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La tipologia Y alla luce delle singole concezioni

Capitolo 3. Concetto e concezioni di Interesse Pubblico

3.12. La tipologia Y alla luce delle singole concezioni

Possiamo allora riconsiderare il nostro schema idealtipico Y, svolgendo alcune ulteriori riflessioni alla luce dell’analisi delle singole concezioni.

Come si è visto, la differenza tra esse riguarda il grado di contenuto normativo e il criterio di giustificazione.

È necessario sottolineare ancora una volta che le cinque concezioni individuate costituiscono degli idealtipi, i quali se, sul piano teorico, identificano con una certa chiarezza visioni differenti, sul piano delle dottrine storiche dei vari autori non necessariamente consentono una totale aderenza di una certa dottrina alla singola concezione.

Anche per questo lo schema prevede di coniugare due strumenti analitici differenti, vale a dire la tipologia e il continuum ideale, al fine di costruire un modello euristico in grado di dare

230 Un’analisi assai lucida del rapporto tra lobbying e democrazia, nonché della contrapposizione tra visione

rousseauviana e pluralista, si trova in Finer (1958). A tale proposito è possibile notare una certa corrispondenza tra concezioni dell’Interesse Pubblico prevalenti in alcune tradizioni culturali e quadro legislativo della stessa attività di lobbying. È facile evidenziare, infatti, come nel contesto anglosassone, dove è prevalente una concezione pluralista della democrazia, il lobbying sia fondamentalmente un fenomeno riconosciuto e regolato, mentre nell’Europa continetale, a causa forse di una certa prevalenza dell’impostazione rousseauviana, esso sia ancora guardato dalla classe politica e dall’opinione pubblica con notevole sospetto.

231 Tali limiti hanno un ruolo assai rilevante all’interno dello stesso processo politico. È lì, infatti, che trovano

una giustificazione i diversi principi che devono regolare – tra le altre cose – le forme della partecipazione e del rapporto tra governanti e governati, come ad esempio la trasparenza del processo legislativo (su cui vedi Côté 2006) o il rispetto delle procedure formali.

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conto della complessità delle posizioni possibili all’interno dello schema stesso, per esempio collocando un autore (o, come si è già spiegato, una determinata teoria di un autore) sul continuum in punti più o meno distanti dai tipi puri o a metà tra due concezioni diverse. In alcuni autori, infatti, è possibile trovare alcuni elementi caratteristici di una concezione, e altri tipici di una concezione differente.

Non rientra tra gli scopi del presente lavoro trattare e studiare la storia delle dottrine politiche per cogliere l’esatta collocazione di ogni autore all’interno dello schema, anche perché una simile operazione non potrebbe avere mai fine; piuttosto si tratta di vagliare l’utilità dello schema proposto nella comprensione delle specifiche posizioni possibili riguardo al tema dell’Interesse Pubblico.

Solo per fare qualche esempio, tuttavia, alcune teorie rientrano appieno in una delle cinque concezioni, senza porre particolari problemi: è il caso di Platone, Tommaso d’Aquino, Hegel o Marx per la concezione sostantiva; di Ernst Freund per la concezione formalista; di Habermas e Apel per la concezione procedurale-stipulativa; di Smith, Bentham, Hayek o Popper per la concezione aggregativa233; di Bentley, Truman, Schubert o Sorauf per la concezione realista. Altre teorie, d’altra parte, risultano maggiormente problematiche, e sollevano dubbi e perplessità in merito alla loro esatta collocazione sullo schema: prendo qui l’esempio di Jean-Jacques Rousseau e di John Rawls.

Il filosofo ginevrino inizia il suo Contrat Social “en prenant les hommes tels qu’ils sont, et les lois telles qu’elles peuvent être” (1762, incipit Libro I) e dichiara di essere mosso dall’intenzione di trovare un principio che possa fondare in maniera “legittima” l’associazione politica, dimodoché ciascuno, aderendovi, rimanga libero e non obbedisca che a sé stesso, nonostante e anzi attraverso “l’aliénation totale de chaque associé avec tous ses droits à toute la communauté” (Libro I, cap. 6). Egli disegna la realizzazione della volontà generale come quella volontà che scaturisce da uomini razionali, liberi ed eguali, riuniti nell’assemblea legislativa.

