Capitolo 2. Il pubblico: uno spazio a geometria variabile
2.2. Sovrapposizioni etimologiche tra i tre significati
Si deve a Jürgen Habermas (1962) una delle analisi più approfondite del concetto di
öffentlichkeit come “ciò che costituisce il fatto pubblico”, da lui riferito ad una sfera pubblica
politica soprattutto nella sua attuazione storica liberale e borghese tipica del XVII-XVIII secolo, ma che ha origini di molto anteriori e conseguenze fondamentali per la nascita e il consolidamento delle democrazie di massa dei secoli seguenti. Lo stesso Habermas, tuttavia, all’inizio della sua opera riconosce come “l’uso linguistico di ‘pubblico’ e di ‘sfera pubblica’ tradisce una molteplicità di significati concorrenti” che “risalgono a diverse fasi storiche”
61 Nel caso, gli unici problemi definitori nascono proprio in relazione ad alcune organizzazioni a metà tra il
settore istituzionale vero e proprio e il settore privato, come ad esempio organizzazioni formalmente private ma che, in virtù della loro funzione, ricevono dallo Stato un’investitura pubblica che le può far tranquillamente assimilare al complesso delle istituzioni pubbliche. Penso, come mero esempio, alle organizzazioni incaricate di far rispettare le leggi sul copyright (come la Società Italiana degli Autori e degli Editori in Italia, o la Société des Auteurs, Compositeurs et Editeurs de Musique in Francia), che, sebbene giuridicamente private, svolgono un ruolo tipico delle organizzazioni governative. Anche in casi come questi, comunque, credo che si possa facilmente affermare che si ha a che fare con organizzazioni appartenenti al settore pubblico (inteso in senso soggettivo), anche perché non sono associazioni libere nei fini, ma vere e proprie istituzioni dotate di un mandato legislativo ben preciso. Nel caso si pensi, invece, ad organizzazioni totalmente private (non solo giuridicamente) che svolgono “funzioni di utilità pubblica”, come molte organizzazioni del cosiddetto Terzo Settore (cioè organizzazioni che agiscono non a scopo di lucro ma per “utilità sociale”), credo che l’aggettivo pubblico si possa più facilmente attribuire ad esse nella sua nozione oggettiva (C) oppure soggettiva-sociale (B): in quel caso, infatti, si tratta di “utilità pubblica”, per quanto riconosciuta dallo Stato, non derivata da mandati statali ma dalla sostanza delle diverse missioni portate avanti, e pertanto si ricadrebbe in una nozione non statale del ‘pubblico’.
62 Sul concetto di comunità vedi il paragrafo 2.4. In realtà si pone anche il problema di una parziale
sovrapposizione pratica tra la nozione B e C, in quanto spesso si ha a che fare con una pubblicità oggettiva che si riferisce soltanto ad una collettività concreta.
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(1962, 3), e, nella Prefazione alla nuova edizione del 1990, ricorda addirittura come sia “un errore parlare di pubblico al singolare” (1990, XI)63.
Qualche considerazione semantica ed etimologica potrà aiutarci, allora, nel fare chiarezza. Dalla tradizione giuridica antico-germanica e dalle sue distinzioni di gemeinlich (comune) e sunderlich (particolare), common e particular, emerge invero una certa corrispondenza con i classici publicus e privatus. Codesta contrapposizione si riferisce a elementi collettivi nella misura in cui si sono andati affermando nell’ambito dei rapporti feudali di produzione. Il pascolo comunale è pubblico, publicum; la fontana, la piazza del mercato sono accessibili al pubblico per l’uso comune, loci communes, loci publici. A questo «comune» a cui, secondo una linea storico-linguistica, si ricollega il bene pubblico o comune (common wealth, public wealth), si contrappone il «particolare». Esso è ciò che sta separato, in un’accezione del privato che ancora oggi adottiamo equiparando gli interessi particolari a quelli privati.
[Habermas (1962), Strukturwandel der Öffentlichkeit. Untersuchungen zu einer Kategorie
der bürgerlichen Gesellschaft, p. 8]
Insomma, ciò che sembra essenzialmente distinguere il pubblico dal privato è il fatto che ciò
che è pubblico è comune, è a disposizione di tutti64.
Si può dire che si è in “luogo pubblico” (dove chiunque può recarsi) o che si partecipa a una “gara pubblica” (aperta a tutti in generale) o che “si pubblica un libro” (cioè lo si mette a disposizione – almeno in astratto – di tutti).
Ancora una volta sono i caratteri della generalità e dell’astrattezza ad emergere come caratterizzanti il pubblico, che assume quindi i connotati di quella che ho definito “nozione oggettiva”.
