nel primo dei due si tratta del procedimento geometrico che è stato introdotto nella fisica. In questo caso Vico si riferisce all'analisi cartesiana, la quale ha lo svantaggio di non poter essere negata in niente nel suo procedimento se non nel punto iniziale. L'estensione del suo metodo alla fisica fa sì che essa non possa essere veramente indagata. Dice Vico che l'azione dei razionalisti assomiglia a quella che compiono le persone che ricevono in eredità una casa tanto magnifica da non aver bisogno di nulla se non di qualche abbellimento secondo il gusto della moda. Ciò fa sì che i beneficiari si occupino di cose di nessun valore tralasciando invece le fondamenta della casa. Allo stesso modo si comporta la fisica che procede attraverso il metodo analitico. Presenta principi della natura come veri quando in realtà questi non sono che verisimili. Infatti le cose della fisica «dalla geometria ricevono sì il procedimento, non la dimostrazione: dimostriamo la geometria perché la facciamo; se potessimo dimostrare la fisica, la faremmo»43. Accanto al metodo geometrico analitico si fa strada il metodo geometrico sintetico che, a differenza del primo, che elabora giudizi a partire dai primi veri, procede attraverso un'indagine progressiva e un aumento graduale delle conoscenze. A questo è dedicato precisamente il capitolo V. Qui si mostra come l'analisi non sia affatto utile alla meccanica poiché il suo è un metodo facile che indebolisce gli ingegni e non supporta le teorie dell'esperienza. Ci vuole un procedimento che faccia tutto il contrario e che eserciti i giovani alle difficoltà. Solo così l'ingegno può lavorare e la conoscenza progredire e infatti solo attraverso il metodo sintetico sono state possibili le invenzioni della meccanica. «Inventare novità, infatti, è virtù del solo ingegno; ma la geometria esercita l'ingegno. Quella infatti, come gli aurighi tengono a freno i cavalli vigorosi per un po' di tempo per lanciarli in un galoppo più veloce, così trattiene gli ingegni mentre viene appresa, perché, allorquando sia richiamata all'uso, li renda più acuti»44. La geometria sintetica agisce per immagini, cioè fornisce celermente alla mente una grande quantità di figure che vengono lette e legate tra loro, per risolvere i problemi, dall'ingegno. Ecco perché solo attraverso la sintesi gli ingegni diventano più acuti. L'esempio per eccellenza è quello di Archimede che per creare le sue invenzioni non

43 Ivi, pp. 49-51. 44 Ivi, p. 55.

può che aver utilizzato il procedimento sintetico. Al contrario «l'analisi, […] così pondera i suoi ragionamenti, aspettando, se per caso le vengano date, le equazioni che cerca»45. Quella della critica è una specie di arte divinatoria. Vico biasima i suoi contemporanei proprio in questo, poiché sostiene che essi abbiano sviluppato una conoscenza attendista che li porta a ricorrere «all'oracolo dell'analitica»46.

È indubitabile, quindi, che chi ha conseguito le più grandi invenzioni sulla terra abbia utilizzato un metodo sintetico e in nulla si sia servito dell'analisi. Per questo «affinché si coltivino gli ingegni nella meccanica, è cauto istruire gli adolescenti nella matematica non attraverso le specie, come le chiamano, ma attraverso le forme»47. Ma questa scelta non deve riguardare solo la meccanica o la fisica, bensì ogni ambito in cui ognuno si voglia formare:

Ma chi non si istruisca né in fisica, né in meccanica, ma si formi alla vita politica, al tribunale, al senato oppure all'oratoria sacra, non indugi in questi studi, trasmessi secondo tale procedimento, né da adolescente né più tardi. Impari la geometria attraverso le figure con un metodo ingegnoso; coltivi la topica e discuta della natura, dell'uomo, dello stato, con il genere libero e più elegante di discettare, sia da un punto di vista che da quello opposto, al fine di comprendere ciò che di più probabile e verosimile sia nelle cose48.

Dietro ogni disciplina ci deve essere sempre uno studio della geometria, la sola che con il suo procedere per forme, per figure, esercita l'ingegno e lo fa diventare acuto e in grado di collegare le cose fra di loro. Solo la geometria sintetica rende l'uomo capace di esercitare l'intelletto attraverso un metodo induttivo che è all'opposto dal metodo profetico e divinatorio dell'analisi istituito da Cartesio e che i suoi discepoli hanno erroneamente esteso a ogni ambito del reale.