Ora, nella teoria di Rousseau è facile riconoscere alcuni presupposti tipici della concezione procedurale-stipulativa (l’idea di uomini liberi ed eguali che, guidati dalla ragione, superano il proprio interesse privato per realizzare la volontà generale, in questo totalmente assimilabile al concetto di Interesse Pubblico), ma, ad una più attenta considerazione, sono forse preponderanti altri elementi, caratteristici invece della concezione sostantiva (quali la nozione organicista e olista della società politica, o l’assenza di limiti esterni precostituiti alla volontà generale, che quindi risulterà l’unica depositaria della Verità a discapito degli interessi particolari, visti come una deviazione rispetto alla realizzazione della volontà generale stessa), come risulta evidente nei seguenti passi del Contrat Social (1762):

Chacun de nous met en commun sa personne et toute sa puissance sous la suprême direction de la volonté générale; et nous recevons encore chaque membre comme partie indivisible du tout [I, 6]

233 Sebbene Bentham possa probabilmente (sempre all’interno della concezione aggregativa) collocarsi in un

punto più alto sul continuum rispetto agli altri autori citati, in base alla considerazione della normatività maggiore espressa dall’aggregazione in senso algebrico rispetto all’aggregazione in senso liberale.

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Afin donc que ce pacte social ne soit pas un vain formulaire, il renferme tacitement cet engagement, qui seul peut donner de la force aux autres, que quiconque refusera d’obéir à la volonté générale, y sera contraint par tout le corps; ce qui ne signifie autre chose sinon qu’on le forcera à être libre [I, 7]234

… la volonté générale peut seule diriger les forces de l’État selon la fin de son institution, qui est le bien commun [II, 1].

Per questo Rousseau (almeno il Rousseau del Contrat Social) sarebbe forse da collocare più o meno a metà tra concezione sostantiva e procedurale-stipulativa, sebbene un po’ più vicino alla prima delle due.

Analoghi problemi si pongono per Rawls, il quale parte dal presupposto etico costituito da cittadini liberi ed eguali235 per costruire una concezione politica della giustizia come equità,

con connotazioni etiche più stringenti in A Theory of Justice (1971) ma meno sostantive in

Political Liberalism (1993). Se da una parte il fondamento della ragione pubblica avvicina

Rawls alle premesse della concezione procedurale-stipulativa236, altri elementi fanno propendere per una collocazione rivolta verso la concezione sostantiva (Rawls 1971) o verso la concezione aggregativa (Rawls 1993).

Riporto solo un ultimo caso: una delle definizioni dell’Interesse Pubblico più citate in letteratura è quella che Walter Lippmann diede nei suoi Essays in the public philosophy:

The public interest may be presumed to be what men would choose if they saw clearly, thought rationally, acted disinterestedly and benevolently.

[Walter Lippmann (1955, 42)]

Come sottolinea anche Galston (2007, 15), tale definizione presenta elementi problematici se non contraddittori; rappresenta anch’essa, allora, un caso di incerta collocazione, sebbene sembri probabilmente trovare posto nell’area di riferimento della concezione sostantiva, sebbene vicino alla concezione procedurale-stipulativa.

234 Sui paradossi teorici impliciti in questa concezione della costrizione ad essere liberi vedi quanto scrive,

seppure riferendosi a un caso concreto come quello dell’esportazione con la forza della democrazia e alla guerra degli Stati Uniti in Iraq del 2003, Applbaum (2007).

235 All’inizio di A Theory of Justice, il filosofo americano scrive “in a just society the liberties of equal

citizenship are taken as settled; the rights secured by justice are not subject to political bargaining or to the calculus of social interests. […] Being first virtues of human activities, truth and justice are uncompromising” (1971, 3-4). Il postulato valoriale, qui, è quello che pone la libertà e l’uguaglianza dei cittadini as settled, come un punto di partenza fondamentalmente indimostrato.

236 “Il concetto chiave di ragione pubblica [...] disegna un dominio politico che coincide con il legame della

cittadinanza, non solo con le istituzioni politiche. [...] la ragione pubblica non dev’essere intesa come un

semplice deposito di idee già pensate, ma come la pratica vivente che i concittadini fanno dell’obbligo reciproco attraverso la ragione pratica” (Mancina 2008, 33-34).

