dell’attività fisica legata all’età. E’ ormai ampiamente dimostrato come oltre il 60% dei soggetti che hanno superato i 65 anni di età presentano patologie coronariche; con l’aumentare dell’età, prevalentemente per il progressivo incremento dei valori pressori sistolici, aumentano gli spessori parietali del ventricolo sinistro e la massa ventricolare sinistra; contemporaneamente una relativa riduzione dei miociti è compensata da una ipertrofia di quelli rimanenti con un aumento fino al raddoppio della massa fibrosa mentre la riduzione dell’elasticità arteriosa è il fattore maggiormente responsabile dell’aumento della pressione arteriosa sistolica (Levi et al, 1990, Paffenbarger, 1993, Reymond et al, 2011). La contrazione degli atrii contribuisce a spingere il 30% del sangue nei ventricoli, mentre il 70% del riempimento ventricolare si compie passivamente durante la diastole. Nell’adulto e nell’anziano sano la pressione massima nel ventricolo sin è normalmente 120 mmHg, nel destro 25 mmHg; ogni ventricolo espelle durante la sistole 7090 ml di sangue (gettata sistolica), lasciandone all’interno circa 50 ml (frazione di eiezione = 65%). In un minuto i ventricoli espellono in condizioni di riposo circa 5,5 litri di sangue ovvero 3.2 litri/min per metro quadrato di superficie corporea (indice cardiaco). Gli stimoli simpatici (adrenergici: azione cronotropa e inotropa positiva delle catecolamine) fanno contrarre con maggior forza le fibre muscolari cardiache; l’effetto opposto è dato dagli stimoli parasimpatici (colinergici del nervo vago).
Con l’invecchiamento si assiste ad una riduzione di efficacia della stimolazione adrenergica per ridotta responsività delle cellule all’ormone. L’invecchiamento è associato a una diminuzione dell’mRNA per l’alfa miosina (isoforma veloce) con conseguente prevalenza di betamiosina (isoforma lenta), alla riduzione dell’attività ATPasica e ad un prolungamento del potenziale di azione (Carbonin et al, 1992). L’aumento
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79della betamiosina consente di produrre una tensione della parete ventricolare con un costo energetico minore. Nell’anziano sano non si osservano riduzioni significative degli indici di funzione sistolica ventricolare (gettata cardiaca, frazione di eiezione).
Tessuto miocardico: il numero delle cellule tende a ridursi con ipertrofia
delle rimanenti, che presentano accumulo di sostanze presenti nelle degenerazioni cellulari e tendenza alla fibrosi. A livello cellulare è lievemente aumentata la permanenza del calcio con prolungamento del meccanismo contrattile (Kajstura et al, 2012);
Apparato valvolare: le valvole presentano fenomeni degenerativi con
frequenti calcificazioni prevalentemente a carico di aorta e mitrale con tendenza alla dilatazione della radice aortica (Kajstura et al, 2012) ;
Vasi coronarici: divengono più tortuosi, la loro parete tende alla rigidità e
ad accumulare calcio a livello della tunica media, anche in assenza di placche aterosclerotiche stenosanti;
Sistema di conduzione: le cellule pacemaker si riducono parallelamente
all’aumento di collagene, calcio e sostanze adipose;
Frequenza cardiaca (FC): la FC a riposo e in posizione seduta si
modifica poco con l’invecchiamento mentre la FC e la captazione di O2
all’inizio dell’esercizio aumentano più lentamente. Durante lo sforzo submassimale e massimale la FC risulta mediamente più bassa, probabilmente per una variazione dell’attività vagale e per una minore risposta cronotropa alle catecolamine anche per una alterazione degli specifici recettori. Anche la maggiore rigidità (ridotta compliance) della parete ventricolare e la riduzione dell’apporto di ossigeno alle cellule pacemaker contribuiscono ad una riduzione della FC; la tendenza ad accumulare calcio favorisce l’insorgenza di aritmie e di blocchi cardiaci;
Gettata cardiaca: la frazione di eiezione (FE) si riduce man mano che ci
si avvicina allo sforzo massimale con riduzione della gettata. Una FE che si riduce oltre un certo limite (<50%) può nascondere difetti di perfusione miocardia. Anche l’aumento del tessuto fibroso contribuisce alla riduzione della gettata. In genere la diminuzione della portata coincide con una perdita di tessuto magro, garantendo un adeguato flusso ematico per unità di muscolo attivo (Mc Lean et al, 2011);
Precarico: molti anziani presentano un ridotto riempimento venoso (Mc
Lean et al, 2011) con rallentamento della velocità di riempimento rapido ventricolare in grado di amplificare il calo della pressione arteriosa sistemica passando dalla posizione supina o seduta a quella eretta (diminuzione del tono venoso, stasi nelle varicosità, rallentamento del rilassamento diastolico ventricolare);
Postcarico: nell’anziano risulta aumentato (per aumento delle resistenze
periferiche legato alla rigidità vascolare) con tendenza all’aumento dei
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80della betamiosina consente di produrre una tensione della parete ventricolare con un costo energetico minore. Nell’anziano sano non si osservano riduzioni significative degli indici di funzione sistolica ventricolare (gettata cardiaca, frazione di eiezione).
