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Principali Inspiratori Accessori (accessori) Espirator

Diaframma Elevatori delle coste Intercostali interni

Scaleno anteriore Sternocleidomastoidei Retto dell’addome

Scaleno medio Grande pettorale Obliquo esterno d.

addome

Scaleno posteriore Piccolo pettorale Obliquo interno d.

addome

Intercostali esterni Succlavio Dentato

posteroinferiore

Grande dentato anteriore Trasverso

dell’addome Piccolo dentato

posterosuperiore Quadrato dei lombi

Sacrospinali: ileocostale e lunghissimo

Spinali (del dorso, del collo, della testa)

Trasverso spinale (semispinale, multifido, rotatori)

Trapezio Grande dorsale

Romboide (grande e piccolo) Elevatori della scapola

I muscoli espiratori entrano in funzione nell’espirazione forzata e sono rappresentati principalmente dagli intercostali interni e dai muscoli della parete addominale anteriore. L’aumento di volume per unità di aumento di pressione nelle vie aeree misura la distensibilità (o compliance) polmonare e della parete toracica, il cui valore normale è di circa 0,2 l/cmH2O. La compliance dipende dal volume e dallo stato dei polmoni (è

diminuita dopo pneumectomia, nella congestione polmonare e nelle fibrosi interstiziali, è aumentata nell’enfisema). La compliance polmonare è influenzata dalla presenza di surfactante (prodotto dalle cellule di tipo II dell’epitelio alveolare), un agente tensioattivo (costituito dal fosfolipide dipalmitoilfosfatidilcolina e da altre 2 proteine) che tappezza gli alveoli e ne abbassa la tensione superficiale. In assenza di questo fattore, durante la riduzione di volume degli alveoli che avviene nell’espirazione, questi si collassano, in obbedienza alla legge di Laplace: la tensione superficiale non contrastata, produce una forza di 20 mmHg che porterebbe alla

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centimetro corrisponde un aumento di volume di circa 270 ml. I muscoli respiratori sono elencati nella tabella seguente.

Inspiratori

Principali

Inspiratori Accessori

(accessori) Espiratori

Diaframma Elevatori delle coste Intercostali interni

Scaleno anteriore Sternocleidomastoidei Retto dell’addome

Scaleno medio Grande pettorale Obliquo esterno d.

addome

Scaleno posteriore Piccolo pettorale Obliquo interno d.

addome

Intercostali esterni Succlavio Dentato

posteroinferiore

Grande dentato anteriore Trasverso

dell’addome Piccolo dentato

posterosuperiore Quadrato dei lombi

Sacrospinali: ileocostale e lunghissimo

Spinali (del dorso, del collo, della testa)

Trasverso spinale (semispinale, multifido, rotatori)

Trapezio Grande dorsale

Romboide (grande e piccolo) Elevatori della scapola

I muscoli espiratori entrano in funzione nell’espirazione forzata e sono rappresentati principalmente dagli intercostali interni e dai muscoli della parete addominale anteriore. L’aumento di volume per unità di aumento di pressione nelle vie aeree misura la distensibilità (o compliance) polmonare e della parete toracica, il cui valore normale è di circa 0,2 l/cmH2O. La compliance dipende dal volume e dallo stato dei polmoni (è

diminuita dopo pneumectomia, nella congestione polmonare e nelle fibrosi interstiziali, è aumentata nell’enfisema). La compliance polmonare è influenzata dalla presenza di surfactante (prodotto dalle cellule di tipo II dell’epitelio alveolare), un agente tensioattivo (costituito dal fosfolipide dipalmitoilfosfatidilcolina e da altre 2 proteine) che tappezza gli alveoli e ne abbassa la tensione superficiale. In assenza di questo fattore, durante la riduzione di volume degli alveoli che avviene nell’espirazione, questi si collassano, in obbedienza alla legge di Laplace: la tensione superficiale non contrastata, produce una forza di 20 mmHg che porterebbe alla

trasudazione di liquido dal sangue agli alveoli. E’ importante ricordare che il surfactante diminuisce nei polmoni dei fumatori di sigarette. Il

lavoro del respiro può essere calcolato in base alla curva della pressione

di rilasciamento ed è stimabile, nel respiro tranquillo, in circa 0,30,8 Kgm/min. Durante il lavoro muscolare, questo valore tende a salire, ma nell’individuo normale l’energia spesa per il respiro rappresenta meno del 3% del totale, contrariamente a quanto avviene in alcune patologie come l’enfisema, l’asma, lo scompenso cardiaco congestizio. A causa della forza di gravità la pressione intrapleurica alle basi polmonari è di circa 5 mmHg maggiore rispetto agli apici, in modo tale che la pressione transmurale (differenza tra pressione intrapolmonare e intrapleurica) alle basi può risultare, dopo un’espirazione forzata, negativa, producendo la chiusura delle vie aeree. Questo è il motivo per cui, nella prima fase dell’inspirazione, una maggior quota di gas giunge agli apici. Durante la posizione eretta, per effetto della gravità, il flusso sanguigno apicale è inferiore a quello delle basi. Gli scambi gassosi con il sangue dei capillari si svolgono nelle porzioni terminali delle vie aeree. Il volume occupato dal gas che non partecipa agli scambi (circa 150 ml) viene definito spazio

