3.2. IL CASO ITALIANO IN MATERIA IN GIOCO D’AZZARDO
3.2.3. L’assistenza socio-sanitaria nell’area dell’azzardo
Nel XX secolo97, il “modello morale” – secondo cui le attività ludiche erano da considerarsi un comportamento vizioso, prodotto da una debolezza morale individuale, perciò degno di biasimo sociale e legalmente perseguibile – fu soppiantato dal “modello medico” per cui il giocatore d‟azzardo divenne un malato e la propensione al gioco d‟azzardo, che prima era considerata come una cattiva abitudine, divenne malattia cronica (Bertolazzi, 2016b).
Nel 1980 il gioco d‟azzardo patologico viene inserito per la prima volta nel DSM- III (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali curato dall‟Associazione americana dei medici psichiatri – APA –) annoverato tra i disturbi del controllo degli impulsi (Maturo, Conrad, 2009).
Nel 2013, invece, nell‟edizione del DSM-V viene classificato come gambling
disorder. Presentando caratteristiche analoghe, talvolta sovrapponibili, alla
tossicodipendenza, l‟azzardo è stato riconosciuto a tutti gli effetti come addiction nella sezione dedicata ai “Disturbi da dipendenza e correlati all‟uso di sostanze”. Rispetto alla precedente edizione (APA, 1994) , sono stati diminuiti i criteri diagnostici da 10 a 9, (nello specifico, è stata eliminata la voce “commettere atti illegali”), è stata abbassata la soglia dei sintomi correlati da cinque a quattro ed è stato introdotto il limite temporale di 12 mesi nell‟ambito del quale i sintomi devono essere rilevati (si veda tabella 1), assottigliando la frazione di popolazione coinvolta nell‟azzardo patologico.
Ad oggi, gli strumenti più utilizzati per formulare una diagnosi di gioco d‟azzardo patologico sono il DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e il SOGS (South Oaks Gambling Screen).
Più in generale, la medicalizzazione del gioco d‟azzardo ha posto in essere la questione della responsabilità pubblica ed individuale nel fronteggiamento del fenomeno, dando vita a due differenti, ed al contempo consequenziali, paradigmi: da un lato, il modello di malattia cronica (chronic disease model), che considera il gioco d‟azzardo come una forma di “dipendenza” e, dunque, ne considera la dimensione strettamente individuale; dall‟altro, il modello di sanità pubblica (public health
model) che, invece, considera il gioco d‟azzardo come “malattia sociale” che si
caratterizza per determinanti sociali che devono essere prese in causa sia nello sviluppo che nel trattamento della patologia gioco-correlata (Ferentzy, Turner, 2012 cfr. Bertolazzi, 2013; 2016b).
La medicalizzazione del gioco d‟azzardo patologico e l‟urgenza derivata dalla progressiva liberalizzazione delle pratiche ludiche ha prodotto un adeguamento della normativa nazionale. Il decreto Balduzzi (legge n. 189 dell‟8/11/2012) dal titolo “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute” ha previsto l‟aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza
97
Il gioco d‟azzardo patologico viene inserito per la prima volta nel DSM-III nel 1980. Pur tuttavia, l‟inquadramento del gioco d‟azzardo nel modello medico ha radici lontane; già nella prima metà del Novecento, attraverso alcuni studi su casi clinici compiuti soprattutto in campo psicanalitico e psichiatrico (ad es. gli studi di Freud e Bergler), emergono interpretazioni che individuano elementi di natura psicopatologica, quindi strettamente clinica, nella condotta di alcuni tipi di giocatori (Bertolazzi, 2013).
(LEA), che dovranno comprendere la ludopatia, così che i giocatori possano rivolgersi liberamente ai Ser.T. (nonostante in molti servizi fosse già presente questa possibilità).
