Capitolo 1. Un’analisi semantica del concetto di interesse
1.11. L’interesse come criterio di aggregazione sociale: Robert von Mohl e la teoria de
A pochissimi anni dalla pubblicazione dell’opera di Lorenz von Stein sui movimenti sociali, vede la luce un libro di cui raramente viene messa in risalto l’acutezza delle intuizioni e la pioneristicità nello studio fatto dalla scienza politica dei gruppi di interesse. Mi riferisco a Die
Geschichte Und Literatur Der Staatswissenschaften di Robert von Mohl, pubblicato in tre
volumi tra il 1855 e il 1858. All’inizio del primo volume Mohl delinea un quadro della società, come sfera intermedia tra l’individuo e lo Stato, che si fonda e fa perno proprio sull’idea di interesse, quale fattore aggregante e costitutivo dei vari gruppi sociali, al di là dei confini giuridici e politici. In questo Mohl rivela, da una parte, di non essere per niente irretito dal formalismo giuridico imperante, e, dall’altra, di anticipare diversi elementi che saranno completamente sistematizzati dalla scuola della group theory americana nel secolo successivo. Lo studioso tedesco concepisce, infatti, la società come un insieme di “cerchie di vita” (Lebenskreisen), che, attraverso la vita delle più diverse “consociazioni di interesse” (Genossenschaften), formano la “società civile”37 (bürgerliche Gesellschaft). Si tratta di “formazioni sociali, che traggono la loro origine dalle relazioni con il lavoro e con la proprietà” (Mohl 1855, I Volume, Sezione I, Capitolo II) ma che si estendono in generale alla salvaguardia di “interessi comuni” di qualsiasi tipo: “una volta resi sensibili a questa specie di rapporti, sarebbe certo possibile scoprire, con poca fatica, cerchie sociali ancora più larghe, all’interno delle quali esistono ed operano – al di fuori dello Stato – situazioni comuni; così ad esempio associazioni, che traggono origine dal fatto di riconoscersi nella medesima religione38, o quelle che nascono dal possesso di una cultura superiore, in contrapposizione a
quanti non sanno, etc.” (Mohl 1855, ibidem).
37 Del concetto di ‘società civile’ si dirà meglio nel capitolo 2.
38 Interessanti riflessioni in merito all’appartenenza dell’individuo a cerchie sociali che trascendono gli Stati e le
nazionalità, come ad esempio quelle dettate dale religioni, si trovano nelle opere di Suart Newton Hampshire. Si veda, ad esempio, la trascrizione di uno stimolante dibattito sul nazionalismo avvenuto tra Hampshire e Isaiah Berlin nel 1972 su un canale televisivo inglese (Berlin e Hampshire 1972).
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Mohl arriva addirittura ad enumerare una serie di caratteristiche comuni di queste
Genossenschaften, cogliendo diversi elementi che costituiranno successivamente dei nuclei
importanti delle visioni di Arthur Bentley e David Truman. Tali caratteristiche sono:
1. un duraturo interesse alla base;
2. la rilevanza del significato spirituale o materiale di tale interesse39;
3. l’intensità dell’interesse, che può essere più o meno profondo, e che genera il sentimento del “vincolo di comunanza” che separa dai “non-compagni” 40;
4. una certa estensione dell’interesse, affinché si crei una cerchia sociale degna di nota non riservata “solo per pochi”;
5. la non incompatibilità “– per le persone coinvolte – con la contemporanea partecipazione ad altre simili associazioni”41;
6. l’interesse è l’unico fondamento, pertanto si prescinde da delimitazioni politiche e geografiche (“talora [...] una parte di un singolo Stato, talaltra [...] intere regioni del mondo”)42;
7. la non necessaria esistenza di un’organizzazione formale43, di cui anzi sono spesso prive e che rimane un “accessorio casuale”44.
