5. Analisi dei programmi implementati nella città di Rabat
5.1. Integrazione economica in Marocco
L’integrazione, nella sua componente economica è stata ampiamente studiata dagli accademici e una parte consistente di letteratura ha portato l’attenzione su come l’impiego influisca in maniera determinante anche sugli altri ambiti dell’integrazione, ad esempio facilitando in generale l’inserimento sociale e secondo quanto rilevato da Lemaître288 addirittura più di quanto possa fare l’acquisizione della lingua locale. L’inclusione nel mercato lavorativo permetterebbe di influenzare altri fattori chiave nel processo d’integrazione, come la capacità di fare dei programmi per il futuro ma anche d’incontrare persone della società ospitante, essere un’occasione per sviluppare le
288 G. Lemaître, The integration of immigrants into the labour market: the case of Sweden, OECD Social, employment and
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competenze linguistiche e incoraggiare la fiducia di sé289. Questi elementi sono indicativi della centralità dell’aspetto lavorativo nell’integrazione dei migranti. In virtù della rilevanza attribuita dagli studi effettuati, si è scelto di far luce sui risvolti della campagna di regolarizzazione adottando questa prospettiva e applicando il modello di valutazione dei programmi d’integrazione economica che verrà presentato in questo capitolo.
È necessario procedere con alcune precisazioni. Innanzitutto si ribadisce come l’integrazione non sia una variabile dicotomica ma racchiuda diversi gradi d’inserimento economico tali per cui non è possibile identificare una persona come inserita o meno in maniera categorica. Inoltre si ricorda quanto importante sia l’ambiente in cui il processo d’integrazione ha luogo. Come specificato da Latcheva e Herzog290, quando si parla d’integrazione non lo si può fare in maniera decontestualizzata, in quanto vi sono molteplici fattori legati alla realtà considerata implicati in questo processo, dall’ambiente economico alle opportunità previste dalle politiche locali. Se in Marocco la campagna di regolarizzazione e l’inaugurazione della SNIA possono sembrare delle opportunità per i migranti nell’avviare un percorso d’inserimento, non si debbono tralasciare alcune caratteristiche della realtà marocchina. Se per i dati macroeconomici si rimanda al capitolo 2, vi sono tuttavia alcune caratteristiche che è doveroso ricordare. Il mercato del lavoro marocchino è contraddistinto da un alto tasso di disoccupazione tra i giovani e soprattutto tra i giovani aventi dei diplomi. Il governo marocchino ha tentato di superare questa difficoltà attraverso l’indirizzamento di misure che potessero colmare il gap tra la formazione scolastica e quanto richiesto dal mercato del lavoro. Per far sì che tale congruità riemergesse sono state avviate, fin da metà anni Ottanta, delle riforme nel sistema della formazione professionale con il preciso scopo di aumentare l’occupazione dei giovani291. Un elemento che mette in luce la schizofrenia della disoccupazione giovanile in Marocco è che nonostante la presenza di diplomati e laureati inattivi, lo sviluppo di alcuni settori strategici (come il turismo e l’offshoring) è ostacolato dalla mancanza di competenze adeguate, costringendo il governo a lanciare dei programmi di training specifici nei confronti di quelli che indistintamente vengono identificati come “skilled” o “highly qualified workers”, tra i
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Cfr. Africa Educational Trust, Refugee education, training and employment in inner London: a baseline study, FOCUS Central London and the refugee training partnership, Londra, 1998; A. Bloch, Refugees in the job market: a case of
unused skills in the British economy, in Refugees, citizenship and social policy in Europe, Basingstoke: Palgrave
Macmillan, 1999; F. Tomlinson, S. Egan, From marginalization to (Dis)empowerment: organizing training and
employment services for refugees, Human relations 55 (8), 2002, pp. 1019 – 1043.
290 R. Latcheva, B. Herzog-Punzenberger, Integration trajectories: a mixed method approach, in A life-course perspective
on migration and integration, Springer, London/New York, 2011, pp. 124 – 128.
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Le iniziative a cui si fa riferimento sono i programmi di tirocinio, il supporto diretto ai potenziali imprenditori tra le persone che hanno seguito un corso di formazione professionale, la creazione di un’agenzia volta alla promozione del lavoro e la riforma dei metodi d’insegnamento nelle classi di formazione professionale. Cfr. B. Boudarbat, D. Egel, The
effectiveness of vocational training in Morocco: quasi – experimental evidence, Regional and sectoral economic studies
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quali si registrano alti tassi di disoccupazione, condizione che rimane invariata anche per lunghi periodi di tempo.