Un innovativo modello di intervento nell‟area delle dipendenze, che può essere applicato al gioco d‟azzardo, prevede strategie di intervento volte alla prevenzione, include la gestione dei comportamenti ludici e contempla il recupero dei casi di gioco problematico e patologico, mirando a limitare i rischi socio-sanitari connessi all‟azzardo legale ed illegale (Cipolla, Lombi, 2011)98. Tale proposta tiene in considerazione gli attuali trend di consumo, la pluralizzazione dei set di consumo (nonché online) e dell‟eterogeneità dei soggetti che si dedicano al gioco d‟azzardo. La prevenzione include gli interventi che agiscono secondo una logica di anticipazione, ovvero intervengono nella direzione di arginare la diffusione del gambling; particolare enfasi dovrebbe essere destinata alla prevenzione del gioco tra i minori; la gestione prevede interventi volti a promuovere, tra i giocatori, una condotta responsabile volta al gioco moderato, riflessivo, “sicuro”; ed il recupero rimanda al complesso di interventi indirizzati ai giocatori d‟azzardo che mostrano forme di dipendenza e/o le cui modalità di gioco comportano ricadute negative in vari ambiti (relazioni familiari, status professionale, situazione economica, coinvolgimento in azioni delinquenziali e criminali, etc.).
Gli interventi preventivi trovano la loro motivazione in alcuni fatti ben precisi: - le dipendenze causano danni economici e incrementi per la spesa sanitaria pubblica;
- la storia dei disturbi di dipendenza è caratterizzata da un andamento cronico, con recidive ricadute e modesta risposta ai trattamenti (Florin, Bellio, 1998). Nella direzione del controllo della domanda di attività ludiche, la prevenzione interviene secondo una logica anticipatoria rispetto al primo contatto con i giochi d‟azzardo con l‟obiettivo di scongiurarlo e si esplicita in interventi informativi (campagne mass-mediatiche, interventi comunicativi volti ad informare sui comportamenti di gioco a rischio, progetti formativi, etc.) o volti ad aumentare le abilità sociali e personali (es. peer education e life skills). L‟unico metodo utilizzato è lo scoraggiamento dei comportamenti di gioco d‟azzardo in soggetti ancora “astinenti” ed i destinatari sono coinvolti con impegno di tempo e sforzi ridotti. Gli agenti d‟intervento sono operatori multiprofessionali (mass media, agenti della socializzazione primaria e secondaria), tutto realizzato a costi moderati (Cipolla, Lombi, 2011).
I modelli di prevenzione possono essere classificati:
- per obiettivi perseguiti: ridurre l‟incidenza (primaria), ridurre la prevalenza (secondaria), ridurre i danni derivati (terziaria);
- per target di riferimento: diretta all‟intera popolazione e volta a prevenire le attività di gioco d‟azzardo (universale), rivolta a gruppi vulnerabili e avente come obiettivo la diffusione di fattori protettivi (selettiva), destinata a persone riconosciute ad alto rischio e finalizzata a scongiurare lo sviluppo del gap (indicata). Nel caso specifico dell‟azzardo il gruppo di persone su cui concentrare
98
Gli interventi previsti nella direzione di prevenzione, gestione e recupero dell‟azzardo eccessivo: si distinguono per target di riferimento, obiettivo, modelli di intervento, metodo, modalità di selezione dei partecipanti, coinvolgimento dei destinatari, agenti d‘intervento e
l‟attività di prevenzione sono: i bambini (3-12 anni) con deficit del controllo comportamentale ed emozionale; gli adolescenti vulnerabili con presenza di disturbi comportamentali e propensione al rischio; le persone con familiarità di gioco d‟azzardo patologico; le persone giovani con disturbi del controllo dell‟impulsività; le persone con false e distorte credenze sulla fortuna e sulle reali possibilità di vincita al gioco d‟azzardo; persone con problemi mentali o con usi di sostanze o abuso di alcool; persone prevalentemente di sesso maschile (70%); adulti/anziani con carenti attività ricreative e socializzanti;
