Capitolo 3. Concetto e concezioni di Interesse Pubblico
3.11. Lobbying e Interesse Pubblico
Vale la pena di soffermarsi brevemente sul rapporto che le singole concezioni idealtipiche appena analizzate intrattengono con il fenomeno del lobbying223, cioè sul giudizio che i sostenitori delle diverse visioni dell’Interesse Pubblico esprimono sulla legittimità o meno dell’azione dei gruppi di interesse e di pressione, concepiti come portatori di interessi particolari (è giusto il caso di sottolineare che l’aggettivo ‘particolare’ deriva proprio dal riferimento alla parte, e non al tutto, in questo condividendo l’etimologia di ‘partito’, ‘parziale’ o ‘partigiano’).
Le cinque concezioni, coerentemente con i rispettivi presupposti epistemici e politici, esprimono considerazioni molto diverse su lobbying e interessi particolari, generando una situazione tendenzialmente equilibrata sul piano teorico, poiché, su cinque, due di esse sono apertamente ostili, altre due chiaramente favorevoli, mentre una esprime una soluzione intermedia. In particolare, le due concezioni nella parte superiore della Y (formalista e sostantiva) si dimostrano contrarie, quelle nella parte inferiore (realista e aggregativa) sono favorevoli, mentre la concezione procedurale-stipulativa assume una posizione intermedia. Soffermiamoci su ognuna di esse.
La concezione sostantiva nega alla radice la legittimità di interessi particolari diversi e contrastanti, perseguendoli appunto come “contrari all’Interesse Pubblico”, come sintomo di mancanza di visione completa, ignoranza, malvagità o egoismo. Per essa, infatti, la società è un tutt’uno organico, vale a dire un corpo unico olisticamente concepito, da condurre verso il Bene collettivo, certamente superiore rispetto ai singoli fini individuali. In questa concezione il conflitto è solo un ostacolo alla realizzazione del Bene supremo, e quindi va espunto dalla società in vista di tale fine superiore. Ipostatizzando la società stessa, la concezione sostantiva afferma con nettezza che l’interesse della società è molto più che la somma degli interessi degli individui che compongono tale società. Emblematica a questo proposito può essere considerata la teoria di Jean-Jacques Rousseau224, il quale distingue volontà generale, volontà di tutti e volontà particolari225, condannando queste ultime come contrarie all’interesse
generale.
223 Come si diceva nell’introduzione, l’interesse per il tema dell’Interesse Pubblico da cui ha avuto inizio questa
ricerca deriva proprio dall’usuale contrapposizione, nella retorica politica, tra esso e l’azione delle lobby, e dalla ricerca delle cause teoriche di tale contrapposizione.
224 Di cui si dirà più nel dettaglio nel paragrafo che segue, in quanto filosofo la cui dottrina presenta elementi
appartenenti a due diverse idealtipiche concezioni di Interesse Pubblico, vale a dire quella sostantiva e quella procedurale-stipulativa.
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Il s’ensuit de ce qui précède que la volonté générale est toujours droite et tend toujours à l’utilité publique: mais il ne s’ensuit pas que les délibérations du peuple aient toujours la même rectitude. On veut toujours son bien, mais on ne le voit pas toujours: jamais on ne corrompt le peuple, mais souvent on le trompe, et c’est alors seulement qu’il paraît vouloir ce qui est mal.
Il y a souvent bien de la différence entre la volonté de tous et la volonté générale; celle-ci ne regarde qu’à l’intérêt commun; l’autre regarde à l’intérêt privé, et n’est qu’une somme de volontés particulières […].
Si, quand le peuple suffisamment informé délibère, les citoyens n’avaient aucune communication entre eux, du grand nombre de petites différences résulterait toujours la volonté générale, et la délibération serait toujours bonne. Mais quand il se fait des brigues, des associations partielles aux dépens de la grande, la volonté de chacune de ces associations devient générale par rapport à ses membres, et particulière par rapport à l’État: on peut dire alors qu’il n’y a plus autant de votants que d’hommes, mais seulement autant que d’associations. Les différences deviennent moins nombreuses et donnent un résultat moins général. Enfin quand une de ces associations est si grande qu’elle l’emporte sur toutes les autres, vous n’avez plus pour résultat une somme de petites différences, mais une différence unique; alors il n’y a plus de volonté générale, et l’avis qui l’emporte n’est qu’un avis particulier.
Il importe donc, pour avoir bien l’énoncé de la volonté générale, qu’il n’y ait pas de société partielle dans l’État, et que chaque citoyen n’opine que d’après lui…
[Jean-Jacques Rousseau (1762), Du contrat social, ou Principes du droit politique, II, 3]
Nella concezione sostantiva, insomma, gli interessi particolari226 e il lobbying sono considerati delle deviazioni rispetto alla realizzazione del fine superiore costituito dal Bene della società intera, e per questo andrebbero eliminati o quanto meno resi conformi al fine sostantivo dell’Interesse Pubblico227.
Analoga è la visione della concezione formalista, perché se il sovrano è il custode dell’Interesse Pubblico, chiunque si opponga al volere di tale sovrano in qualche modo si pone contro l’Interesse Pubblico, venendo identificato come nemico della stessa società. Anche qui, come per la concezione sostantiva, è lo stesso pluralismo a essere messo in discussione; è giusto il caso di notare che tale rischio non è affatto un’esclusiva dei regimi politici non democratici, poiché il volere del sovrano, espressione dell’Interesse Pubblico, può essere il capriccio di un despota o di un monarca assoluto, così come di una maggioranza228 o
226 Identificati erroneamente soprattutto con gli interessi di corporazioni, ordini professionali, etc., “car si
l’intérêt de corps est égoïsme, l’intérêt national est vertu” (Sieyès 1789, chapitre VI). In realtà, come si è spiegato nel primo capitolo, interessi particolari possono essere considerati quelli degli individui così come quelli degli Stati.