morto (anatomico e fisiologico: quest’ultimo rappresenta il volume del

gas che non si equilibra con il sangue): solo 350 dei 500 ml di ogni inspirazione si mescolano con l’aria degli alveoli ed allo stesso modo ad ogni espirazione i primi 150 ml provengono dallo spazio morto. Normalmente spazio morto anatomico e fisiologico coincidono, ma in alcune malattie può non avvenire scambio fra il gas contenuto in alcuni alveoli ed il sangue oppure alcuni alveoli possono essere iperventilati. A causa dello spazio morto, la quantità di aria che arriva agli alveoli (ventilazione alveolare) con un volume respiratorio di 6 l/min è di 500  150 = 350 ml x 12 atti respiratori/min, vale a dire 4,2 l/min. Una respirazione rapida e superficiale produce una ventilazione alveolare molto minore rispetto ad una respirazione lenta e profonda a parità di volume/min. La PO2 dell’aria alveolare è di 100 mmHg, quella del sangue

venoso in arteria polmonare di 40 mmHg; l’O2 si scioglie nel plasma e

penetra nei globuli rossi combinandosi con l’emoglobina cosicché la PO2

del sangue arriva a 97 mmHg, anche se a livello sistemico, a causa dello shunt fisiologico, è di 95 mmHg (infatti circa il 2% del sangue non attraversa i capillari polmonari in quanto le arterie bronchiali e i rami dell’aorta toracica che irrorano il parenchima polmonare riversano parte del sangue direttamente nelle vene polmonari; in questa quota va ricompresa anche quella parte di sangue che dai vasi coronarici si riversa nel cuore sinistro). Per capacità di diffusione polmonare per l’O2

s’intende la quantità di O2 che attraversa la membrana alveolare in un

minuto per una differenza di PO2 di 1 mmHg tra aria alveolare e sangue

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(normalmente è di 2030ml/min/mmHg a riposo e durante il lavoro muscolare può superare i 65 ml/min). La capacità di diffusione è ridotta nelle fibrosi polmonari. La PCO2 del sangue venoso è di 46 mmHg, quella

dell’aria alveolare di 40: questo gradiente permette la diffusione di CO2

dal sangue agli alveoli. A causa della maggiore capacità di diffusione polmonare per la CO2 rispetto all’O2 raramente si verifica una ritenzione

di CO2, anche quando la diffusione per l’O2 è ridotta. La PCO2 nelle

arterie sistemiche è di 40 mmHg. In arteria polmonare la pressione ha un valore medio di 15 mmHg, quella in atrio sinistro in diastole 8 mmHg, con un gradiente di 7 mmHg.

La quantità di sangue a livello polmonare è di circa 1000ml, dei quali meno di 100 a livello capillare. Un globulo rosso percorre, in condizioni di riposo, un capillare polmonare in 0,75 sec. A livello dei capillari polmonari la pressione è di circa 10 mmHg contro una pressione oncotica del sangue di 25 mmHg; il gradiente di 15 mmHg diretto verso i capillari impedisce che gli alveoli siano inondati di liquido. Se la pressione nei capillari polmonari supera i 25 mmHg si ha edema polmonare (insufficienza ventricolare sin, stenosi mitralica). In posizione sdraiata, il volume sanguigno polmonare aumenta anche di 400 ml ed allo stesso modo diminuisce alzandosi. Questo determina una riduzione della capacità vitale in posizione orizzontale, determinando l’ortopnea nell’insufficienza cardiaca. L’attività fisica determina un aumento della gettata cardiaca e della pressione in arteria polmonare con minima vasodilatazione accompagnata da aumento della perfusione degli apici polmonari (anche attraverso il reclutamento dei capillari ipoperfusi) e da un aumento della velocità dei globuli rossi senza riduzione della saturazione in O2 dell’ Hb con il risultato di un aumento di O2 a livello del

circolo sistemico. Da ricordare inoltre che i polmoni attivano l’angiotensina I convertendola in angiotensina II, che stimola la secrezione di aldosterone. Le cellule APUD e alcune fibre nervose polmonari contengono peptidi molto attivi da un punto di vista biologico (VIP, sostanza P, oppioidi, CCK, somatostatina).

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Durante l’esercizio massimale, nell’anziano, i valori di differenza di O2

arterovenoso tendono ad essere inferiori (riduzione del contenuto di O2

arterioso, peggiore distribuzione della portata cardiaca periferica, perdita di attività dei sistemi enzimatici tissutali). In molti casi le BPCO causano una diminuzione della capacità di diffusione polmonare e quindi una riduzione della saturazione di O2 arterioso. Anche l’anemia, che si

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(normalmente è di 2030ml/min/mmHg a riposo e durante il lavoro muscolare può superare i 65 ml/min). La capacità di diffusione è ridotta nelle fibrosi polmonari. La PCO2 del sangue venoso è di 46 mmHg, quella

dell’aria alveolare di 40: questo gradiente permette la diffusione di CO2

dal sangue agli alveoli. A causa della maggiore capacità di diffusione polmonare per la CO2 rispetto all’O2 raramente si verifica una ritenzione

di CO2, anche quando la diffusione per l’O2 è ridotta. La PCO2 nelle

arterie sistemiche è di 40 mmHg. In arteria polmonare la pressione ha un valore medio di 15 mmHg, quella in atrio sinistro in diastole 8 mmHg, con un gradiente di 7 mmHg.