- per livello d‟intervento: a livello individuale (cerca di rimuovere i fattori di rischio individuali), di contesto (l‟obiettivo è ridurre i rischi a livello ambientale, per esempio riducendo il numero di sale da gioco e il battage pubblicitario, diminuendo l‟accessibilità al gioco – con divieto ai minori di 18 anni –. Ma non solo, sui sistemi di gioco elettronici – videolottery, giochi online – sarebbe opportuno inserire meccanismi di allarme che segnalino i comportamenti anomali);
- per momento di intervento: inoculation (opera ex-ante, in una fase in cui il soggetto è lontano dall‟azzardo), early relevancy (opera nel periodo prossimo al possibile contatto con i giochi di alea), later relevancy (opera ex-post, quando i comportamenti ludici sono già in atto);
- per approccio teorico di riferimento: knowledge-focused (volto alla trasmissione di informazioni), behavioral life skills focused (prevede il potenziamento delle abilità sociali), affective perception focused (teso al potenziamento dell‟autostima o dell‟immagine di sé), ricreational focused (avente come obiettivo lo sviluppo di attività ricreative sostitutive che possono fornire gratificazione e piacere attraverso stimoli diversi da quelli provocati dal gioco d‟azzardo).
Ed ancora, ad ogni approccio teorico in materia di prevenzione corrispondono precise strategie operative: l‟approccio informativo, l‟approccio educativo- promozionale e l‟approccio di comunità (Leone, Celata, 2006; Lombi, 2010).
L‟approccio informativo è basato sull‟influenza dell‟informazione, prevede interventi di tipo individuale (sportelli di ascolto, call center, etc…) volti a fornire supporto alle persone singole; interventi rivolti a gruppi (informativi nelle scuole, durante iniziative pubbliche, rivolte ad un numero ristretto di persone) e campagne mass mediatiche rivolte a grandi pubblici (spot, video, cortometraggi, cartelloni, etc…). La mission a cui questi interventi mirano è colmare un deficit informativo (Lombi, 2010).
L‟approccio educativo-promozionale, invece, si riferisce ad interventi che mirano a sviluppare capacità e risorse appartenenti ai singoli soggetti a cui il programma è rivolto. Tra questi uno dei modelli più ampiamente descritti in letteratura è quello delle life skills, che si pone di promuovere risorse generali utili a favorire l‟agio (ivi). Infine, le strategie preventive basate sull‟approccio di comunità prevedono la possibilità di agire sulle determinanti ambientali del comportamento, migliorando il contesto interpersonale e organizzativo di appartenenza di un individuo come per esempio la famiglia, la scuola o il luogo di lavoro, il quartiere, la città o l‟apparato politico e legislativo del proprio Paese (Gelmi et al., 2006).
La gestione agisce secondo una logica anticipatoria rispetto ai rischi collegati al gioco d‟azzardo, cioè quando il soggetto ha già sperimentato l‟attività ludica, ed è volta a scongiurare i rischi socio-sanitari ad esso connessi. Questa fase mira al “gioco
responsabile” o al concludersi, nonostante le prime esperienze, dei comportamenti di gioco d‟azzardo (con riferimento, in particolare, alle tipologie di gioco d‟azzardo considerate maggiormente patogene per caratteristiche intrinseche – gli effetti sonori, le luci e i colori utilizzati –, come le slot machines e i giochi online). Sono previsti, a tale scopo, interventi a bassa soglia, di figure professionali di diversa formazione (non solo operatori sanitari), determinati dall‟identificazione del caso problematico, sviluppo di autocontrollo e gestione responsabile (Cipolla, Lombi, 2011).
