Capitolo 3. Concetto e concezioni di Interesse Pubblico
3.8. La concezione procedurale-stipulativa L’Interesse Pubblico come processo d
La terza concezione di Interesse Pubblico che prendiamo qui in considerazione è la concezione procedurale-stipulativa. Essa vanta delle caratteristiche peculiari, che, ancorché la connotino per un forte contenuto ideale, la pongono ad un livello normativo inferiore sulla linea della normatività rispetto alle concezioni formalista e sostantiva.
A differenza di quest’ultime, infatti, la concezione procedurale-stipulativa non individua un approdo etico finale (che nelle due precedenti concezioni veniva giustificato sulla base di un criterio formale e sulla base di un criterio epistemico ed etico assoluto), ma si sofferma sul
processo attraverso cui è possibile costruire un consenso razionale di individui liberi ed eguali
che si confrontano in una situazione comunicativa ideale. Consentendo a tutti di esprimere la propria opinione ragionata, e favorendo il confronto pubblico di tali opinioni attraverso l’ideale della ragione pubblica, secondo i teorici di tale concezione si può arrivare a deliberare consensualmente il contenuto dell’Interesse Pubblico (che è tale solo in virtù del processo attraverso cui viene determinato). È detta concezione procedurale perché la specificazione etica non consiste, appunto, in un contenuto predeterminato o in dei fini particolari, ma nella procedura che viene usata per la deliberazione razionale, procedura in teoria aperta a qualsiasi fine; il peso specifico, insomma, si concentra non sull’outcome della decisione politica ma sul processo della decisione stessa.
Come si accennava sopra, preferisco aggiungere l’aggettivo ‘stipulativa’ a ‘procedurale’ affinché non sorgano fraintendimenti, nel campo politologico, con la concezione procedurale- madisoniana della democrazia di cui parla Robert A. Dahl (1956)201; l’idea della stipulazione, difatti, specifica meglio le connotazioni di un atto libero nei fini e che vede convergere dei contraenti, su un piano di eguaglianza, verso esiti volontari comuni.
Tale concezione corrisponde al significato 2.B.ii di Leys (substantive meaning, proper
procedures, due process of law) e alla concezione di processo già individuata da Cochran202 e da Box.
Proprio quest’ultimo scrive:
201 Una certa confusione, in alcuni scritti, è in effetti provocata dall’ambiguità dei termini ‘procedura’ e
‘processo’, a volte tesi a indicare i luoghi e le forme del processo decisionale nel senso istituzionale, altre volte tesi a indicare il processo dialogico-decisionale ideale, come appunto nella concezione procedurale-stipulativa.
202 Esclusivamente per quanto riguarda la terza sottocategoria della concezione di processo, che è l’unica a
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The process view of the public interest regards individuals as participants in dialogue about what is in the public interest and what the public sector should do about it. Instead of packages of predetermined interests, individuals are perceived as people with interests who can learn from social interaction. In such interactions, they acquire new information about public issues and become aware of the perceptions and desires of others. They may find their interests changing or, even if their interests do not change, they may be willing to compromise for the good of the larger community.
[Richard C. Box (2007), pp. 588-589]
Insomma, è il processo stesso attraverso cui si giunge a costruire il consenso intorno all’Interesse Pubblico il fuoco della concezione procedurale-stipulativa, che si sofferma quindi sulle modalità di attuazione di una deliberazione ideale, compiuta su base razionale, attraverso la partecipazione – su un piano di libertà ed eguaglianza – di tutti i soggetti interessati dalla decisione politica e quindi coinvolti nella deliberazione (è importante, infatti, che nessuno ne rimanga escluso).
I presupposti normativi, qui, riguardano i soggetti decidenti e la modalità della deliberazione. I soggetti sono individui (cittadini) che devono essere liberi (di esporre la propria visione comprensiva) ed eguali, in quanto nessuno di essi deve contare più di ogni altro, e nessuno di essi deve poter vantare una condizione privilegiata nello spazio della discussione; la modalità della deliberazione, in secondo luogo, deve coinvolgere tutti senza escludere nessuno, e deve arrivare a determinare una volontà comune secondo i requisiti tipici della ragione pubblica (su cui vedi il par. 2.6), nel rispetto dei presupposti suddetti della libertà e dell’eguaglianza.