227 Si comprende facilmente come questa teoria abbia storicamente fornito una giustificazione a manifestazioni
di intolleranza, a violenza e persecuzioni contro i soggetti di volta in volta individuati come oppositori dell’Interesse Pubblico, soprattutto in regimi politici non democratici.
228 Si pensi solo alla dittatura della maggioranza e dell’opinione pubblica paventata da Tocqueville (1835). Vedi
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di un Parlamento democraticamente eletto (ovviamente con notevoli differenze). Fare lobbying costituirebbe dunque un indebito tentativo di influenzare i legittimi e unici depositari dell’Interesse Pubblico, distogliendoli dal proprio compito per fini considerati egoistici e particolaristici.
Opposta è la visione delle concezioni realista e aggregativa: nelle due prospettive collocate alla base della Y, infatti, gli interessi particolari hanno un ruolo predominante.
Nella concezione realista il problema praticamente non si pone, considerando che in essa tutti gli interessi sono interessi particolari e che non esiste alcun Interesse Pubblico, essendo l’espressione ‘Interesse Pubblico’ al massimo una rivendicazione retorica che tutti i gruppi di interesse vantano per la propria particolare visione del mondo. Gli interessi particolari e le azioni di lobbying costituiscono perciò solo un oggetto di studio, e sono accettati come dati di fatto, senza che alcuna valutazione etica sia espressa a loro riguardo.
La concezione aggregativa, invece, si basa proprio sul riconoscimento e la valorizzazione del ruolo degli interessi particolari, soprattutto nei regimi liberal-democratici, i quali si fondano sulla tutela del pluralismo e sulla protezione della sfera privata dei singoli individui dall’intervento potenzialmente dispotico dell’autorità sovrana (verso cui anzi i corpi intermedi costituiscono un argine). L’Interesse Pubblico qui è diretto solo a costruire la struttura di base della società (costituita da individui liberi e formalmente eguali, in un regime di pacifica convivenza e di tolleranza), proprio al fine di garantire la libertà di ognuno di perseguire il proprio interesse particolare. Si possono allora distinguere, nella concezione aggregativa, due livelli decisionali di natura diversa: il primo è un livello più profondo, teso al disegno della struttura di base (si pensi soprattutto alle decisioni di livello costituzionale e alle leggi fondamentali), guidato normativamente dall’Interesse Pubblico; il secondo è un livello più superficiale, riguardante le politiche governative e il policy-making quotidiano. In una liberal- democrazia, si potrebbe dire semplificando che il liberalismo orienti il primo livello mentre la democrazia il secondo.
Nel primo i requisiti etici imposti dal concetto di Interesse Pubblico sono assai stringenti, mentre nel secondo si lascia spazio all’azione degli interessi particolari e al libero processo democratico.
È la duplicità del livello decisionale (il quale – è bene sottolinearlo – non coincide affatto con strutture decisionali formalmente differenti: la maggior parte delle assemblee legislative o degli organi decisionali opera, infatti, su entrambi i livelli229) a generare la maggior parte dei fraintendimenti riguardanti la concezione aggregativa, perché ogni livello si basa su un fondamento etico e teoretico differente. Ad ogni modo, essendo il secondo livello guidato sostanzialmente dalla dinamica democratica, in esso il lobbying è solo una delle tante forme di partecipazione attraverso cui i soggetti governati tentano di orientare l’azione dei soggetti governanti. È qui che la concezione aggregativa si ricongiunge completamente alla
229 Anzi, spesso il difficile è proprio trovare un discrimine netto tra i due livelli, considerando che il contenuto
legislativo di molte disposizioni può toccare sia questioni fondamentali così come questioni di minor rilievo. È proprio questa una delle difficoltà principali della concezione aggregativa, perché non si comprende facilmente in quale punto le considerazioni normative superiori (pur improntate al consolidamento della libertà e dell’eguaglianza dei cittadini) debbano lasciare il passo al gioco democratico libero nelle proprie finalità.
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concezione realista, nella comune considerazione dei vari soggetti del sistema politico – movimenti, gruppi di interesse e di pressione, partiti, etc. – come legittimi attori del processo politico, che agiscono e competono per influenzare le decisioni pubbliche230.
L’unica differenza a tal proposito tra la concezione realista e quella aggregativa, allora, è che la competizione e lo scontro tra i gruppi di interesse nella prima concezione non incontra alcun limite, mentre nella seconda si svolge all’interno del canale predefinito e nei limiti già tracciati dall’Interesse Pubblico e dalla struttura di base da esso disegnata231.
L’ultima concezione rimasta, quella procedurale-stipulativa, si colloca in una posizione intermedia rispetto all’esistenza degli interessi particolari: essa, infatti, parte dalla constatazione del pluralismo delle visioni morali e degli interessi, tuttavia immagina che in un ideale spazio pubblico di discussione, guidati dallo spirito della ragione pubblica232, individui liberi ed eguali possano identificare l’Interesse Pubblico al di là del particolarismo originario, attraverso l’interazione, la comprensione delle ragioni dell’altro e la ricerca di soluzioni ragionevoli e condivisibili. Questa è la soluzione prevista dalle teorie di Habermas e di Apel, nonché immaginata da Leif Lewin (1991), il quale elabora una soluzione del dilemma del prigioniero in termini di apprendimento reciproco e di strategia favorevole alla cooperazione e alla considerazione dell’Interesse Pubblico (1991, 104-109).