La quantità di sangue a livello polmonare è di circa 1000ml, dei quali meno di 100 a livello capillare. Un globulo rosso percorre, in condizioni di riposo, un capillare polmonare in 0,75 sec. A livello dei capillari polmonari la pressione è di circa 10 mmHg contro una pressione oncotica del sangue di 25 mmHg; il gradiente di 15 mmHg diretto verso i capillari impedisce che gli alveoli siano inondati di liquido. Se la pressione nei capillari polmonari supera i 25 mmHg si ha edema polmonare (insufficienza ventricolare sin, stenosi mitralica). In posizione sdraiata, il volume sanguigno polmonare aumenta anche di 400 ml ed allo stesso modo diminuisce alzandosi. Questo determina una riduzione della capacità vitale in posizione orizzontale, determinando l’ortopnea nell’insufficienza cardiaca. L’attività fisica determina un aumento della gettata cardiaca e della pressione in arteria polmonare con minima vasodilatazione accompagnata da aumento della perfusione degli apici polmonari (anche attraverso il reclutamento dei capillari ipoperfusi) e da un aumento della velocità dei globuli rossi senza riduzione della saturazione in O2 dell’ Hb con il risultato di un aumento di O2 a livello del

circolo sistemico. Da ricordare inoltre che i polmoni attivano l’angiotensina I convertendola in angiotensina II, che stimola la secrezione di aldosterone. Le cellule APUD e alcune fibre nervose polmonari contengono peptidi molto attivi da un punto di vista biologico (VIP, sostanza P, oppioidi, CCK, somatostatina).

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Durante l’esercizio massimale, nell’anziano, i valori di differenza di O2

arterovenoso tendono ad essere inferiori (riduzione del contenuto di O2

arterioso, peggiore distribuzione della portata cardiaca periferica, perdita di attività dei sistemi enzimatici tissutali). In molti casi le BPCO causano una diminuzione della capacità di diffusione polmonare e quindi una riduzione della saturazione di O2 arterioso. Anche l’anemia, che si

presenta con una certa frequenza (atrofia gastrointesinale, micro emorragie interne per cause non diagnosticate, progressiva sostituzione del midollo rosso emopoietico con tessuto adiposo, deficit di eritropoietina per insufficienza renale), porta alla riduzione del trasporto di O2. Negli anziani, in modo particolare in quelli con un basso livello di

forma fisica, è alterato il rapporto tra flusso sanguigno muscolare e quello viscerale/cutaneo con aumento a favore di questo’ultimo distretto; inoltre si assiste ad una riduzione del flusso ematico nei muscoli inattivi, non coinvolti nell’esercizio fisico: ad esempio durante l’esecuzione di esercizi con gli arti inferiori, la resistenza vascolare in quelli superiori è maggiore; questo spiega l’aumento della PA come tentativo di compensare questo deficit.

Estrazione di ossigeno tissutale

L’estrazione di O2 si riduce con l’età per il maggior fabbisogno ematico

della cute (aumento del grasso sottocutaneo, tasso di sudorazione inferiore). Durante l’attività fisica intensa può verificarsi un debito di ossigeno muscolare anche in relazione alla riduzione del numero dei capillari tessutali, fenomeno in parte compensato da una certa atrofia delle fibre muscolari e dalla riduzione dell’attività enzimatica.L’estrazione periferica di O2 è limitata dal basso contenuto nel sangue che esce dai

muscoli dopo la contrazione. Vi sono situazioni patologiche (vedi apparato cardiovascolare) nelle quali il debito di O2 muscolare è legato ad

arteriopatia ostruttiva cronica periferica (AOCP).

Anossia

Per anossia s’intende la mancanza di ossigeno. Il termine viene impropriamente ma diffusamente impiegato per definire situazioni di riduzione o deficienza di ossigeno (ipossia) a livello tissutale. Può essere distinta in:

1 : con PO2 arteriosa ridotta (composizione dell’aria, pressione

parziale di O2, malattie dell’apparato respiratorio). Al crescere

dell’altitudine la composizione dell’aria rimane costante ma la pressione barometrica diminuisce come anche la PO2. A 3000 m SLM

la PO2 è di circa 60 mmHg (normale: 95 mmHg);

2. : la PO2 arteriosa è normale ma è ridotta la concentrazione

dell’emoglobina;

3. : il flusso sanguigno tessutale è troppo lento per un adeguato apporto di O2, sebbene la PO2 e la concentrazione di emoglobina siano

normali;

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