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Rawls 1993 Rawls 1971

possibile salto

Rousseau 1762

Insomma, la collocazione delle diverse teorie sul continuum e all’interno di una delle concezioni idealtipiche è un’operazione non sempre facile e immediata, e che necessita di analisi teoretiche approfondite delle formulazioni dei vari autori. Come ogni tipologia, ad ogni modo, lo schema Y intende solo essere uno strumento ulteriore di analisi e di riflessione rispetto alle premesse e alle implicazioni delle diverse concezioni possibili di Interesse Pubblico.

Osservando lo schema, è possibile svolgere ancora due considerazioni.

Da una parte, è possibile notare una curiosa coincidenza che accomuna due concezioni poste agli estremi opposti del continuum, vale a dire quella formalista e quella realista: entrambe, infatti, se si analizzano i rispettivi presupposti e le rispettive elaborazioni, portano sostanzialmente ad un’accettazione dello status quo, della stato delle cose esistente. La

FORMA

Frutto del potere legittimo (ex definitione) (Freund, Simon)

PROCEDURA

Processo stipulativo di costruzione razionale del

consenso. Habermas, Apel, democrazia deliberativa accettazione dell’esisten te SOSTANZA Massimo contenuto. Verità assolute. Platone, Tommaso, Hegel, Marx (determinazione dei fini) AGGREGAZIONE interessi particolari mercato, spontaneità (entro dei limiti: libertà, eguaglianza, etc.)

struttura di base (politeismo dei valori) Mandeville, Smith, Bentham,

Hayek, Popper

REALTÀ

Contenuto nullo. L’IP non esiste.

(pura forza) Bentley, Truman, Leys, Sorauf, Schubert

Linea della normativ

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concezione formalista, da un lato, provvede a dotare di una giustificazione etica le decisioni del sovrano, definendole Interesse Pubblico qualsiasi esse siano; la concezione realista, dall’altro, escludendo qualsiasi ruolo positivo del concetto normativo di Interesse Pubblico, e negandone alla base la validità, non fa che registrare i concreti rapporti di forza che si registrano tra i gruppi di interesse di un determinato luogo in un determinato tempo, non esprimendo (coerentemente con la propria impostazione scientifica) alcun giudizio di valore in merito.

La seconda considerazione, invece, riguarda il problema delle prospettive disciplinari attraverso cui è stato studiato il concetto di Interesse Pubblico, problema a cui si è accennato nel par. 3.5.

Se la riflessione sull’Interesse Pubblico ha portato a risultati così ampiamente divergenti è, come si diceva, in parte dovuto al fatto che spesso le diverse discipline si sono concentrate esclusivamente sui lati del problema analizzabili con i propri strumenti teorici, senza un’adeguata integrazione con le riflessioni di discipline diverse. Una macro-tendenza individuabile nello studiare le diverse concezioni, allora, potrebbe essere quella che ha visto la scienza politica concentrarsi sulla concezione realista, il diritto e la scienza dell’amministrazione sulla concezione formalista, l’economia sulla concezione aggregativa, e la filosofia politica sulla concezione sostantiva e su quella procedurale-stipulativa. Solo integrando tali diverse prospettive in un’ottica multi-disciplinare, tuttavia, è possibile cogliere la profondità e la complessità della maggior parte delle questioni legate al concetto di Interesse Pubblico.

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CONCLUSIONI

No book can ever be finished. While working on it we learn just enough to find it immature the moment we turn away from it.

(Karl R. Popper, prefazione alla seconda edizione di The open society and its enemies)

Weltanschauung, giustificazioni etiche e rapporto tra metafisica e scienza

Probabilmente è il destino di ogni ricerca filosofica, e soprattutto di ogni ricerca scientifica, quello di dover restare aperte e in un certo senso incompiute, nella consapevolezza che, a fronte dei pochi passi forse mossi in avanti, rimangono infinite strade ancora da percorrere e da esplorare.

Tale è il destino a fortiori di qualsiasi ricerca affronti un tema complesso come quello dell’Interesse Pubblico.

Come si è tentato di dimostrare nelle pagine precedenti, gli elementi che contribuiscono a rendere il quadro dell’Interesse Pubblico così ampio e teoreticamente complicato sono molteplici: la varietà delle prospettive disciplinari attraverso le quali è possibile studiare il concetto; l’esistenza di concezioni differenti del medesimo concetto, traducibili in visioni politiche divergenti in merito alle proprie premesse teoretiche, sociali e fondamentalmente antropologiche; il legame profondo che l’Interesse Pubblico intrattiene con la dimensione axiologica dei valori; la sua duplice veste normativa ed empirica. Tutto questo ha portato nei secoli a infittire il velo di Maya intorno al tema dell’Interesse Pubblico, e lo ha reso quasi una chimera nel campo della teoria politica.