In un passo dell'Autobiografia, Vico si esprime con toni analoghi ai capitoli del De

Ratione che abbiamo analizzato49. Questo passo risulta utile in quanto chiarisce meglio la differenza che corre tra l'analisi cartesiana e la geometria sintetica. Qui vengono individuate “due perniziosissime pratiche” nel metodo di studi, le quali corrispondono a due scuole diverse. La prima è la scuola di Port-Royal, la quale fa iniziare la filosofia da

45 Ibidem. 46 Vita, p. 18. 47 De Ratione, p. 59. 48 Ivi, pp. 77-79.

49 Il testo in questione (Vita, pp. 16-18), che appare nell'autobiografia come una lunga citazione, viene fatto risalire a un'altra prolusione vichiana, datata da Nicolini intorno al 1713, che purtroppo è andata oggi perduta.

una logica «tutta ripiena di severissimi giudizi d'intorno a materie risposte di scienze superiori e tutte lontane dal comun senso volgare»50. La seconda pratica è quella di stampo cartesiano che utilizza il metodo algebrico per tutti gli elementi della scienza. Però questo «assidera tutto il più rigoglioso delle indoli giovanili, lor accieca la fantasia, spossa la memoria, infigardisce l'ingegno, rallenta l'intendimento»51. Con tale procedimento l'ingegno si indebolisce poiché tende a vedere solo ciò che gli sta davanti. Di conseguenza la fantasia non immagina più nulla, la memoria, concentrata solo sul presente, non ricorda più ciò che viene prima e in generale non c'è un'effettiva comprensione perché si tende ad indovinare invece che cercare di capire.

Al contrario, la geometria sintetica vichiana rende forti le capacità umane perché queste si sviluppano attraverso la fatica52. È solo applicandosi nell'arte di ritrovare che i giovani formano in loro le basi per passare poi all'arte del giudizio. Però non si può pensare di «giudicare bene se non si è conosciuto il tutto della cosa, e la topica è l'arte in ciascheduna cosa di ritrovare tutto quanto in quella è; e si anderebbono dalla natura stessa i giovani a formarsi e filosofi e ben parlanti»53. E poco oltre Vico entra nel dettaglio di come il suo metodo procede. La geometria sintetica deve, prima di tutto, definire ciò su cui si indaga, in secondo luogo si devono stabilire massime comuni così da trovarci in accordo con chi si ragiona e infine bisogna chiedersi cosa si può conoscere di quella cosa così da formarsi un ragionamento compiuto. Una volta fatto ciò, bisogna «con questi principi di verità più semplici dimostrate procedere fil filo alle più composte, e le composte non affermare se non prima si esaminino partitamente le parti che le compongono»54.

Il metodo geometrico insegna a partire dalle verità più semplici per arrivare a scoprire quelle più composte. La sintesi è ars inveniendi proprio perché parte dagli elementi semplici, i quali non possono essere scomposti ulteriormente, e li unisce tra di loro dandogli una struttura ordinata e costruita in modo ponderato. «Allorché pone in essere queste operazioni, la sintesi rivela inoltre il proprio carattere genealogico, in quanto si misura, ripercorrendone i passi, con il farsi originario, “elementare”, della cosa, con la

50 Vita, p.16. 51 Ivi, p. 17.

52 « [...] così, dove, per ritrovare le grandezze che si domandano, si avesse a durare una disperata fatica col nostro umano intendimento per la sintetica» (Ibidem).

53 Ibidem. 54 Ivi, p. 18.

cosa allo stato nascente»55.

Attraverso questa particolarità della geometria sintetica Vico realizza quella circolarità tra cogitare e videre propria del metodo induttivo sperimentale baconiano56. Proprio in quest'ottica circolare si muove il capitolo VI del De Ratione, incentrato sulla medicina e il suo procedimento. Qui si mostra quanto possa essere esiziale l'invasione del metodo analitico nella medicina. Questo procedimento ha portato i moderni a pensare di conoscere le cause delle malattie con tale sicurezza da fornire solo diagnosi che si rivelano spesso errate in quanto non considerano a sufficienza i sintomi che caratterizzano i malati. In questo caso il procedimento sintetico degli antichi nella medicina era molto superiore a quello dei moderni. Essi non si dedicavano tanto a scoprire le cause delle malattie, poiché queste sono incerte e difficili da trovare. Al contrario «erano solleciti e desiderosi di sapere fino allo scrupolo solo ciò che potevano ammettere e dimostrare, persuasi da lunga osservazione; dai sintomi giudicavano non tanto le cause delle malattie, quanto la gravità e l'avanzamento, in direzione del sicuro tracciato della terapia»57.