39 Da notare che laddove Mohl dice “significato spirituale” si riapre del tutto la questione della dimensione
soggettiva dell’interesse, che all’inizio del XIX secolo, come il lettore accorto avrà notato dai brani citati, era stata totalmente dismessa a favore di una visione materialistica e oggettiva dell’interesse stesso, legato precipuamente alla variabile economica e materiale del lavoro e della classe sociale. Riprenderemo questa sfumatura nel paragrafo 1.14.
40 Arrivando ad abbracciare “l’intera vita delle persone che ne sono coinvolte; e tanto più solidamente e
coscientemente fa la sua comparsa il sentimento del vincolo di comunanza, tanto più acutamente fa la sua comparsa la separazione dai non-compagni. Questo fenomeno può spingersi a tal punto che le persone coinvolte si sentono e si pensano preferenzialmente solo in questa condizione, trascurando le rimanenti relazioni sociali con gli altri uomini e con lo Stato” .
41 “Più di un singolo interesse può essere di grande importanza per un individuo in un dato momento, e far valere
su di lui i propri influssi. Del resto, in casi di questo tipo gli effetti dell’uno e dell’altro interesse possono in varia misura disgregarsi o trasformarsi, ed il giudizio e il controllo di circostanze così intrecciate può divenire difficile”.
42 Sebbene lo stesso Mohl, subito dopo, riconosca l’influsso dei soggetti statali, che “possono, intenzionalmente
o casualmente, far sentire il loro influsso nei singoli paesi e dar vita a sfumature diverse della situazione in oggetto; ed è egualmente possible che, nel caso di una sì larga estensione, l’interesse che dà vita al comportamento comunitario non sia forte ovunque allo stesso modo”. D’altra parte, a differenza di quanto farà Bentley, il giurista tedesco non commetterà mai l’errore di sottovalutare l’importanza dello Stato, che rimane un soggetto ben distinto dall’ambito della società, e che non può risolversi – come invece sarà per Bentley – a sua volta in gruppi di interesse.
43 “Proprio in questo sta la loro peculiarità, nel fatto cioè che determinate condizioni si sviluppano naturalmente
a partire da grandi interessi comunitari. Non è un singolo, né una determinata forza che si propone qualche cosa, che cerca di raggiungere uno scopo consapevole con mezzi congruenti [...]; ma sono piuttosto unicamente conseguenze logiche e psicologiche di una situazione di fatto”.
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Ma che ruolo ha l’individuo nella teoria sulle consociazioni di interesse di Mohl? Il giurista tedesco riconosce, in primis, che l’individuo nasce e vive naturalmente in delle cerchie sociali, e che, anzi, “l’individuo non può esistere integralmente isolato; uno stato di natura così interpretato è qualcosa di assolutamente impossibile. Per questo, dunque, anche la vita del singolo consiste in massima parte di rapporti dell’individuo con altre persone”, in questo respingendo le teorie monadiche del secolo precedente, e riprendendo, invece, la concezione aristotelica dell’uomo come naturalmente inserito nel contesto sociale. E in secondo luogo anticipa, ancora, alcune intuizioni che verranno approfondite dalla scuola della Rational Choice, soprattutto da Mancur Olson in The logic of collective action; public goods and the
theory of groups (1965), facendo presente che “non si deve ritenere che anche all’interno delle
associazioni il singolo membro non possa avere e perseguire il proprio personale vantaggio. La causa di tutta la comunanza è infatti un interesse importante e identico per la totalità dei consociati”, solo che “la ricerca egoistica di ciascun singolo serve necessariamente all’insieme dei consociati”.
Assai rilevante, inoltre, appare la concezione dello Stato di Mohl45, che assume un carattere ontologico profondamente diverso rispetto alle consociazioni di interesse 46, mentre, infatti, “lo Stato è la realizzazione del pensiero dell’unità del popolo”, le consociazioni di interessi particolari “hanno sempre per oggetto unicamente uno scopo di vita frammentario”, hanno “un carattere limitato, e perciò diverso nel suo fondamento da quello dello Stato”. Insomma, “le consociazioni d’interessi nascono e sussistono indipendentemente dallo Stato e dalla sua volontà, traendo origine piuttosto dalle naturali relazioni degli uomini con determinate situazioni di fatto”.