Tessuto miocardico: il numero delle cellule tende a ridursi con ipertrofia
delle rimanenti, che presentano accumulo di sostanze presenti nelle degenerazioni cellulari e tendenza alla fibrosi. A livello cellulare è lievemente aumentata la permanenza del calcio con prolungamento del meccanismo contrattile (Kajstura et al, 2012);
Apparato valvolare: le valvole presentano fenomeni degenerativi con
frequenti calcificazioni prevalentemente a carico di aorta e mitrale con tendenza alla dilatazione della radice aortica (Kajstura et al, 2012) ;
Vasi coronarici: divengono più tortuosi, la loro parete tende alla rigidità e
ad accumulare calcio a livello della tunica media, anche in assenza di placche aterosclerotiche stenosanti;
Sistema di conduzione: le cellule pacemaker si riducono parallelamente
all’aumento di collagene, calcio e sostanze adipose;
Frequenza cardiaca (FC): la FC a riposo e in posizione seduta si
modifica poco con l’invecchiamento mentre la FC e la captazione di O2
all’inizio dell’esercizio aumentano più lentamente. Durante lo sforzo submassimale e massimale la FC risulta mediamente più bassa, probabilmente per una variazione dell’attività vagale e per una minore risposta cronotropa alle catecolamine anche per una alterazione degli specifici recettori. Anche la maggiore rigidità (ridotta compliance) della parete ventricolare e la riduzione dell’apporto di ossigeno alle cellule pacemaker contribuiscono ad una riduzione della FC; la tendenza ad accumulare calcio favorisce l’insorgenza di aritmie e di blocchi cardiaci;
Gettata cardiaca: la frazione di eiezione (FE) si riduce man mano che ci
si avvicina allo sforzo massimale con riduzione della gettata. Una FE che si riduce oltre un certo limite (<50%) può nascondere difetti di perfusione miocardia. Anche l’aumento del tessuto fibroso contribuisce alla riduzione della gettata. In genere la diminuzione della portata coincide con una perdita di tessuto magro, garantendo un adeguato flusso ematico per unità di muscolo attivo (Mc Lean et al, 2011);
Precarico: molti anziani presentano un ridotto riempimento venoso (Mc
Lean et al, 2011) con rallentamento della velocità di riempimento rapido ventricolare in grado di amplificare il calo della pressione arteriosa sistemica passando dalla posizione supina o seduta a quella eretta (diminuzione del tono venoso, stasi nelle varicosità, rallentamento del rilassamento diastolico ventricolare);
Postcarico: nell’anziano risulta aumentato (per aumento delle resistenze
periferiche legato alla rigidità vascolare) con tendenza all’aumento dei
valori pressori; durante l’esercizio fisico energico si osserva un maggiore aumento della pressione arteriosa sistemica a qualunque potenza sviluppata con relativo aumento dell’impedenza all’eiezione ventricolare (maggior distensibilità arteriosa, maggiore vasocostrizione dei vasi che afferiscono ai muscoli inattivi);
Contenuto di O2: durante l’esercizio massimale nell’anziano i valori di
differenza di O2 arterovenoso tendono ad essere inferiori (riduzione del
contenuto di O2 arterioso, peggiore distribuzione della portata cardiaca
periferica, perdita di attività dei sistemi enzimatici tissutali). In molti casi le broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO) causano una diminuzione della capacità di diffusione polmonare e quindi una riduzione della saturazione di O2 arterioso. Anche l’anemia, frequente
nell’anziano (a causa di atrofia gastrointesinale, microemorragie interne, progressiva sostituzione del midollo rosso emopoietico con tessuto adiposo, insufficienza renale con riduzione della produzione di eritropoietina), porta alla riduzione del trasporto di O2. Negli anziani, in
modo particolare in quelli con un basso livello di forma fisica, è alterato il rapporto tra flusso sanguigno muscolare e quello viscerale/cutaneo con aumento a favore di questo ultimo distretto; inoltre si assiste ad una riduzione del flusso ematico nei muscoli inattivi (non coinvolti nell’esercizio fisico: ad esempio durante l’esecuzione di esercizi con gli arti inferiori, la resistenza vascolare in quelli superiori è maggiore) che può portare ad un aumento della pressione arteriosa nel tentativo di compensare questo deficit. L’estrazione di O2 è ridotta nell’anziano per il
