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Modello per la valutazione dei programmi d’integrazione economica

5. Analisi dei programmi implementati nella città di Rabat

5.2. Modello per la valutazione dei programmi d’integrazione economica

Al fine di poter condurre un’analisi dei programmi d’integrazione economica e di fornirne una valutazione capace d’individuare i punti di forza e le aree da potenziare di ciascuno, è stato pensato un modello di riferimento in cui sono state incluse tutte le azioni che si ritengono necessarie per la buona riuscita di un percorso d’inserimento nel mondo lavorativo. Propedeutica alla miglior comprensione degli stessi e alla loro valutazione, è stata l’identificazione di campi d’azione che, se inclusi nei programmi, potrebbero incidere sull’integrazione economica. Sono stati rintracciati cinque ambiti che in linea teorica dovrebbero succedersi nel tempo (si veda Figura 5). È auspicabile infatti, che la valutazione delle competenze e la conversione delle qualifiche conseguite nel paese di origine, ad esempio, siano effettuate in un momento precedente rispetto alla ricerca del lavoro.

Figura 5: individuazione degli ambiti da includere nei programmi d’integrazione economica affinché siano efficaci.

Si specifica che questi fattori incidono sull’integrazione economica ma non ne determinano l’inevitabile successo (legato anche al contesto sociale ed economico, nonché alle esperienze e agli

297 Ivi, p. 17. SVILUPPO / POTENZIAMENTO COMPETENZE Accesso ai corsi di lingua Accesso ai corsi di formazione professionale Accesso a seminari su dinamiche e diritti

del mercato del lavoro 2 2.1 2.2 2.3 MEDIAZIONE Orientamento professionale Accompagnamento stesura CV, lettera motiv. e supervisione firma contratto Sostegno nella ricerca di lavoro e firma del contratto

3

3.1

3.2

3.3

SUPPORTO

Verifica del rispetto delle norme e del contratto di lavoro 4 4.1 INCENTIVI Sostegno all’auto- impiego e ai progetti imprenditoriali Promozione dell’assunzione di immigrati 5 5.1 5.2 IDENTIFICAZIONE PROFILO PERSONALE Valutazione competenze possedute Conversione delle qualifiche ottenute nel paese di origine

1

1.2 1.1

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eventi del singolo), e che sono stati individuati in riferimento al contesto marocchino. Infatti, sebbene la letteratura presa in riferimento non sia focalizzata esclusivamente sul caso del Marocco, si è cercato di rielaborare e ripensare le variabili, adattandole alle esigenze riscontrate attraverso l’esperienza sul campo e la letteratura in materia inerente al paese.

L’individuazione degli ambiti di azione si basa sull’idea di un accompagnamento all’integrazione che abbia inizio con il riconoscimento delle conoscenze già in possesso della persona e la valorizzazione delle esperienze pregresse. Una volta compreso il livello di scolarizzazione e la padronanza della lingua francese, sarebbe poi utile procedere con una conversione, avente valore a livello nazionale, delle qualifiche ottenute dal migrante nel paese di origine. Questo processo iniziale permetterebbe sia di dare la possibilità alla persona straniera di avanzare in maniera coerente nella propria carriera lavorativa, sia al paese ospitante di non dover provvedere ad una formazione professionale rivolta in maniera generale a tutti coloro i quali arrivino nel paese. La prassi marocchina risulta essere ancora lontana da questo procedimento: non esiste ad oggi un sistema istituzionale capace di convertire i diplomi e i titoli di laurea degli stranieri residenti nel regno298, dando dunque vita all’incongruenza e alla discontinuità che segnano il passaggio tra il percorso di studi e la ricerca di un lavoro. Oltre ad essere un elemento di scontento per i migranti che, nella maggior parte dei casi, sono costretti a svolgere delle attività totalmente diverse da quella che è la loro preparazione, è un sistema che richiede anche un forte sforzo da parte della struttura di accoglienza marocchina, in quanto si appresta a elargire una formazione professionale anche a persone già in possesso di conoscenze, competenze e capacità e che, in linea teorica, potrebbero già esercitare delle attività. In questo modo si perde il potenziale legato all’expertise dello straniero che, soprattutto da quanto emerso dalle inchieste più recenti, ha un livello di istruzione medio – alto e ha già avuto delle esperienze lavorative in passato (si veda capitolo 3.2.1). È necessario ricordare che alcuni stranieri provenienti dall’Africa sub sahariana compiono i lori studi superiori in Marocco grazie a delle borse di studio atte a favorire la mobilità fra i paesi del continente, e sono dunque in possesso di titoli marocchini. Ciononostante, non rappresentano che una parte degli stranieri in cerca di lavoro nel regno. Il fatto che la conversione delle qualifiche sia stata inserita in questo modello sebbene non esista un dispositivo nazionale di riconoscimento, molto più efficace di quanto potrebbero fare dei programmi implementati a livello locale o da piccole organizzazioni, fa riferimento al fatto che si ritiene il bagaglio di conoscenze di una persona elemento sostanziale e di vitale importanza nel processo d’integrazione economica. In