Tuttavia, al vaglio di una più attenta analisi, è stato forse utile cercare di enucleare ciascuno dei punti problematici suddetti, al fine di comprendere le ragioni della complessità e di contribuire a chiarire quali siano i nodi critici da dipanare, qualora si voglia cogliere la profondità del concetto nei suoi aspetti fondamentali.

Quanto è emerso dall’analisi semantica e storica dei primi due capitoli è che sia il concetto di interesse che quello di pubblico vantano una serie di denotazioni teoriche attraverso le quali è possibile articolare i rispettivi significati, in relazione anche agli sviluppi filosofici, politici e socio-economici che hanno storicamente modificato il contesto culturale di elaborazione di tali concetti.

Successivamente è stato messo in luce il quadro teoreticamente caotico che caratterizza la letteratura sull’Interesse Pubblico, e si è proposto uno schema teorico ideale (la tipologia Y) in grado forse di rendere conto della complessità del concetto attraverso l’analisi delle cinque diverse concezioni nelle quali l’Interesse Pubblico è stato storicamente pensato.

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Sullo sfondo, rimane la consapevolezza del problema fondamentale rappresentato dalla complessità delle motivazioni umane237, non facilmente inquadrabili all’interno di modelli univoci e coerenti come quelli della razionalità, dell’homo oeconomicus o del gruppo di appartenenza.

Piuttosto, quanto emerge è la constatazione della pluralità delle possibilità per quanto riguarda le visioni morali, i criteri di giustificazione, le intere Weltanschauung presupposte dalle diverse concezioni dell’Interesse Pubblico, concezioni tutte soggette, come vogliono gli esistenzialisti di Leys, a una scelta ultimativa di natura etica non fondabile.

Ha allora ragione C.W. Cassinelli, quando scrive:

Some political scientists have recently taken the interesting position that in contemporary democracy the public interest – or its equivalent – is the ‘process of group accomodation’ or the ‘democratic method’. The motivation behind this identification seems to be a desire to retain some elements of the concept of the public interest and at the same time to eliminate others. They appear to be unwilling to say that politics has no goal at all, but reluctant to risk the charge of simply contributing to the endless list of arbitrary and incompatible interpretations of the public interest.

This attempt to avoid the difficulties of evaluation by adopting a presumably modest and minimal value is necessarily unsuccessful. No matter how thin it is, an interpretation of the public interest is subject to all the questions raised by the problem of ‘grounding’ value judgements. Identifying the public interest with the democratic method is precisely comparable, in its status as a value judgement, to identifying the public interest with the terrestrial realization of God’s will: neither can be ‘proved’ to a skeptic. The only way to avoid this unsettled (and, to some, unsettling) situation is to deny that the ideas of good and bad make sense. One cannot wash his hands of the problem by saying ‘Let every man be the judge for his own case’, or “One man’s opinion is as good as another’s’. This relativism is helpless in the face of conflicting preferences, and, like other value statements, it is confounded when the skeptic asks for some ‘proof’. Maintaining a practical or theoretical interest in politics implies taking a stand on some ‘unprovable’ interpretation of the public interest.

[C.W. Cassinelli (1962), The Public Interest in political ethics, pp. 47-48]

Non è possibile, infatti, fondare (grounding) alcunché, e nessun filosofo, probabilmente, si pone più quest’obiettivo; sposare una concezione oppure un’altra non dipende da fattori razionali o scientifici, per il semplice fatto che i due piani (quelli della conoscenza e dell’etica) – come già Hume aveva intuito – sono inequivocabilmente e profondamente diversi.

Sono allora le differenti concezioni dell’Interesse Pubblico fondamentalmente tutte uguali? Soprattutto alla luce della nostra analisi, la risposta è certamente negativa.

Quanto la costruzione dello schema Y aiuta a chiarire è proprio che, per quanto le varie concezioni siano tutte collocabili all’interno di un quadro etico-normativo (pur con il caso particolare della concezione realista), esse sono profondamente diverse per quanto riguarda il

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grado di normatività (esplicitato dal posizionamento più o meno in basso o in alto lungo il continuum) e il criterio di giustificazione adottato (esplicitato dalla presenza di diversi tipi ideali).