Inoltre, il mondo del lavoro marocchino vanta una massiccia presenza di impieghi per i quali non sono richieste particolari competenze, tipici del vasto mercato informale, totalmente in antitesi con il concetto di “lavoro dignitoso”. Il mercato del lavoro è fortemente segmentato, sulla base di diversi fattori, come il livello d’educazione, l’età, il sesso292 e, si aggiunga, la nazionalità. Questi elementi distintivi del mercato marocchino fanno capire come l’ambiente sia endemicamente segnato da delle difficoltà e da alcune problematiche che non riguardano in maniera esclusiva i lavoratori stranieri, bensì sono elementi che affliggono gli stessi cittadini. La disoccupazione, in particolare quella giovanile, la non congruenza tra percorso formativo e impiego, e le lacune in materia di sicurezza sociale sono temi che il governo cerca di risolvere da decenni. Dapprima vennero avviati i programmi di aggiustamento strutturale e poi dei provvedimenti interni, relativi alla creazione del Consiglio nazionale della gioventù e dell’avvenire (CNJA) con l’obiettivo di creare un continuum tra percorso di studi e lavoro, e all’inaugurazione dell’ANAPEC per migliorare l’impiegabilità dei giovani e rafforzare le logiche d’inserimento. A tal proposito si precisa che, da quanto emerso nel capitolo terzo, i programmi previsti dagli enti statali per l’inserimento economico dei migranti sono gli stessi indirizzati ai marocchini. La corrispondenza nel servizio offerto è un indicatore che avvalla la considerazione qui presentata, ovvero che talune difficoltà incontrate dagli stranieri sono le stesse che fronteggiano da tempo i lavoratori nazionali. Il fatto che la letteratura accademica più recente rilevi ancora gli strascichi delle problematiche che hanno caratterizzato gli anni Novanta, fa riflettere sull’efficacia delle soluzioni individuate o per lo meno sulle difficoltà incontrate nella fase d’implementazione delle stesse293. I temi da affrontare sono ancora una volta la diffusione delle “buone pratiche” in materia di gestione delle risorse umane e delle competenze, l’affermazione del diritto ad avere un lavoro dignitoso e il rintracciare un equilibrio tra la flessibilità del lavoro e la sicurezza d’impiego. Quest’ultima rimane una questione aperta anche alla luce dell’approccio che ha storicamente caratterizzato le imprese le quali, per far fronte ai concorrenti nel mercato globale, hanno individuato come unica soluzione efficace il basso costo della manodopera e la flessibilità d’impiego applicando la concezione secondo cui “les licenciements
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A. Ibourk, Contribution of labour market policies and institutions to employment, equal opportunities and the
formalisation of the informal economy: Morocco, Employment working paper n. 123, Bureau International du travail,
Ginevra, 2012, p. 1.
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Cfr. B. Boudarbat, D. Egel, The effectiveness of vocational training in Morocco: quasi – experimental evidence, Regional and sectoral economic studies vol. 12 – 2, 2014; A. Ibourk, Contribution of labour market policies and institutions to
employment, equal opportunities and the formalisation of the informal economy: Morocco, Employment working paper
n. 123, Bureau International du travail, Ginevra, 2012; N. El Aoufi, S. Hanchane, Employabilite des jeunes: les voies et
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d’aujourd’hui font la survie des entreprises de demain et les créations d’emplois d’après demain”294. Ciò spiega la reticenza di molte imprese ad aderire al settore formale ad esempio, potendo così avere maggiori spazi discrezionali e di manovra nei confronti dei lavoratori.
Si ritengono necessarie delle ulteriori precisazioni in riferimento al settore informale dell’economia marocchina. Innanzitutto va chiarito che quando si parla di mercato informale non si vuole indicare solo il lavoro dipendente svolto in assenza di contratto. La categoria è piuttosto eterogenea e ne fanno parte l’auto – impiego (settore dominante, che riguarda circa il 70% dell’informale295), e il sous – emploi la cui definizione è mutata nel tempo fino ad essere identificato come sotto – utilizzo della popolazione attiva occupata e racchiude al suo interno sia i lavoratori che sono disposti a svolgere lavori occasionali (ad esempio per soli due giorni alla settimana), sia quelli che sono alla ricerca di un altro lavoro rispetto a quello che stanno svolgendo a causa dell’incongruenza di quest’ultimo con le qualifiche e con gli studi conseguiti296. In entrambi i casi si tratta di lavoro inadeguato. Sebbene il settore informale sembri dominato dai lavoratori di sesso maschile, questo dato a volte risulta fuorviante e non rappresentativo della realtà e la causa è da rintracciare nel non inserimento delle attività svolte dalle donne, considerate come non economiche. In generale, le attività informali sono tutte quelle condotte senza tenere una completa contabilità conformemente a quanto previsto dalla legislazione vigente. Si specifica inoltre che il settore informale è il settore a cui spesso ricorrono molti marocchini, ad esempio i giovani con un basso livello d’istruzione che preferiscono intraprendere la via dell’auto – impiego a causa dell’assenza di opportunità nel lavoro dipendente, soprattutto nel settore formale: un ambito in cui ancora oggi i posti di lavoro creati non sono sufficienti a rispondere alla domanda di lavoro e in cui, di conseguenza, sarà molto difficile integrare i migranti. Lo scenario del settore informale non è da considerare un monolite, in quanto ha dei limiti molto sfumati e fluidi, che si intrecciano con quelli del settore formale, in quanto include lavoratori che operano totalmente al di fuori di quello che è l’iter legale, altri che dichiarano solo parte del lavoro svolto, taluni che affiancano a un’occupazione nel settore formale un lavoro occasionale e venditori itineranti che non sempre sono in possesso di un permesso.
Conseguentemente, l’inserimento di lavoratori stranieri incontra le difficoltà proprie del mercato del lavoro locale, a cui si affiancano quelle legate alla condizione di lavoratore straniero, con i limiti linguistici e i mancati dispositivi di conversione delle qualifiche conseguite nel paese d’origine,
294 N. El Aoufi, M. Bensaïd, Chômage et employabilité des jeunes au Maroc, Laboratoire economie des institutions et
développement, Unité politiques de l’emploi, Université Mohammed V Agdal, Rabat, 2005, p. 64.
295 Ivi, p. 27. 296 Ivi, p. 22.
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esacerbati da un ambiente spesso segnato dalla diffidenza e dal razzismo. Si riporta, infine, che le criticità legate al settore informale sono maggiori nel settore privato, settore che nell’80% dei casi vede le relazioni lavorative avvenire in maniera informale297, l’unico per altro accessibile ai lavoratori immigrati.