1.2. UNA PREMESSA: UN BREVE EXCURSUS SULL’ANALISI SOCIOLOGICA IN TEMA DI GIOCO
1.2.4. Le interpretazioni sull’effettivo panorama dei giochi: tra consumo e malattia
Dalla prospettiva storica, il gioco d‟azzardo negli ultimi trent‟anni ha subito una forte trasformazione che l‟ha visto, da un lato, condannato e regolato e, dall‟altro, de- stigmatizzato e liberalizzato (Reith, 1999).
A partire dalla sua liberalizzazione, il gioco d‟azzardo può essere interpretato, attraverso due linee interpretative opposte ed al contempo complementari, come pratica di consumo e malattia (Bertolazzi, 2013).
Il primo approccio considera il gioco d‟azzardo una delle ultime forme della cultura del consumo contemporanea (Kingma, 2010). La progressiva liberalizzazione del gioco d‟azzardo vede la moltiplicazione dell‟offerta ludica (non di meno nel digitale), ha prodotto l‟ingresso dei giochi in mondi sociali nuovi ed il gioco d‟azzardo continua a subire una forte spinta commerciale così da presentarsi come “nuova e incentivata forma di consumo23” (Capitanucci, 2008).
Il paradigma morale, accanto a quello legale e psicoanalitico, perde di valore, venendo sostituito da quello economico: il gioco d‟azzardo diventa un business24 (Dotti, Esposito, 2016).
Nello specifico, il processo di globalizzazione ha riguardato anche il gioco d‟azzardo che viene inserito nei diversi set di ruolo sociali colonizzando il tempo libero (Baudrillard, 1976), è finalizzato al divertimento e all‟evasione ed è divenuto un‟”appendice” dell‟industria (Lasch, 1999) che riproduce le costrizioni mentali e pratiche del tempo produttivo (Baudrillard, 1976). La Mcdonaldizzazione (Ritzer,
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Per la comprensione del significato dei rituali di consumi si consiglia la lettura del volume Bartoletti R. (2010), “L‟efficacia simbolica delle cose: forma e significato dei rituali di consumo”, in Codeluppi V., Paltrinieri R. (a cura di), Il ciclo della merce: cambiamenti
della produzione e del consumo, FrancoAngeli, Milano.
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Croce M. (2001), “Vizio, malattia o business? Storia dei paradigmi sul gioco d‟azzardo”, in Croce M., Zerbetto R. (a cura di), Il gioco e l‘azzardo, FrancoAngeli, Milano.
1993) delle istituzioni del loisir, che, dunque, costituiscono il completamento della routine quotidiana, si affianca ad un processo di incantamento (Bertolazzi, 2013) caratterizzato dall‟omologazione dell‟offerta, dalla disumanizzazione delle merci e dei luoghi dedicati al consumo e dal moltiplicarsi delle “cattedrali del consumo” come i parchi giochi e le sale da gioco (di cui, un esempio rappresentativo è Las Vegas in cui si accelera l‟offerta ludica cercando di sedurre e persuadere il giocatore a spendere il più possibile). I luoghi del divertimento divengono cattedrali dove tutto diventa emozione/possibilità/ripetizione/presente (Gottschalk, 2009). Il gioco d‟azzardo, diviene così parte integrante di un‟economia globale del divertimento (Kingma, 2010) e ne deriva una nuova figura, il gamer o “giocatore ricreazionale” prevedendo una de-stigmatizzazione delle attività ludiche ed un gioco d‟azzardo “auto-regolato” (Castellani, 2000; Sassatelli, 2004) (cfr. Bertolazzi, 2013).
Nel contesto della “società del consumo”25, il gioco d‟azzardo da pratica di consumo confinata fra gruppi di persone – ad alta vulnerabilità – diviene “consumo auto-riferito” che materializza il sé, significati, valori e modelli culturali e rende manifeste le relazioni sociali (Secondulfo, 2012).
Inoltre, nel suo saggio sulla società dell‟iperconsumo, Lipovetsky (2006) evidenzia una progressiva trasformazione della relazione tra consumatore-produttore- distributore che ha modificato le modalità di consumo. Il periodo che stiamo vivendo, sarebbe caratterizzato dalla colonizzazione della logica del consumo di ogni sfera sociale. In questa fase, il consumo non risponde ad un bisogno o a un‟esibizione, come nelle due fasi precedenti, ma ad una necessità di sperimentare, vivere, ripetere, amplificare emozioni. Si acquista un bene o un servizio per la gratificazione emotiva, fisica, sensuale che l‟acquisto offre. È una modalità di consumo ove la motivazione, l‟aspettativa, il desiderio e la conseguente coazione a ripetere sarebbero legati agli effetti immediati dell‟acquisto di un bene.