Dire che una visione etica non sia fondabile, difatti, non equivale ad affermare che essa non sia giustificabile o criticabile, anche sul piano razionale.

Ancorché “neither can be ‘proved’ to a skeptic”, si possono comunque fornire argomentazioni più o meno convincenti per sostenere una o l’altra concezione, e tali argomentazioni possono essere di natura metafisica, teoretica o empirica. Per quanto, infatti, il concetto di Interesse Pubblico sia un concetto estrinsecamente normativo e metafisico, la scienza (principalmente nelle sue diramazioni sociologiche, politologiche, economiche, giuridiche, psicologiche o antropologiche) può comunque giocare un ruolo rilevante nell’esplicitare le conseguenze dell’adozione di una certa concezione, i suoi effetti inintenzionali, le implicazioni empiriche concretamente prodotte. Insomma, anche non ammettendo alcuna possibilità fondativa, ed escludendo qualsiasi derivazione logica dell’etica dalla scienza, sussite un bagaglio critico di conoscenze, teorie, prove, che possono essere usate per comprendere più a fondo la reale portata e la sostenibilità etica di ogni concezione. In questo gli spazi di studio aperti sono immensi e probabilmente infiniti, essendo legati a sviluppi teorici e culturali in continua evoluzione.

Quanto questo studio ha tentato di fare è stato semplicemente chiarire il quadro teoretico generale in cui è possibile incorniciare il concetto di Interesse Pubblico e le sue diverse concezioni, ma ancora tantissime sono le strade di ricerca rimaste inevase: penso alla collocazione precisa delle innumerevoli dottrine poltiche all’interno dello schema, alla creazione di indicatori empirici in grado di collegare le diverse concezioni a contesti politici reali, all’approfondimento ulteriore delle concezioni liberali (principalmente quella aggregativa e quella procedurale-stipulativa) nelle loro configurazioni dell’equilibrio tra libertà e eguaglianza o nel loro rapporto con possibili derive di natura paternalista (rischio paventato da Lewin 1991), ai tentativi di soluzione al dilemma di Böckenförde riguardanti le premesse normative della democrazia, ai tentativi di ingegneria costituzionale in grado di sfruttare al meglio la dinamica degli interessi conflittuali, alle soluzioni individuate dall’istituzionalismo.

Sarebbe ingenuo, insomma, pensare che il problema dell’inquadramento dell’Interesse Pubblico possa essere risolto una volta per tutte, soprattutto in virtù del carattere etico-politico della domanda “che cosa è l’Interesse Pubblico?”, una domanda dalle risposte necessariamente sempre aperte.

La risposta a tale domanda, la scelta etica finale di natura valoriale, rimane in capo all’uomo, e non potrà che essere una scelta libera di cui ognuno è costretto a portare il peso della responsabilità, soprattutto trattandosi di una scelta che, in virtù del carattere politico del concetto in questione, ricade sulle spalle di intere collettività, e che può significare la vita o la morte per milioni di uomini.

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APPENDICE

Alcune definizioni dell’Interesse Pubblico

“… a satisfactory criterion of the public interest is the preponderant acceptance of administrative action by politically influential groups”

Avery Leiserson (1942, 16)

“The best response to a situation in terms of all the interests and of the concepts of value which are generally accepted in our society”

Emmette S. Redford (1954, 1108)

“The public interest may be presumed to be what men would choose if they saw clearly, thought rationally, acted disinterestedly and benevolently”

Walter Lippmann (1955, 42)

“… the highest standard of governmental action, the measure of the greatest wisdom or morality in government”

Frank J. Sorauf (1957, 616)

“… the ultimate ethical goal of political relationship” C.W. Cassinelli (1958, 48)

“… a standard of goodness by which political acts can be judged” C.W. Cassinelli (1962, 45)

“… one of society’s most effective analgesics” Stephen K. Bailey (1962, 97)

“The standard of public interest is provided by the results which would be obtained under perfect competition. Policy measures to come closer to these results, therefore, are in the public interest” Richard A. Musgrave (1962, 108)

“… nothing more than a label attached indiscriminately to a miscellany of particular compromise of the moment”

Glendon A. Schubert Jr. (1962, 175)

“All measures which promote, serve, and benefit the human desire for affirmative and constructive participation in the enterprise of civilization must be deemed to be in the public

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