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L’interesse come fattore socio-economico

Capitolo 1. Un’analisi semantica del concetto di interesse

1.10. L’interesse come fattore socio-economico

Soprattutto dagli anni della prima Rivoluzione francese (1789), è sempre più frequente il ricorso alla categoria dell’interesse per individuare i profondi legami che accorpano le diverse parti della società, divisa in ceti ben distinti sulla base delle differenti condizioni economiche. Quasi a seguire il modello medioevale dei bellatores, oratores e laboratores, anche la società europea del XVII e del XVIII secolo continua a vedere classi sociali diverse, con la novità economica e politica della nuova classe borghese, che, unita appunto da nuovi interessi, mira all’allargamento dei propri diritti politici e all’abolizione dei privilegi riservati dall’Ancien Régime a clero e nobili. Sarà proprio mirando ad un nuovo ordine politico che si fanno strada, attraverso gli scritti di molti teorici di quegli anni (Jean Jacques Rousseau, Thomas Jefferson, Emmanuel Joseph Sieyès, Pierre-Samuel Dupont de Nemours, Alexander Hamilton, James Madison, etc.), le idee di diritti civili e politici “universali” che lasciassero del tutto alle spalle la configurazione feudale della società, e un interesse condiviso che unisse appunto le diverse classi in progetti politico-costituzionali e modelli di rappresentanza politica di tipo nuovo.

Al di là di queste spinte riformatrici e degli ideali universalisti, dall’altra parte continuano a resistere le interpretazioni politiche che vedono nella diversità degli interessi economici delle classi sociali un motivo di divisione praticamente insuperabile. È questo secondo gruppo di teorici che contribuirà ad rafforzare nuovamente la denotazione dell’interesse come fattore economico e prettamente materiale. Tra essi è possibile ricordare Joseph von Görres, o nel secolo successivo Karl Marx e Friedrich Engels, i quali proprio sulla contrapposizione tra interessi economici diversi fonderanno il loro materialismo dialettico.

È Görres a scrivere, nel 1818:

Come l’intera moltitudine dei diversi corpi naturali si lascia alla fin fine risolvere in pochi elementi naturali, così egualmente, alla base di tutte le strutture nella società, si trova un certo numero di elementi politici; questi, allorché la forma si dissolve – in modo violento attraverso rivoluzioni, o per invecchiamento nel corso naturale delle cose – sempre sopravvivono, indistruttibilmente uguali, e subito dopo esser stati separati si ricompongono in una nuova figura. Sono, questi elementi, i diversi ceti all’interno della società, e gli interessi contrapposti che essi racchiudono in sé.

[Joseph von Görres (1818)]

Saranno poi soprattutto Marx ed Engels a elaborare quest’idea della società come arena di competizione permanente tra due classi principali (i cosiddetti haves e haves-not), ovvero tra i detentori dei mezzi di produzione (che nel modo di produzione capitalista sono proprio i borghesi) e i lavoratori che dispongono solo della propria manodopera (i proletari), in una dinamica dialettica che, secondo l’ottica del materialismo storico, vede solitamente gli interessi dei secondi soccombere agli interessi dei primi.

La storia di ogni società è stata finora la storia di lotte di classe.

Uomo libero e schiavo, patrizio e plebeo, barone e servo della gleba, membro di una corporazione e artigiano, in breve oppressore e oppresso si sono sempre reciprocamente

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contrapposti, hanno combattuto una battaglia ininterrotta, aperta o nascosta, una battaglia che si è ogni volta conclusa con una trasformazione rivoluzionaria dell'intera società o con il comune tramonto delle classi in conflitto.

Nelle precedenti epoche storiche noi troviamo dovunque una suddivisione completa della società in diversi ceti e una multiforme strutturazione delle posizioni sociali. Nell'antica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel Medioevo, feudatari, vassalli, membri delle corporazioni, artigiani, servi della gleba, e ancora, in ciascuna di queste classi, ulteriori specifiche classificazioni.

La moderna società borghese, sorta dal tramonto della società feudale, non ha superato le contrapposizioni di classe.

Ha solo creato nuove classi al posto delle vecchie, ha prodotto nuove condizioni dello sfruttamento, nuove forme della lotta fra le classi.

La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si caratterizza però per la semplificazione delle contrapposizioni di classe.

L'intera società si divide sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi che si fronteggiano direttamente: borghesia e proletariato.

[Karl Marx e Friedrich Engels (1848), Manifest Der Kommunistischen Partei, Parte I,

Bourgeois und Proletarier]

Sempre intorno alla metà del XIX secolo si sviluppa la teoria di Lorenz von Stein intorno all’equilibrio tra Stato e società, teoria in cui il principio dinamico della stessa società è, ancora una volta, proprio l’interesse. Secondo Stein, l’individuo trova la sua destinazione naturale nel pieno sviluppo della personalità, sviluppo che si ottiene solo nel rapporto con gli altri individui attraverso la ricerca dell’appagamento dei bisogni e il possesso dei mezzi con i quali è possibile sottomettere, in un rapporto di dipendenza, gli altri individui. Per questo, al fine di un pieno appagamento della personalità, ciascuno tenderà all’acquisizione dei mezzi necessari ad instaurare rapporti di dipendenza con gli altri, in una continua contrapposizione di interessi.

Di conseguenza, in tutte le società l’attività che produce i mezzi per la propria indipendenza e della dipendenza altrui è quella che domina la vita di tutti gli individui. [...]

Ma la sua essenza sta in ciò che essa, in tutte le diverse maniere, produce sempre di nuovo; e questo elemento è la consapevolezza di procurare al singolo il mezzo per la propria perfezione personale, la dipendenza di altri. Questa consapevolezza, che domina tutte le attività rivolte verso l’esterno, che è onnipresente e viva in ogni individuo, che determina ogni posizione nella società, è da noi chiamato l’interesse. L’interesse [...] è dunque il principio della società.

[Lorenz von Stein (1850-1851), Geschichte der socialen Bewegung...36]

Tra l’altro, proprio come Marx, anche Stein pensa che la scienza della società possa e debba necessariamente basarsi sullo studio di tale sistema di interessi contrapposti, che – a ben vedere – sarebbe “suscettibile di una conoscenza chiara e sistematicamente completa”, poiché,

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per un occhio attento, sarebbe possibile “ricondurre le questioni e i compiti presenti, anche se questi apparentemente si intersecano e si confondono, sempre ad un qualunque ben definito interesse di proprietà e non-proprietà”.

Come si vede, a distanza di secoli, l’intuizione secondo la quale la comprensione della politica e della società deve tenere in gran conto gli interessi delle parti, sia come criterio di orientamento pratico per i sovrani (come era per Machiavelli o Botero), sia come fondamento euristico di conoscenza (come per Görres o Stein), prospera rigogliosa nella riflessione politica, preparando un terreno fertile per lo studio che dell’interesse faranno le scienze sociali e politiche della fine del XIX e del XX secolo, di cui passiamo a dire nei prossimi due paragrafi.

1.11. L’interesse come criterio di aggregazione sociale: Robert von Mohl e la teoria dei

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