298 Fanno eccezione alcune tipologie d’impiego per gli stranieri originari dalle nazioni aventi accordi bilaterali con il

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virtù del peso attribuito a questo aspetto, non si è ritenuta corretta la sua eliminazione anche se lo spazio di manovra degli attori che operano in questo campo è per forza di cose ridotto.

La seconda tappa dell’accompagnamento all’integrazione economica consiste nello sviluppo o nel potenziamento delle hard e soft skill dello straniero. In base a quanto emerge dal profilo personale (fase 1), l’organizzazione o l’ente dovrebbero indirizzare il migrante a:

corsi di lingua. In questo caso non si tratta solamente di offrire lezioni di darija, ma anche di francese per gli anglofoni e per i migranti francofoni che non hanno una padronanza della lingua sufficientemente consolidata. Bisogna tener presente che se il francese è ampiamente utilizzato in Marocco, il darija è l’idioma prediletto per le conversazioni quotidiane, e in riferimento ai quartieri popolari l’unico che permetta di comunicare con le persone;

• corsi di formazione professionale: questi corsi dovrebbero riguardare ambiti che rispondono alla domanda del mercato marocchino in maniera tale da facilitare la successiva ricerca di lavoro del migrante;

• corsi informativi relativi alla conformazione del mercato del lavoro marocchino, alle modalità di ricerca di impiego presenti e adoperate nel paese (ad esempio la procedura attraverso l’ANAPEC), e seminari dedicati all’esposizione dei diritti dei lavoratori in Marocco al fine di fornire al migrante i mezzi per evitare situazioni di sfruttamento e discriminazione e, soprattutto, per avere la possibilità di denunciarle qualora si verificassero.

Le presenti tappe sono concepite in virtù della ricerca di lavoro che avverrà successivamente rispetto al conseguimento delle competenze pratiche e linguistiche. Si ritiene che un programma volto all’inserimento professionale al fine di essere efficace debba prevedere di dedicare del tempo al singolo o a ristretti gruppi di persone in maniera tale da indirizzare i beneficiari sulla base delle loro capacità e necessità. La fase di orientamento infatti, sul piano ideale, dovrebbe considerare molteplici fattori che esulino dalla sola offerta di lavoro e che si concentrino sulle specificità del singolo, quali la coerenza con la formazione posseduta, la capacità di svolgere un lavoro a tempo pieno (che potrebbe portare all’emergere di problemi, ad esempio, nel caso di madri con bambini ancora piccoli), la salute fisica e mentale della persona e dunque la capacità di sopportare determinati livelli di stress. Questi aspetti in molti casi si scontrano con la necessità di avere un reddito o un’entrata capace di sostenere se stessi o la propria famiglia e passano in secondo piano, salvo poi ripresentarsi nel momento di essere puntuali e presenti con costanza nel posto di lavoro. La parte identificata come “sostegno nella ricerca di lavoro” si differenzia dall’orientamento in

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quanto è il momento in cui viene messo in pratica ciò che si è stabilito nella fase preliminare. L’orientamento è stato pensato come momento di incontro tra un operatore e il beneficiario in cui si trattano le aspirazioni e le necessità di quest’ultimo, arrivando all’individuazione di ciò che potrebbe addirsi alla persona in causa, mentre il sostegno come effettivo accompagnamento alla ricerca di lavoro attraverso la lettura di annunci, l’esposizione di offerte di lavoro, l’impegnarsi a sostenere colloqui lavorativi, ecc.