Proprio la nozione oggettiva è alla base della definizione di pubblico data, tra gli altri, da George Cornewall Lewis nei suoi Remarks on the Use and Abuse of some Political Terms:
Public, as opposed to private, is that which has no immediate relation to any specified person or persons, but may directly concern any member or members of the community, without distinction. Thus the acts of a magistrate, or a member of a legislative assembly, done by them in those capacities, are called public; the acts done by the same persons towards their family or friends, or in their dealings with strangers for their own peculiar purposes are called private. So a theatre, or a place of amusement, is said to be public, not because it is actually visited by every member of the community, but because it is open to all indifferently; and any person may, if he desires, enter it. The same remark applies to public houses, public inns, public meetings, &c. The publication of a book is the exposing
63 Il filosofo di Düsseldorf si riferisce alla molteplicità delle sfere pubbliche e all’esclusione sistematica, ad opera
del mainstream dominante, dei processi di comunicazione messi in campo, ad esempio, dalle subculture. Ciò che occorre sottolineare, ad ogni modo, è che sicuramente sarebbe fuorviante parlare, a livello sociale, di un “pubblico” al singolare, perché altrimenti si rischierebbe di cadere negli errori di ipostatizzazione tipici dell’olismo. Approfondiremo meglio questo concetto nel paragrafo 2.9.
64 Ovviamente il comune si riferisce ad una disponibilità in astratto, al di là, quindi, della fruizione concreta di
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of it to sale in such a manner that it may be procured by any person who desires to purchase it: it would be equally published if not a single copy was sold. In the language of our law, public appear to be distinguished from private acts of parliament, on the ground that the one class directly affects the whole community, the other some definite person or persons”65
[Lewis (1832), pp. 233-234].
Adottando, invece, una nozione soggettiva, si potrebbe far riferimento ad un diverso criterio di demarcazione, così come fa John Dewey in The public and its problems, passando per entrambi i fronti della nozione soggettiva (cioè sociale e statale):
We take then our point of departure from the objective fact that human acts have consequences upon others […]. Following this clew, we are led to remark that the consequences are of two kinds, those which affect the persons directly engaged in a transaction, and those which affect others beyond those immediately concerned. In this distinction we find the germ of the distinction between the private and the public. When indirect consequences are recognized and there is effort to regulate them, something having the traits of a state comes into existence.
[Dewey (1927), p. 12]
Significativa, a questo punto, appare l’etimologia del latino ‘publicus’, che deriva da ‘poblìcus’ (originariamente da ‘pop-licus’ come contrazione di ‘popùlicus’), a sua volta derivato da ‘pòpulus’, cioè “popolo”, per cui pubblico viene definito ciò “che appartiene a tutto il popolo, che concerne tutto il popolo, quindi Comune a tutti, sentito da tutti, fatto per tutti, noto a tutti: opposto di privato. [...] Pubblico differisce da Comune, di cui nessuno ha la proprietà, ma tutti gli uomini hanno l’uso come l’aria, l’acqua del mare e simili, mentre ciò che è pubblico è di dominio di una città e l’uso n’è più limitato, come i teatri, i tempi, le piazze e le vie” 66.
Il percorso etimologico, insomma, in senso stretto fa riferimento al popolo, e sembra sposare in pieno la nozione soggettiva B, cioè quella per cui il referente è una collettività ben determinata; se prendiamo il riferimento al popolo in senso lato ci si può forse rifare alla nozione oggettiva, ma ancora una volta i confini concettuali dell’una e dell’altra nozione sembrano sfumarsi e sovrapporsi.
D’altra parte anche nella lingua latina tutte e tre le nozioni impiegate campeggiano in diverse frasi ed espressioni impiegate anche nella stessa epoca. Per cui il ‘publicum’
65 Anche Lewis, pur adottando una nozione oggettiva del pubblico, fa riferimento ai “membri della comunità”.
Ancorché la parola ‘comunità’ rimandi apparentemente di nuovo ad una nozione soggettiva del pubblico, una più approfondita analisi del concetto di comunità servirà a dipanare le possibili sovrapposizioni. Vedi par. 2.4.
66 Pietro Ottorino Pianigiani (1907), Vocabolario etimologico della lingua italiana, Albrighi, Segati e C., Roma,
alla voce pubblico; tale ricostruzione è confermata anche da Giacomo Devoto (1968), Dizionario etimologico, Le Monnier, Firenze.
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(sostantivo) indica da una parte la proprietà pubblica, il demanio67, ma anche il luogo pubblico, all’aperto68, mentre il ‘publicus’ (aggettivo) può indicare ciò che attiene allo Stato, ciò che è comunitario, ciò che è di interesse pubblico così come ciò che è ufficiale, o anche ciò che è universale, comune o semplicemente diffuso69.
Analoghe considerazioni valgono per il greco ‘κοινόj’, che allo stesso modo può indicare ciò che è comune e di possesso comune, ciò che è di interesse pubblico o collettivo70, ciò che riguarda lo Stato71 o semplicemente ciò che è diffuso, usuale, ordinario; è da notare che in campo filosofico il termine viene usato, anche dallo stesso Aristotele, nel senso di “generale” e “universale”72, mentre nel contesto giuridico può significare “imparziale, equanime”73.