Del resto, Giddens (1995) ha osservato come la diffusione delle dipendenze sia il risultato di un “ordine post-tradizionale” che vede un‟erosione del senso di comunità, di un sistema di convinzioni comuni e la disorganizzazione dell‟identità individuale. Tuttavia, la concezione neoliberista, che attribuisce agli individui la libertà e la responsabilità delle loro scelte, se porta, da un lato, ad un‟attenuazione della condanna moralistica sui comportamenti, dall‟altro, non può che portare il soggetto alla colpevolizzazione delle proprie inadeguatezze e delle proprie incapacità: percezione che a sua volta alimenta il ricorso a provare, al consmare, a rendersi competitivi (Lavanco, Croce, 2008).
Se il primo approccio considera il gioco d‟azzardo come bene di “consumo”, l‟approccio della medicalizzazione lo interpreta come “malattia” (Bertolazzi, 2013).
A Justus Pastorius (1956) nel manuale Alea. De Curanda Ludendi in Pecuniam
Cupididate si devono i primi innovativi elementi, di straordinaria attualità, precursori
del metodo psicoanalitico per la cura (“La parola domatrice dell‟anima”).
Successivamente, nel testo di Benjamin Rush (1784) An Inquiry Into the Effect of
Ardent Spirits Upon the Human Body and Mind riferito all‟alcol, le addiction
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Con tale definizione Si indica la società del presente in cui prevale l‟etica del consumo e tutte le esperienze si trasformano in merci o servizi. È una società di individui (non di gruppi) dove i beni di consumi definiscono le identità personali e assumono una funzione di mediazione simbolica delle relazioni sociali (Secondulfo, 2012).
diventano malattia e, nello specifico, sono descritte attraverso il termometro dell‟interperanza, ovvero dalle conseguenze inseribili in tre diverse categorie: quella dei vizi, quella delle punizioni e quella delle malattie.
Invece, il medico italiano G. Caramma nel 1898 rivendica l‟interesse della medicina per il gioco d‟azzardo classificando il giocatore in tre “specie”: quelli occasionali, quelli di professione e quelli per passione.
Nel 1980, il gioco d‟azzardo patologico viene inserito per la prima volta nel DSM-III (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali curato dall‟Associazione americana dei medici psichiatri – APA –) annoverato tra i disturbi del controllo degli impulsi (Maturo, Conrad, 2009). Nel 2013, invece, nell‟edizione del DSM-V viene classificato come gambling disorder. Presentando caratteristiche analoghe, talvolta sovrapponibili, alla tossicodipendenza, l‟azzardo è stato riconosciuto a tutti gli effetti come addiction nella sezione dedicata ai “Disturbi da dipendenza e correlati all‟uso di sostanze”.
Gli strumenti ad oggi più utilizzati per formulare una diagnosi di gioco d‟azzardo patologico sono il DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e il SOGS (South Oaks Gambling Screen).
Tuttavia, si segnalano, da più parti, i limiti di tali sistemi diagnostici: dapprima, gli individui compilano individualmente la domanda senza il coinvolgimento dei familiari, quando, invece, è comprovato il ruolo di fronteggiamento e deterrente del nucleo familiare nei casi di gioco compulsivo (Suissa, 2006, cfr. Bertolazzi, 2013); inoltre, non è possibile identificare un‟unica tipologia di giocatore d‟azzardo ma occorre prendere atto delle differenze di ogni singolo caso nell‟insieme degli scommettitori, e, conseguentemente, di un diverso approccio terapeutico (Castellani, 2000, cfr. Bertolazzi, 2013); infine, il DSM-V diminuendo i criteri diagnostici per l‟individuazione dei comportamenti ludici cronici da dieci a nove assottiglia l‟insieme dei giocatori d‟azzardo patologico.
In ultimo, la medicalizzazione prevede due differenti e consequenziali approcci interpretativi (Bertolazzi, 2013; 2016a): il modello della malattia cronica (chronic
disease model) che considera il gioco d‟azzardo come una forma di dipendenza
individuale ed il modello di sanità pubblica (public health model) che, invece, considera il gioco d‟azzardo come “malattia sociale” che si caratterizza per fattori individuali e, soprattutto, determinanti sociali.