La fase di mediazione dovrebbe vedere altri due momenti chiave: il primo identificato come supporto in attività come quella della stesura del curriculum vitae e il secondo come la presenza o la supervisione dell’operatore al momento della firma del contratto in modo da assicurarsi che quanto previsto dalla legge sia rispettato, al fine di tutelare il lavoratore migrante. Questo tipo di azione, sebbene ritenuta utile e potenzialmente efficace, è difficilmente perseguibile nella sua interezza. Da un lato perché fondata sull’affiancamento di un operatore a un ridotto numero di persone per un medio – lungo periodo, e dall’altro perché il mercato informale in Marocco è quello dominante. Se quest’ultimo elemento potrebbe essere in parte bypassato da una “ricerca sul campo” e ad incontri di tipo informale con il futuro datore di lavoro, la questione relativa alla mancanza di un contratto risulta essere più complessa e non può essere tralasciata in quanto anche la tutela del migrante diventerebbe più incerta e più difficile da assicurare. Infatti nel caso in cui si riesca ad avere un contratto l’operatore potrà in seguito, attraverso degli incontri periodici con il dipendente, verificare che i diritti di quest’ultimo siano rispettati e svolgere azioni di mediazione nel caso in cui ci siano delle questioni di piccola portata da discutere o, nel caso di problemi sostanziali, fare appello ad un avvocato. Al contrario, in assenza di un contratto questo monitoraggio sarà molto più fluido e meno effettivo. La scelta di inserire nel “modello di valutazione dei programmi” che verrà utilizzato in questa sede il procedimento che comprende la firma di un contratto nonostante la conformazione prevalentemente informale del mercato marocchino, si basa sul pensiero che non si possa garantire la protezione necessaria in assenza dello stesso. Un lavoro nel settore informale infatti non è regolamentato e non prevede alcuna tutela. Nei termini teorici di integrazione economica uno degli aspetti fondamentali è l’individuazione di un lavoro dignitoso, un aggettivo non fine a se stesso ma che indica come “employment alone is not enough – working conditions are just as important”299. Ovviamente il raggiungimento di questo obiettivo prevede un provvedimento ben più ampio delle sole azioni indirizzate agli stranieri presenti nel territorio, in quanto il lavoro informale è prevalente nel mercato marocchino tutto, anche per quanto riguarda i cittadini marocchini. Sono perciò necessarie nuove politiche e nuove misure che si facciano carico della questione, non indagate in

299 Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ) GmbH, Work – more than just a job, Akzente, The GIZ

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questa sede. Si precisa solamente che è necessario che le tutele per i lavoratori migranti siano rispettate anche in virtù della situazione in molte occasioni di forte vulnerabilità delle persone straniere nel paese (si veda il capitolo 3). L’assenza di un contratto andrebbe ad aggravare la loro posizione, come si è potuto rilevare dalle svariate testimonianze dei migranti relative alle pratiche adottate da alcuni datori di lavoro (ad esempio mancata emissione dello stipendio, sequestro del titolo di soggiorno o del passaporto, ecc): situazioni che legano il dipendente straniero al datore di lavoro in un rapporto di forte subordinazione.

L’ultimo ambito è quello relativo agli “incentivi”. In questo caso le azioni individuate non fanno necessariamente riferimento all’ultima fase di accompagnamento, si tratta piuttosto di misure e iniziative da compiere in maniera concomitante a quanto descritto fino ad ora. Il primo di questi incentivi riguarda i progetti per l’avvio di attività generatrici di reddito (AGR) e i progetti imprenditoriali: in maniera più generale si può parlare del settore dell’auto – impiego. Non si può di certo pensare che la totalità dei migranti presenti in un paese occupi esclusivamente posizioni di lavoro dipendente. Si può considerare questo percorso come alternativo a quello di ricerca di lavoro con l’affiancamento di un operatore. Nel caso dell’auto – impiego, le tappe da seguire sono ben diverse, e possono fare riferimento alla strutturazione di un progetto, alla partecipazione a corsi di contabilità e di marketing, all’individuazione dei fondi per finanziare il proprio progetto e ad una fase post – implementazione di monitoraggio da parte di un operatore.

Infine, è doveroso chiarire cosa si intenda per “promozione dell’assunzione di immigrati”. Si è più volte ripetuto che l’integrazione può essere vista come un processo biunivoco, in cui motivazione del singolo e organizzazione del paese ospitante sono elementi imprescindibili. Oltre a ciò si è anche precisato come l’ambiente sociale e l’andamento del mercato del lavoro siano dei fattori aventi un peso sostanziale in questo percorso. Ecco dunque che, se, ad esempio, un programma volto all’integrazione economica di un’organizzazione non governativa non può incidere in maniera significativa sulla situazione economica di un paese in un determinato momento storico, può invece esercitare un’influenza dal punto di vista sociale e sul mercato del lavoro a livello locale. Tali effetti possono essere scaturiti attraverso l’informazione. L’azione individuata come capace di favorire l’integrazione economica in questo caso è rappresentata da incontri in

primis con datori di lavoro, ma anche con commercianti e con la società civile in senso lato, volti

alla sensibilizzazione. Uno degli ostacoli rilevati attraverso l’esperienza sul campo è proprio la presenza di una barriera sociale costituita dal pregiudizio che vede coinvolte sia le persone che sono alla ricerca di un lavoro sia quelle che potrebbero offrirne uno. Da un lato una tendenza allo scoraggiamento imperniata sul pensiero di una non possibile assunzione sulla base del paese di