maggior fabbisogno ematico della cute (aumento del grasso sottocutaneo, ridotta sudorazione). Vi sono situazioni patologiche di cui parleremo in seguito in cui il debito di O2 muscolare è legato ad arteriopatia ostruttiva
periferica; in ogni caso con l’invecchiamento il numero dei capillari tissutali tende a ridursi. Negli individui anziani la VO2 max è inferiore
rispetto ai giovani con uguale livello di allenamento;
Pressione arteriosa: nell’anziano la pressione arteriosa aumenta
progressivamente con l’età (vedi trattazione specifica). Shepard considera l’ipertensione essenziale nell’anziano come una aspetto normale dell’invecchiamento, anche per la prevalenza della ipertensione sistolica isolata. Nell’anziano è anche molto frequente l’ipotensione posturale. Questa può portare all’insorgenza di vertigini, confusione, nausea, astenia, lipotimie, episodi sincopali. Un calo importante della pressione arteriosa dopo esercizio fisico può facilitare, nell’ambito di una cardiopatia ischemica, l’infarto miocardio o l’arresto cardiaco. L’ipotensione può essere secondaria a riduzione del tono venoso, a varicosità, ma soprattutto ad un aumento inadeguato di secrezione di noradrenalina nei cambiamenti di posizione e ad una alterazione del riflesso barorecettoriale, in parte
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81legato all’immobilizzazione dei recettori secondaria all’irrigidimento delle pareti arteriose. Questi fenomeni sono indubbiamente amplificati dalla frequente somministrazione di farmaci ipotensivi (i barorecettori o barocettori sono recettori da stiramento situati nelle pareti del cuore e dei vasi sanguigni e vengono stimolati dalla distensione delle strutture nelle quali sono situati; possiedono fibre afferenti che giungono prevalentemente al bulbo ma anche al nucleo del tratto solitario o all’area cardioinibitrice; la loro stimolazione determina vasodilatazione con venodilatazione, ipotensione arteriosa, bradicardia e riduzione della gettata cardiaca. Particolarmente importanti, anche perché facilmente stimolabili dall’esterno, sono quelli localizzati nel seno carotideo, subito al disopra della biforcazione carotidea). Come accennato in precedenza la PA sistolica tende ad aumentare con l’età, principalmente per la riduzione di elasticità delle arterie (atrofia delle lamelle elastiche, calcificazione mediointimale). L’esercizio fisico provoca incrementi di pressione arteriosa proporzionali ai valori di pressione a riposo (Shepard, 1998).
Attività fisica e apparato cardiovascolare
In un individuo adulto o anziano sano l’attività fisica determina un aumento della gettata e della frequenza cardiaca; mentre per esercizi di intensità lieve la diminuzione dell’attività simpatica tende a ridurre la FC, per esercizi più intensi si assiste ad un aumento dell’attività simpatica con aumento della secrezione catecolaminica, della FC e della contrattilità cardiaca (Eshani et al,1991; ACSM, 1993; Coudert e Praagh, 2000). L’intervento del sistema nervoso autonomo permette anche di mantenere livelli pressori adeguati nonostante la vasodilatazione periferica indotta dall’esercizio e dal calore (Lakatta, 1993; Higashi et al, 1999; Cerretelli, 2001). Mentre in una attività aerobica di tipo isotonico, si assiste ad un aumento della gettata cardiaca e della pressione arteriosa sistolica con riduzione della diastolica per riduzione delle resistenze periferiche, nell’attività isometrica o isotonica in anaerobiosi (es. sollevamento pesi), ad un lieve aumento della gettata cardiaca si accompagna un aumento della pressione arteriosa sistolica e diastolica poiché le resistenze periferiche non si modificano. In condizioni di sforzo massimale la funzione sistolica dell’anziano è ridotta rispetto all’adulto ed allo stesso modo i valori di pressione arteriosa raggiunti, sono superiori. Numerose sono le evidenze degli effetti benefici dell’attività fisica nel contrastare la riduzione di performance cardiocircolatoria (Lakka, 1994; Hakim et al, 1999; Hambrecht et al, 1999; Donald et al, 2011). Nei soggetti sedentari infatti, si osserva una più marcata riduzione della funzione sistolica e