Per poter esprimere un giudizio su qualcosa che abbia un qualche fondamento di vero ci vuole una lunga osservazione. È vero che sintomi e valutazioni hanno a che fare con il verosimile, ma ciò nonostante avere un qualche fondamento di vero è sempre meglio che temporeggiare come fanno i moderni aspettando che la malattia si mostri da sola. Invece gli antichi, giustamente, prestavano attenzione a quei segni che potevano essere una premonizione al manifestarsi di una malattia in una persona sana. Tuttavia questa previsione non aveva nulla di profetico, ma aveva alle spalle una lunga esperienza acquisita grazie all'osservazione. In medicina, e in generale nelle varie scienze, è sbagliato sia usare il metodo sillogistico che quello del sorite. Infatti il primo non congiunge cose diverse ma deduce da un genere una specie posta sotto quello. Il secondo congiunge cause vicine tra loro58. Perciò «chi adopera l'uno o l'altro dei due

55 G. Carillo, Vico. Origine e genealogia dell'ordine, Editoriale Scientifica, Napoli 2000, p. 36.

56 Segnalano questa circolarità G. D'Acunto, op. cit., p. 97 e M. Sanna, La “Fantasia, che è l'occhio dell'ingegno”, op. cit., p. 26.

57 Ivi, p. 59. Sulla medicina in Vico, ma da un punto di vista maggiormente storico: R. Mazzola, Vico e la cultura medica. Storiografia e prospettive di ricerca, in «BCSV», XLIV, 2014, pp. 33-48.

58 «Infatti come chi si cimenta con il sillogismo non aggiunge niente di nuovo, poiché la conclusione è contenuta nella premessa maggiore o nella premessa minore, così chi dimostra con il sorite non fa nient'altro che spiegare un secondo vero che si celava nel primo. […] come non possiamo dimostrare nulla di vero con il sillogismo, […] non possiamo dimostrare nulla di vero neppure con il sorite» (Ivi, p. 63).

ragionamenti, più che congiungere due linee in un angolo acuto prolunga un'unica linea; così sembra essere un ingegno non tanto acuto quanto sottile»59. Ecco perché in medicina non bisogna servirsi né del sillogismo né del sorite poiché entrambi non possono dimostrare nulla di vero. «Ragion per cui è più sicuro consiglio seguire da vicino i particolari; e in questo non facciamo ricorso al sorite più del suo merito, ma concentriamoci soprattutto sull'induzione»60. Solo con quest'ultima si utilizza un metodo sintetico che sviluppa l'esperienza e allena l'ingegno rendendolo veloce nel congiungere tra loro le immagini che gli si presentano davanti. Ecco in che senso la medicina e il suo metodo diventano paradigmatici per l'educazione dei giovani:

Gli antichi, i quali tutti consideravano la geometria come la logica dei ragazzi, […] imitati i medici, che propendono per ciò a cui la natura si volge, insegnavano ai ragazzi la scienza, la quale non può essere appresa correttamente senza una viva forza di plasmare immagini; affinché, senza che fosse fatta alcuna violenza alla natura, ma gradatamente e con dolcezza, in proporzione all'ingegno dell'età, si abituassero al ragionamento ponderato61.

I moderni devono recuperare questa pratica degli antichi. Non si può pensare di educare i ragazzi a utilizzare subito la ragione quando non hanno ancora sviluppato prudenza ed esperienza. Il giudizio non può essere precedente alla scoperta. La conoscenza razionale deve essere l'obiettivo dell'insegnamento, ma questa va raggiunta per gradi partendo da quella facoltà in cui i giovani eccellono: l'immaginazione.

In questo caso, il problema è quello di conciliare due facoltà come ragione e fantasia che sono fra loro contrastanti62. In realtà c'è contrasto tra i due solo se si privilegia il metodo analitico che non permette di sviluppare con calma le proprie capacità. Partendo dall'ultimo grado, cioè dalla razionalità, è come se si rendessero i giovani incapaci di utilizzare le varie facoltà in modo adeguato al contesto in cui si trovano.

Il compito è proprio quello di «frenare la fantasia in modo tale che proprio per mezzo della fantasia la ragione incominci a irrobustirsi»63. Bisogna trovare un ambito che

59 De Antiquissima, p. 131. Da notare che nella frase precedente a questa Vico si è espresso in modo analogo a come aveva fatto nella frase sopra citata del De Ratione. Egli scrive che «il sillogismo non congiunge tanto cose diverse quanto piuttosto ricava dall'interno stesso del genere una specie posta sotto quel genere; chi usa il sorite concatena cause con cause, ognuna legata alla più vicina» (Ibidem).

Nel documento Il rapporto tra mente e corpo in Vico (pagine 58-67)