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Prima legge in materia migratoria del Marocco indipendente

2. Marocco: contesto di riferimento

2.3. Quadro normativo

2.3.2. Legislazione marocchina in materia migratoria

2.3.2.2. Prima legge in materia migratoria del Marocco indipendente

Accanto al quadro normativo internazionale che, con i limiti sopra analizzati, vide la ratifica di diversi strumenti di protezione, nel 2003 il Marocco varò con il dahir n. 1-03-196 la legge relativa all’ingresso e alla permanenza degli stranieri nel regno del Marocco, all’emigrazione e all’immigrazione illegali. Il testo di legge, abrogativo nei confronti dei decreti risalenti all’epoca coloniale136, entrò in vigore il 20 novembre 2003 in un periodo caratterizzato da tensioni sul piano interno ed internazionale. Il paese vide da un lato aumentare in maniera sostanziale il numero di ingressi irregolari sul proprio territorio, passando dai circa 15.000 stimati nel 2002 agli oltre 23.800 del 2003137. Dall’altro fu esercitata una crescente pressione da parte dell’Unione Europea finalizzata a spingere il regno a garantire un più rigoroso rispetto dei diritti umani nella gestione dei flussi migratori138.

135 Ivi, p. 90.

136 Il dahir relativo all’immigrazione nel territorio francese dell’impero sceriffiano del 1934, il dahir autorizzante il

soggiorno in territorio francese dell’impero sceriffiano del 1941, il decreto relativo alle misure di controllo stabilite nell’interesse della sicurezza pubblica del 1947 ed infine quello sull’emigrazione dei lavoratori marocchini del 1949.

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M. Lahlou, 2009: a year of migration as seen from Morocco, in Asociación pro derechos humanos de Andalucía (APDHA), Human rights on the Southern fronter 2009, APDHA, Siviglia, 2010. Si consiglia di leggere con cautela i dati riferiti al numero di migranti entrati o diretti in Europa dal Marocco in quanto si tratta di stime.

138 Tale richiesta da parte dell’Unione emerge nell’Eu-Morocco Association Agreement del 2000; in occasione del

Consiglio europeo di Siviglia del 2002 e con la ripresa del dialogo dei 5 + 5, che vide lo svolgersi della Conferenza ministeriale proprio a Rabat nell’ottobre 2003. In quest’occasione il Marocco cercò di enfatizzare l’importanza della responsabilità condivisa a proposito della gestione dei flussi migratori in seguito alle accuse di scarsa collaborazione mosse dalla Spagna, la quale aveva persino richiesto l’applicazione di sanzioni finanziarie nei confronti del paese. Cfr. S. Bonucci, Il Marocco nella gestione delle migrazioni tra Africa sub-sahariana ed Europa, Tesi di laurea, Venezia, 2016, p. 93.

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Con la legge n. 02-03 il Marocco passò da una regolamentazione pressoché assente a un forte controllo dei confini e dei flussi migratori139 in risposta alle pressioni europee, abbandonando dunque una politica migratoria focalizzata sulla sola lotta al traffico di esseri umani e approvando una legge volta a contrastare le immigrazioni illegali.

La legge n. 02-03 è stata fortemente criticata da studiosi e dalla società civile marocchina sia per la promulgazione avvenuta per accondiscendere alle richieste europee e non alle necessità marocchine140, sia per il carattere repressivo. Invece di offrire protezione ai migranti la legge mira alla sola regolamentazione dei flussi e, criminalizzando il carattere illegale delle migrazioni, stigmatizza in particolar modo gli irregolari presenti nel territorio. Parallelamente all’adozione della legge vennero prese altre misure per adempiere all’obiettivo di controllo e gestione dei flussi, quali la creazione di una Direzione della migrazione e della sorveglianza delle frontiere e di un Osservatorio della migrazione, a dimostrazione della linea di monitoraggio scelta dal paese a discapito di quella volta alla tutela dei migranti.