D’altra parte lo stesso Mohl aveva forse avuto modo di leggere le pagine scritte da Alexis de Tocqueville al ritorno dal suo viaggio negli Stati Uniti d’America, in cui lo studioso francese descriveva così l’associazionismo americano:
L'Amérique est le pays du monde où l'on a tiré le plus de parti de l'association, et où l'on a appliqué ce puissant moyen d'action à une plus grande diversité d'objets.
Indépendamment, des associations permanentes créées par la loi sous le nom de communes, de villes et de comtés, il y en a une multitude d'autres qui ne doivent leur naissance et leur développement qu'à des volontés individuelles.
L'habitant des États-Unis apprend dès sa naissance qu'il faut s'appuyer sur soimême pour lutter contre les maux et les embarras de la vie; il ne jette sur l'autorité sociale qu'un regard défiant et inquiet, et n'en appelle à son pouvoir que quand il ne peut s'en passer. […]
44 Viene in mente quanto David Truman scriveva a proposito dei potential interest groups, gruppi il cui interesse
è magari latente o che non dispongono di un’organizzazione formale, ma che ugualmente vanno considerati dall’analisi politica (Truman 1951, 34). A quanto pare questo concetto era stato, seppure in termini diversi, chiaramente già individuato da Mohl.
45 Su cui vedi anche Amato (1993).
46 Segnando così una differenza rimarchevole rispetto alla teoria successive di Arthur Bentley. Vedi nota 42 alla
37
Aux États-Unis, on s'associe dans des buts de sécurité publique, de commerce et d'industrie, de morale et de religion. Il n'y a rien que la volonté humaine désespère d'atteindre par l'action libre de la puissance collective des individus. […]
Une association consiste seulement dans l'adhésion publique que donnent un certain nombre d'individus à telles ou telles doctrines, et dans l'engagement qu'ils contractent de concourir d'une certaine façon à les faire prévaloir. Le droit de s'associer ainsi se confond presque avec la liberté d'écrire; déjà cependant l'association possède plus de puissance que la presse. Quand une opinion est représentée par une association, elle est obligée de prendre une forme plus nette et plus précise. Elle compte ses partisans et les compromet dans sa cause. Ceux-ci apprennent eux-mêmes à se connaître les uns les autres, et leur ardeur s'accroît de leur nombre. L'association réunit en faisceau les efforts des esprits divergents, et les pousse avec vigueur vers un seul but clairement indiqué par elle.
[Alexis de Tocqueville (1835), La démocratie en Amérique, Tome I, deuxième partie, chapitre IV]
Il quadro che emerge dalla descrizione di Tocqueville e dalla sistematizzazione ulteriore di Mohl è, insomma, quello di una società che ferve animata da moteplici interessi, che costituisce un settore ben distinto da quello dello Stato, e che raggruppa gli individui secondo linee di appartenenza comuni non dettate da identità precostituite, legate ad esempio esclusivamente al ceto e alla classe economica, così come era per Stein e Marx, ma dettate da interessi comuni, appunto, cioè dalla più varia e multiforme diversità di condizioni, passioni, opinioni, problemi intorno ai quali le persone possono associarsi al fine di meglio perseguire i propri scopi.
Sarà la politologia americana del XX secolo, tuttavia, proprio in quel contesto tendenziale descritto da Tocqueville in cui il pluralismo sociale e istituzionale non veniva condizionato – così come invece accadeva in Europa – da situazioni sociali e di classe statiche e in alcuni casi sclerotizzate, che approfondirà il discorso dell’interesse come criterio di aggregazione sociale, secondo linee dinamiche e assai più “volatili” rispetto al vecchio continente.