Bisogna considerare come ci sono situazioni, oggi sempre più diffuse nell‟universo dell‟azzardo, che non possiamo includere né negli interventi preventivi (in quanto manca la logica anticipatoria) né nell‟area del trattamento (in quanto non c‟è una diagnosi di malattia). La gestione rappresenta una fase di interventi volti a
colmare il gap fra la prevenzione e il recupero, tesa a limitare i rischi socio-sanitari
connessi ad attività di gioco d‟azzardo che si inseriscono sempre di più nel contesto sociale di riferimento, nei set di ruolo individuali e volte all‟intensificazione del piacere Tale principio, però, potrebbe rappresentare il preludio di un percorso che sfocia nella gambling addiction, interpretata, in tal senso, come un possibile rischio delle pratiche ludiche, non come diretta ed inevitabile conseguenza del gioco d‟azzardo.
La gestione, poiché volta a scongiurare i rischi connessi al gioco d‟azzardo, s‟interseca alle strategie di riduzione del danno (Harm Reduction), ovvero le metodologie dirette a prevenire e ridurre i danni a carico della salute (fra queste, le strategie di prevenzione del poligambling, ovvero il dedicarsi a più di una attività di gioco simultaneamente, l‟associazione fra il gioco d‟azzardo ed altri comportamenti a rischio o altre addiction e l‟attivazione di comportamenti a frequenza regolare in casi psichiatrici).
Nell‟area del gioco d‟azzardo, gli interventi gestionali prevedono alcune proposte alternative all‟astinenza, che contemplano la possibilità di un “gioco controllato” (Rosecrance, 1988b; Blaszczynsky et al., 1991) e che si ritiene incoraggino le persone a rivolgersi all‟aiuto di specialisti. Nell‟ambito di questi programmi sono stati ipotizzati interventi volti al controllo degli impulsi con l‟appoggio di un partner (Dickerson, Weeks, 1979) o interventi affiancati dalla presenza di giocatori attivi non problematici (Steward, Brown, 1988; Rosecrance, 1988b).
Per ciò che concerne la gestione ambientale dei rischi connessi al gioco d‟azzardo, possono essere stabiliti limiti di età per l‟accesso alle pratiche ludiche (età minima 18 anni), soprattutto se si considera che il gioco d‟azzardo problematico e patologico insorgono spesso proprio nel periodo adolescenziale; possono essere identificati criteri per la concessione di licenze ai venditori; inoltre è fattibile la realizzazione di un monitoraggio costante di chi si reca a giocare per l‟individuazione dei soggetti a rischio da indirizzare ai servizi di recupero; ma è possibile anche intervenire, creando nei contesti di gioco spazi per la socializzazione, il confronto e la riflessione.
Nel contesto nazionale, infine, sono previsti gli sportelli di ascolto dedicati al gioco
d‘azzardo, ovvero uno spazio dove si trovano interlocutori adeguatamente preparati
sull‟argomento, in grado di accogliere, ascoltare, comprendere, sostenere e fornire informazioni preventive o di riduzione dei rischi connessi al gioco d‟azzardo, nel quale riflettere sulle dinamiche ad esso correlate, prendere coscienza della necessità eventuale di interrompere l‟attività di gioco o le dinamiche compulsive, verificare le più idonee forme di successivo sostegno continuativo, privilegiando l‟invio a strutture pubbliche,
specializzate e facilitandone l‟accesso. L‟obiettivo di questo intervento è la presa di coscienza sui rischi correlati al gioco d‟azzardo o della problematica e fungere da ponte verso i servizi territoriali che si occupano di gioco d‟azzardo patologico.
Il recupero, infine, si rende necessario nel caso di soggetti che hanno sviluppato una condotta di gioco patologica, include forme di trattamento volte a ristabilire uno stato di benessere socio-psico-fisico e mira alla reintegrazione del soggetto, evitando al contempo possibili ricadute nel circuito dell‟azzardo. In quest‟area il metodo utilizzato consiste nella presa in carico e mantenimento sulla base della valutazione dello sviluppo di comportamenti di gioco compulsivi e gli agenti dell‟intervento sono prevalentemente esperti nel settore medico che operano in strutture abilitate alla presa in carico dei soggetti (Ser.T., comunità residenziali). I programmi di recupero, dai costi elevati, richiedono ai destinatari tempo e sforzi maggiori rispetto alle altre fasi (Cipolla, Lombi, 2011; Lombi, 2010).