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82legato all’immobilizzazione dei recettori secondaria all’irrigidimento delle pareti arteriose. Questi fenomeni sono indubbiamente amplificati dalla frequente somministrazione di farmaci ipotensivi (i barorecettori o barocettori sono recettori da stiramento situati nelle pareti del cuore e dei vasi sanguigni e vengono stimolati dalla distensione delle strutture nelle quali sono situati; possiedono fibre afferenti che giungono prevalentemente al bulbo ma anche al nucleo del tratto solitario o all’area cardioinibitrice; la loro stimolazione determina vasodilatazione con venodilatazione, ipotensione arteriosa, bradicardia e riduzione della gettata cardiaca. Particolarmente importanti, anche perché facilmente stimolabili dall’esterno, sono quelli localizzati nel seno carotideo, subito al disopra della biforcazione carotidea). Come accennato in precedenza la PA sistolica tende ad aumentare con l’età, principalmente per la riduzione di elasticità delle arterie (atrofia delle lamelle elastiche, calcificazione mediointimale). L’esercizio fisico provoca incrementi di pressione arteriosa proporzionali ai valori di pressione a riposo (Shepard, 1998).
Attività fisica e apparato cardiovascolare
In un individuo adulto o anziano sano l’attività fisica determina un aumento della gettata e della frequenza cardiaca; mentre per esercizi di intensità lieve la diminuzione dell’attività simpatica tende a ridurre la FC, per esercizi più intensi si assiste ad un aumento dell’attività simpatica con aumento della secrezione catecolaminica, della FC e della contrattilità cardiaca (Eshani et al,1991; ACSM, 1993; Coudert e Praagh, 2000). L’intervento del sistema nervoso autonomo permette anche di mantenere livelli pressori adeguati nonostante la vasodilatazione periferica indotta dall’esercizio e dal calore (Lakatta, 1993; Higashi et al, 1999; Cerretelli, 2001). Mentre in una attività aerobica di tipo isotonico, si assiste ad un aumento della gettata cardiaca e della pressione arteriosa sistolica con riduzione della diastolica per riduzione delle resistenze periferiche, nell’attività isometrica o isotonica in anaerobiosi (es. sollevamento pesi), ad un lieve aumento della gettata cardiaca si accompagna un aumento della pressione arteriosa sistolica e diastolica poiché le resistenze periferiche non si modificano. In condizioni di sforzo massimale la funzione sistolica dell’anziano è ridotta rispetto all’adulto ed allo stesso modo i valori di pressione arteriosa raggiunti, sono superiori. Numerose sono le evidenze degli effetti benefici dell’attività fisica nel contrastare la riduzione di performance cardiocircolatoria (Lakka, 1994; Hakim et al, 1999; Hambrecht et al, 1999; Donald et al, 2011). Nei soggetti sedentari infatti, si osserva una più marcata riduzione della funzione sistolica e
della gettata cardiaca, accompagnate da un aumento della frequenza cardiaca; soggetti che hanno subito un lungo allettamento per malattia, sviluppano una sindrome ipocinetica sovrapponibile a quella dell’invecchiamento (Mancini et al, 1992). In ogni caso la tolleranza allo sforzo si riduce progressivamente con l’età (Schwartz e Buchner, 1994) con comparsa di affanno e più lento ritorno della frequenza cardiaca ai valori basali, con ipotensione nei cambiamenti di postura (alzandosi da sdraiato, da seduto o da posizione china).
Un regolare allenamento (es. 3 sedute settimanali di attività aerobica di intensità compresa tra 60 e 80% della massima) conduce all’aumento della funzione sistolica del ventricolo sinistro solo nel sesso maschile, ma la capacità aerobica aumenta in entrambi i sessi. Anche la funzione diastolica è influenzata positivamente dall’attività fisica e numerosi studi concordano sull’aumento della capacità aerobica massima (fino al 20 30%) a seguito di un regolare esercizio aerobico che negli uomini pare essere legato ad un aumento della performance cardiaca, nelle donne ad un aumento della vascolarizzazione dei muscoli periferici ed al miglioramento della funzione degli enzimi ossidativi (Sullivan et al, 1989; Fleg et al, 1995).