Gli stessi presupposti di libertà ed eguaglianza si troveranno in gran parte anche all’interno della concezione aggregativa, con la differenza che mentre in quest’ultima il conflitto tra interessi diversi viene come vedremo preservato, all’interno della concezione procedurale- stipulativa il conflitto viene idealmente ricomposto proprio dalla pratica della ragione pubblica.
La nozione del pubblico usata in questo caso sarebbe quella che abbiamo definito “oggettiva”, in quanto rispondente ai requisiti di generalità ed astrattezza, che caratterizzano la ragione pubblica come strumento e l’Interesse Pubblico come fine.
Trovano allora posto all’interno della concezione procedurale-stipulativa la teoria dell’agire comunicativo di Habermas203, la pragmatica trascendentale di Karl Otto Apel204, nonché le varie teorie della democrazia deliberativa, che, come scrive Donatella Della Porta, “tendono a
203 Il quale, affrontando proprio il problema della deliberazione e dei suoi presupposti normativi in relazione al
dilemma democratico di Böckenförde (1976), nel noto incontro con Joseph A. Ratzinger afferma: “Lo Stato di diritto costituito democraticamente non garantisce solo le libertà negative affinché i singoli membri della società possano curare il proprio bene; mettendo a disposizione libertà comunicative, infatti, esso mobilita anche la partecipazione dei cittadini al pubblico dibattito su temi che riguardano contemporaneamente tutti. Il perduto ‘vincolo unificante’ è ora un processo democratico in cui, in ultima istanza, è in discussione la giusta interpretazione della Costituzione” (in Habermas e Ratzinger 2005, 48-49).
204 Sulle numerose affinità tra la teoria di Habermas e quella di Apel vedi Franco Volpi (1980), mentre per un
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considerare la presenza di vincoli a protezione dei diritti delle minoranze, così come di arene di comunicazione, scambio di ragioni, costruzione di definizioni condivise del bene pubblico, come fondamentali per la legittimazione delle decisioni pubbliche” (2010, 180)205.
Sono, insomma, le nozioni di dialogo, informazione, interazione sociale, a caratterizzare le teorie della concezione procedurale-stipulativa; l’idea di base è quella “that legitimate lawmaking issues from the public deliberation of citizens” (Bohman e Rehg 1997, ix).
Anche la concezione di processo, tuttavia, presenta delle debolezze e dei punti teoretici che meritano ulteriore approfondimento.
Alcune riflessioni critiche possono provenire dalla scuola della Social Choice, nella quale il teorema di Arrow (1951), la teoria dell’agenda-setting, il paradosso del votante o il problema del free-riding di Olson (1965) minano alla base i presupposti individuati dalla concezione procedurale-stipulativa; in secondo luogo, come si può assicurare che il processo di discussione pubblica (anche negli esperimenti più ristretti immaginati da James Fishkin) si svolga realmente sotto l’egida della Ragione Pubblica, e non riproduca invece delle dinamiche distorte (causate, ad esempio, dalle differenze sociali che vedono i cittadini – pur liberi ed eguali formalmente – esercitare un potere e un’influenza differenti anche nella loro reciproca interazione)?
Anche qui, insomma, l’elemento idealistico-normativo sembra avere un ruolo preponderante, perché solo normativamente è possibile presupporre un meta-accordo sulle procedure da seguire, sull’agenda degli argomenti da affrontare, sulle modalità di risoluzione dei conflitti stessi. Lo spunto critico finale allora è: a cosa serve avere un processo democratico in grado di partorire l’Interesse Pubblico se per realizzarlo è necessario avere un accordo di fondo sull’essenza di quello stesso processo e di quello stesso Interesse Pubblico? “Procedural fairness is an abstract concept that admits of a large (perhaps indefinite) number of specifications, each of which encodes some understanding of the principles and goods at stake. […] In law and ordinary politics–as well as in theoretical debates about deliberative democracy, public reason, and expertise-arguments about procedures cannot be disentangled from substantive considerations. And if we try to short-circuit these arguments by stipulating adherence to ‘established’ procedures, we repeat the mistake of privileging the status quo” osserva, a tal proposito, William A. Galston (2007, 14-15).