Vari sono i metodi e i trattamenti terapeutici cha hanno come obiettivo la cura dell‟alcolismo. Si può parlare di terapia individuale, familiare, di gruppo e quella
associativa che, appunto, prevede l‟associazione di più metodi terapici, tenendo
conto anche dei casi di comorbilità psichiatrica e con altre dipendenze. Data l‟eziologia multifattoriale del gap (interazione di aspetti biologici, ambientali, psicologici e sociali) nel suo trattamento è necessatio assumere una prospettiva il più possibile ampia e integrativa, postulando un intervento multidisciplinare e aperto alla collaborazione coordinata di diversi approcci terapeutici. Già in precedenza Petry (2002) aveva ipotizzato che la disponibilità di opzioni terapeutiche multiple, ad esempio l‟associazione di farmacoterapie e psicoterapie tipica dei trattamenti delle dipendenze chimiche, avrebbe potuto rafforzare la compliance dei giocatori, riducendo di conseguenza gli effetti negativi del gambling sull‟individuo e la società. Nel primo caso, è fondamentale che si ponga termine alle attività di gioco d‟azzardo prima dell‟inizio del trattamento.
Inoltre, l‟approccio che ha accumulato maggiori evidenze di efficacia è quello
cognitivo-comportamentale (Pallesen et al., 2005; Gooding, Tarrier, 2009;
Echeburua et al., 2011b). L‟approccio cognitivo-comportamentale trova le sue basi nell‟integrazione della teoria del comportamento (Watson, 1913), la terapia razionale emotiva di A. Ellis (1958) e la terapia cognitiva elaborata da A. Beck (1976). Il trattamento consiste nel modificare una o più componenti del comportamento disfunzionale, attraverso strategie quali l‟individuazione di attività alternative, il riconoscimento delle situazioni che attivano le pratiche d‟azzardo, l‟esposizione alla situazioni ad alto rischio di ricadute e l‟uso di tecniche che aumentano l‟assertività, la capacità di soluzioni dei problemi e di rilassamento (Grant et al., 2009; 2011). Il trattamento cognitivo si focalizza soprattutto sulla modifica dei pensieri disfunzionali che caratterizzano e sostengono il gioco patologico come, per esempio, la tendenza a sovrastimare la probabilità di vincita, l‟illusione di avere un controllo sulla vincita, la convinzione che una vincita debba necessariamente verificarsi dopo una sequenza di perdite (fallacia del giocatore), la tendenza a ricordare solo le vincite e dimenticarsi le esperienze negative connesse alle perdite (Sharpe, Tarrier, 1993; Toneatto, 1999).
Il trattamento psicologico viene spesso affiancato ad una terapia farmacologica, in risposta soprattutto agli aspetti di comorbilità con altri disturbi psichiatrici, come depressione maggiore con rischio attuale o tentativi previi di suicidio o gravi disturbi d‟ansia (González, 1989).
A proposito del trattamento farmacologico, vi è ancora scarsa conoscenza sulla possibilità di individuare un trattamento farmacologico realmente efficace per questa patologia (Grant et al., 2012). Altri ricercatori invece evidenziano come la farmacoterapia sia utile nel migliorare l‟outcome dei pazienti (Pallesen et al., 2007; Smith et al., 2013). Ad oggi vi è la certezza del coinvolgimento di diversi sistemi recettoriali nei pazienti affetti da gap, tra questi i più studiati sono il sistema serotoninergico, noradrenergico, dopaminergico, oppioidergico e il sistema glutamatergico (Hodgins et al., 2011; Grant et al., 2012; Bullock, Potenza, 2012).