Il controllo dei flussi è effettuato, secondo le disposizioni della legge, dalle autorità, le quali sono tenute a verificare la validità del passaporto e del visto (art. 3), le risorse finanziarie dell’immigrato, il motivo d’ingresso e la presenza degli elementi che garantiscano il suo ritorno verso il paese d’origine: sulla base di questo controllo può essere rifiutato il permesso d’ingresso in Marocco141. Chi, invece, ha le condizioni per il visto, lo ottiene per una durata di tre mesi, entro i quali il migrante dovrà recarsi ai Servizi di Sicurezza Nazionale o di Gendarmeria Reale locale per richiedere uno dei due titoli di soggiorno previsti dalla legge 02-03. La persona può ottenere la carta d’immatricolazione, documento valido per un periodo da uno a dieci anni, se a) è un lavoratore straniero titolare di un contratto di lavoro regolare; b) se è uno studente e ha i mezzi per sostenere la sua permanenza in Marocco; c) se è un visitatore e prova di non avere alcuna intenzione di esercitare attività professionali in quanto già in possesso delle risorse necessarie a coprire le proprie spese142. Per la carta di immatricolazione sono richiesti svariati documenti spesso non reperibili con facilità, quali ad esempio certificato medico, fedina penale, contratto d’affitto e contratto di lavoro

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M. Lahlou, Morocco’s experience of migration as a sending, transit and receiving country, Working papers n. 15, Rabat, 2015, p. 6.

140 Non risponderebbe ad alcuna ragione demografica, socio-economica o di sicurezza interna, cfr. M. Lahlou, Guardiani o partner? Il ruolo degli stati del Maghreb nella gestione delle migrazioni africane verso l’Europa, CESPI, Working

papers n. 24, Roma, 2006, pp. 12-13.

141

N. Eba Nguema, Loi sur l’entrée et le séjour des étrangers au Maroc: les conditions pour résider régulièrement au

Maroc, in Migrants au Maroc. Cosmopolitisme, présence d’étrangers et transformations sociales, Konrad-Adenauer-

Stiftung, CANAPRINT, Rabat, 2015.

142 S. Bonucci, Il Marocco nella gestione delle migrazioni tra Africa sub-sahariana ed Europa, Tesi di laurea, Venezia,

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regolare. Le difficoltà relative alla documentazione sono reali, in quanto un gran numero di stranieri lavora senza un contratto regolare (pratica diffusa anche fra i lavoratori marocchini) e spesso non vengono rilasciati contratti di affitto da parte dei proprietari (pratica altrettanto comune).

Il secondo tipo di documento che può essere richiesto è la carta di residenza, concessa secondo “i mezzi di sussistenza di cui lo straniero dispone, tra i quali le sue condizioni professionali e, in casi particolari, del fatto che esso dichiari l’intenzione di installarsi in modo duraturo sul territorio marocchino” rispetto quanto stabilito all’art. 16. Solo determinate categorie hanno diritto a questo documento senza l’obbligo di residenza in Marocco, tra cui gli stranieri con status di rifugiato. Ma il fatto che la carta di residenza sia concessa previa dimostrazione di soggiorno regolare sul territorio marocchino per quattro anni consecutivi, rende l’ottenimento del documento un problema per quest’ultima categoria: i rifugiati non riescono a fornire evidenze rispetto a quanto richiesto, spesso a causa della mancanza di documenti che attestino la durata del loro soggiorno o l’anno di entrata in Marocco. Alla luce dei vincoli posti per l’ottenimento dei documenti che permetterebbero una permanenza regolare, è comprensibile il gran numero di persone che vivono in condizione irregolare alla scadenza del visto, in quanto la richiesta per la carta di immatricolazione o di soggiorno va presentata entro i tre mesi, periodo non sufficiente per reperire la documentazione necessaria o per trovare il denaro per pagarla.

Agli innumerevoli vincoli riguardanti la domanda per la carta d’immatricolazione o di residenza, si affianca il carattere della legge identificato come criminalizzante, conferito dalle disposizioni penali all’emigrazione e all’immigrazione irregolari. L’art. 42 prevede un’ammenda dai 2.000 ai 20.000 dirham e/o da uno a sei mesi di detenzione per chi entri o tenti di entrare nel territorio marocchino in violazione delle disposizioni della legge all’art. 3 (la stessa pena è prevista anche per chi permanga nel paese dopo la scadenza del visto); l’art. 43 prevede un’ammenda dai 5.000 ai 30.000 dirham e/o da uno a dodici mesi di prigione per chi risieda in Marocco sprovvisto di carta d’immatricolazione o di carta di residenza; l’art. 44 applica la stessa sanzione presentata dall’art. 42 nel caso di mancato rinnovo del titolo di soggiorno; l’art. 52 prevede un’ammenda da 50.000 a 500.000 dirham e da sei mesi a tre anni di prigione per chiunque organizzi o faciliti l’entrata o l’uscita di nazionali o stranieri dal Marocco in maniera clandestina. Le disposizioni risultano molto severe e punitive nei confronti dei migranti illegali e delle persone che facilitano i movimenti effettuati in maniera clandestina, incoraggiando un controllo crescente da parte della gendarmeria marocchina e una intransigenza spesso sfociata in operazioni in totale contraddizione con le norme sul rispetto dei diritti umani previste dalle convenzioni internazionali di cui il Marocco è firmatario.

