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Parte I – Quadro teorico di riferimento 8

CAPITOLO 1 La Corporate Social Responsability 8

1.5 Mercati globali, dinamiche competitive e Corporate Social Responsibility 45

1.5.4   L’influenza della CSR sui processi di creazione di valore condiviso (value

L’attuale contesto socio- economico è caratterizzato dall’impegno etico, non sempre lungimirante e pluriprospettico, di governi e società civile, convinti che risolvere i problemi che affliggono la società, l’ambiente e l’economia moderna sia possibile ricorrendo a politiche e strategie d’intervento non sempre economicamente redditizie (Porter, 1980). Nonostante la Corporate Social Responsibiliy concorra alla creazione di “valore condiviso” (value shared), le aziende sono ancora legate a una visione tradizionale e ristretta del processo di creazione di valore, basata, cioè, sull’ottimizzazione delle performance finanziarie nel breve periodo, che porta a sottovalutare le azioni e le relazioni che influenzano positivamente le performance di lungo periodo (Porter and Kramer, 2011). È chiaro, quindi, che tra gli obiettivi delle moderne corporation rientra anche la possibilità di garantire benefici concreti sia alla comunità sia al mondo del business, in modo da far convergere le esigenze sociali con quelle economico- commerciali e far scaturire valore economico dal valore sociale. Perché ciò avvenga, è necessario che le aziende sviluppino un approccio più consapevole e maturo alla “responsabilità sociale”, basato, cioè, sulla capacità di attribuire il giusto peso alle problematiche sociali (Porter and Kramer, 2011) e di creare “valore condiviso” (shared value)25, che “non è semplicemente responsabilità sociale,

25Il concetto di “Creazione di Valore Condiviso” (Creating Shared Value – CSV) è stato introdotto e

analizzato da Porter e Kramer (2006), i quali hanno, successivamente, contribuito a una migliore definizione del concetto evidenziandone i legami con il vantaggio competitivo e la Corporate Social

filantropia o, addirittura, sostenibilità, ma una nuova strada che conduce al successo economico”, (Porter and Kramer, 2011, p. 4). Il valore condiviso, quindi, “deve prevedere il miglioramento delle tecniche di crescita e il rafforzamento dei distretti locali al fine di supportare i fornitori e le altre istituzioni nei processi che portano al miglioramento dell’efficienza, della resa, qualità, successo economico e sostenibilità dei prodotti” (Porter and Kramer, 2011, p. 5). Il modello di “Creazione di Valore Condiviso” (Creating Shared Value – CSV), proposto da Porter e Kramer (2006), permette di classificare l’impegno sociale delle aziende in tre categorie: 1) Problematiche sociali generiche (Generic social issue): importanti per la società, ma che non influenzano le azioni aziendali, né la competitività di lungo periodo; 2) Impatto sociale della catena del valore (Value chain social impact): relativo all’influenza esercitata a livello sociale dalle attività aziendali ordinarie di cui si compone la catena del valore; 3) Dimensione sociale del contesto competitivo (Social dimension of competitive context): fattori ambientali esterni che influenzano la competitività nei contesti in cui opera l’impresa. Secondo questo modello, le aziende possono creare opportunità attraverso cui conseguire valore condiviso in tre modi (Porter and Kramer, 2011, p. 5):

1. Ripensando prodotti e mercati, in modo da soddisfare le esigenze sociali, servire meglio i mercati esistenti, accedere a nuovi mercati e/o ridurre i costi di produzione grazie all’innovazione tecnologica.

2. Ridefinendo la produttività, in modo da migliorare la qualità, la quantità, i costi e l’affidabilità degli input e della distribuzione, facendosi, contemporaneamente, tramite della tutela delle risorse naturali fondamentali e guidando lo sviluppo sociale ed economico.

3. Favorendo lo sviluppo di distretti locali (cluster), che operando in maniera sinergica con l’ambiente circostante, favoriscono la crescita e l’acquisizione di un vantaggio competitivo basato su elementi quali: efficienti infrastrutture di trasporto e comunicazione, una buona rete locale di approvvigionamento, risorse umane competenti e, non da ultimo, un sistema legale stabile e ben funzionante.