Per il giocatore in trattamento è prevista, inoltre, l‟opzione del counselling
finanziario che consiste in intervanti focali da parte dell‟operatore volti alla
limitazione dell‟accesso al denaro e al monitoraggio finanziario, alla riorganizzazione del budget mensile personale/familiare, al calcolo del potenziale di pagamento dei debiti e al ricorso dell‟amministratore di sostegno. Quest‟ultima figura è stata introdotta dalla legge n. 6/2014 come modalità di affiancamento alla persona con la «finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell‟espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente» (art. 1).
Nell‟area della riduzione del danno, oltremodo, è prevista l‟autoesclusione dai
luoghi di gioco. La procedura di autoesclusione temporanea o permanente che tutti i
casinò sono tenuti per regolamentazione ad attivare qualora il giocatore o un familiare ne faccia esplicita richiesta, è un ulteriore provvedimento che può essere raccomandato durante un trattamento, indirizzato, essenzialmente, alla riduzione del danno (al soggetto resta comunque la possibilità di cambiare casinò, terrestre o virtuale.
Il giocatore può ance usufruire, se del caso, dell‟opzione degli interventi in ambito
residenziale che prevedono come metodo l‟astinenza e l‟adozione di più terapie
congiunte e capaci di incidere in modo significativo e mirato sulle “aree di criticità” manifestate da questo tipo di patologia.
Le terapie familiari, che iniziano ad essere attuate dagli anni „60, partono dal presupposto che i disturbi del comportamento all‟interno della famiglia rappresentano la patologia di un insieme di più personalità interagenti. La terapia familiare (effettuata prevalentemente attraverso i gruppi GAM-ANON) induce ad una ridefinizione di ruoli e una ridistribuzione di compiti, evitando, d‟altro canto, che si sviluppino comportamenti distruttivi. Ciò che si persegue è interrompere nella famiglia la ripetizione patologica di storie d‟azzardo per fomentare la costruzione di relazioni nuove, più sane ed equilibrate (Ugazio, 1988).
La terapia di gruppo è un metodo molto utilizzato per la riabilitazione dei giocatori d‟azzardo, che consiste nell‟offrire al soggetto un setting terapeutico in grado di esplorare i problemi del singolo, sfruttando lo scambio di informazioni ed il sostegno fra i componenti del gruppo. Sulla terapia di gruppo è basata l‟attività dell‟associazione degli Giocatori Anonimi (GA) (che nasce a Chicago nel 1946-47 e conosce da subito una veloce diffusione), il cui programma si basa su “dodici passi” fondamentali: con il primo passo si ammette la propria impotenza di fronte al gioco patologico, e si procede attraverso gli altri passi che portano ad affidarsi a qualcuno/a al di fuori del giocatore (un potere superiore), a fare inventario dei propri comportamenti, guardandosi dentro ammettendo difetti e debolezze. Si prosegue
facendo ammenda nei commenti di quanti si è daggiato durante la dipendenza, fino ad arrivare al dodicesimo passo, con cui si trasmette la propria esperienza ad altri giocatori patologici. In Italia, i Club per Alcolisti in Trattamento (CAT) – gruppi di auto-aiuto – ad oggi sono circa 76, con sede lagale a Milano, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Ogni club è formato da un gruppo, composto da una ventina di persone, comprendente giocatori, familiari, accompagnatori e terapeuti professionali. L‟approccio di riferimento interpreta il gioco d‟azzardo come stile di vita che determina problemi fisici, psicologici e sociali e coinvolge non solo il singolo, ma tutti i membri del nucleo familiare e l‟ambito sociale di riferimento. L‟obiettivo è quello dell‟astinenza totale e perpetua mediante il cambiamento dello stile di vita e l‟iniziale astensione dalle attività ludiche per almeno un quinquennio.