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In aggiunta a quanto detto, la legge n. 02-03 comprende numerose disposizioni restrittive della libertà, come il rifiuto o il ritiro del titolo di soggiorno, la detenzione in zone d’attesa, la ricondotta alla frontiera e l’espulsione: tutte decisioni imputate alla competenza dell’amministrazione, che detiene ampi spazi decisionali a discapito del controllo da parte di un giudice. Sono state registrate e documentate dalla società civile marocchina le modalità di allontanamento e ricondotta alla frontiera da parte delle autorità che, attraverso queste operazioni, abbandonavano i migranti al confine marocco-algerino, luogo considerato poco sicuro alla luce della presenza di diverse bande criminali, o nella zona desertica tra il Marocco e la Mauritania, senza acqua e viveri. Le attività di respingimento vedono la loro legittimità sulla base della protezione dei confini e della lotta contro l’immigrazione illegale, a discapito del rispetto dei diritti umani143.

Nonostante la legge preveda anche delle garanzie (ad esempio per determinate categorie di persone come i minori), esse appaiono particolarmente deboli e la legge stessa ne ammette la deroga per motivazioni generiche. Nell’art. 26 si legge infatti che in caso di “nécessité impérieuse pour la sûreté de l’Etat ou pour la sécurité publique” possono essere espulse anche le categorie tutelate dalla legge stessa. Il fatto che non vengano identificate e chiarite le situazioni che minerebbero la sicurezza dello stato o la sicurezza pubblica, rende la legge molto vaga e, allo stesso tempo, conferisce ampia discrezionalità all’amministrazione. La stessa ambiguità è caratteristica anche dell’art. 25, in cui si legge che “l’espulsione può essere pronunciata dall’amministrazione se la presenza di uno straniero sul territorio marocchino costituisce una minaccia grave per l’ordine pubblico”: non è precisato cosa sia da intendersi per minaccia all’ordine pubblico, lasciando quindi rientrare in questa categoria un numero di casi potenzialmente illimitato144.

Infine, va ricordato che la legge 02-03 si pone peraltro in contraddizione in alcuni passaggi con la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Ad esempio, la legge n. 02-03 non contiene alcun riferimento al raggruppamento familiare, invece previsto dall’art. 44.2 della Convenzione. Inoltre, si sottolinea che solo con la Costituzione del 2011 il Marocco sancirà la superiorità delle convenzioni internazioni sul diritto interno: il fatto che ciò sia stato specificato solo decenni più tardi rispetto all’adesione alle convenzioni internazionali è una prova evidente dello scollamento fra gli strumenti internazionali ratificati e la legislazione interna applicata senza tenerne conto.

143

GADEM, Rapport sur l’application au Maroc de la Convention internationale sur la protection des droits de tous les

travailleurs migrants et des membres de leur famille, Rabat, 2015.

144 Euro – Mediterranean human rights network, Asylum and migration in Maghreb, Country fact sheet: Morocco, EMHRN,

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In questo contesto emergono degli elementi di considerevole importanza, che si possono così riassumere:

• la mancata ratifica di numerose convenzioni internazionali volte alla tutela dei diritti umani e dei migranti;

• il mancato rispetto di alcune disposizioni previste dalle convenzioni ratificate dal Marocco;

• l’assenza di un adattamento della legislazione interna alle convenzioni internazionali ratificate;

• il tardivo riconoscimento della supremazia della normativa internazionale su quella nazionale;

• le scarse garanzie previste dalla legge 02-03 e l’ambiguità nell’identificare le condizioni legate all’espulsione e alla ricondotta alla frontiera degli stranieri;

• la mancanza di un controllo sull’effettiva applicazione di quanto previsto dalle convenzioni internazionali e dalle leggi interne;

• la scarsa conoscenza da parte dei migranti dei propri diritti;

• la debole preparazione dell’amministrazione e della polizia sulla normativa vigente;

• il carattere repressivo conferito all’immigrazione illegale sulla scia dell’esempio e delle pressioni europee.