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provenienza, del solo fatto di essere uno straniero (non occidentale) in Marocco. Dall’altra la mancanza della propensione ad avere dipendenti sub sahariani per il solo fatto che essi siano sub sahariani. Questa diffidenza, confermata anche dagli interlocutori che ho avuto modo di intervistare, accoglierebbe di buon grado un’azione mirata attraverso incontri appunto, seminari che facciano emergere le esperienze positive dei datori di lavoro che hanno già avuto modo di impiegare della manodopera straniera. L’azione deve intendersi come a lungo termine e come in grado di incidere sulla capacità per gli stranieri di avere eguale accesso al mondo del lavoro rispetto ai cittadini marocchini, obiettivo più alto dell’integrazione economica.

La promozione dell’assunzione di immigrati insieme all’attivazione di seminari volti ad esporre i diritti dei lavoratori stranieri in Marocco (azione che fa riferimento allo sviluppo e/o potenziamento delle soft skill), possono, sempre sul lungo termine, influire positivamente sulle condizioni alle quali si trova un impiego. Sensibilizzando da una parte i datori di lavoro e dall’altra i lavoratori si potranno produrre impatti positivi finalizzati al raggiungimento dell’eguale trattamento dei dipendenti e scongiurare così le pratiche discriminatorie. Vale a dire giungere a una situazione in cui l’uguaglianza sia effettiva e permei vari fattori: la retribuzione, le ore lavorative, la copertura sanitaria, le possibilità di fare carriera ed eventuali benefit e dispositivi di job retention.

Il modello qui presentato è come si presume debba essere un programma efficace volto all’integrazione economica di lavoratori stranieri. Nella fase di strutturazione si è cercato di avere un approccio onnicomprensivo:

• coinvolgendo entrambe le parti che interagiscono in un rapporto di lavoro, rivolgendo a ciascuna delle due azioni che possano produrre degli effetti positivi a lungo termine, attraverso quelli che sono stati chiamati seminari, da intendersi non solamente come lezioni frontali ma anche come momenti di scambio in cui vengono portati elementi della propria esperienza personale;

• tenendo presente la necessità di rispondere da una parte all’esigenza di trovare un lavoro senza incorrere in rischi o investimenti (lavoro dipendente), e dall’altra la necessità di rispondere allo spirito imprenditoriale che caratterizza l’indole di talune persone;

• abbracciando i vari momenti del processo di integrazione economica, vale a dire la fase che precede il possesso di un lavoro, quella che intercorre durante il rapporto lavorativo e quella alla conclusione dello stesso. Quest’ultima è stata in un secondo momento eliminata da quello che sarà il modello di valutazione, in quanto nessuna iniziativa implementata a Rabat durante l’indagine sul campo prevedeva un’assistenza volta al sostegno psicologico nel momento della perdita del lavoro, alla verifica della legittimità

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dell’espirazione dello stesso e a un ulteriore affiancamento per trovare un nuovo lavoro. Ciononostante questa lacuna verrà ad avere un proprio peso nel momento in cui si giungerà alla presentazione di quelli che sono i dispositivi di integrazione economica presenti in Marocco;

• considerando come accompagnamento al mondo del lavoro non solo la modalità attraverso la stipula di un contratto ma anche attraverso pratiche più fluide, confacenti alla prassi marocchina.

Infine, si chiarisce che queste azioni non sono da intendersi come inevitabilmente efficaci se implementate. Inoltre, la lettura privilegiata in questa sede segue l’idea secondo la quale non si possa considerare un elemento (lo straniero) come integrato o non integrato: di conseguenza non si ritiene di poter identificare in maniera altrettanto categorica e dicotomica un programma come efficace o non efficace, anche sulla base del rispetto riposto negli sforzi che vanno a favorire l’integrazione. Si procederà dunque nell’analisi con l’attribuire un grado di successo a ciascun aspetto, che varia dalla totale assenza dell’azione prevista ad un perfetto presidiare, invece, l’area.