Il principio di CSV, dunque, attribuisce una dimensione sociale alle strategie aziendali, attraverso cui è possibile analizzare e soddisfare nuovi bisogni, servire nuovi mercati e proporre configurazioni innovative della catena di valore, in modo da ottenere un nuovo o migliore posizionamento strategico. È, ormai, un dato di fatto che la catena di valore e, in particolare, le singole attività di cui essa si compone entrino, virtualmente, in contatto con la comunità in cui un’azienda opera. Si comprende, quindi, come CSR e CSV presentino alcune similitudini dovute, principalmente, alla condivisione del medesimo obiettivo: il raggiungimento del benessere sociale. Nonostante gli evidenti punti di contatto, questi paradigmi presentano divergenze altrettanto evidenti, la prima delle quali è strettamente legata all’obiettivo di base di ciascun approccio, infatti, la Corporate Social Responsability si fonda su un approccio più responsabile alle problematiche socio- economiche, il principio di Creazione di Valore Condiviso,

responsibility (Porter and Kramer, 2011). Il valore condiviso rimanda, dunque, a una ritrovata consapevolezza dell’interdipendenza tra competitività aziendale e benessere sociale, principio su cui dovrebbe essere basata la futura crescita socio- economica e il ripensamento delle strutture e delle relazioni alla base del sistema capitalista.

invece, prevede la creazione di valore utile per aziende e società, attraverso cui è possibile acquisire un concreto vantaggio competitivo (Porter and Kramer, 2002). Il principio di Creazione di Valore Sociale è considerato, da alcuni studiosi, un’evoluzione della Corporate Social Responsability, che nel tempo ha abbandonato manifestazioni e programmi di natura strettamente benefica e promozionale, per dar vita a un impegno sempre più concreto, attraverso cui ridurre la distanza che, da sempre, separa gli interessi economici da quelli sociali (Visser, 2011). In questo modo, è stato possibile ripensare imprese e società civile secondo i principi base dello sviluppo sostenibile, valorizzando le sinergie e le relazioni che legano le due entità, la cui azione condivisa può, di fatto, garantire il raggiungimento di risultati apprezzabili per entrambi e, dunque, di “valore condiviso”.

Tabella 8 - Passaggio dalla CSR alla CSV.

Passaggio dalla CSR alla CSV

CSR CSV

Valori: Fare bene. Valori: raggiungimento di benefici economico-

sociali rapportati ai costi.

Cittadinanza, filantropia, sostenibilità. Creazione di valore per l’azienda e la società civile. Discrezionalità come risposta alla pressione

esterna.

Coinvolgimento nella competizione.

Indipendenza dalla massimizzazione del profitto. Coinvolgimento nella massimizzazione del profitto.

Agenda influenzata da report esterni e preferenze personali.

Agenda orientata alle necessità aziendali e creata internamente.

Impatto limitato dall’orientamento aziendale e dal budget di CSR.

Riorganizzazione dell’intero budget aziendale.

Esempio: Acquisti fatti secondo le logiche del

commercio equo.

Esempio: Cambiamento delle procedure per

incrementare qualità e il profitto.

Fonte: adattata da Porter and Kramer, 2011, p. 16.

Dall’analisi della precedente tabella (Tab.9) emerge che la pratica della CSR non è ancora riuscita a risolvere i conflitti che oppongono il modo del business alla società. Il paradigma della CSV tende, invece, ad attribuire la giusta importanza al trade-off esistente tra redditività a breve termine e obiettivi sociali, nonché alla possibilità di acquisire un buon vantaggio competitivo attraverso l’inserimento di concrete “value proposiotion” nella strategia aziendale. Ne consegue che la Corporate Social Responsibility può essere più incisività sia a livello sociale, che aziendale se inserita in un’ottica strettamente strategica e proattiva.

1.6 Comunicare la responsabilità sociale in un contesto competitivo globale